MENTRE L'EUROPA BRUCIA

Ieri sera questo scritto è stato letto a Cuori di Grecia, l’iniziativa di Teatri di Vita che ha intessuto un gemellaggio fra simili. Nel caso, l’economista greco Yanis Varoufakis si è rivolto al collega italiano Giulio Ecchia.  Penso che le parole di Varoufakis vadano ulteriormente diffuse.
Caro Collega,
Come te, suppongo, sono cresciuto con le immagini in bianco e nero dei film che rappresentano l’Europa meridionale che lotta per riprendersi dalla calamità degli anni più duri della guerra.
Come te, la mia mente è ancora piena di immagini di persone che lottano, le cui prove e tribolazioni hanno dato origine a ondate di migranti italiani e greci verso luoghi lontani, e a film come “Ladri di biciclette” o come un simile film greco, in cui intere sequenze comiche sono costruite sul desiderio di un uomo per un pezzo di formaggio o di dolce. Ma a un certo punto, venne il momento in cui non era più così facile ricordare la povertà e la privazione che avevano dato la loro intensità a quelle immagini e sequenze comiche. Come risultato, le nostre società, Italia e Grecia, si sono allontanate dalla tradizione culturale di De Sica, Fellini, Koundouros e Cacoyannis, e sono scese nel buco nero della volgarità “Berlusconesque”. Durante questi anni di “crescita” e consumismo, molti di noi speravano che le nostre società trovassero in se stesse la capacità di ritrovare l’equilibrio perduto; di conciliare lo stomaco pieno con la preferenza per un cinema dignitoso al posto del volgare stile di vita proposto dagli show televisivi.
Ahimè, non ce l’abbiamo fatta. Prima che un tale equilibrio venisse raggiunto (sempre che potesse essere raggiunto), il Ventinove della nostra generazione ci ha colpito. È successo nel 2008 quando, proprio come nel 1929, Wall Street è crollata, la moneta comune dell’epoca (il Gold Standard degli anni 30, l’euro degli anni 10 del 2000) ha cominciato a disfarsi, e ben presto le nostre élite hanno fallito clamorosamente nel tentativo di rispondere razionalmente alla marcia trionfale della Crisi. Solo due anni dopo la Crisi ha colpito il mio paese, la Grecia, e ci siamo trovati, ancora una volta, nelle condizioni di relazionarci con le sequenze comiche dei film degli anni 50 e 60, che ruotano intorno alla brama di un pezzo di formaggio o al sogno di un dolce.
Quando studiavo economia, da giovane, mi ricordo che avevo grandi difficoltà a capire come fu che i governi tra le due guerre, dal 1929 in poi, avessero potuto fallire così fortemente nel tentativo di arrestare quella crisi economica che ci ha poi portato, tragicamente, alla Seconda Guerra Mondiale. Leggevo dell’impegno del Presidente Hoover di ridurre rapidamente la spesa pubblica e di tagliare i salari, mentre l’economia statunitense stava implodendo: e non riuscivo a capire come lui e i suoi allegri consiglieri potessero appoggiare una tale idiozia. Mi rifiutavo semplicemente di credere che fossero uomini malvagi che volevano il male dei loro compatrioti. Ma al tempo stesso, non riuscivo a capire come fossero riusciti a convincere se stessi che le loro azioni avrebbero portato sollievo ai loro elettori sofferenti.
Beh, sono trascorsi molti anni da allora e, finalmente, ho capito. Guardando il nostro governo in Grecia da quando è scoppiata la crisi del debito, osservando la leadership europea tergiversare e adottare una politica disastrosa dopo l’altra, ho finalmente capito. È, se ci pensi bene, non dissimile da quello che è successo negli Stati Uniti alla fine degli anni ’60 e primi anni ’70. All’interno del Pentagono, i brillanti generali capirono benissimo che la guerra americana in Vietnam non poteva essere vinta. Che mandare più truppe a combattere nella giungla, sganciare più bombe al napalm sulle città vietnamite, aumentare lo sforzo bellico in generale, era inutile.
