LE PAROLE SULL'IMMIGRAZIONE: LO STUDIO DI CARTA DI ROMA

A che punto è la notte? A che punto sono le parole? Come procede il lavoro di pressione sui giornalisti affinché raccontino in modo diverso, per esempio, l’immigrazione? Ieri l’Associazione Carta di Roma ha presentato il suo primo rapporto. E qui si pubblica molto volentieri la sintesi.
L’immigrazione nei media italiani non è donna
Di tutte le notizie prese a campione dalla fotografia della carta stampata il 53% riguarda prevalentemente uomini, il 30% i due generi in maniera equilibrata e solo il 17% prevalentemente donne.
In controtendenza con quanto avviene per il tema generale dell’immigrazione, le donne finiscono sui giornali quasi sempre nelle notizie di cronaca nera.
Sono anche in questo caso le violenze contro le donne e dei femminicidi ad essere raccontati dai media. Le donne immigrate però sono vittime più invisibili della cronaca.
Lo studio mette a confronto la copertura giornalistica di alcuni casi di femminicidi di donne migranti e di donne italiane, uccise da mariti e compagni italiani o stranieri e ha analizzato il racconto giornalistico televisivo delle loro storie. Nei servizi dedicati alle donne straniere uccise non ci sono interviste a conoscenti della vittima, vicini o parenti e risulta anche più difficile ricreare uno scenario di normalità di vita spezzata dall’omicidio per le donne migranti.
Le donne immigrate sono rappresentate come vittime, sovente deboli o succubi delle tradizioni e delle famiglie patriarcali. Le violenze, i soprusi, gli omicidi compiuti da connazionali sono in prevalenza letti in chiave culturalista, attribuendo cioè alle origini culturali religiose o nazionali dei carnefici e/o delle vittime le cause dei delitti e dipingendo le culture come monolitiche, immutabili ed essenzialmente differenti.
L’immigrazione come tema esce dal ghetto della cronaca
Nel 2012 crescono in maniera significativa, rispetto ai precedenti studi, le notizie sull’immigrazione e l’asilo legate alla società; in particolare quelle che riguardano le questioni demografiche, il lavoro, l’economia e anche l’istruzione.
Nelle prime pagine dei principali quotidiani italiani diminuisce quindi il peso della cronaca, quando si parla di immigrazione, e della cronaca nera in particolare che continua invece a incidere molto solo nei quotidiani locali dove raggiunge percentuali alte (50% di tutte le notizie relative alla migrazione e all’asilo sul Corriere del Veneto, Giornale di Sicilia, Il Messaggero, Resto del Carlino, Gazzetta del Mezzogiorno, il 60% in quest’ultima testata).
Sulle prime pagine dei quotidiani si discute più di cambiamenti sociali relativi alla presenza di migranti, richiedenti asilo e rifugiati in Italia e quindi anche nel dibattito politico diventa prevalente la discussione sulla cittadinanza ai figli di immigrati.
Permane l’etnicizzazione delle notizie ma si parla anche di più di casi di razzismo

Nel 32% del totale delle notizie analizzate vengono indicate una (o più) nazionalità in prima pagina. La pratica di fare riferimento a nazionalità specifiche riguarda in particolare il 59% delle notizie di cronaca nera.
La cronaca, come in parte anche alcune notizie relative alla società, rimangono marcatamente “etnicizzate”. L’appartenenza nazionale, o alla comunità di origine, fornisce l’unica spiegazione e chiave di lettura dei fatti e dei dati riportati sui quotidiani.
Il 42% delle notizie che riguardano il razzismo sono anche notizie di cronaca nera, a dimostrare che sono in buona parte gli atti razzisti violenti a essere presentati in prima pagina.
A queste si aggiungono un 15% di casi in cui a essere definiti razzisti (o non razzisti) sono forze politiche, singoli esponenti, o commentatori politici, nonché un 13% in cui le notizie sul razzismo sono legate al mondo del calcio.
I figli di immigrati conquistano un protagonismo attivo e positivo nelle news televisive
Nel 2012 nei media italiani trovano spazio le storie dei figli di immigrati analizzate anche dall’informazione televisiva attraverso storie o appelli di persone o gruppi di associazioni (L’Italia sono anch’io) e il racconto delle difficoltà che i ragazzi e le ragazze figli di immigrati devono affrontare quotidianamente. In generale i servizi televisivi analizzati (RAI e Mediaset) si concentrano sulla biografia dei ragazzi, che legittima le loro richieste e li accomuna con i coetanei autoctoni. I figli di immigrati riescono così a conquistare un ruolo da protagonisti nelle notizie ed escono dalla trattazione passiva di destinatari d’iniziative di solidarietà. Anche il velo, tramite le immagini diffuse da molti di questi servizi, assume un significato diverso: pur simboleggiando la diversità delle nuove italiane, è indossato da giovani attive nel rivendicare i propri diritti, discostandosi dalla rappresentazione dominante che lo indica come simbolo di non italianità oltre che di oppressione e passività.
Non a caso il 13% del totale delle notizie hanno riguardato migranti o membri di
minoranze minorenni e si è riscontrato un rispetto sostanziale della Carta di Treviso: documento auto-regolativo della rappresentazione dei minori in ambito giornalistico.
Conclusioni
Sembrano superati quindi i tempi dei “vu cumprà” sui titoli dei giornali anche se non siamo di fronte ad un cambiamento sostanziale dei meccanismi consueti di produzione informativa che risentono fortemente di un’inadeguata preparazione Si registrano delle novità che la professione giornalistica sta sperimentando per produrre qualcosa di più idoneo a raccontare le sfide contemporanee.
Pur rimanendo spesso incollati alle bad news della cronaca nera o alle immagini stereotipate di facile presa nuove consapevolezze e tentativi di narrazione ispirati ad un diritto di cittadinanza sociale acquisito e rivendicato stanno emergendo senz’ombra di dubbio.

