LETTERA SULLA TURCHIA

Riccardo Giagni è un musicista bravissimo e un essere umano di rara squisitezza. La
sottoscritta ha condiviso con lui un lungo periodo di co-conduzione a Radio
Tre
: tra le cose da ricordare, la settimana che insieme a Daniele Scaglione
di Amnesty International dedicammo alla Turchia. Per l’appunto, nella
pagina delle lettere di Repubblica, ieri, Riccardo si è affacciato. Così:

Caro Augias, mi riferisco alla lettera
dell’avv. Vincenzo Villani da Modena, che si spertica in lodi riguardo alla
laicità dello Stato turco, ammirevole modello di democrazia da imitare. Non
sono d’accordo.

Quando si parla della «civile» Turchia
non bisogna trascurare di ricordare le migliaia di rapporti delle associazioni
non governative (Amnesty in testa) sulla situazione delle carceri, sulle
limitazioni della libertà di stampa e sulle intimidazioni a giornalisti e
intellettuali (vedi il recente caso Pamuk), sulle discriminazioni e sulla
repressione del dissenso, oltreché delle minoranze etniche e religiose.

Inoltre un genocidio ricordato in tutto
il mondo civile (quello di un milione e mezzo di armeni nel 1915) aspetta
ancora il suo legittimo riconoscimento da parte delle istituzioni turche, che
al riguardo compiono tuttora un’incredibile opera di disinformazione che
raggiunge e certamente supera in efficacia il negazionismo storico
sull’Olocausto.

Non credo che un paese repressivo,
accecato dal nazionalismo, immemore di sé al punto di negare l’evidenza della
propria storia recente, un paese le cui istituzioni e la cui società civile
sono sottoposte alla più stretta sorveglianza da parte dei militari possa essere
considerato una democrazia, solo perché «laico» (ma quanto sinceramente?) e
perché «conviene» dal punto di vista strategico ed economico. Non esistono
democrazie in libertà vigilata.

Riccardo Giagni

8 pensieri su “LETTERA SULLA TURCHIA

  1. Tutto vero. Come sempre, il bicchiere è mezzo pieno e mezzo vuoto. Si tratta di decidere se è meglio dargli una mano a riempirsi o se è meglio darlo per perso. Non è detto che una delle due scelte sia sempre migliore dell’altra. Hitler era meglio darlo per perso. A Putin, forse, vale la pena di dare una mano. Mah. Chissà. E la Turchia ? Noi stiamo a discutere, ma prima o poi loro decideranno.

  2. Sono stato i Turchia nel 2004 e, certo, l’apparenza è quella di una laicità diffusa.
    Che a me è sembrata già qualcosa, un punto di partenza.
    Certo, il mio primo libro da “adulto” è stato “Che ve ne sembra dell’America?” di William Saroyan, quindi la tragedia armena è entrata presto nel mio dna culturale…
    La cosa è seria, anche se il metodo di “pretendere” un riconoscimento forzato e il capo cosparso di cenere non mi sembra ottimale. I processi devono essere naturali… Credo che ancora una volta metterla sul piano che NOI pretendiamo e LORO ci devono accontantare sia un errore.
    Lo vediamo anche troppo spesso nelle quastioni mediorientali. La contrapposizione tra il “grande” che sgrida e il bambino che DOVREBBE obbedire non sempre funziona in politica estera. Magari il bambino scappa per il Paese dei Balocchie non lo si ritrova più se non trasformato in Asino.
    E poi lo vediamo come noi occidentali siamo stati bravi ad andarcene in giro a “sgridare” a destra e mancina… E con quali esiti…
    Per quanto riguarda le caratteristiche attuali oppressive di quell’apparato statale, non ne so abbastanza. Mi fido naturalmente ampiamente della parola di Amnesty.
    Ma nessuno può sapere se portandoli verso la Comunità Europea la cosa servirebbe a facilitare il processo che TUTTI auspichiamo o invece spinga verso lo status quo negazionista e repressivo, “che tanto ci hanno accettati lo stesso”…
    Ricordo comunque che sia i post-fascisti che i post-comunisti nostrani hanno deciso LORO, ad un certo punto, che dovevano cambiare qualcosa, riconoscere qualcos’altro…(lasciamo perdere con quale dose di sincerità).
    Invece quando andiamo a casa d’altri vogliamo sempre imporre il nostro punto di vista e che gli altri lo accettassero immediatamente…
    La tesi del “Bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto” su esposta da Riccardo Ferrazzi mi pare molto ben formulata…
    Purtroppo.

