LA TERRA DI MEZZO NON E' IL MONDO DI MEZZO

Fra tutti i motivi per rattristarsi a proposito della capitale corrotta-nazione infetta e della nerissima alleanza tra criminalità e politica che ha portato agli arresti di ieri, ne scelgo uno che certamente è marginale.
Ma non per tutti e forse non necessariamente. Il “mondo di mezzo”, la definizione che Massimo Carminati, l’ex camerata, il capo-cupola, dà del Sistema in cui vive e prospera e delinque, ha immediatamente fatto scattare sui quotidiani il collegamento con (indovinate?) la Terra di Mezzo, e dunque con J.R.R.Tolkien, e dunque ancora ecco la definizione di cui sembra impossibile liberarsi: Il signore degli anelli piace alla destra, quel romanzo non è un capolavoro della letteratura novecentesca bensì un simbolo per fascio-luddisti e giovani nerd. Ancora un passetto e siamo al “tutto il genere fantasy è di destra”, che è convinzione che sembra inestirpabile nel comune sentire.
Triste, tristissimo. E in parte, andrebbe ricordato, esiste una responsabilità anche da parte di chi legge e scrive fantastico nel nostro paese.  Ricordo un intervento di Wu Ming 4, in proposito, che anni fa sottolineava che ” il problema del fantastico per come viene affrontato in Italia è la totale e assoluta mancanza di basi da parte di chi scrive. E di conseguenza di chi legge. Ci si concentra sul canone, si cerca di rispettare (o far rispettare) le supposte regole del tal subgenere, perché si è identificato un target o perché si pensa che esista un’ortodossia del fantastico che va rispettata per essere riconosciuti autori di genere. Ma non si alza mai lo sguardo, non si spazia, non ci si rende conto di quale grande problematicità e complessità etica si esprime attraverso la creazione letteraria di mondi”.
Pazienza? No. Perché di contenuti si deve parlare: così, segnalo la traduzione italiana de Lo Hobbit: un viaggio verso la maturità di William H. Green di cui proprio Wu Ming 4 si è occupato. Per tutti coloro che hanno voglia di capire quei mondi, e di andare oltre la banalità dello stereotipo.
Per gli stessi, riporto qui anche l’intervento di Ursula K.Le Guin in occasione del conferimento del National Book Award. Sperando che faccia effetto, come dovrebbe.
“A chi mi ha dato questo bellissimo premio, grazie. Di cuore. Alla mia famiglia, ai miei agenti, ai miei editor dico: sappiate che se sono qui è anche merito vostro, e questo premio è tanto vostro quanto mio. E mi piace l’idea di accettarlo e condividerlo con tutti quegli scrittori che sono stati esclusi dalla letteratura così a lungo, i miei colleghi autori di fantasy e fantascienza, scrittori dell’immaginazione che per cinquant’anni hanno visto questi bei premi andare ai cosiddetti realisti.
Sono in arrivo tempi duri, e avremo bisogno delle voci di scrittori capaci di vedere alternative al modo in cui viviamo ora, capaci di vedere, al di là di una società stretta dalla paura e dall’ossessione tecnologica, altri modi di essere e immaginare nuove basi per la speranza. Abbiamo bisogno di scrittori che si ricordino la libertà. Poeti, visionari, realisti di una realtà più grande.
Oggi, abbiamo bisogno di scrittori che conoscano la differenza tra la produzione di una merce e la pratica dell’arte. Sviluppare materiale scritto per venire incontro a strategie di vendita con lo scopo di massimizzare il profitto di una società e la resa pubblicitaria non è la stessa cosa rispetto a scrivere e pubblicare libri in modo responsabile.
Io vedo il reparto vendita prendere il controllo su quello editoriale. Vedo i miei stessi editori, stupidamente nel panico dell’ignoranza e dell’ingordigia, chiedere alle biblioteche pubbliche sei o sette volte il prezzo praticato ai clienti normali per un ebook. Abbiamo appena visto un profittatore cercare di punire un editore per la sua disobbedienza e gli scrittori minacciati da una fatwa corporativa. E vedo molti di noi, coloro che producono, che scrivono i libri e fanno i libri, accettare tutto questo. Lasciando che i profittatori commerciali ci vendano come deodoranti e ci dicano cosa pubblicare e cosa scrivere.
I libri non sono merce. Gli scopi del mercato sono spesso in conflitto con gli scopi dell’arte. Viviamo nel capitalismo, e il suo potere sembra assoluto: ma attenzione, lo sembrava anche il diritto divino dei re. Gli esseri umani possono resistere e sfidare ogni potere umano. La resistenza spesso comincia con l’arte, e ancora più spesso con la nostra arte, l’arte delle parole.
Ho avuto una lunga carriera come scrittrice, una buona carriera e con una buona compagnia. Ora, alla fine di questa carriera, non voglio vedere la letteratura americana svenduta. Noi che viviamo di scrittura e di editoria vogliamo e dobbiamo chiedere la nostra parte della torta. Ma il nome di questo riconoscimento non è profitto. È libertà”.

