LE NOTTI BIANCHE LAVORANDO GRATIS

Fra le molte, c’è una colpa che furbi e furbetti dovrebbero espiare pesantemente, ed è quella di aver trasformato in sfruttamento la possibilità, e la necessità, di fare esperienza. Sì, mi riferisco alle infinite polemiche seguite alle dichiarazioni di Jovanotti sul lavoro gratuito: le sue, da quanto capisco, sono state parole ingenue e fuori luogo in tempi tenebrosi come questi. E ai tempi tenebrosi ha contribuito chi per anni e anni ha fatto fior di quattrini sfruttando stagisti, redattori, traduttori, neolaureati e laureandi e in assoluto giovani e non più giovani con il miraggio “intanto impari, poi si vedrà”, “fa curriculum”, “funziona così”.
Non sempre. Esisteva, e sarebbe bello esistesse ancora, un altro tipo di gratuità. Mi è tornata in mente stamattina leggendo il ricordo di Piergiorgio Maoloni, scomparso dieci anni fa.
Maoloni era un uomo bellissimo, dentro e fuori, e un grafico geniale. Quando l’ho conosciuto, avevo ventidue anni e lavoravo (gratis, poi sarebbe arrivato un piccolo rimborso spese mensile di poche decine di migliaia di lire, che non bastavano per i panini e le sigarette) a Notizie Radicali. L’agenzia prima, il giornale quindicinale poi. Il giornale andava evidentemente non soltanto scritto, e bisognava commissionare e raccogliere gli articoli, ma impaginato, disegnato e infine portato in tipografia (era in via Dandolo, la tipografia, con il burbero e buonissimo proto in grembiule nero che ti diceva “vedi, non ci sta, taglia dieci righe”, scalzando i caratteri di piombo e mettendoti in mano l’eccesso). A impaginarlo e disegnarlo pensava Piergiorgio Maoloni, che al tempo lavorava al Messaggero, ma dava una mano, gratis, non solo ai radicali ma a parecchi movimenti antagonisti del tempo.
Dunque, io telefonavo a Maoloni, e lui diceva “vieni al Messaggero alle due”. Le due del mattino. E io, imbottendomi di caffè, mi presentavo a via del Tritone con l’emozione ovvia dell’adoratrice della carta stampata, salivo nel suo ufficio  e lo trovavo col rapidograph in mano che lavorava a decine di altre cose, Messaggero incluso. “Siediti là, ragazza, che sono da te”. Così era: tiravamo l’alba, e alle prime luci del giorno uscivo a mangiare un cornetto caldo con le mie pagine impeccabilmente disegnate.
Non prendevo un soldo per quelle notti bianche, e neppure Maoloni, che sarebbe potuto andare a dormire prima, evidentemente. Mi sono servite, quelle ore di insonnia? Moltissimo. Sono ripetibili oggi? No. Non finché si ricostituisce un patto di fiducia fra le persone: perché al punto in cui siamo stati condotti, la ragazza che ero avrebbe sospettato di essere sfruttata, e il grafico affermato si sarebbe rifiutato di perdere il suo tempo con una goffa ventiduenne che arrossiva quando le si rivolgeva la parola.
Abbiamo perso qualcosa? Moltissimo. Andrebbero puniti i furbi e furbetti di cui sopra per questa perdita di fiducia? Sì. E spero che prima o poi succeda.

11 pensieri su “LE NOTTI BIANCHE LAVORANDO GRATIS

  1. Che bello!
    Ventenne di oggi affascinata dalle notti in via del Tritone
    P.S. Cosa ci faceva Jovanotti all’Università di Firenze?
    Ho letto la notizia poco dopo aver ascoltato la conversazione su Le Goff su Radio3. Allora mi chiedo perché. Siamo noi studenti che per primi dovremmo distinguere cosa ha valore e cosa no, cosa ci arricchisce e cosa ci impoverisce, la mente e l’intestino. E l’università deve essere il luogo della mente, dobbiamo difenderla perché non si intestinizzi come il resto.

  2. Il lavoro non retribuito ha senso quando é una scelta, quando si inserisce in un progetto personale di vita e di formazione. Ma non puo’ diventare l’unica forma di lavoro esistente. E no, non credo che nessuno pagherà per tutto questo, nessuno espierà le proprie colpe.
    I ragazzi italiani vengono ancora considerati “choosy” o “mammoni” (guardate cosa é successo per Expo). Le cose non cambieranno nei prossimi anni, le premesse fanno credere il contrario. I tempi tenebrosi continueranno per un bel po’ ancora.

  3. Maria Teresa, sì. Occorre recuperare un po’ di incanto nel disincanto, se mi perdoni la retorica.
    Roberta: era, speravo, sottinteso nel post (non può diventare l’unica forma di lavoro esistente).

