“L’impressione di ricordare ancora qualcosa dell’atrofizzarsi in me della lingua materna, del suo echeggiare mese dopo mese sempre più fievole e rimasto dentro di me, penso, per qualche tempo almeno, come una sorta di raschiare o batter colpi prodotto da un’entità prigioniera che sempre, quando le si vuole prestare attenzione, si arresta e tace per lo spavento”.
“Tutte le volte che, a seguito di un qualche scompenso nella nostra vita interiore, affiora in noi un frantume del genere, ecco che noi stessi abbiamo l’impressione di poter ricordare. Ma in realtà, questo è evidente, non ricordiamo nulla. Troppi edifici sono crollati, troppe macerie si sono accumulate, insormontabili sono i sedimenti e le morene.”
Rileggere W.G.Sebald, Austerlitz e Gli anelli di Saturno. Perché? Perché Sebald – ha ragione Citati – in Italia si legge poco. Perché non somiglia a nessun altro. Perché è un viaggiatore del linguaggio e della memoria. Perché è raro trovare un tale, dolente e lieve, senso di mancanza in uno scrittore.
Perché abbiamo avuto un’idea, nella Fahre-redazione. Perché non raccontare, per stralci, senza lunghi interventi critici, come fossero lampi, i libri che – al di fuori di quelli che entreranno nel programma – stiamo leggendo? Comincio io. Dite la vostra, su Sebald. E, se non lo conoscete, incontratelo.
Uno dei più grandi scrittori del ‘900. “Anelli di Saturno” un capolavoro.
dici bene, il viaggiatore della memoria che non somiglia a nessun altro. a me piace il suo uso delle fotografie, pensa a come ricostruisce la vita di robert walser a partire da una manciata di ritratti. il rapporto tra memoria e immagini che istituisce, la memoria come una camera oscura da cui ogni tanto emergono le ombre della realtà proprio come i ricordi, che a volte “tornano rapidamente a oscurarsi in modo non diverso da una stampa fotografica lasciata troppo a lungo nel bagno di sviluppo” (austerlitz)