29 pensieri su “LA TERRA DI MEZZO NON E' IL MONDO DI MEZZO

  1. Oh Lippa, oh grande , proprio oggi ho postato una sintesi di ciò a Susanna Tartaro, che di questo accennava nel suo daily haiku.
    Giù le mani della destra dal Signore degli Anelli!
    Grazie.
    Anche oggi.

  2. A me pare che la cosa interessante, anzi -ntissima, a parte il tirare in ballo Tolkien a cavolo, e il fantasy di destra o di sinistra e così via, sia come l’immaginario di quell’intercettazione, coi supramondi, i vivi e i morti e i dialoghi tra, sia agganciato al fantastico, e quindi di come il fantastico abbia tutti i mezzi per raccontare la cosiddetta realtà, e di come già lo faccia, in realtà (ops), e spesso meglio dell’altrettanto cosiddetto realismo.

  3. Si. Abbiamo bisogno del coraggio consapevole del valore,proprio e altrui messo a gioioso servizio dell’umanità tutta senza scopo di lucro. Premio è il dovere d’averlo fatto anche se riconosoiuto solo a metà. Mirka

  4. Stavo per ripetere certe vecchie cose che ripeto sempre in questi casi (e chiedendomi se era il caso di ripeterle di nuovo) quando ho letto queste straordinarie parole di A.B.: “come l’immaginario di quell’intercettazione, coi supramondi, i vivi e i morti e i dialoghi tra, sia agganciato al fantastico, e quindi di come il fantastico abbia tutti i mezzi per raccontare la cosiddetta realtà, e di come già lo faccia, in realtà (ops), e spesso meglio dell’altrettanto cosiddetto realismo”.
    Beh, è fantastico, in tutti i sensi della parola. Un criminale usa le categorie del fantastico per raccontare la realtà? Ma lui non sta raccontando, lui quella realtà la sta creando. Una realtà, diciamo, non bellissima e che lui forma in base alle categorie del fantastico che, secondo A.B., sono spesso meglio del cosiddetto realismo. Non è questione di destra e sinistra: la questione è che le categorie mentali di Tolkien, che hanno improntato gran parte della produzione fantastica successiva, appaiono a Carminati perfettamente adeguate al progetto di imporre un dominio criminale su Roma e A.B. trova la cosa interessantissima. Anch’io, forse per motivi diversi.
    Ad A.B., mi pare, interessa una sua battaglia ideologico-letteraria a favore del fantastico contro il ‘cosiddetto realismo’, un sentimento che trovo molto diffuso nel mondo moderno e quasi dominante online; si potrebbe imbastire un bel discorso su come la narrativa di genere (fantasy, fantascienza, giallo, noir, romance etc) abbia formato e formi il mondo in cui viviamo, anche e secondo me soprattutto nei fenomeni deteriori (tipo la nascita di una mafia specificatamente romana in questo caso), lasciandosi clamorosamente alle spalle il ‘cosiddetto realismo’ e la disprezzata ‘literary fiction’, largamente incapaci di incidere sulla realtà che cercano di descrivere.
    (n.b.: per quanto mi riguarda, sulle presunte tendenze fasciste di Tolkien Wu Ming 4 ha detto la parola definitiva; resta il semplice dato empirico che in Italia, per parecchi decenni, quel mondo e quell’immaginario sono stati appropriati da quella parte politica: come minimo potremmo dire che lo Hobbit ed il Signore degli Anelli non li hanno resi migliori, gli Alemanno, i Carminati e i Fiorito – ma a questo punto sarebbe ingiusto limitare il discorso a Tolkien e lo si dovrebbe allargare all’intera letteratura, di qualsiasi tendenza politica e stilistica…)

