LA SOLIDARIETA' DELLE FERTILI

La non decisione della Corte Costituzionale sulla fecondazione eterologa è riassunta qui.  Da giorni volevo pubblicare una mail che mi ha inviato Maurizio. Questo è il momento per farlo, e lo ringrazio per averla inviata, di cuore. Eccola:
Io sono quel Maurizio che sporadicamente interviene nel tuo blog, che trovo stimolante anche quando mi capita di non condividere alcune tue posizioni. Più di una volta ho provato a portare il discorso su un tema che mi sta particolarmente a cuore e che – credevo – stesse a cuore anche alle donne, ma nessuna ha mai risposto ai miei commenti. I quali non pretendo, ovviamente, che siano interessanti in sé al punto di attirare l’attenzione del commentarium; ma speravo almeno che la tematica venisse ripresa da qualcuno. Si tratta della legge 40.
Io e mia moglie siamo genitori di due meravigliosi gemelli nati due anni e mezzo fa dopo quattro anni di lotte stremanti contro la biologia del corpo umano e la legislazione italiana, che ci ha alla fine costretto all’emigrazione procreativa (non lo si chiami turismo, che mi fa storcere parecchio) in Spagna.
Oggi nel tuo blog e in mille altri contesti si parla moltissimo, e giustamente, di femminicidio, violenza sulle donne, rappresentanza politica squilibrata, difesa della 194 e mille altri temi su cui io e altri uomini cerchiamo di dare sostegno con convinzione.
Sulla fecondazione assistita e sulla legge 40 nemmeno una parola. Per questo, ti (ri)propongo di persona un commento che ho postato qualche giorno fa. Sono un po’ pigro e in questo momento  non ho neanche il tempo di rielaborare quei concetti, ma penso di averli espressi chiaramente anche allora. Il commento è questo (si riferiva alla marcia per la vita patrocinata dal Comune di Roma).
Un appunto importante, che mi sta nella penna da parecchio tempo. Mi porterà un pochino OT, ma credo che sia così importante da postarlo lo stesso. Scorrendo le foto on line della manifestazione ho visto che la 194 non era l’unico obiettivo: si parlava anche di fecondazione assistita. Qui e nella maggior parte degli altri luoghi in cui il movimento trova espressione invece non se ne parla mai. Il tema era del tutto assente anche dal manifesto fondativo di SNOQ. Ma perché? L’attacco al diritto di essere genitori nei modi che liberamente le persone decidono di scegliere è forse meno importante di quello al diritto all’IVG? Avete idea di quale sia lo stato di solitudine, abbandono e angoscia in cui si è ritrovato chi ha deciso di percorrere quella strada prima che i giudici smontassero quell’attentato alla vita e alla salute che è la legge 40, ancora vigente in tante sue parti?
Quando si parla di cercare gli uomini e dialogare con loro è perché giustamente si percepisce che questi temi, come anche quello della violenza, sono dolente patrimonio di tutti noi, donne e uomini. E allora perché si ignora questo ricchissimo giacimento naturale di sensibilità maschile rappresentato da chi, insieme alla propria compagna, ha combattutto o combatte questa asprissima battaglia? Quello è un contesto in cui le coppie si impegnano e lottano insieme, fianco a fianco, in cui non è dato essere avari di sé, in cui noi uomini, tranne casi rarissimi, siamo potentemente chiamati in causa e non ci è concesso di evadere la richiesta, perché è in gioco anche la nostra identità, il nostro desiderio, il nostro futuro e quello della coppia. Tanto che spesso è proprio dagli uomini che parte la domanda. Si vogliono coinvolgere uomini amici, o quanto meno sensibili ai temi della laicità e alle questioni di genere? Qui ce ne sono parecchie migliaia. Vero è che possono farsi avanti anche senza essere chiamati, ma decidere finalmente di infilare nelle innumerevoli questioni che si toccano – non tutte di vitale interesse, se mi è consentito – anche quella particolare questione che sta loro particolarmente a cuore sarebbe senz’altro un buon modo per tirarli dentro. Oltre che per prendere finalmente posizione in una battaglia che trovo singolare sia stata lasciata quasi completamente alle limitate risorse materiali ed emotive dei singoli.

