NON E' UN PAESE. DIARIO ESSENZIALE DI UNA MATTINA IN UN VAGONE

L’età la dice lei stessa, anzi la grida, questa donna con un giubbotto nero e i jeans e le scarpe da ginnastica, esile e alta, che percorre il vagone della metropolitana tremando, non sai se di vergogna o di rabbia, perché non è una professionista dell’elemosina, non modula la cantilena dolce e nota della richiesta d’aiuto, non ha neppure il bicchiere di carta di McDonald da tenderti. “Cinquantadue anni – dice dunque – E chi se la prende una donna di cinquantadue anni a lavorare? Voi lo sapete? Nessuno se la prende”.
E tu alzi lo sguardo dal giornale e smetti di essere indignata per l’intervento di Netanyahu contro David Grossman, che non deve avere l’Israel Prize perché, in sintesi, troppo pacifista. O meglio, resti indignata ma sei a questo punto anche addolorata, e arrabbiata, e impotente.
“La stessa cosa mi rispondono – continua la donna di cinquantadue anni – , che sono troppo vecchia. Con. La stessa. Gestualità”. Scandisce la frase, usa la parola “gestualità” che ti sorprende, e poi ti sorprendi della tua sorpresa, come se chi grida disperato in una metro dovesse avere a disposizione solo frasi abusate, sonopoverahounsolopolmonemiofiglioèmalato. Come se i poveri, questo sottintende la tua sorpresa, fossero tali per colpa loro, perché non hanno studiato abbastanza. Come se il lessico potesse salvare, e non fornire, troppo spesso, che un’illusione di intangibilità.
Vorresti parlare alla donna e non lo fai. Cosa potrei dirle, ti chiedi mentre lisci il giornale sulle ginocchia, in imbarazzo. Perché sarebbero parole, e non puoi darle altro che quelle, e certo qualche moneta, ma pagata una tazza di caffé e un dolce, resterebbe quella “gestualità” con cui altri oppongono alla cinquantaduenne la conferma di una inutilità irreversibile.
Poi, alzi lo sguardo e incontri quello della giovane donna seduta di fronte a te, un baschetto di lana quasi identico al tuo per tenersi calda, al braccio una di quelle grandi borse dove noi viaggiatrici del mattino infiliamo libri e taccuini  e bottigliette di acqua minerale e portacipria e agende e sigarette. La giovane donna ride. E tu la detesti, ti sale nella gola una fiammata di rabbia pura, vorresti alzarti e scuoterla e dirle ma che cosa hai da ridere? E’ ridicola, la cinquantaduenne? Sì, lo è, è una nota stonata in questo giovedì grasso fortunato perché, per un caso quasi unico, i vagoni della metropolitana sono semivuoti e ci si può persino sedere. E’ fuori posto. E’ vecchia. Non serve più.
Pensi, subito dopo, che tutto è giustamente a favore della giovane donna, perché è lei a subire il periodo più tenebroso di questo paese, e che la tua generazione è stata fortunata e a volte anche felice, e che non ha faticato troppo a trovare lavoro e ha comunque sognato forte e spesso, e chi sognava eccessivamente al limite moriva per una partita di eroina tagliata, ma alla fine siete qui e ve la siete cavata non male, anche (ma non sempre, e non tutti) a scapito degli altri.
Dunque non devi arrabbiarti con la giovane donna che ride di scherno mentre la cinquantaduenne sbanda nel vagone e non grida neanche più, ma chiede, per favore e per favore, una moneta per quel caffè. Non devi, ti dici, cadere nella trappola che altri hanno così ben allestito, una generazione contro l’altra, odiatevi e sbrigatevela fra voi. Eppure continui a guardarla, e alla fine lei se ne accorge e ricambia lo sguardo, e non ride più.
Non hai pronunciato nessuna delle parole che avresti voluto o dovuto dire. Speri di poterlo fare, prima o poi, speri che usandole e mettendole in fila fino a comporre una frase che abbia una durata sia pur effimera, diciamo un paio d’ore, un senso venga restituito.
Ti dici che ci proverai.
Scendi alla tua fermata.
Mentre torni a pensare all’Israel Prize, ti chiedi soltanto, per finire, se la giovane donna e l’infelice cinquantaduenne abbiano trovato il modo di parlarsi, almeno loro.

10 pensieri su “NON E' UN PAESE. DIARIO ESSENZIALE DI UNA MATTINA IN UN VAGONE

  1. L’ho incontrata anch’io, un paio di mesi fa, andando all’Anagnina. Gridava, declamava a voce altissima e rabbiosa uno stranissimo florilegio di termini aziendali, di norme sulla disoccupazione, di esperienze lavorative passate. Insomma, non fingeva ed era evidente. Pure io sono rimasto estremamente imbarazzato, non sapevo che fare a parte dargli quanto bastasse per la colazione. E puoi non crederci, ma anch’io ho vissuto l’esperienza della giovane donna. Anzi, delle giovani donne. Erano due, e appena lei si è allontanata una ha detto all’altra (più o meno): “a me dà fastidio questo modo di fare. Cioè, capisco che ha un problema, ma perché invece di stare qui a chiedere l’elemosina non si rivolge a qualcuno che la possa assumere?”. Giuro, ha detto proprio così. “Qualcuno che la possa assumere”… Il mondo di Barbie. Voglio sperare che sia solo una coincidenza, che in tutti e due i casi siano state delle giovani donne a comportarsi da imbecilli.

