L'UNICO ABITANTE DEL MONDO: QUANDO INCONTRAI GLI STRATEGHI DIGITALI DI OBAMA

Quando il mondo era un po’ più giovane, dodici anni fa, ho conosciuto Ben Self e Dan Thain. In altre parole: Blue State Digital. In altre parole ancora: coloro che hanno predisposto e realizzato la strategia on line per la campagna elettorale di Barack Obama. Ricordo che ero insieme a un piccolo gruppo di blogger e giornalisti che si occupavano di rete e scrivevano su Internet. I social ancora erano una novità, e questo spiega anche il retrogusto ingenuo del resoconto.
Vediamo cosa si diceva all’epoca.
Self e Thain parlarono di cose note e no. Hanno precisato che nessuna tecnologia, pur sopraffina, è utile senza una strategia, e che la strategia medesima deve attenersi comunque ad alcuni principi guida.
Ovvero, dicevano ancora: non aspettatevi che il pubblico (o la gente, o gli elettori, o i lettori) arrivi da voi, dovete essere voi a raggiungerlo, attirarlo al vostro sito, suscitare interesse e utilizzare poi l’interesse medesimo; non dimenticate che Internet è un mezzo bidirezionale: chi lo utilizza ha una reazione e quella reazione è importante; siate disposti a sorprendervi e a mutare la strategia iniziale in seguito alle reazioni che otterrete; tutto quel che fate è misurabile: i risultati ottenuti volta per volta vi permetteranno di predisporre aggiustamenti laddove ci fossero dei punti deboli; le attività on e off line non devono mai procedere per strade separate.
Poi. Le parole d’ordine. La gente è stanca dei politici: reagisce alle persone e alle emozioni. Solo con l’emozione (la passione, ricordate?) è possibile coinvolgere pubblico ed elettorato.
Poi. Le cifre. Notevoli. Dei settecento milioni di dollari di donazioni per Obama, cinquecento sono state raccolti on line. Le donazioni individuali sono state quattro milioni. Molte anche di cento dollari. O di cinque. E ancora: duemila video caricati sul portale, centomila blogger collegati alla campagna elettorale.
Ecco: video di chi? Altro punto da sottolineare: raramente di Obama, ma dei suoi sostenitori. Storie, insomma, individuali. “Everybody wants to be an insider”, campeggiava su una delle slide mostrate. Argomento ben noto a chi frequenta la rete, certo.
Ma la cosa singolare, dissero, è che il fulcro di tutto sono le e-mail. Mail personalizzate (con un team di volontari che si occupava esattamente di mandare risposte non generiche: parliamo di settemila diversi tipi di mail, per essere precisi) e finalizzate ad ottenere che i destinatari delle mail medesime si impegnassero OFF-LINE. In incontri, campagne porta a porta, feste e quant’altro. Il team di Obama ha totalizzato 220 milioni di contatti diretti con gli elettori: parliamo di porta a porta e di telefonate. Knocks and call. Off line, appunto.
Ma come, e i social network? Utili, ma fino a un certo punto, si disse allora: le elezioni – è stata la risposta – non si vincono con un milione di amici su Facebook ma con il porta a porta. Ovvero: “Su Internet, abitualmente, si cerca di riflettere sulla politica. Invece, bisogna farla”.
Ricordo di aver alzato la manina per esporre un dubbio: dunque, la rete va considerata soprattutto come strumento per rendere più efficace la campagna tradizionale, il famigerato contatto diretto, viso a viso, con gli elettori? Risposta: “Con Howard Dean- di cui la Blue State Digital si era occupata – il risultato ottenuto in rete è stato entusiasmante. Ma non è stato tradotto in voti”.
Dodici anni dopo, dunque, cosa resta di quella che all’epoca era vista come una frontiera eccitante? In altre parole: resta ancora quel divario tra entusiasmo digitale e consenso effettivo? O forse quell'”Everybody wants to be an insider” è diventato molto più reale, così reale al punto che non si riesce a pensare ad altro che a essere tale, protagonista di quell’ambiente in cui all’epoca si desiderava essere parte. Anzi, l’unico abitante di quell’ambiente?
E vale solo per la politica? Per la letteratura vale ugualmente?

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