Ora, se penso che sul tema è addirittura fallito un referendum, una spiegazione in realtà me la do, ma non mi piace.
Il fatto che quella volta le donne non siano andate a votare mi amareggiò molto, e fu solo allora che cominciai a mettere in dubbio l’esistenza di una solidarietà di genere, o anche soltanto di una condivisione di interessi comuni tra donne. Io all’epoca non avevo idea di quanto la cosa mi avrebbe riguardato in prima persona appena due o tre anni dopo, ma a votare ci andai e ne sono sempre stato orgoglioso.
La spiegazione che mi do è che mentre l’aborto, almeno all’ingrosso, viene percepito come qualcosa a cui quasi tutte potrebbero trovarsi nella necessità di far ricorso, o magari hanno già dolorosamente sperimentato, la fecondazione assistita è un tema che divide profondamente le donne, anche quelle impegnate. Va a sezionare, medicalizzare il mito della maternità, straccia il velo che occulta i limiti di una capacità generatrice di vita che per molte è motivo fondante di esistenza, oltre che produttrice di potere sul mondo. Ho quindi l’impressione che molte donne, non necessariamente retrograde, non necessariamente stupide né bigotte, continuino a voltarsi dall’altra parte di fronte a qualche cosa che le costringe a misurarsi con la possibile caduta di una personale rappresentazione mitica, arrivando spesso ad assumere atteggiamenti tra la superiorità e la commiserazione o addirittura la condanna, nei confronti di quelle loro congeneri che hanno fallito la prova della maternità “naturale”. Salvo poi ritrovarsi – e succede sempre più spesso – loro stesse alle prese con gli affanni di una fertilità declinante (propria o del partner) e di opportunità, una volta abbondanti, improvvisamente ridotte a uin misero rigagnolo che scorre a singhiozzo. Parlo per esperienza vissuta, perché ne ho viste di donne ancora lontane dall’idea della maternità predicare serenità e accettazione della vita anche senza generazione, per poi cambiare atteggiamento e versare fiumi di lacrime sulla sopravvenuta incapacità di concepire, fino a ricorrere alle tecniche prima esecrate e poi esplorate nei minimi dettagli. Non le biasimo, in fondo è un percorso per certi versi anche mio: fino a qualche anno fa, anch’io avrei escluso a priori, per me stesso, il ricorso a certi strumenti, e poi ne sono diventato mio malgrado un esperto.
Insomma, a me pare – e però mi piacerebbe davvero sbagliarmi – che su questo tema molte donne, consciamente o inconsciamente, ne giiudichino molte altre non per qualcosa che quelle hanno fatto, ma per come sono: infertili, nel caso specifico. Il che razionalmente è una crudeltà, un rigurgito bestiale, ma non posso negare a me stesso di avere spesso avuto questa impressione: un istinto che, agendo in molte donne, le spinge alla ghettizzazione di chi non è in grado di diventare madre. Di più però non so dire, perché le uniche donne con cui sono riuscito ad approfondire l’argomento, oltre a mia moglie, sono quelle che abbiamo conosciuto lungo il nostro percorso, e che per ovvie ragioni esprimono posizioni ed impressioni non molto dissimili dalle mie. Anche su punti come quelli che ti ho espresso.

71 pensieri su “LA SOLIDARIETA' DELLE FERTILI

  1. zauberei,
    giusta la tua osservazione sul fatto che certe malattie sono siano più affrontabili oggi.
    E’ una cosa che non condivido nemmeno io e che ho dimenticato di precisare; anzi, direi che qui non siamo neanche nel campo delle opinioni: basta guardarci intorno per vedere, constatare, come molte famiglie siano lasciate sole nei loro drammi con conseguente e inevitabile sfinimento fisico e psichico, a meno che, ovviamente e ancora una volta, non si disponga di robusti mezzi economici e allora la faccenda cambia.
    Su certi diritti faccio un ultimo esempio, poi, alla Forrest Gump, non ho più niente da dire su questo argomento …
    Ricordi la cura, il protocollo Di Bella? Bene, sappiamo come è finita, con sperimentazioni che, a detta del Ministero della Salute di allora “capitanato” da Rosi Bindi, risultarono non attendibili. Pertanto rimane una cura che il SSN non paga.
    Avevamo nel contempo letto e visto migliaia di persone richiedere una tale possibilità, persone che affermavano di essere guarite o molto migliorate con tale cura.
    Ecco, io ne conosco personalmente una, guarita completamente dal tumore al seno.
    Allora mi chiedo cosa dovrebbe dire questa persona e tutte le altre che hanno speso capitali con la cura Di Bella?
    Come mai questa questione, dopo il can can dell’epoca durato solo pochi mesi, è stata poi archiviata anche da parte dell’opinione pubblica?
    E’ giusto condurre le proprie battaglie ma mi sa che non ce ne sarà mai per tutti.
    Spero di non aver fatto un minestrone troppo sconclusionato.
    Ti saluto.

