CE NE RICORDEREMO DI QUESTO PAESE

Naturalmente conoscete già le dichiarazioni di Silvio Berlusconi a proposito di mafia, scrittori e sceneggiatori. Mi dispiace “pensare all’elefantino” ed entrare nel suo frame, ma stavolta temo sia inevitabile.
Dunque, il Presidente del Consiglio fa la sua battutina dichiarando che strozzerebbe coloro che fanno brutta pubblicità al paese con i loro libri e i loro serial televisivi. Arriva buon ultimo.
Ricordate Leonardo Sciascia? Ma certo, da poco si è celebrato il ventennale dalla morte: in sordina, per quanto riguarda l’Italia, se si escludono gli articoloni sui quotidiani. I convegni universitari di tre giorni, però, li hanno fatti a Siviglia.
Sciascia fu accusato più volte di fare “cattiva pubblicità” all’Italia con i suoi libri. E, in tempi più recenti, qualcuno ricorderà la famosa intervista rilasciata da Manlio Sgalambro al Corriere della Sera. Era l’11 febbraio 2005, e Sgalambro, fuori virgolette, sbottava con il cronista:  che palle, questa mafia! La mafia dà lavoro. E Sciascia, basta con questo Sciascia, che riposi in pace! Dentro le virgolette, diceva: “La mafia in sé non mi fa venire in mente nulla. Come la patria, i morti di Solferino. Cose vetuste…. Sciascia era lo scrittore civile, un maestro di scuola che voleva insegnarci le buone maniere sociali. Ma rivisitarlo oggi è come rileggere Silvio Pellico. La sua funzione s’è esaurita. Sciascia non ci serve più. Occorre una nuova riflessione, un’altra coscienza siciliana”.
L’accusa di fare “cattiva pubblicità” toccò anche Roberto Saviano, nei primi mesi dall’uscita di Gomorra.
A seguire, gran discussioni letterarie su cosa deve fare la narrativa, specie se meridionale. Entrare nella cornice o uscirne? O tentare di  romperla? Scrivere di mafia, e di camorra, o guardare il famoso muro fuori dalla finestra?
Certo, la questione esiste. Mi vengono in mente le parole che pronunciò Marco Drago in un convegno, poi libro, Scrivere sul fronte occidentale: “Lo scrittore che vive sotto dittatura o sotto il terrore per ricevere attenzione non può occuparsi di cose come il matrimonio, il divorzio, la crisi di mezza età, la morte del padre. Se lo fa, lo fa in romanzi in cui la cornice è la situazione storica del suo paese. Lo dice André Brink in una recente intervista rilasciata a Pulp. Brink è sudafricano e dice che è contento che non ci sia più l´apartheid così può scrivere i romanzi come piace a lui e cioè con meno attenzione al sociale e più attenzione ai ghirigori del suo cervello. Dice che adesso si sente davvero uno scrittore. Prima, per essere letto e premiato, doveva sempre fare l´impegnato. Povero Brink. E poveri noi adesso”.
Opinioni. Non so, peraltro, se Marco Drago sottoscriverebbe oggi le sue stesse parole. Personalmente, penso che la discussione da parte degli scrittori sia lecita e doverosa.
In questa precisa circostanza, non posso però che sottoscrivere le secche parole di Carlo Lucarelli, pronunciate ieri: «Ci dispiace molto di far fare una gran brutta figura all’Italia, cercando di aprire gli occhi su quello che ci circonda».

15 pensieri su “CE NE RICORDEREMO DI QUESTO PAESE

  1. Dico una cosa, che probabilmente non verrà presa per il verso giusto. I libri, importantissimi, di Saviano e altri, danno un contributo culturale, smuovono coscienze: risultati tangibili si vedranno, forse, in un remoto futuro. Contributo importantissimo, ripeto. Con effetto immediato, invece, gli incassi dei loro libri ingrossano il bilancio consolidato di un gruppo finanziario appartenente per l’80% a chi dice che vorrebbe strozzarli e per il 20% a ignoti. Si è già parlato di questa contraddizione, ma alla luce della situazione di oggi forse è il caso di tornare a rifletterci sopra.