  5. Quindi il concetto, se ho capito bene, sarebbe lasciare la potenza dell’immaginario fantastico a Carminati & Co. Non vedo bene la differenza del lasciare Tolkien ai fascisti, ai Campi Hobbit, a Gianluca Casseri e compagnia bella. Io trovo che sia interessante come Carminati trovi adeguata una terminologia certo non usuale nelle cronache giudiziarie per descrivere un mondo di tenebra che ci circonda tutti, è nelle nostre città e nei nodi vitali della società. E penso sia essenziale non lasciare a lui e ai suoi sodali l’uso del mito, della visionarietà, dell’oltre-realismo per descrivere ciò che siamo e ciò che stiamo vivendo. Quanto alla diffusione di una tale concezione del fantastico, boh, a me non pare così pervasiva, a meno che non stiamo parlando di fandom più basico, e così mi lascia perplesso il fatto che la narrativa di genere abbia avuto un’influenza “deleteria” esondando dalle pagine. Se questo hanno fatto i libri di Dick, Gaiman, Palazzolo o S. Jackson (o il cinema di Carpenter, Argento, Kurosawa Kiyoshi, Bigelow), non me ne sono accorto, a me pare che invece abbiano gettato sguardi di rara forza epistemologica sul mondo contemporaneo.

  6. Continui a ripetere che Carminati, a giudicare dalle intercettazioni, trova la terminologia adeguata a ‘descrivere’ un mondo. Ma lui non descrive come uno scrittore; lui agisce nel mondo e tu, per qualche motivo, continui a considerarlo come un letterato che guarda, si fa delle opinioni e poi scrive una storia. Il problema è: le nostre categorie mentali, mutuate dalla nostra cultura, come dirigono la nostra azione QUANDO NON SCRIVIAMO?
    Quanto all’influenza della narrativa di genere sulla realtà procurati ‘The Dreams our Stuff is made of’ di Thomas M. Disch. Sottotitolo: ‘How Sf conquered the world’.

  7. No, no, e ancora no, non lo considero come un letterato, lo considero come un agente che però per descrivere il mondo che agisce usa una terminologia ricca di suggestioni fantastiche. Da amante del fantastico che prova anche a scriverne, la cosa mi interessa molto. Dubito che l’impadronirsi nel suo discorso dei dialoghi tra vivi e morti automaticamente faccia diventare T.S. Eliot, H. James o S. King dei collaborazionisti.

  8. E visto che un criminale usa una terminogia ricca di suggestioni fantastiche per descrivere il mondo che agisce tu ne ricavi la superiorità del genere fantastico sul ‘cosiddetto realismo’ – yeah, sure, it makes sense.

  9. sascha, spero che un criminale possa leggere romanzi, vedere film fantastici (o di altro genere) e apprezzarli senza che quell’immaginario e quelle opere artistiche siano ritenute corresponsabili dei suoi crimini

  10. Non lo so, con ogni probabilità sono io a essere stupido e a non capire.
    Mi pare ovvio la letteratura (come tutte le arti) influisce sul mondo degli eventi, e vorrei vedere, se non avesse tra gli altri questo potere non sarebbe quello che è.
    Se un criminale usa una terminologia “fantastica” invece di quella che ci si aspetterebbe e che di solito emerge da intercettazioni del genere – fatta di mazzette, favori, insulti, sguaiatezze, vocabolario terra terra – ho solo un ulteriore conferma a quello che già sapevo, ovverosia che il fantastico come genere (e contrariamente all’opinione che, almeno nell’ambiente intellettuale italiano, mi pare ancora comune) possa essere, culturalmente e politicamente, una forma linguistica adatta alla penetrazione nelle falde più oscure delle metropoli, della società, dei rapporti umani.
    Quindi sì, almeno per me, it makes sense.

  11. L’aspetto che vorrei evidenziare io, invece, è il seguente: mafia a Venezia, mafia a Roma, mafia Sopra e mafia Sotto, mafia Ovunque. Siamo in mano a briganti. Come salvarci?

  12. Amo la letteratura e le arti ma attribuirgli il potere di influenzare gli eventi mi lascia molto perplesso. Però non vorrei andare ot

  13. (scusate le sgrammaticature dello status precedente, scrivere a spron battuto non va mai bene).
    Comunque, a chiosa, e per chiudere il discorso: chi ci dice di più, a posteriori, sulla deriva liberista degli USA 80’s, Wall Street o Essi vivono? Per me non c’è partita.

  14. Mah… Il Signore degli Anelli è certo l’opera letteraria di Tolkien che fu amata decenni fa (anche) fa da certe formazioni di destra, ma in questo secolo credo che la popolarità del suo immaginario e dei suoi topos sia legato più che altro alla serie di film blockbuster di Peter Jackson: fa parte della cultura pop e mi sembra normale che possa essere citato nel parlare quotidiano, come i ragazzini potrebbero dire “babbani”, come un tempo si diceva scherzosamente “ci vorrebbe il teletrasporto” o “la forza sia con te”…
    (A proposito di immaginario e arti che influiscono sulla realtà dei criminali, invece, era in Gomorra che si notava come, dopo Pulp Fiction, i giovani gangster della camorra avevano cambiato modo di impugnare la pistola tenendola non più dritta ma girata come nel film -più cool ma meno efficace peraltro).