6 pensieri su “LE PAROLE SULL'IMMIGRAZIONE: LO STUDIO DI CARTA DI ROMA

  1. Si dirà che non sono mai contento. Eh no, proprio no. Lo statistico che coabita il mio corpo mi dice che questo è un lavoro interessantissimo e importante che meritava ben altra narrazione, rispetto a questo noiosissimo profluvio di numeri raccontati, anzi no: elencati, con tono assolutamente monocorde. L’immigrazione, le trasformazioni della società che essa produce, la loro rappresentazione, gli stereotipi, i pregiudizi, sono fatti che marchiano a fuoco la cultura e la vita di un paese. Queste cose devono raggiungere le persone, non essere buttate là tanto per dire che la comunicazione è stata fatta; nel raccontarle si deve trovare un filo conduttore, si deve far emergere la storia sfaccettatissima e corale che c’è dietro. I numeri da soli non sono in grado di dire assolutamente niente: siamo noi a dover dare voce ai fatti che vogliono rappresentare. Sarà pure un aspetto secondario, quello che sto sottolineando, ma dopo la lettura di una simile sintesi voglio proprio vedere quanti saranno, quelli disposti ad appassionarsi e ad andare oltre nella lettura del rapporto.

  2. Sarà che in quanto gay sono molto sensibile al modo in cui i mass-media raccontano le alterità e le minoranze, ma a me questo articolo-sinossi ha interessato parecchio.
    Il rilievo di Maurizio è pertinente quanto alla forma, tuttavia arrivare ad affermare che “i numeri da soli non sono in grado di dire assolutamente niente”, mi sembra piuttosto ardito.
    Credo che studiare e descrivere il modo di raccontare gli/le immigrati/e, le donne e, appunto, le persone lesbiche, gay e transgender, sia la cartina al tornasole della formazione (e del modo di formare) quantomeno la “doxa” di una società. Ma forse non solo la doxa, bensì proprio la società stessa. E, pur nei passi avanti fatti, la nostra ha ancora troppe omissioni da farsi perdonare.
    La lancio là: sarebbe interessante anche analizzare quanto il giornalismo professionistico “pesi” sui mass-media italiani in tale narrazione e quanto invece sia lasciato a uno spazio “selvaggio” dove, aldilà di ogni preparazione, si affollano “apprendisti stregoni” o maghi dell’infotainement premiati o bocciati dalle “infallibili” leggi di mercato (numero di click o di copie vendute, per capirci).

  3. Fare pressione sui giornalisti per raccontare in modo diverso l’immigrazione, confrontarsi con quanto viene fatto negli altri Paesi, aprire gli occhi ai lettori dei quotidiani … a questo proposito segnalo un’iniziativa pregevole ad opera dell’associazione “Cittadini del mondo” di Ferrara: la redazione – multietnica – di Occhioaimedia, formata da ragazzi di scuole superiori, svolge da diversi anni un’azione di monitoraggio della stampa italiana, segnalazione degli articoli razzisti, interviste a giornalisti italiani e stranieri e ai lettori dei quotidiani, laboratori nelle scuole.
    http://www.occhioaimedia.org/

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