Sappiamo bene, grazie agli sforzi eroici di Daniel Ellsberg, che essi conoscevano individualmente, e a piccoli gruppi, l’errore delle loro decisioni. Eppure fu impossibile per loro riuscire a coordinarsi uno con l’altro, ad arrivare a una sintesi delle loro opinioni, in modo da concordare un cambiamento di rotta. Un cambiamento che avrebbe salvato migliaia di vite americane, centinaia di migliaia di vite vietnamite, per non parlare di una quantità enorme di denaro. Qualcosa di simile sta accadendo oggi ad Atene, a Roma, Francoforte, Berlino e Parigi. Non è che i membri delle nostre élite non riescano a vedere che l’Europa è come un treno che sta deragliando al rallentatore, con la Grecia che è la prima carrozza a lasciare i binari, seguita da Irlanda e Portogallo, che a loro volta porteranno al deragliamento delle successive carrozze più grandi: Spagna, Italia, Francia e, infine, la stessa Germania. No, credo che, con l’occhio della loro mente, possano vederlo, almeno così come i generali americani potevano immaginare l’epilogo a Saigon, con gli elicotteri che caricavano gli ultimi americani dal tetto dell’ambasciata degli Stati Uniti. Ma, proprio come i generali americani, pensano sia impossibile coordinare i loro punti di vista in una risposta politica sensata. Nessuno di loro osa dirlo, quando entrano nelle sale in cui vengono prese le decisioni importanti, perché temono di essere accusati di essere dei deboli o confusi. Così, rimangono in silenzio mentre l’Europa sta bruciando, sperando contro ogni speranza che il fuoco si spegnerà da solo, pur sapendo, nel profondo del loro cuore, che tutto questo non succederà.
Mentre tergiversano, giocherellando mentre Atene, Roma, Madrid, Lisbona, Dublino bruciano, le nostre società stanno affondando in una palude nella quale la speranza svanisce, le prospettive sono annientate, la vita è sminuita e in cui i soli vincitori sono i misantropi, i ‘nemici’, i cacciatori di capri espiatori in forma dell’alieno, dell’Ebreo, del diverso, dell’altro. E quando le luci si spengono – letteralmente – nel mio paese, con le famiglie che ‘scelgono’ di farsi tagliare la fornitura di energia elettrica per poter mettere del cibo in tavola, i teppisti ‘pattugliano’ le strade in cerca del ‘nemico’. L’ideologia nazista sta avendo un’altra chance, come la fame e la privazione, per infettare, ancora una volta, il nostro tessuto sociale. E mentre le nostre istituzioni, i nostri sindacati, le nostre norme culturali e le organizzazioni si stanno trasformando in gusci vuoti, si cerca ben poco di contrastare, semmai qualcuno lo cerchi, i bigotti, i razzisti, gli sfruttatori del dolore generalizzato e dell’impotenza. Ahimè, l’uovo del serpente cova ancora una volta in Europa, e per le stesse ragioni di allora.
Il vostro paese e il mio condividono molto più di questa triste storia di quanto vogliamo ammettere. Prima della guerra, entrambe le nostre società hanno generato e tollerato regimi fascisti. Il vostro Mussolini e il nostro Metaxas avrebbero potuto arrivare a farsi guerra uno contro l’altro, ma erano entrambi prodotto di fallimenti politici e disastri economici che sono stranamente simili al destino comune dei nostri due paesi oggi. Vedo che una geografia strana e bizzarra è al lavoro oggi in Europa: l’Irlanda si preoccupa di sostenere che non è la Grecia, il Portogallo strepita di non essere l’Irlanda, la Spagna grida che non è il Portogallo e, naturalmente, l’Italia vuole credere di non essere la Spagna. Dobbiamo, a mio avviso, mettere da parte questa negazione idiota del nostro malessere comune. Certo, l’Italia non è la Grecia, ma, nondimeno, la situazione in cui l’Italia si sta sempre più trovando, mentre scrivo queste parole, non può essere utilmente separata dalla situazione del mio paese. La nostra malattia può aver provocato una febbre superiore di quella che avete voi, ma, credetemi, il virus è lo stesso. La vostra febbre salirà domani al punto in cui si trova la nostra oggi.
Molte persone che conosco fuori dalla Grecia, compresi alcuni colleghi economisti, commettono l’errore di pensare che ciò che la Grecia sta vivendo è una profonda recessione. Lasciate che vi dica che questa non è recessione. Questa è una depressione. Qual’è la differenza? Le recessioni sono semplici flessioni. Periodi di ridotta attività economica e aumento della disoccupazione. Come tu e io insegnamo agli studenti, le recessioni stanno al capitalismo come l’inferno sta al cristianesimo: sgradevole, ma essenziale per il funzionamento del ‘sistema’. I periodi di recessione possono essere redentivi, nel senso che ‘estirpano’ dall’eco-sistema economico ciò che è meno efficiente, le aziende che non dovrebbe davvero essere in attività, i prodotti che sono fuori moda, le tecniche produttive obsolete: i dinosauri, per fare una metafora.