  4. Ho fatto anch’io tante cose gratis, a volte per imparare altre per dare una mano a chi ne aveva bisogno, altre ancora solo per poter allontanarmi dalla noia di alcuni periodi ma anch’io lo vedevo come una sorta di patto nella società di allora. Era così perchè la crescita era un bene comune, non c’era sfruttato e sfruttatore ma si collaborava sapendo che ognuno avrebbe avuto la sua parte. Poi un giorno si è passati dal comune al singolo e la società si è rotta.

  5. Anch’io ho avuto la fortuna di frequentare per un po’ Piergiorgio. Era luminoso mentre i tempi e i tipi dell’oggi, come tu dici, sono tenebrosi. Non è solo questione di età (la mia di allora e quella di oggi). E’ che allora si pensava, forse ingenuamente, che ci potesse essere un futuro più positivo e su questo si era disposti a investire, con generosità, pure sul piano personale. Non è più così. Com’è che le cose sono cambiate? Quanto c’entra in tutto questo anche quella nostra ingenuità, che non ci ha permesso di cogliere quel che stava sotto il luccichio delle cose e delle idee, la loro fragilità?

  6. Temo, Roberto, che la nostra ingenuità abbia una grossa parte in tutto questo. E naturalmente puntare il dito contro chi di quell’ingenuità ha approfittato non assolve noi. Però recuperare quella luminosità, che ancora esiste, è atto secondo me utile, e non solo nostalgico. Perché io ne conosco ancora di persone così (tu, per esempio, eh)

  7. Ecco, mi sono commossa. Ma la commozione non è nel ricordo di quelle avventure di infiniti anni fa, ma proprio nella tua frase “no, finchè non si ricostituisce un patto di fiducia tra le persone”.
    O anche nella visione di Gian Carlo “un bene comune… sapendo che ciascuno avrebbe avuto la sua parte”.
    È questo che manca a me che lo posso ricordare, ai “giovani” che, probabilmente, non riescono neanche ad intuirne il significato.
    È questo che manca in questa società e questa assenza mi spiega infinite altre assenze di cui soffro, che generano paure, che a loro volta generano violenze.
    Ecco, però possono esserci risposte e pratiche e luminosità. Appunto.

  8. Purtroppo il processo di incarognimento (non riesco a trovare un altro termine per descriverlo) è virulento e, è il caso di dirlo, la moneta cattiva scaccia la buona. Pochi anni fa io, mia moglie e altri tre amici che a suo tempo molto avevano lavorato gratis e molto si erano lamentati dello sfruttamento (che però aveva almeno portato ad acquisire vera esperienza) mettemmo su una casa editrice, per il puro piacere di produrre carta e parole. Almeno, così credevo io. Non avevamo necessità di vivere di quello, avendo tutti già un lavoro. Finì malissimo, con la nostra uscita, perché quello di noi che nominammo amministratore volle da subito replicare sulla pelle di altri quello che avevamo subito noi: lo specchietto per allodole degli stage, editing e traduzioni gratuiti, da affidare alternativamente a studenti o pensionati con il rimpianto delle belle lettere, fino all’editoria a pagamento. Questo per dire che il marcio ormai attecchisce (purtroppo) anche dentro chi, teoricamente, dovrebbe stare dall’altra parte. Deve essere un esercizio di disciplina individuale e quotidiana, quello di non cedere perché “così fan tutti”.

  9. La sinistra(quella vera dico) e` spesso accusata di essere buonista con i profughi. Suonano abbastanza storte le richieste di esserlo con i diritti acquisiti conquistati a morsi, con fatica, e la venia per coloro che non sanno quello che dicono ma magari sfruttano ampiamente una rendita di posizione che li ha messi al riparo dalla miseria per un paio di generazioni
    http://www.danieleiacono.com/files/nuovi%20file/jovanotti%201992%20ciao%20mamma%20Italia%20uno%20rolling%20stones%20milano.mp3

  10. Lavorare gratis ieri e oggi. La differenza sta nel fatto che ieri c’era qualcuno ad insegnare e un altro a imparare. Oggi si sfrutta e basta.
    Leggendo il profumato pezzo di Loredana e i commenti che ne sono seguiti, mi sono ritrovata a pensare a una forma diversa di impegno. Io ho fatto tanto, tanto volontariato negli anni passati e anche questo è stato lavoro gratis, doppiamente gratuito, visto che per i volontari non è previsto alcun ritorno. Ma ora sono pentita del lavoro svolto perchè credo che questo abbia dato un immeritato lustro ai nostri politici e fatto loro credere di poter sfruttare e asservire, a loro esclusivo beneficio, il lavoro dei cittadini di buona volontà.

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