  2. Poiché l’educazione non passa per le parole, ma per i concreti esempi di comportamento, alla lunga si vedrà chi sarà riuscito ad educare/migliorare (in senso progressista) maggiormente il paese. Il discorso vale anche per te, ovviamente, che alzi muri verso chiunque non ti faccia qua qua da bravo ochetto.

  3. @bolero. certo, in parte ANCHE per le parole, ma solo se non in contraddizione con i comportamenti concreti. Pensa a tutto l’amore che il Berlusca predica per la libertà, e al tipo di libertà che i suoi comportamenti concreti in realtà additano…

  4. C’è bisogno anche di narrazioni oltre che di concreti esempi di comportamento: le 2 situazioni devono affiancarsi, una cosa non esclude l’altra. La narrazione dell’oggi è la memoria storica per le generazioni future.

  5. Oddio, forse a Berlusconi fa più comodo la sua foglia di fico per antonomasia, vale a dire l’indecente Ricci di “Striscia la notizia”.
    Da che mondo è mondo, l’artista in generale è scomodo per il Potere, ma scomodo sul serio, mica buttandola sul ridere.
    Ciao.

  6. Attenzione: non si tratta di battute da avanspettacolo. Ci sono due affermazioni – quella contro chi scrive di mafia diffamando il paese, e quella specifica contro “La Piovra” – che sono state fatte in passato in momenti molto precisi: reiterarle oggi significa ribadire la volontà di onorare le cambiali pregresse, in un momento in cui alcuni creditori sembrano poco convinti della solvibilità del debitore (parlo da autore di “noir”, quindi per pure ipotesi romanzesche, figuriamoci se quel che posso pensare ha un qualche fondamento). Quanto a “La Piovra”. bisognerebbe ripescare e rivedere la puntata dell’ultima serie, andata in onda nel 2000, quando Tano Cariddi spiegava cosa sarebbe stata la nuova mafia: investimenti del capitale accumulato nell’economia finanziaria globale, indistinzione di capitale legale e capitale illegale, pressioni politiche per favorire leggi ad hoc nel campo finanziario. Non amnistie o abrogazione del 41 bis: rimozione di vincoli alla circolazione dei capitali. Sembra l’identikit della famiglia Graviano, se si prendono per buoni gli articoli di Bolzoni e D’Avanzo. Non potendo impedirne la messa in onda, la macchina berlusconiana si mosse organizzando un “Maurizio Costanzo Show” speciale con Taricone in prima serata, in contemporanea con “La Piovra”.

  7. La cultura e quindi il cinema, la televisione, l’editoria debbono contribuire a combattere la degenerazione sociale, in particolare la mafia e ciò che gli sta intorno. Accrescere ed irrobustire la consapevolezza del male rappresentato da un fenomeno come quello mafioso è precipuo compito della cultura. Si è citato Sciascia che però ha anche messo in guardia rispetto ad atteggiamenti culturali che producono in quantità industriale luoghi comuni che ostacolano la ricerca delle soluzioni e gli onesti approfondimenti. E’ sottile la linea che divide una corretta e onesta azione culturale di contrasto alla mafia e una ritualità demagogica e, quindi, spesso, inutile e, forse, anche dannosa.

  8. Giusto che la cultura – in ogni sua forma – combatta le degenerazioni sociali, ma spesso questo espone gli autori a una doppia fila di fuoco. Restando a Sciascia, Berlusconi lo strangolerebbe visto che fra i primi ha scritto di mafia, dall’altra non poche critiche gli vennero mosse – e gli verrebbero tuttore mosse – quando lui criticava il sacrificio dello stato di diritto in nome della lotta alla mafia. Infatti dichiarava a proposito: “Sono stanco di essere frainteso, di essere accusato di “alleanze oggettive” con questi o con quelli… Ed è il caso di dire, qui ed ora, che questa trovata delle “alleanze oggettive” mosse in accusa a chi difende certi diritti civili che si vogliono dimenticare o a chi discorda da opinioni che si vogliono totalitarie, è uno dei ricatti che più pesa sulla vita italiana, che di ricatti non si può dire povera” (Leonardo Sciascia,
    cit. in Giancarlo Lehner, Borrelli. “Autobiografia” [non autorizzata]
    di un inquisitore).
    Ma evidentemente non sono questi gli argomenti dei Berlusconi…