  2. Serbilla,
    giusto e di buon senso quel che dici.
    Ma, sulle sofferenze di cui parli, io credo che ogni tanto dovremmo chiederci che cosa ci fa soffrire e perchè soffriamo e se sia giusto.
    Un esempio tra i più banali: l’invidia. Se sono una persona invidiosa, soffro per le gioie degli altri, per i beni materiali che gli altri hanno e che io non ho.
    Allora sarebbe saggio se io mi fermassi a chiedermi se la mia sofferenza sia giusta o meno.
    Esempio stupido, lo ripeto.
    E ritorno a quello che già dicevo.
    Soffriamo perchè non possiamo avere figli nostri e soffriamo perchè pensiamo di doverlo esigere. E’ qui che non sono d’accordo, capisco la sofferenza, anch’io ne soffrirei, ma non sarebbe anche giusto a un certo punto prendere atto dei propri limiti e convincerci che a noi come a tutti certe cose, anche bellissime, saranno precluse e magari, come ancora dicevo e per tornare a bollo, puntare e lottare per adozioni meno estenuanti?

  3. Rita, semplicemente, se una cosa si può fare e non fa male a nessuno, perché avere un figlio con la fecondazione assistita non fa male ad altri, non c’è ragione per dire “non te la faccio fare” solo perché noi pensiamo che esistano dei limiti.
    Esistevano dei limiti anche per il volo e usiamo gli aerei, ogni tanto qualcuno cade, però molte persone accettano il rischio e li usano lo stesso, chi non lo accetta non li usa, ma se chi non lo accetta impedisse a tutti di usarli perché c’è un limite naturale alle nostre possibilità di volo, sarebbe giusto? No, non lo sarebbe perché gli aerei ci permettono di arrivare dall’altra parte del mondo in 20 ore invece che in tre mesi.
    Superiamo continuamente i nostri limiti, accettiamo il rischio, è così che noi ci siamo evoluti, non è una cosa spaventosa, quasi quasi è incredibilmente meravigliosa.
    Mi sembra egoistico impedire alle persone di fare cose che su di noi non hanno nessuna ricaduta, solo perché abbiamo delle paure. Per me è anche paradossale fare questo discorso nello specifico, perché mi sento molto predisposta per l’adozione e adotterei anche da single, mentre sono quasi certa che non affronterei un percorso di fecondazione. Ma io sono io e non Giulia e Maurizio.
    Con questo però smetto di scrivere, perché ho detto credo ciò che penso e anche ho invaso il blog ^_^ scusate.

  4. “l’investimento emotivo sulla vita propria e altrui è aumentato, perchè non è più la vita in astratto a contare, ma la tua e quella dei tuoi figli, bisogna rispettare questo cambiamento e permettere alle persone che se la sentono di portare avanti una nascita e chi non se la sente no.”
    Non è più la vita in astratto a contare ma la tua e quella dei tuoi figli. Questo commento di Zaburei penso rappresenti bene la crisi epocale dell’Europa, una idea talmente egoista e meschina della vita che necessariamente porta ( fosse solo per consumismo) alla disfacimento di se stessi e del futuro. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti e non mi sembra per niente un atteggiamento da rispettare. Riporto una frase del Papa;
    “Passa da questo abbandono, da questa mancata apertura all’Altro al Trascendente, il cuore della crisi che ferisce l’Europa, che è crisi spirituale e morale: l’uomo pretende di avere un’identità compiuta semplicemente in se stesso.”
    Rimirandosi l’ombelico scriverebbero sui blog.
    Sulla legge 40 e questioni simili, (nello scambio di opinioni tra Serbilla e Rita), per chiarezza penso vada detto che la questione non è che un gruppo di persone vuole imporre ad un altro un certo tipo di comportamento individuale, il che sarebbe effettivamente di un moralismo inaccettabile. In realtà in campo c’è un terzo soggetto. Terzo soggetto, che è rappresentato da tutte quelle vite umane in stato di vulnerabilità, ( embrioni, feti, ammalati) che un gruppo diciamo di area cattolica ritiene giusto proteggere e tutelare.
    ciao,k.