Tuttavia, ciò che sta succedendo in Grecia non è recessione! Qui, tutti stanno collassando. Gli efficienti e gli inefficienti. I produttivi e gli improduttivi. Le imprese potenzialmente redditizie e quelle in perdita. So di fabbriche che esportano tutto quello che producono per soddisfare i clienti, che hanno libri di ordini al completo, una lunga storia di redditività; e, tuttavia, sono sull’orlo del fallimento. Perché? Perché i loro fornitori esteri non accettano le loro garanzie bancarie per fornire loro le materie prime necessarie, visto che nessuno si fida più delle banche greche. Con i circuiti del credito totalmente distrutti, questa Crisi sta affondando tutte le navi, distruggendo ogni imbarcazione, assicurando che l’intera società anneghi. E più tagliamo i salari, più aumentiamo le tasse, più riduciamo benefici ai disoccupati, più profondo è il buco nel quale ognuno sprofonda. Se qualcuno vuole spiegare il concetto di circolo vizioso, oggi la Grecia è un caso di studio perfetto.
Tra te e me, da un professore di economia a un altro, ho bisogno di trasmettere un profondo senso di vergogna per la nostra professione. Tu sai che altri accademici spesso paragonano noi economisti ai sismologi, scherzando sul fatto che siamo altrettanto inutili nella predizione del fenomeno al centro della nostra disciplina. Questo è abbastanza giusto. Come professione, non abbiamo mai messo in guardia il mondo “ex ante” da un imminente ‘terremoto’. Alcuni isolati economisti possono averlo fatto, ma poi di nuovo, un orologio rotto segna l’ora corretta solo due volte al giorno… No, come gruppo di ‘scienziati’ abbiamo proprio dato una pessima prova, come i sismologi nel tentativo di dire dove, quando e con quanta forza colpirà il prossimo terremoto. Solo che noi siamo molto, molto peggio dei sismologi.
Pensaci bene: dietro ogni obbligazione CDO tossica, dietro ogni ingegneria finanziaria letale, là si nascondeva qualche immacolato rappresentante della nostra categoria. Dietro ogni politica economica responsabile di una crescita con lo schema-Ponzi (che è una presa in giro) prima della Crisi del 2008, si possono trovare alcuni celebrati, alcuni rispettati economisti che hanno fornito la copertura ‘ideologica’ per la politica da adottare. Dietro ogni misura di austerità oggi, che soffoca le nostre società, ancora una volta sta un nostro collega accademico, i cui modelli e le cui teorie forniscono i poteri necessari con l’audacia che serve per infliggere tali politiche ai nostri popoli. In breve, io e te siamo colpevoli per quello che i nostri compagni greci e italiani stanno soffrendo. Anche se non abbiamo condiviso questi particolari modelli economici, non abbiamo fatto abbastanza per mettere il mondo in allerta per la loro tossicità. Siamo, insomma, colpevoli.
La scorsa settimana una mia ex-studentessa, che soffre di cancro, non riusciva più a trovare i farmaci chemioterapici dai quali dipende, in seguito alla disdetta di un accordo dello Stato con i farmacisti (che sono in lotta per non essere stati pagati dallo Stato per diciotto mesi). Un certo numero di suoi ex professori (tutti economisti) si sono messi insieme e hanno pagato per i farmaci, da acquistare in contanti. Per quanto sia stato utile, questo gesto non ci esonera. Il nostro senso di colpa è rimasto intatto come lo era prima di questo gesto gentile. Perché noi eravamo quelli che hanno insegnato agli studenti l’efficacia dei mercati finanziari, noi abbiamo permesso che venisse l’era della finanza dello schema Ponzi come l’era della “Great Moderation”, noi abbiamo chiesto ai nostri studenti di avere fiducia nella capacità delle istituzioni finanziarie di valutare correttamente il rischio, noi ci siamo seduti a guardare i nostri studenti leggere libri di testo che insegnavano loro la grande menzogna che i mercati si autoregolano e che il meglio che lo stato possa fare è star fuori dal mercato, lasciando che questo compia il suo miracolo. Sì, mio caro collega, la nostra testa dovrebbe essere appesa per la vergogna. Anche se individualmente ci siamo opposti alla tradizionale ‘saggezza’ del nostro mercato.
Prima di chiudere questa lettera, voglio evocare un’ultima immagine con cui descrivere come il mio popolo, il popolo della Grecia, si sente in questo momento. Ti ricordi il geniale film di Fellini “E la nave va”? Ti ricordi i profughi di guerra sul ponte, trattati come un impiccio da parte dell’equipaggio? Non continuerò la descrizione. Sono sicuro che ricorderai la rappresentazione magistrale di Fellini. Beh, è così che i greci si sentono oggi. E a buon diritto, visto il ruolo di capro espiatorio che devono rivestire come prima tessera del domino a cadere, in una lunga catena di domino, che minaccia l’intera Europa con una versione postmoderna dell’alba di un’epoca spaventosa.
In tristezza,
Distinti saluti,
Yanis Varoufakis

