LA SBIGLIETTABILITA' DELLE RELATRICI

Nella lunga polemica sul Festival della bellezza di Verona, privo di relatrici (non unico, fra gli appuntamenti culturali, ma il più sfacciato, per così dire), vorrei introdurre una riflessione. Altre hanno già detto e scritto (Michela Murgia su Repubblica, tante altre in rete e su carta) e contestato l’insensatezza di presenze solo maschili per ragionare su un tema dato. Le scuse sono state prevedibili (le donne ci hanno detto di no). Ma c’è una via non troppo secondaria che vorrei percorrere, per non ripetere quanto già giustamente detto.
In un’intervista al direttore del Festival, Alcide Marchioro, ripescata da Michele Vaccari e risalente a un anno fa, il medesimo fa questa dichiarazione:
“Qualche critica si è comunque sollevata per la ridotta presenza femminile tra gli ospiti. «Questo è una difficoltà che non abbiamo con le artiste (questa edizione ospita Paola Turci, Laura Morante, Patti Smith, Melania Mazzucco, Alexandra Dovgan, nda), mentre è più complesso con le figure di donne intellettuali. Trovare le persone adatte a sostenere un palcoscenico davanti a quasi duemila persone non è facile: il pubblico deve sentirsi coinvolto e il protagonista deve essere a suo agio. Poi c’è anche la questione della notorietà e della dimestichezza con questo tipo di performance. Forse non abbiamo individuato ancora le possibili protagoniste o ci siamo persi qualcosa.»”
Provate a frenare il primo commento che vi viene in mente e a pensarci su. Quante intellettuali italiane sono, passatemi l’orrendo termine, “sbigliettabili”? Non molte. Se intendiamo con sbigliettabile quella che in teatro viene definita “la chiamata” (riempire una platea di duemila posti) , non vi verranno in mente più di una decina di nomi. E NON perché non siano addirittura superiori ai colleghi uomini che colmano i teatri, in alcun modo. Ma perché il pubblico tende a riempire i teatri più per un pensatore che per una pensatrice, salvo, ripeto, eccezioni. Non vale forse per lo spettacolo (cinema, musica, televisione e teatro), vale molto per il fumetto, purtroppo, vale anche per letteratura, filosofia, pensiero.
La domanda è: da chi è composto quel pubblico che si affolla ad applaudire il drappello di relatori, non troppo mutevole in verità? Va detto, dolorosamente, che è composto in grande parte da donne, da lettrici. Allora, io mi associo molto volentieri allo stigma collettivo contro le tavolate di pensiero tutte al maschile, ma mi piacerebbe moltissimo lavorare sullo scarso prestigio che molto, molto spesso, le donne per prime tributano alle intellettuali. Salvo eccezioni, ovvio. Perché riconoscere il prestigio femminile da parte di un’altra donna è ancora, incredibilmente o forse no, una faccenda complessa, ed è anche normale che sia così, perché l’immaginario non si scardina con uno schiocco di dita. E mi piacerebbe, dopo aver detto il dicibile sul Festival della Bellezza, che si provasse a capire come curare questo vulnus antico. Altrimenti siamo al calcolo di quante donne e quante uomini, secco, e come detto ieri, i numeri aiutano a rendere visibile una situazione, ma poi bisogna andare oltre.

2 pensieri su “LA SBIGLIETTABILITA' DELLE RELATRICI

  1. Sì, bisogna davvero partire da questo antico vulnus, e quanto hai scritto credo si possa dire anche riguardo all’agone politico.
    Quante donne ritengono un politico uomo più autorevole e rappresentativo?
    E da questo si evince il limite delle “quote rosa”, che io trovo utili ma non sufficienti e perfino controproducenti se contestualmente non si lavora per scardinare un immaginario vecchio che va assolutamente superato.

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