  5. K,
    hai detto bene quel che non sono riuscita a dire a proposito della legge 40 e aggiungo, per spiegare meglio il motivo per cui parlavo di posta in gioco molto elevata, che in ballo – per me – c’è il futuro dell’umanità, un’umanità che ad esempio è sempre più orientata a vagheggiare di un mondo fatto solo di sani.
    Questa idea, oltre ad essere per me inaccettabile, è anche del tutto illusoria, perchè oggi nasci sano e domani puoi essere già malato.
    Serbilla,
    riflettendoci ancora su (e non mantenendo la promessa di non intervenire ancora, scusate), i nostri limiti dici.
    Però i nostri limiti sono ad esempio invocati in tema di testamento biologico, di accanimento terapeutico. Non è forse una forma di accanimento terapeutico l’idea del figlio a tutti i costi?

  6. Con tutto il rispetto, ma qualcuno ha forse notizia che lo Stato obblighi alla diagnosi pre-impianto, avete notizia che le donne incinte di feti malati vengano fatte abortire forzatamente e contro la loro volontà? Perchè a me risulta che non stia avvenendo nulla di simile in Italia, per fortuna quindi i pur rispettabili timori di Rita su un mondo fatto di soli sani mi sembrano tutt’al più materia da romanzo.
    Senza contare poi che come nota Rita stessa, un mondo fatto di soli sani è un’illusione giacchè anche un bambino nato sano purtroppo si può ammalare in futuro

  7. Due righe sulla questione del perché la società può averre il diritto di limitare la libertà ad avere figli.
    Maurizio ha molto giustamente richiamato il carattere liberale e giuspositivista del nostro pensiero filosofico giuridico. Ha però dimenticato di trarne l’indispensabile conclusione: della propria vita e della propria salute decide solo ed esclusivamente l’individuo, e non altri. Quindi nel quadro liberale la pretesa di essere genitori si scontra – in linea teorica – con il diritto dell’individuo di voler essere figlio, magari a certe condizioni. Il divieto dell’eugenetica discende in linea retta da questo diritto a nascere anche se non perfetti.
    Rispetto alla vita prenatale la soluzione liberale soffre però di – almeno – tre limiti: a) l’incertezza sullo status di individuo dell’essere prenatale; b) l’incapacità dell’essere prenatale a manifestare la propria decisione; c) l’incertezza sul carattere di “vitale” dell’essere prenatale.
    Il più importante dei tre limiti è naturalmente l’ultimo, perché gli altri due perdono di significato se all’essere prenatale non viene riconosciuto lo status di vivente.
    Qui la teoria liberale si ferma ed entra in loop. Quindi non è possibile risolvere il problema brandendo l’arma del liberalismo politico (né di quello giuridico).
    Ed è ancora peggio mettersi a cavalcare il positivismo giuridico.
    Se la norma giuridica trae tutto il suo potere performativo esclusivamente dall’essere “posta” (come è teorizzato nel positivismo giuridico e come sostiene Maurizio), necessariamente è da considerarsi legittima solo se ed in quanto espressa alle condizioni che la consorteria ritiene “positivizzanti”. Cioè, negli ordinamenti democratici, la norma è tale se proviene da processi decisionali che fanno emergere la volontà popolare; cioè – come sottolineava Bobbio – il positivismo giuridico deve necessariamente presuporre un accordo sociale implicito sulla metaregola della decisione a maggioranza.
    Non c’è altra via.
    Quello che accade con le sentenze della Corte Costituzionale non riguarda l’affermazione del diritto dell’individuo preesisteente alla norma oscurantista (altrimenti si dovrebbe ammettere di trovarsi in un quadro giusnaturalista), ma piuttosto la soluzione di un conflitto interno alla nascita della norma giuridica.
    Cioè, Maurizio e Giulia: mettetevi l’animo in pace, perché ad oggi – pur in un quadro liberale e positivista – l’ultima parola spetta sempre e solo alla società che decide a maggioranza.
    Non piacerà a voi come non piace affatto a me, ma alla fine della fiera è così. Quello che possiamo fare è solo combattere sul piano politico per cambiare l’orientamento della maggioranza.
    (mi scuso con la moderatrice per la mail antispam ma è necessaria perché il mio account è bloccato).