15 pensieri su “MENTRE L'EUROPA BRUCIA

  1. Può essere che persista una tale mancanza di lucidità?
    Oppure, riformulo: può essere che il panico scatenato dal “si-salvi-chi-può” non consenta alla comunità e a chi la guida di scegliere una equa via di salvezza?
    Il paragone con periodo tra le due guerre pare calzante. E spaventoso.

  2. Sono parole bellissime e dolenti nella loro chiarezza. Riportano a un modo umano di concepire il discorso economico, che prima di essere una disciplina (pseudo)scientifica è la principale forma di vita associata, e non avrebbe mai dovuto essere ridotto a freddo formalismo dogmatico. Una cosa in particolare credo che vada sottolineata, ed è l’incredulità di fronte al ripetersi della tragedia. Se nel ’29 c’era almeno l’attenuante della mancanza di precedenti, oggi non possiamo appellarci neppure a questo. Eppure, un passo dopo l’altro, stiamo ripercorrendo quella strada sciagurata. Una delle chiavi, se non la principale, secondo me sta in questo passo della lettera: “non è che i membri delle nostre élite non riescano a vedere che l’Europa è come un treno che sta deragliando al rallentatore […]. No, credo che, con l’occhio della loro mente, possano vederlo, almeno così come i generali americani potevano immaginare l’epilogo a Saigon, con gli elicotteri che caricavano gli ultimi americani dal tetto dell’ambasciata degli Stati Uniti. Ma, proprio come i generali americani, pensano sia impossibile coordinare i loro punti di vista in una risposta politica sensata. Nessuno di loro osa dirlo, quando entrano nelle sale in cui vengono prese le decisioni importanti, perché temono di essere accusati di essere dei deboli o confusi. Così, rimangono in silenzio mentre l’Europa sta bruciando”.
    E’ il conformismo, la paura di deviare dal senso comune universalmente accettato (soprattutto dagli elettori), anche quando la logica e perfino la storia dicono un’altra cosa. E’ uno dei grandi mali del nostro tempo, forse di tutti i tempi. Ma, se non troviamo al più presto qualcuno in grado di accollarsi la responsabilità di dare risposte “eretiche”, siamo fottuti.

