LA VERA ME E L'OTTO MARZO

Potrebbe, dovrebbe, essere anche il giorno di una domanda. Certo che questo è il giorno delle lotte, o per meglio dire della visibilità delle lotte che proseguono tutto l’anno. E’ anche il giorno in cui, oh guarda, si parla di donne sui giornali. E’ anche il giorno delle chat di Whatsapp con le foto delle mimose, degli sms con gli auguri, dei cioccolatini, stavolta anche delle caramelle al limone. Dei meme. Dei nomi delle madri costituenti. Delle scrittrici di ieri e di oggi. Ed è tutto giusto, sia chiaro (le caramelle al limone magari no). Meno giusto è che, ancora una volta, tutto scivoli via allo scoccar di mezzanotte.
La domanda, dunque. Lo scorso anno a Radio3 abbiamo realizzato una drammaturgia da “Il racconto dell’ancella” di Margaret Atwood. Stasera, alle 21,  sarà la volta di Shirley Jackson e dei suoi racconti e romanzi. Scrittrici, Atwood e Jackson, che hanno costeggiato due mondi, quello che si vede e quello che si immagina,  e da quel che si immagina hanno tratto forza per raccontare se stesse e quel che le circondava, piccolo o grande, malvagio o benevolo. C’è un piccolo testo, in “Paranoia” di Shirley Jackson, che si chiama “La vera me” e che viene dopo una serie di arguti quadretti familiari dove Shirley in persona racconta di forchette, di calzini, di figli, di mariti. E comincia così:
“Sono stanca di scrivere graziose storielle autobiografiche in cui mi fingo una linda casalinga con un grembiule a fiori, che rimescola appetitose cibarie sulla stufa a legna. Vivo in una vecchia casa umida con un fantasma che cammina rumorosamente in quella stanza in soffitta dove noi non siamo mai entrati (credo che sia murata), e la prima cosa che ho fatto quando ci siamo trasferiti qui è stato disegnare simboli magici a carboncino sulle soglie e sui davanzali delle finestre per tenere fuori i demoni, e in generale ha funzionato”.
La vera Shirley era dunque una strega sapiente, in grado di distinguere le erbe e anche di lanciare maledizioni se qualcuno la offendeva. Naturalmente non era vero, o forse sì, e comunque, in questo strano tempo dove noi inseguiamo il reale a tutti i costi, non accetteremmo come vero qualcosa che sfugge alla razionalità come un soffio di vento.
L’augurio è dunque questo: cercate le vere voi stesse, e amatele anche se non corrispondono a nessuno dei canoni ammessi. Io lo sto ancora facendo: ma prima o poi, magari, ci riesco.

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