  8. “Però i nostri limiti sono ad esempio invocati in tema di testamento biologico, di accanimento terapeutico. Non è forse una forma di accanimento terapeutico l’idea del figlio a tutti i costi?”
    La risposta a tutte le tue domande continua a chiamarsi libertà di scelta individuale.
    Comunque ognuno è libero di provare empatia con chi vuole, io la sento per Maurizio e Giulia, altri per gli embrioni.
    .
    Approfitto per ringraziare Loredana per la giornata di ieri, (incontro “Donne e Media” a Napoli). Grazie per il tuo lavoro e per il modo in cui lo fai 🙂

  9. beh, allora, SErbilla e anche Paolo 84, le discussioni sono finite se la mettiamo sulla scelta individuale, dato che alcune leggi non sono impositive (e vorrei anche vedere il contrario però, scusate).
    Mi sembra un argomento debolissimo e che non sta in piedi.
    E’ un po’ come alzare le spalle e dire che ognuno fa quel che vuole.
    Poi dovrebbe allora valere per tutte le leggi: perchè scandalizzarsi della depenalizzazione del falso in bilancio? Sono forse costretto a fare bilanci falsi?
    E Paolo 1984,
    è la posta in gioco ribadisco.
    Hai mai visto da quarant’anni a questa parte le persone “accapigliarsi” sul tema del divorzio che pure, a quei tempi, in particolare prima del referendum, aveva visto grandi barricate e tante polemiche ?
    Ci sarebbero stati qui una sessantina di commenti se Lipperini l’argomento fosse stata la legge sul divorzio che, allo stesso modo, non obbliga la gente a divorziare?
    Evidentemente sono gli argomenti che fanno l’enorme differenza!
    Adesso, davvero, mi tolgo di mezzo.
    Saluti a tutti.

  10. Infatti le leggi non impongono niente, chi non vuole abortire non lo faccia, chi non vuole fare la fecondazione non la faccia, chi vuole restare attaccato a una macchina per venti anni senza coscienza è libero di farlo, chi non vuole curarsi un tumore non lo faccia, chi non vuole fare tante cose è libero di non farle, ma chi le vuole fare, essendo una persona ha diritto a leggi che non lo o la torturano.
    Saluti.

  11. “E’ un po’ come alzare le spalle e dire che ognuno fa quel che vuole.” rita
    messa così è un po’ brutale ma per me la posta in gioco è esattamente questa, lo è sempre stata sia che si tratti di fecondazione, di aborto o di questioni decisamente meno “pesanti”: il diritto della gente di vivere come vuole, anche di fare scelte che mi disturbano o che ritengo sbagliate o di cui potrebbero pentirsi, avendo come solo limite la libertà altrui.
    Il falso in bilancio è una truffa ai danni degli azionisti e dei piccoli risparmiatori, ci sono terze persone che subiscono danni gravissimi e questa è una evidenza di fatto indiscutibile. Altrettanto non si può dire della diagnosi pre-impianto, che l’embrione sia una “persona” con diritti uguali ai nostri non è un’evidenza di fatto, è la legittima opinione di un gruppo di uomini e donne le cui idee personali non possono diventare norma di legge generale. In pratica si sta chiedendo di limitare per legge la libertà personale di individui maggiorenni in base a ideologie e timori personali (“il mondo fatto di soli sani”) che sono rispettabilissime, ma la legge non può basarsi su di esse.
    Amo molto i romanzi di fantascienza distopica ma siccome non ci viviamo dentro e non vedo, al momento, orde di scienziati eugenisti alle porte, proverei a tranquillizzarmi