  3. Grazie per aver portato alla nostra attenzione questo testo chiaro, lucido, sofferto, scritto ottimamente. Il contenuto non può che comunicarci un senso di tristezza, ma a volte la tristezza è necessaria per scuoterci, farci riflettere (con la dovuta franchezza)…
    E in effetti la lettera di Varoufakis suscita in me molte riflessioni; mi limito qui solo a dar forma ad alcune impressioni.
    Neanch’io sono particolarmente “ottimista”, in questa congiuntura. Sbaglierò (mai come in questo caso lo spero, addirittura!), ma temo che le misure e “manovre” proposte da coloro che ritengono di avere in tasca la “ricetta per uscire dalla crisi” (o giù di lì) non siano che palliativi (nel migliore dei casi), se non proprio “tentativi”, esperimenti – compiuti sulla pelle di un sistema economico in “depressione” (come dice l’economista greco). Esperimenti che nessuno – a cominciare da coloro che li propongono e attuano – sa davvero fino in fondo dove conducano. Il “laboratorio”, le “cavie”, siamo purtroppo tutti noi.
    Questa convinzione è avvalorata in me dal comportamento del nostro sistema politico: perché a partire da novembre tutti i partiti si sono improvvisamente fatti da parte, mandando in avanscoperta il “tecnico” di turno? Perché nessuna tra le forze politiche più importanti, di fatto, se l’è sentita di assumersi in prima persona l’onere e la responsabilità di “governare in tempo di crisi”? Certo, sono state addotte varie motivazioni “ufficiali” per spiegare questa “abdicazione collettiva” [una fra tutte: “Le elezioni anticipate spaventerebbero i mercati”; ma ci crede davvero qualcuno?], ma la paura di… “non sapere cosa fare”, da dove cominciare per affrontare il problema della “depressione”, mi sembra la vera ragione, impronunciabile, di questa “fuga” inaudita dal proprio ruolo, decisa all’unisono dai partiti maggiori. Sì, è una ragione “impronunciabile”, è anzi un “convitato di pietra”, perché dichiarare pubblicamente: “Signori, siamo costernati; ve lo giuriamo, stiamo disperatamente cercando una soluzione efficace, ma al momento non siamo capaci di trovarla; o forse non ne abbiamo la forza, e quindi stiamo andando avanti per tentativi, sperando che «passi ‘a nuttata» [cit.]” avrebbe conseguenze inimmaginabili da molti punti di vista; eppure sarebbe finalmente un atto di chiarificazione, dopo tante, troppe cortine fumogene.
    D’altra parte non credo che il problema stia tutto (e solo) nel famigerato “spread”: quello lì è lo spauracchio, buono a tener fermi (nel terrore) un po’ tutti (come quando si diceva ai bambini piccoli: “Fai il buono se no arriva l’uomo nero!”); ma le cause mi sembrano più “aggrovigliate”, altrimenti non saremmo arrivati a questa situazione di “pre-commissariamento” (giacché questo di fatto rappresenta il governo Monti: la fase preliminare di un possibile commissariamento “europeo”, simile a quello ora in atto in Grecia, che da noi forse ci sarà e forse no – è presto per dirlo, ma i sintomi che vedo non mi rassicurano affatto).
    Tengo a dire, in conclusione, che si tratta di mie opinioni, ovviamente; e sarò ben felice – ripeto, mai come in questo caso – se i fatti le smentiranno.

