LATTE DI UNICORNO: UNA METAFORA, UN ROMANZO

Il mio solito bar è chiuso, dunque prendo il caffè in un bar vicino, un tempo simbolo stesso degli incontri tra gente di spettacolo, che ai tavolini stendeva progetti e concludeva contratti. Non è mai stato il mio bar, neanche allora: troppe abbronzature, troppi cagnolini vezzosi, troppe cravatte. Ma è agosto, sono controvoglia a Roma e non vado troppo per il sottile.
Dunque stamattina, nel bar-che-non-è-il-mio, vedo una pubblicità, appesa dietro il bancone. E’ arrivato il latte di unicorno, dice. Scoprirò poi che il suddetto è quello che altrove si chiama Golden Milk, ovvero alga spirulina, zenzero, miele, limone, curcuma, altro. Già, ma l’unicorno?
“Bere il sangue di un unicorno ti tiene in vita anche se sei a un passo dalla morte, ma ad un prezzo spaventoso… Hai ucciso una cosa purissima e dal momento che il suo sangue tocca le tue labbra, vivrai una vita a metà, una vita dannata”.
Harry Potter è solo l’ultimo in ordine di tempo (credo) ad avere a che fare con l’unicorno: secoli di leggende e di bestiari hanno raccontato della creatura insieme pura e feroce che a volte incontra gli umani, e a volte si fa ammansire, e a volte viene uccisa. Ah, gli unicorni vengono citati spesso a riprova delle fantasticherie inutili che troverebbero in Tolkien il capostipite: peccato che nel Signore degli anelli ci siano molti animali fantastici, ma non l’unicorno.
Cosa ha a che vedere questo con noi? Tutto e nulla. Non so se il bar-che-non-è-il-mio venda molto latte di unicorno, in verità. So che la sola idea di aver messo in commercio una bevanda con quel nome parla alla parte più antica di noi, e anche se noi ci professiamo realisti, il mito prospera ancora, da qualche parte, anche quando scriviamo imbecillità sui social, anche quando trascorriamo le giornate affacciati su una realtà su cui non abbiamo alcuna influenza, pur se ci illudiamo che non sia così.
Questo ritorno, il mio, suscita dubbi. E’ come se quel che leggo, e vedo, e ascolto, stesse rotolando via dal suo centro tangibile. Siamo infelici, questo è quel che vedo e ascolto. Eppure non riusciamo a trovare una cura. Non riusciamo a sognarci, e qualcun altro sta sognando per noi, in modo oscuro peraltro.
In un lontano romanzo di Murakami Haruki, La fine del mondo e il paese delle meraviglie, gli unicorni pascolano fuori da una città cinta da alte mura. Le mura servono a non fare uscire gli abitanti, per tenerli al sicuro. Chi entra, deve separarsi dalla sua ombra, e perdere la memoria. A volte, i libri intuiscono del futuro molto più di quel che i loro stessi autori credano.

3 pensieri su “LATTE DI UNICORNO: UNA METAFORA, UN ROMANZO

  1. Cosa sia il “latte di unicorno” del bar-non-suo poco vale… importante è che il nome sia d’effetto e che, ai più colti, faccia sognare la potenza.

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