LA STORIA DI COSIMO

Cosimo Rega è stato condannato all’ergastolo. E’ detenuto nel carcere di Rebibbia. Ha fondato una compagnia di attori nel carcere. Nel film “Cesare deve morire” dei fratelli Taviani è Cassio. Ha raccontato la sua storia in un libro. Ieri è venuto a Fahrenheit e l’ha raccontata a me. L’intervista è scaricabile in podcast sul sito.
Vorrei, semplicemente, che la ascoltaste.

5 pensieri su “LA STORIA DI COSIMO

  1. L’arte è libertà!
    La cultura!
    La curiosità di “sapere”.
    La capacità di mettersi in discussione.
    Il beneficio della “crisi”.
    Avere la “possibilità” di mettersi in discussione.
    Allora … c’è ancora una Speranza”, una strada da perseguire??!!

  2. Devo denudarmi, per scrivere questo commento, mentre sentivo la splendida intervista di Cosimo, facevo fatica a dimenticare il delitto commesso, si può scegliere con forza e convinzione di uccidere e poi espiare e costruire con difficoltà una propria vita, dentro il carcere stesso? Il barbaro istinto che ho sentito all’inizio dentro, e per buona parte dell’intervista, mi diceva, continuamente, ma questa persona ha ucciso, ha ucciso, dove è la terribile punizione, il forte contrappasso, e più lo sentivo, più sentivo la sconfitta di ogni mia convinzione, profonda, che la pena “non” deve essere solo un contrappasso, ma deve essere, come è stata per Cosimo, l’occasione per cambiare, per crescere, per restituire dopo oltre trent’anni di carcere un uomo alla società e non una bestia. Non ho potuto duramente non pensare e se avesse ucciso mio padre, lo avrei perdonato? Avrei sopportato la sua crescita, il suo cambiamento, e non avrei invece voluto la sua umiliazione e distruzione. Che soffrisse allo stesso modo, in cui mi aveva fatto soffrire? Mi riscatto leggermente, perchè alla fine penso che quell’uomo ha fatto e farà del bene e con esso riscatterà se stesso e forse il perdono delle persone a cui ha fatto così del male.

  3. Veramente una testimonianza speciale, misurata e credibile in ogni parola. Ai traumi si sopravvive, fisicamente – sopravvive chi li ha procurati, e chi li ha subìti (perché era legato alla vittima). Di questa sopravvivenza bisogna farne qualcosa.
    La riflessione che ha fatto Cosimo su se stesso e su ciò che lo circonda può appartenere anche a chi ha subìto. Non è buonismo, forse è l’ennesimo modo per ‘salvarsi la pelle’, ma non metterei in dubbio il dolore e la consapevolezza di Cosimo.
    E’ che l’irruzione della violenza nella nostra vita, a volte in modo irreparabile, non la cancelli, ma può essere metabolizzata attraverso il ‘rendersi conto’, che è quello che lui è riuscito a fare.
    @Andrea Lucidi, ‘prima’ puoi porti il problema del perdono, ‘dopo’ è l’annichilimento che devi superare. E puoi anche ipotizzare il perdono allora, o qualunque altra cosa che lasci a te e a chi ha commesso un crimine la possibilità di sopravvivere anche psicologicamente.

  4. Paola, grazie per le tue parole, cmq anch’io non metterei mai in dubbio il dolore e la consapevolezza di Cosimo, il fatto stesso che ci sia, e abbia compiuto un percorso come il suo è importantissimo, il perdono e l’annichilimento sono due scogli psicologici difficili da superare…….

  5. Avevo ascoltato l’intervista in diretta, e mi aveva colpita come poche cose mai. Avevo anche mandato un’email a Fahrenheit. Io che ho 33 anni e spendo buona parte delle mie energie ad autocommiserarmi per ciò che finora non ho fatto o ho fatto male. Che tendo al perfezionismo astrattamente, senza muovere un dito per paura di non farcela.

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