  4. la situazione in Sicilia è destinata a diventare terreno di sprimentazione nella gestione del default economico. Sembra quasi che l’intento sia quello di rateizzare il disastro spalmandolo sulle regioni, seguiranno la Campania, e la Puglia. Vi siete chiesti chi succederà a Lombardo? Se escludiamo nuove elezioni che sarebbero inutili, probabilmente si darà vita ad un commissariamento della gestione politica, e il controllo del territorio sarà fondamentale.

  5. Non condivido la speranza dell’arrivo di “qualcuno in grado di accollarsi la responsabilità di dare risposte “eretiche””. Mi spaventa, persino, l’arrivo di un salvatore globale: altri drammatici esempi la storia ci ha dato in tal senso che le masse hanno ciecamente seguito. Del resto, molte persone comuni hanno manifestato e manifestano in Grecia, in Spagna e nel resto del mondo – penso ai movimenti di occupy ma leggo or ora da un quotidiano: “Madrid, rivolta anti-austerity – Centomila persone sono scese in piazza in 80 città contro il piano dei tagli”. Dunque reazioni corali contro le ricette suggerite/imposte dalla cosiddetta troika, ma tutte queste proteste cadono inascoltate o peggio: l’imperativo dei governi è, innanzi tutto, non dare spazi mediatici – e non solo quelli – a chi si oppone alle “soluzioni” delle emanazioni del potere delle banche.
    Per questo non credo che i governi (tecnici o meno) non sappiano cosa stiano facendo: se escludono certe soluzioni e ne preferiscono altre è perché hanno ben chiari gli interessi dei loro sostenitori.
    Le parole di Varoufakis vanno diffuse, come auspica Claudio, ma il rischio è che cadano inascoltate: il problema è come dare forza d’azione alle parole “eretiche”, a partire dalla rete, perché la risposta non può essere quella di uno: né quella di centomila. Un milione, dieci milioni di voci controcorrente non bastano: deve essere una risposta ancor più generale

  6. Grazie Loredana, domani lo linko sul mio blog.
    Intanto i criminali stanno votando il “fiscal compact”, che l’80% degli italiani nemmeno sa cosa sia, e che sarà la pietra tombale sulle speranze delle prossime due generazioni.
    Ad alta voce bisogna URLARE che i partiti che appoggiamo il governo Monri sono bande di criminali, e il PD è il Giuda Iscariota del povero Cristo, oltre che del Cristo povero.
    Siano maledetti.

  7. @Paola: credo di essermi spiegato male. Non parlavo dell’arrivo di un “uomo della provvidenza”, che con la conseguente sospensione della democrazia sarebbe anzi un naturale punto d’arrivo della deriva in corso, come a suo tempo lo furono i dittatori del secolo appena finito. Il mio “qualcuno” voleva evocare l’identità collettiva di una classe politica finalmente all’altezza, espressione di popoli finalmente consapevoli e pronti ad assumersi la responsabilità del poprio futuro; popoli non più frantumati nella miriade di individualità impoverite e colleriche che oggi si agitano senza più riuscire ad essere collettività. Perché oggi una risposta è possibile, io credo, solo se collettiva e condivisa. Altrimenti siamo destinati a perderci.