  15. @ A.B.
    “Comunque, a chiosa, e per chiudere il discorso: chi ci dice di più, a posteriori, sulla deriva mafiosa nella Roma d’inizio XXI secolo, Giancarlo De Cataldo o Licia Troisi? Per me non c’è partita”.

  16. Ti assicuro, o supponentissimo Sascha-Stefano Trucco, che sulle connessioni mafiose nei libri di Chiara Palazzolo c’è da imparare. Leggi I bambini sono tornati, e giù la cresta 🙂

  17. A parte quello che dice Loredana, gentile Sascha (e a parte la parafrasi di cui mi onori, di una puerilità che sinceramente non fa onore alla tua intelligenza), non ci servirebbe come il pane un Carpenter per rivelare visionariamente i “mostri” che incontriamo per strada?

  18. Come se non fossimo in grado di vederli per conto nostro. Come se non vivessimo nel mondo insieme agli altri. Come se dovessimo sempre aspettare che ce lo racconti qualcuno con una bella storia appassionante. Come se potessimo tollerare certe verità solo se ricoperte di carta colorata e zucchero filato, tanto fragili siamo. Come se.

  19. Caro Sascha, fosse vero che siamo in grado di vederli per conto nostro! Ci sarebbe mezza popolazione italiana in strada davanti ai palazzi del potere!! Invece… Temo che alla fragilità di cui parli, dovresti sostituire la parola “conniventi”. Temo.

  20. Per terminare su una nota un po’ più seria:
    Non riesco a provare molto interesse per un fantastico che ci permetta di descrivere la ‘realtà’ secondo i metodi dell’allegoria, già stantii nel Settecento e giustificabili solo sotto una dittatura. Vero, con gli stilemi del fantastico si può parlare di qualsiasi argomento, anche dei più scottanti. Ma parlare, che so, di razzismo e immigrazione usando elfi e troll invece di bianchi e neri o italiani ed extracomunitari cosa aggiunge all’immaginazione? E cosa toglie? Alla fine si scopre che qualsiasi argomento può essere reso identico a qualsiasi altro ricoprendolo di una glassa di cliché buoni per tutti gli usi.
    Il fantastico mi interessa invece quando è realmente fantastico, cioè si occupa di quella parte del reale che non è immediatamente percepibile dai sensi, quei mondi che a volte avvertiamo premere da tutti i lati contro la realtà visibile e che in rari momenti di illuminazione, panico o gioia sentiamo di percepire. Un tempo era definito ‘sovrannaturale’ ed aveva connotazioni religiose che forse possiamo evitare o reinterpretare. Ecco, un fantastico che descrive questi momenti di interazione fra il visibile e l’invisibile è per me il vero fantastico, quello reale. Usare hobbit e cani di Tyndalos per scrivere editoriali sulla crisi di governo – no, grazie.

  21. Il fantastico non è (solo) Licia Troisi. Di che stiamo parlando, Sascha? E, per favore, prima di parlare in questi termini di Tolkien bisognerebbe fare un bagnetto d’umiltà.

  22. Ma non parlavo di Tolkien che ha sempre negato l’allegoria.
    Io sono cresciuto in un mondo in cui se qualcuno ti diceva che gli piaceva Tolkien tempo cinque minuti si finiva al carteggio Churchill-Mussolini o alla negazione dell’Olocausto. Quindi, anche per la concezione del fantastico cui accennavo sopra, me ne tenevo alla larga.
    Poi, grazie agli sforzi di tanti benintenzionati, fra cui Wu Ming 4, mi sono deciso a leggerlo – Hobbit, LOTR e Silmarillion (bastano?). Come dire: continua a non piacermi ma almeno per i motivi giusti. E di certo adesso ho un notevole rispetto per la persona JRR Tolkien. Certi appassionati di fantasy, oggi, tendono a sminuirlo, a dire che non ha inventato nulla e che scriveva male. Io penso che proprio certi suoi limiti, stilistici e intellettuali, siano stati necessari a creare un’opera profondamente seria che ha, sì, inventato un mondo e un genere, e che ha retto alla prova del tempo, mentre ho i miei dubbi che un Martin (che forse scrive meglio, nel senso più tecnico del termine) duri così a lungo.

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