  9. Appena visto su blob il momento in cui Mister B se la prende con quelli che scrivono di mafia, che “li strozzerebbe”. Totalmente d’accordo con quello che dice Girolamo, quello di mister B. è un messaggio fin troppo palese. Ok per Sciascia, ma senza dover necessariamente scomodare l’autore del giorno della civetta, mi par altrettanto chiaro che il signor B si stesse riferendo a scrittore a noi del tutto contemporaneo, parlo naturalmente di Saviano…

  10. Sbaglio a vedere nell’affermazione di Berlusconi anche una sorta di risposta-reazione alla lettera di Saviano contro il DDL sul processo breve? Solo di scorcio, per così dire, perché insomma è da tempo che certi signori la pensano in un certo modo su certe questioni e lo vanno dicendo e ripetendo. Un Dell’Utri, ad esempio, ebbe a dire, in una intervista rilasciata a Klaus Davi, che Saviano con il suo libro aveva “enfatizzato” la camorra: “Penso che Roberto Saviano abbia ragione a voler andarsene dall’Italia. Il libro che ha scritto è un libro denuncia e in quanto tale oggetto di tante attenzioni poco piacevoli”, ma quel romanzo-documentario “certamente non è una gran pubblicità per il nostro Paese, anche se il male, purtroppo, esiste e quindi non possiamo negarlo. Forse però non dovrebbe essere enfatizzato in questo modo”.
    Ma è comunque orribile e devastante il messaggio veicolato da certe affermazioni, che non sono dette a caso: è un ritornello caro a quei signori.
    Però… c’è un però: la fiction “Il capo dei capi”, dedicata a Totò Riina, è andata in onda su Canale5 in prima serata, ed è pur stata prodotta da mister Berlusconi. In quella fiction però… i capi della mafia non sono presentati come delinquenti in maniera netta e univoca e scevra di ambiguità, tanto che parecchie voci di critica si levarono. Su Wikipedia si legge ad esempio, alla voce “Il capo dei capi”: “Il pm della Dda di Palermo Antonio Ingroia ha asserito che alcune fiction come Il Capo dei Capi possono essere dannose perché creano un’iconografia positiva dei mafiosi. Il pm, recatosi in una scuola di Palermo, ha chiesto agli alunni chi era secondo loro il personaggio più simpatico; tutti hanno risposto Totò Riina. Questi stessi ragazzi, in un sondaggio precedente, avevano affermato che la mafia era dannosa e che non volevano farne parte”.
    Insomma, il medesimo Berlusconi che da una parte critica chi parla seriamente di mafia e dall’altra produce ambigue fiction su certi capimafia…
    Distruzione del dissenso, costruzione del consenso.

  11. Le cose sono ancora più intricate, e hanno a che fare con ciò che in superfice appare come un colossale conflitto di interessi ma è molto di più. Berlusconi se la prende con chi scrive libri di Mafia, come chi ha scritto la piovra, come Saviano, e come altri ma, d’accordo con Anita, pricipalmente se la prende con Saviano. Chepperò gli ha fatto guadagnare una marea di soldi visto che Mister B. di Saviano è l’editore (Gomorra è pubblicato infatti da Mondadori…)
    E allora che dire? Che in Italia il sistema funziona così, in un intrico fittissimo in cui solo ancora poche voci sono del tutto autonome. E’ così che si regge il sistema Italia, e considerare il nostro sistema come una piovra è forse la metafora migliore per designarlo e desciverne l’intima essenza. Fino a quando? I nodi verranno al pettine o si continuerà così ab eterno, anche dopo B.?

  12. ‘Far fare brutta figura all’Italia’? . Ma chi la fa fare: gli scrittori che denunciano le sporcizie che le oligarchie che si sono susseguite in questi ultimi trent’anni hanno seminato e che hanno germogliato rigogliosamente, o chi dà agli scrittori i soggetti su cui scrivere le verità?
    Anche soltanto amplificare le parole da mafiosi che vengono dette contro gli scrittori, è un atto che meriterebbe delle comparazioni.

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