  8. Grazie di questa lettera così bella e tragica. Ci vuole un po’ di pazienza nella lettura, ma trovo sia essenziale questo articolo uscito qualche tempo fa su Le monde diplomatique, che fa il punto su chi sono i signori del debito, dando un volto a ciò che fa comodo vedere come gli anonimi “mercati”. I cosiddetti “salvatori” o presunti tali – come da noi il premier Monti – sono compromessi fino al collo con gli interessi della stessa speculazione finanziaria che ha causato la crisi dei debiti sovrani e continua a guadagnarci. Purtroppo non siamo davanti a incompetenza, ma a una precisa strategia, la stessa che ha devastato dagli anni ’90 le economie di tanti paesi dalla Nigeria, alla Thailandia fino all’Argentina. Forse dovremmo cominciare a entrare nella logica che oggi gli interessi delle popolazioni non hanno più uno stato che li tuteli. Il potere è diventato una dittatura diretta delle più potenti lobby economico-finanziarie mondiali che hanno interesse a rendere il lavoro sempre più schiavistico e a privatizzare ogni servizio di utilità sociale. Qui il link all’articolo http://www.monde-diplomatique.it/LeMonde-archivio/Maggio-2012/pagina.php?cosa=1205lm01.01.html Qui due brevi estratti:
    “Lungi dal rappresentare lo sbocco «naturale» dell’evoluzione di economie mature, i «mercati» costituiscono la punta di diamante di un progetto a proposito del quale gli economisti Gérard Duménil e Dominique Lévy dicono che fu «concepito in modo da accrescere i redditi delle classi superiori». Un innegabile successo, se è vero che oggi nel mondo si contano 63.000 «centomilionari» (il cui patrimonio tocca almeno i 100 milioni di dollari), capaci insieme di assommare una ricchezza pari a 40.000 miliardi di dollari (cifra corrispondente a un anno di prodotto interno lordo mondiale). Degli irresponsabili tramutati in «saggi» Una personificazione dei mercati, questa, che può rivelarsi imbarazzante, tanto è più comodo a volte sfidare i mulini a vento.”
    “Gli «irresponsabili» di ieri si trasformano, come toccati dalla grazia, in «saggi» dell’economia, incoraggiati nella loro missione da media e intellettuali, che, fino solo a qualche tempo prima, non riuscivano a trovare parole abbastanza dure per denunciare la boria e la cecità dei banchieri. Insomma, del fatto che degli speculatori abbiano saputo approfittare delle crisi succedutesi negli ultimi anni nessuno più ne dubita. Eppure, l’opportunismo e il cinismo di cui danno prova i predatori in questione non deve far dimenticare come essi abbiano potuto beneficiare, per realizzare i propri obiettivi, di referenti ai più alti livelli dello stato.”

  9. Siete in ritardo! Tutta la classe intellettuale italiana è in ritardo. Avete eseguito alla perfezione il compito che vi era stato affidato, non parlare, e ora è tardi. Tutte le decisioni sono state prese, tutti i giochi sono fatti. Non vale nemmeno la pena di spiegarvi cosa E’ GIA’ successo e quale cappio, questa classe politica di golpisti criminali, ha messo al collo del sud europa. L’hanno fatto anche grazie alla vostra incapacità di comprendere. L’hanno fatto viaggiando tranquilli, su un’autostrada sgombra da qualunque ostacolo con voi, la nostra “classe intellettuale”, impegnata a discutere di amenità.
    Ora, in abbondante ritardo e fuori tempo massimo, vi degnate di rimarcare ciò che era chiaro da anni. Ancora una volta state facendo il gioco di chi ci ha fregato e, ancora una volta, non riuscite a comprenderlo. Non possedete le conoscenze per comprendere e interpretare la realtà e anticiparla, come dovrebbero fare gli intellettuali e vi masticate da soli, come un uroboro maledetto.
    Siete semplicemente patetici, tutto è compiuto, tutto è fatto e ancora non riuscite a comprendere.
    Blackjack

  10. Grazie Loredana.
    Come abbiamo scritto sulla pagina fb è da leggere anche se fa male dentro.
    Ma è un punto di vista reale.
    E chi in questi mesi non si è appiattito su una informazione omologata sa quanto vi sia di vero in questa lettera.
    Ieri sera ho fatto delle piccole ricerche sulla situazione sanitaria in Spagna e Grecia.
    Se la Grecia è già da mesi in una situazione insostenibile la Spagna è sulla stessa rotta.Da settembre gli immigrati non avranno più possibilità di accedere all’assistenza sanitaria e i tagli dell’attuale governo porteranno a una minore copertura generale.
    Siamo allo sfascio umanitario.

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