  3. PUBBLICITA’ PROGRESSO: fatevi un grosso piacere. Leggete l’articolo di Judith Revel “In banlieu con Pascal” su L’Espresso di questa settimana. Giuro che non sono sul libro paga di De Benedetti. (anche se, pensandoci, la cosa di per sé non mi dispiacerebbe)

  4. Sì, ma spiega il nesso. Ho letto il pezzo, è utilissimo che qualcuno ricordi che c’è una quantità di intelligenza lasciata a marcire, nelle Banlieu. Quanto alle “condizioni dell’educazione” in Francia, non credo che nulla si risolverà domani: tieni conto che i test di Binet, poi riadattati con pessimo gusto ma grande successo in USA come test di intelligenza, avevano uno scopo sociale esattamente opposto a quella forma di razzismo che ha accompagnato la loro diffusione dal riciclaggio in poi. I test di Binet non sono di ieri, e denunciavano un noto problema…
    Tutto l’articolo è interessantissimo.
    Il punto è, secondo me: “Non credo che un paese repressivo, accecato dal nazionalismo, immemore di sé al punto di negare l’evidenza della propria storia recente, un paese le cui istituzioni e la cui società civile sono sottoposte alla più stretta sorveglianza da parte dei militari possa essere considerato una democrazia, solo perché «laico»”
    Occhio alla bandiera del laicismo, quando sia etichetta. Il valore “laicismo” non è un valore o va almeno sottratto alla “battaglia dei valori”: è la prassi di una conquista democratica nella molteplicità di “mondi di valori” differenti; è la base di un comune accordo di convivenza che tenga conto delle differenze morali evitando che una di quelle diventi norma di fatto o legge scritta, per esempio(sicché, a margine: quando mi capita, sono costretto a ricordare agli amici islamici che non c’è aut aut tra Hallah e lo stato laico, così come non c’è tra il Papa e lo stato laico; se ci fosse, almeno ci saremmo liberati di “un ‘incarnazione” nel bel mezzo di una nazione civile)

  5. vorrei sottolineare solo una cosa: persino la Turchia ride della nostra democrazia berlusconiana, come mi raccontava un collega che vi fu per lavoro poco tempo fa. Intelligentes pauca.
    chubby

  6. io sto leggendo ‘contro i diritti umani’ di slavoj zizek. interessante, parte proprio dalla turchia che fu tollerante e accolse ebrei e cristiani cacciati. ma il libro l’ho appena iniziato…magari lo finisco e ne parlo…

  7. La tesi di “contro i diritti umani” non è nuova, ma è argomentata in modo originale. I radicali o, più in generale, i “pensatori del dissenso” in USA ne parlano da un po’ (li hai letti?).
    C’è una grande fabbrica del consenso in azione dietro tutti le falsificazioni della democrazia (ma secondo me Zizek non sposta il problema di un millimetro, quanto alla Turchia)

  8. La questione della Turchia è di una complessità tale che mi vien sempre da ridere quando vedo chi ha la presunzione di riassumerla in due parole. Be’, mi ci provo anch’io: nel giro di cinque anni ho visto tali progressi in Turchia e tali regressi in Italia che, se continua così, avranno presto più diritto loro a stare nell’Unione europea di quanto ne abbiamo noi.
    Naturalmente, anche questa è una banalizzazione e una semplificazione. Ho linkato qui il mio blog Turkish Diary (che in realtà non aggiorno da un po’, da quando sono partita per una settimana ad Ankara), aggiungo anche il mio blog di viaggi in francese, A la recherche du lieu perdu.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna in alto