  12. Una breve considerazione sul concetto dei limiti e dell’accanimento legato ai “figli a tutti i costi”: per i limiti ha egregiamente risposto Serbilla, aggiungo solo che quelli che sono i propri limiti individuali ciascuno lo sa, o meglio lo sperimenta una volta in ballo, ed è molto facile teorizzare “io questo non lo farò mai” (cosa peraltro in altri tempi anche da me detta e pensata prima di finirci con tutte le scarpe), diverso è trovarcisi. Per quanto riguarda il figlio a tutti i costi, di che costi stiamo parlando? di quelli che mi sobbarco sulla mia pelle, sul mio fisico e sul mio portafogli senza alcuna garanzia di riuscire ad averlo, questo benedetto figlio? Io so solo che mi ritengo baciata dalla fortuna perché i figli sono riuscita ad averli, e quello che mi dispiace è che tanti premurosi difensori dei diritti degli embrioni ecc. ecc. non capiscano quanto questi figli siano amati ancor prima di essere concepiti, con una coscienza della preziosità di queste vite che spesso manca a chi, per sua fortuna, i figli li fa nell’intimità delle proprie lenzuola e non a gambe larghe su un lettino ginecologico… Io so solo che se non avessimo avuto i soldi per andare all’estero i miei figli ora non esisterebbero, due vite non avrebbero visto la luce. Ma certo, la morale sarebbe stata salva.

  13. C’è un commento che mette a nudo con desolante chiarezza il deficit di cultura civica e politica che affligge il nostro paese. Mi riferisco a K., che scrive: “la crisi epocale dell’Europa, una idea talmente egoista e meschina della vita che necessariamente porta ( fosse solo per consumismo) alla disfacimento di se stessi e del futuro. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti e non mi sembra per niente un atteggiamento da rispettare”. Con tutto il rispetto, che invece io ritengo sempre necessario, si tratta di un’opinione personale che a me non dice niente e che non capisco quale valenza dovrebbe avere ai fini di una deliberazione legislativa. E ancora, citando il capo di una comunità religiosa: “Passa da questo abbandono, da questa mancata apertura all’Altro al Trascendente, il cuore della crisi che ferisce l’Europa, che è crisi spirituale e morale: l’uomo pretende di avere un’identità compiuta semplicemente in se stesso.” Sì, in effetti è esattamente questo il mio personale programma di vita, perché al trascendente non ci credo e penso di potermi risolvere in me stesso. E allora? Non per questo sottraggo spazio a coloro che il trascendente lo ritengono reale, mentre loro pretendono di sottrarre spazio a me. E infine: “In realtà in campo c’è un terzo soggetto. Terzo soggetto, che è rappresentato da tutte quelle vite umane in stato di vulnerabilità, ( embrioni, feti, ammalati) che un gruppo diciamo di area cattolica ritiene giusto proteggere e tutelare.” E su quale base decidiamo che è titolare di diritti un ovulo fecondato? Quale scienza, quale diritto positivo può affermare questo? Al solito, si tratta di un’opinione di parte che quella parte pretende di imporre a chi non la condivide. Per non parlare della qualifica di terzo soggetto attribuita agli ammalati, che molto spesso sono perfettamente in grado di esprimere pareri sulla propria vita che però, grazie a costoro, sono destinati a essere ignorati, sia quando sono affidati a testamenti biologici che quando sono espressi in modo diretto (tipo Welby). Insomma, se ti esprimi contro i dettami di una certa religione evidentemente non puoi essere in te. Tutto questo mi fa capire, una volta di più, che con chi prende certe direzioni e pretende di statuire nello spazio pubblico opzioni non negoziabili che hanno fondamento solo per lui non si potrà mai trovare un compromesso, rimanendo lo scontro l’unica opzione praticabile.

  14. Al solito, l’errore: la risposta a K. è mia (Maurizio), non di Giulia. Mi è rimasto il suo account in canna, dopo il suo ultimo commento. La convivenza, si sa, ha i suoi inconvenienti!

