LA VIOLENZA, IL SACRO E LA CORRIDA: PICCOLO EXCURSUS SULL’ODIO

Forse sono ingenua, ma credo che quello che è successo in questi ultimi giorni potrebbe cambiare qualcosa: ma, attenzione, non sto parlando né dei giornali né dei social in quanto entità. Sto parlando di noi, delle persone, che sui social siamo e che continuiamo a obbedire a un istinto antico, che è quello di muoverci in gruppo cercando un bersaglio, e unirci post dopo tweet dopo storia Instagram per annientarlo. Storia antica, come scrisse René Girard in La violenza e il sacro e in molto altro: c’è una crisi sociale, serve un sacrificio (un linciaggio) che ristabilisca, almeno apparentemente, pace in una comunità turbata.
Conosco la reazione: io non sono così. Non è vero. Da qualche parte, dentro di noi, siamo tutte e tutti così. Solo che alcuni di noi riescono a contenere l’istinto primitivo, a lasciare le dita sollevate non con il sasso in mano ma sulla tastiera e a chiedersi “cosa sto facendo?”, e tacere, e vergognarsi anche di sé. Altri e altre no.
Dobbiamo dunque, prima di accusare i social o i giornali o questo o quella, essere capaci di dirci che quello che vediamo ogni giorno in rete siamo noi. Nella nostra bruttezza e nella nostra bellezza, anche: ma tutta insieme. Non l’abbiamo mai vista così nel corso della storia, e non siamo, parlando in generale, capaci di muoverci in questo scenario, non ancora.
Certo che i social amplificano l’odio. Ma dobbiamo fare un passo indietro al prima, o almeno al prima relativamente recente. Dai, facciamolo.

E’ un giorno di primavera e gli anni Ottanta stanno per finire: è, per l’esattezza, il 23 marzo 1989, un mese e mezzo dopo la fatwa di Khomeini contro Salman Rushdie, un mese meno tre giorni dall’assoluzione di Stefano Delle Chiaie al processo per la strage di piazza Fontana, tredici giorni dopo l’assoluzione degli imputati per la strage di piazza della Loggia a Brescia, tre prima (a volte le coincidenze sono davvero meravigliose) della presentazione del World Wide Web: Summary da parte di Tim Berners-Lee (che fu, in pratica, l’atto di nascita della rete). Dunque, nella puntata del Costanzo Show di quella sera c’è un’insegnante che legge una sua poesia. Vittorio Sgarbi, presente come “polemista”, la definisce orribile, riceve in cambio un “lei è un asino poetico” e replica “e lei è una stronza”. La prima parolaccia della televisione, che emozione. Sgarbi venne querelato e condannato a pagare 60 milioni di risarcimento. Sarà la prima di una lunga serie di condanne  e l’inizio di una folgorante carriera: in quello stesso anno, Sgarbi augura la morte a Federico Zeri, più avanti prenderà a secchiate Roberto D’Agostino durante un programma di Giuliano Ferrara, tirerà un tapiro in testa a Valerio Staffelli, darà della “scoreggia fritta” a Scalfaro, del “mafioso” a Peter Gomez, dell’”ateo bastardo” a Cecchi Paone, del “cornuto” a Mughini, della “puttana” a Irene Pivetti, della “troia irachena” a Zaha Hadid.

Vi ricorda qualcosa, vero? Lo “stronza” di Sgarbi e la popolarità che gliene deriva aprono un varco: la televisione degli anni Novanta gioiosamente provoca la rissa, incoraggia i toni che coprono le parole degli altri. Vuole sangue. Vuole audience. I politici si adeguano, naturalmente: ma quando, con l’inizio degli anni Zero, viene il tempo della “gente comune”, dei partecipanti ai reality, dei tronisti di Maria De Filippi che sostituiscono il pubblico scampanellante e muto della Corrida che improvvisamente può prendere la parola e trasformarsi a sua volta in protagonista, tutto cambia. Anche la più oscura delle comparse diventa una star se insulta, aggredisce, ferisce: Tina Cipollari, la bionda opinionista di Uomini e Donne, viene gratificata con una rubrica su VIP dove può ricoprire di contumelie i concorrenti anche su carta. Danielona Ranaldi, che nello stesso programma inveiva come una baccante contro tronisti e corteggiatrici fu, prima di venir arrestata per spaccio, una stella.  Con Internet diventa tutto ancora più facile, alla portata di tutti e persino comodo, perché si può diventare odiatori senza metterci la faccia, o il nome: avveniva nel web 2.0, quando a ogni blogstar corrispondeva un cacciatore di blogstar, affiliato a uno dei tanti siti hater che vivevano, letteralmente, di fango gettato addosso ai blogger più frequentati. Avviene, naturalmente e ancor di più, nel mondo di quelle che erano web celebrities e oggi sono influencer. E dunque avviene su Facebook, su X, su Instagram.

Ma parte da lontano. E naturalmente da ancora più lontano, da quando nulla di tutto ciò era visibile. Questo non significa giustificare nulla, intendiamoci: non le varie shitstorm di questi giorni, con tragedia finale e morte di una donna che dall’ultima shitstorm era stata investita. E, sì: c’era una shitstorm. Non ci si può sempre autoassolvere se si conosce la rete e si è consapevoli che i commentatori e le commentatrici reagiranno con violenza. E’ la piccola grande vigliaccheria dei call-out: andate al posto mio e picchiate duro.

E allora?
Non lo so, davvero. Spero che a nessuno venga in mente che basti sanzionare. Ci vorrebbe una lunga formazione su noi stessi, una riflessione generale che ci faccia capire fino in fondo che odiando non si risolvono le nostre frustrazioni. Che ci faccia capire che anche quando “argomentiamo” , ma scegliamo accuratamente ogni giorno contro chi argomentare, contribuiamo alla marea. Che ci faccia capire che, sì, stiamo male, che il liberismo non ha i giorni contati, ma che non è sacrificando colui o colei che ha pescato il biglietto col pallino nero alla lotteria che staremo meglio. Sarà lunga, sarà difficile, ma continuo a sperare che ci riusciremo.

 

 

 

Un pensiero su “LA VIOLENZA, IL SACRO E LA CORRIDA: PICCOLO EXCURSUS SULL’ODIO

  1. No, non sarà facile rendere la Rete un luogo migliore. Almeno fino a quando non impareremo ad autocontrollarci (mi verrebbe da dire, autocensurarci), a mettere un freno al narcisismo, all’aggressività e alla presunzione, che in Rete trovano un facile strumento di espressione (per non dire, di esplosione). Non sarà facile perché dipenderà interamente da noi, se saremo in grado di acquisire una nuova consapevolezza del mezzo che stiamo utilizzando, se impareremo a essere responsabili, coscienziosi e virtuosi.
    Provo a dare alcuni suggerimenti. Prima di scrivere chiediamoci se è davvero importante e utile quel che ho da dire (o serve solo a compiacere il mio ego), se contribuisce e arricchisce una discussione, chiediamoci quali potranno essere le sue conseguenze, se potrebbe ferire o danneggiare qualcuno. Non insistiamo, non pretendiamo di avere ragione, rispettiamo gli altri e le loro opinioni, non rispondiamo alle offese con altre offese, se ci sentiamo di dover replicare facciamolo con educazione, argomentando e non insultando. E non dimentichiamoci che in Rete possiamo starci ma possiamo anche, se lo preferiamo, non esserci (e senza che nessuno si accorga della nostra assenza).

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