LUCA TRAINI, FOSTER WALLACE, LA NOSTRA SGANGHERATEZZA

“Credo che per quelli della mia generazione […] un certo tipo di sgangheratezza […] viene associata non tanto all’ingenuità o alla goffaggine, quanto alla sincerità […] essere genuino e fatto in casa, invece che essere […] tale e quale a un prodotto industriale”. David Foster Wallace. Intervista radiofonica con Michael Silverblatt per Bookworm, kcrw, Santa Monica, 3 agosto 2000.
Diciotto anni dopo, dunque, quella sgangheratezza, non letteraria ma esistenziale, si afferma e ci caratterizza, eppure non abbiamo mai smesso di essere prodotti industriali: anzi, siamo perfettamente caratterizzati come tali rendendocene conto solo a tratti, e anche quando ce ne accorgiamo continuiamo a prender parte al gioco. Tweet e contro-tweet, post e contro-post, like, like, like, senza che nessuno dei discorsi fatti venga intaccato dal discorso che vi si oppone.
Faccio un esempio. Nelle terre che amo, in un luogo che non nominerò perché ci sono affezionata e dove si va a mangiare almeno una volta durante la permanenza marchigiana, il gestore ci fa una confidenza: sapete, dice, pochi giorni fa sono venuti qui a mangiare gli amici di Luca Traini. Luca Traini è il tentato stragista di Macerata, quello che ha impugnato la pistola e ha sparato nel mucchio, purché la pelle del bersaglio fosse nera. Luca Traini non è pazzo, la perizia recentemente depositata lo dichiara capace di intendere e di volere, come si suol dire. E, come immaginate, Luca Traini, per moltissimi conterranei e non solo, non è un potenziale assassino, ma un eroe. E quel “sono venuti qui a mangiare gli amici di Luca Traini”, detto da una persona mite e buona con quel sottinteso rispetto che si tributa alle persone famose, colpisce come una lama di coltello. Luca Traini è famoso, Luca Traini ha fatto quel che altri desideravano fare. Il motivo ufficiale, o comunque quello espresso, è quello di vendicare una povera ragazza morta, Pamela Mastropietro: e, sì, colpisce anche che tutti quelli, e soprattutto quelle – a maggioranza donne – che commentano qualunque notizia con “perché non parlate di Pamela?”, mai abbiano speso una parola per Lin Suqing, Sara Pasqual, Esther Eghianruwa, Arietta Mata, Anna Carusone, Nunzia Maiorano, Chen Aizhu, Jessica Valentina Faoro, Francesca Citi, Federica Ventura, Azka Riaz, Alessia e Martina, Claudia Priami, Fortunata Fortugno, Laura Petrolito, Immacolata Villani, Leila Gakhirovan, Roberta Felici, Angela Jenny Reyes Coello, Valeria Bufo, Monika Gruber, Maria Cristina Olivi, N.M. , Violeta Blindescu, Antonietta Ciancio, Maria Clara Cornelli,  Maryna Novozhylova, Marina Angrilli, Ludovica Filippone, Silvana Marchionni, Elisa Amato, Elca Tereziu, Fjoralba Nonaj, Allou Suad, Sorina Monea, Fernanda Paoletti, Sara Luciani, Mora Alvarez Alexandra del Rocio,  Anxhela Meçani, Donatella Briosi, Nicoleta Loredana Grigoras,  Roberta Perosino, Ines Sachez , Paola Sechi, Maria Carmela Isgrò, Ines Sandra Tapperi , Sabrina Malipiero, Teresa Russo, Zeneb Badid, Immacolata Stabile, Giustina,  Manuela Bailo,  Maria Dolores Della Bella, Elena Panetta,  Maila Beccarello, Rita Pissarotti, Maria Schiaffino.
Ovvero, le altre 58 morte ammazzate di questo anno.
Ma questi, appunto, son discorsi che non passano, perché in molti alberga non tanto, ripeto, un giustiziere e un razzista (anche, certo, ma non è tutto così semplice), ma il desiderio di far vedere al mondo che si esiste, e che si conta qualcosa, e che no, non si è soltanto un prodotto industriale, e se qualcuno trova quello che viene ritenuto coraggio lo si idolatra (ma coraggio non è, neanche quello, disperato, del David Sumner di Cane di paglia e del Giovanni Vivaldi di Un borghese piccolo piccolo).
Qual è dunque il punto sensibile da toccare, da far vibrare, da guarire? Temo, come scrivevo ieri proprio su Facebook e non solo ieri, che sia la solitudine. Non siamo mai stati soli come ora: pochi figli (e, no, il decremento demografico non è un argomento di destra, e sarebbe il caso di cominciare a ragionarci), poche occasioni per vedersi e parlarsi davvero, e in più l’illusione di essere tanti perché ci parliamo sui social. Vive, vive, vive, vive, scriveva David Foster Wallace ai suoi correttori di bozze. E’ la stessa reazione che dovremmo avere a ogni quotidiana demolizione del nostro essere sociali: vive, vive, vive, vive.
Ps. Per meravigliosa e strana ironia della sorte, il processo a Luca Traini riprenderà nel giorno del decennale dalla morte di Foster Wallace: il 12 settembre.

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