  15. Scusate ma le sollecitazioni continuano.
    Allora, Maurizio e Giulia, al di là delle vostre legittime convinzioni, cercate però di non essere intolleranti offensivi e manichei.
    Giulia dice: “….. tanti premurosi difensori dei diritti degli embrioni ecc. ecc. non capiscano quanto questi figli siano amati ancor prima di essere concepiti, con una coscienza della preziosità di queste vite che spesso manca a chi, per sua fortuna, i figli li fa nell’intimità delle proprie lenzuola e non a gambe larghe su un lettino ginecologico…”
    Allora, non rileggo tutti i commenti, ma mi pare che nessuno si sia permesso di mettere in dubbio che “questi figli” nati da fecondazione artificiale siano molto amati, io di sicuro non ho mai detto nè pensato una simile asinata. Poi per favore non facciamo le pagelle fra genitori diversi, chè di ottimi e di pessimi se ne trovano in entrambe le “squadre”.
    Maurizio dal canto suo attacca con “C’è un commento che mette a nudo con desolante chiarezza il deficit di cultura civica e politica che affligge il nostro paese. Mi riferisco a K…..”. Cioè stai dando a uno (o una non ho ancora capito) che sta discutendo nel modo più sereno possibile, del deficiente civico e politico”.
    Non ho parole stavolta, anche perchè, a occhio e croce, altre volte questi toni sono stati redarguiti ….

  16. Cara rita, un’affermazione di questo tipo “Terzo soggetto, che è rappresentato da tutte quelle vite umane in stato di vulnerabilità, ( embrioni, feti, ammalati) che un gruppo diciamo di area cattolica ritiene giusto proteggere e tutelare.” (post di K.) è quella che motiva generalmente tutte le restrizioni imposte dalla legge 40 (che mi dispiace, ma proprio in quanto legge è per sua natura volta a regolamentare e quindi a imporre determinate condizioni). Quello che volevo sottolineare è che tanto accanimento contro la pma sulla base di una cosiddetta tutela dell’embrione ha come risultato paradossale quello di impedire in molti casi proprio lo sviluppo, il diventare vita di questo embrione.
    Non si tratta di essere manichei o intolleranti, e non si tratta di dare pagelle ai genitori, l’equazione non è certo “genitore da pma = genitore migliore”, ma se permetti, visto che spesso e volentieri chi ricorre alla pma viene descritto come affetto da delirio di onnipotenza, come un narcisista non in grado di accettare i limiti della natura e così via, ci tengo a ribadire che quello che spinge a sottoporsi a pratiche estenuanti (anche psicologicamente) è il desiderio di un figlio, punto e basta. Ti assicuro che quando leggi l’ennesimo risultato negativo sul referto delle hcg tutto ti senti fuorché onnipotente.

  17. E adesso che probabilmente la marea dei commenti si è davvero esaurita, mi sovviene che di tutto abbiamo parlato tranne che del motivo conduttore del post… e cioè il perché non si cerca di coinvolgere gli uomini nei discorsi di genere partendo da temi che li vedono già coinvolti, come è appunto la legge 40. Ma, a giudicare dai toni passionali che anche qui si sono manifestati, mi sa che il drappello maschile potenzialmente acquisibile alla causa rischierebbe di essere pagato con altrettante, se non di più, defezioni di donne non troppo propense a schierarsi sul versante della PMA. Se davvero c’è questo alla base della cortina di silenzio che avvolge il tema, penso che si tratti di un’afasia poco giustificabile, sulla quale i movimenti dovrebbero riflettere e proporre una posizione. Qualsiasi cosa è meglio del silenzio, alla lunga.

  18. Io non so se avere figli «sani» sia un diritto; non mi interessa.
    È una scelta, però. Una possibilità, concessa nei limiti delle conoscenze scientifiche e, ovviamente, dell’irriducibile condizione di rischio connessa a qualunque aspetto della vita.
    Ma da sorella di persona handicappata io non auguro a nessuno di vivere quel che ho vissuto io, ma soprattutto quello che hanno vissuto mia madre e mio padre.
    Quanto a lui, mio fratello, non so cosa percepisca della sua condizione, e non posso escludere che egli sia contento di essere com’è, o incurante della sua dipendenza dagli altri, o rabbioso per non potersi autodeterminare.
    Chi dice che la pretesa del mondo moderno è avere solo figli sani, come se questa fosse – appunto – una deriva eugenetica, come se il problema stesse nell’indisponibilità a farsi carico di un altro essere umano «sofferente» (sicuri che un handicappato, per esempio, sia necessariamente «sofferente»?) significa che si sente più forte; o che ritiene la forza un dovere; o che ritiene la debolezza e la fragilità un comportamento da estirpare coercitivamente.
    Chi è forte, o si sente forte, faccia come crede.
    Che combatta le sue battaglie. Che faccia.
    Che trionfi.
    Che diventi santo.
    Che invecchi nel sacrificio, nella mortificazione.
    Chi sente di non farcela, però, venga lasciato in pace. Ché tanto, quando si tratta di disabili – o, come ho letto, di «ammalati» (perché l’idea che esistano «condizioni» di diversità che non sono «malattie» pare al di là delle colonne d’Ercole di alcuni) – qualunque familiare si troverà sempre da solo; a pensare al futuro, al domani.
    A stare male.

  19. Buonasera a tutti, dopo aver letto la bella mail di Maurizio e tutti i vostri commenti, vi lascio i miei 50 cents da altra protagonista dell’eterologa: la figlia. Ebbene sì, l’eterologa negli anni 80 si faceva anche in Italia, magari senza sbandierarlo troppo, ma non c’era legge a riguardo e quindi nessun divieto.
    Sorrido sempre tutte le volte che sento paragonare le circostanze che hanno portato alla mia nascita all’eugenetica e alla selezione della specie, mi dico che magari sono una x-(wo)man.. Peccato che non ho ancora scoperto il mio superpotere! I miei genitori non mi hanno mai tenuto nascosto di essere ricorsi a un donatore di seme. Non ci penso spesso e non ne parliamo spesso, semplicemente perché non lo riteniamo qualcosa di fondamentale nella nostra vita. Quando ci penso mi sento molto amata e desiderata e questo fa sentire bene. Siamo una famiglia molto unita, serena e in niente diversa da tante altre famiglie serene del mondo. Credo così tanto nel diritto alle cure per chi è subfertile (pma omologa, a vari livelli) o infertile (eterologa) che per lavoro mi occupo proprio di infertilità (sono un medico). Non pensavo di fare questa scelta, ma poi mi sono trovata in un reparto di pma con un camice e ho capito che quello era il mio posto e quelli i miei pazienti. Mia mamma ha pianto un po’ quando gliel’ho detto.
    Capisco perché a molti la fecondazione assistita eterologa faccia paura. Non è la tecnica in sè ad essere spaventosa, ma l’essere umano si è dimostrato abbastanza indegno di fiducia in molte situazioni. Però impedire persone umane di curarsi per paura non mi sembra giusto. Credo che ci meritiamo di più, come donne e uomini, coppie, esseri umani.
    Per quanto riguarda l’adozione.. non credo che l’adozione sia un piano B, non deve esserlo. L’adozione non è un’alternativa alla sterilità, i bambini non sono rimpiazzi. L’adozione è un bellissimo piano A, è accogliere e amare un bambino che viene da lontano, con tutte le sue ferite, e fare proprie quelle ferite e guarire insieme. L’adozione non è semplice, richiede consapevolezza e risorse. E si, credo anche io che le leggi sull’adozione debbano essere semplificate.. ma ciò non esclude occuparsi di pma.

  20. Per quanto riguarda invece la mancanza di dialogo in merito e lo scarso coinvolgimento degli uomini, mi sono resa conto che spesso l’infertilità è vissuta (da chi ci si trova in mezzo) con vergogna e pensata (da chi non ha questi problemi) con timore. Negli ultimi anni questo sta un po’ cambiando. Ci sono più articoli a riguardo, libri, l’opinione pubblica è più consapevole ( sebbene falsi miti e pregiudizi) siano ancora diffusi. Banalmente il numero di pazienti che si sentono abbastanza sicuri da dire ad amici e colleghi che stanno facendo il percorso pma è aumentato.
    Per gli uomini la subertilita/infertilità è ancora un grande tabù. Non se ne parla molto e lo si collega in modo super errato a problemi nella sessualità.
    Allo stesso modo le donne che non riescono a portare a termine la loro missione, cioè procreare vengono giudicate. Non parlo solo di chi non riesce , ma anche di chi non vuole figli (con la differenza che questi ultimi soffrono probabilmente meno davanti ai commenti cattivi e insensibili). Anche in questo caso pregiudizi e paure. Come si superano? Parlandone. Come adesso.

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