  2. “Poverette” entrambe… Poveretti troppi!
    Tra Stazione Termini e Porta Pia, percorso che mi capita di fare a piedi con una certa frequenza, incrocio (altri ne vedo poco discosti) in media una trentina soggetti in difficoltà, spesso palesemente bisognosi di cure fisiche e psichiche. Sono soli, li schiavizza – come si legge- il racket? Una moneta cadauno risolve qualcosa?
    Poche settimane fa un’amica che abita nel quartiere Trieste mi ha raccontato di una donna infreddolita e tremante, presumibilmente homeless, incontrata nella stazione metro in cui è solita scendere. E’ salita in casa a prendere un giaccone pesante e, tornata lì, glielo ha regalato.
    Ben fatto, ci mancherebbe, come l’offerta per la colazione e altri atti caritatevoli che tante persone compiono ogni giorno.
    Mi consento una considerazione “cattiva”: le azioni individuali soccorrevoli, di necessità parcellizzate, non rischiano di incoraggiare l’inefficienza istituzionale? Non c’è modo di attivarsi come “cittadini”?

  3. Virginialess, certo che sarebbe meglio un’azione da cittadini. Un’azione politica, per chiamarla con il suo nome. Te ne sei accorta anche tu, vedo, che quelli che a Roma Vent’anni fa erano poco più di una pittoresca curiosità ora sono legione. E non sono più i naufraghi di una scelta romantica finita male, è gente che fino a poco tempo fa aveva una casa, un lavoro e vorrebbe averli ancora. Ma siamo diventati una miriade di schegge che non si ricompongono più in comunità, e temo che un’azione politica potrebbe anche non arrivare mai. Del resto, una cosa non esclude l’altra: si può essere solidali individualmente e anche parecchio incazzati come cittadini.

  4. Anch’io mi consento una considerazione “cattiva” e mi chiedo quanti anni di abbrutimento statalista, quante giornate vuote giornate tra scartoffie e scrivanie, quante blaterazioni a vanvera tra cevelli sindacalizzati siano necessari per arrivare a conclusioni cosi disumane, come quelle ipotizzate da Virginia. Un mio conoscente lavorava all’acquedotto, appena assunto si rese conto che in ufficio non c’era nulla da fare; nelle vuote noiose giornate che gli toccavano si provò
    a ripulire con la zappa il giardinetto fuori dall’ufficio. Immediatamente ripreso fu a male parole dal sindacalista “Cosa fai?!?! Non tocca a noi! Ci devono pensare loro”. Credo che adesso sia tutto esternalizzato e in molti licenziati.
    A questo porta la perversione burocratica questo ribaltamento dell’umanità questa negazione della realtà umana buona. che in fondo è sempre quella del fare e dell’agire.
    Ma insomma non esageriamo, ben vengano le azioni anche dall’alto. Però credo che le nostre vite tutte, quelle degli accattoni dei garantiti etc. le vite in fondo siano tutte piuttosto miserabili, miserabili e umili tanto che anche le piccole cose del quotidiano le influenzano e parecchio
    Il timore di aiutare un miserabile di mettercisi a parlare, ( almeno per me) è sempre stato quello che poi questo ti si attacchi alla giacca con i suoi vestiti puzzolenti che te lo ritrovi la sera nel bagno quando accendi la luce, magari nel letto. E allora passi oltre, e la moneta se la tiri fuori la getti con un veloce movimento del polso. Di recente ho provato a seguire il consiglio del Papa della Chiesa Cattolica, che di recente ha detto che quando si fa l’elemosina bisogna guardare negli occhi la persona chi facciamo l’offerta, che anche quello è un dono. Io l’ho seguito a volte ho fatto anche due parole, e in effetti mi sembra meglio che i nostri gesti non devono cambiare il mondo e la verità si trova spesso dentro una persona sola.
    ciao,k.

  5. ” mi chiedo quanti anni di abbrutimento statalista, quante giornate vuote giornate tra scartoffie e scrivanie, quante blaterazioni a vanvera tra cevelli sindacalizzati siano necessari per arrivare a conclusioni cosi disumane, come quelle ipotizzate da Virginia.”
    Gratuito e offensivo, nonché lontanissimo dal mio vissuto.
    La buona azione individuale è ovviamente lodevole. Ma non sopperisce all’inefficienza politica e amministrativa: in alcuni casi, ben poco risolvendo, la maschera e procrastina. Essere anime buone non dovrebbe impedire la visione generale dei problemi.
    Quanto al conoscente, è grave che non avesse nulla da fare. Come mai era stato assunto?

  6. Caro k., gestire male il pubblico e gestire male il sindacato sono le due facce della stessa medaglia: la mancata partecipazione/controllo dei cittadini (nel primo caso) e dei lavoratori (nel secondo). Le situazioni che hai denunciato andavano bene a entrambi, oggi molt* di quelli che tacevano o approfittavano di comportamenti del genere (assunzioni a vuoto, esagerazioni sindacali) sono gli stessi che urlano contro “chi ruba” e contro la “ka$ta sindakale” o che di fronte alla perdita del proprio posto di lavoro si chiedono “cosa faccia la politica e il sindacato”…
    Detto tutto questo, però, non mi sembra che la miglior soluzione sia di distruggere tutto per far star malissimo la maggioranza e far crapulare la stessa minoranza (pseudo)dirigenziale di prima: dalla padella mi pare che siam finiti in una brace ben peggiore.

  7. Virginia perdona la “mia cattiva considerazione”, non ho nessun diritto di giudicare il vissuto di chicchessia e , per rispondere a luca, nemmeno quello di sparare bordate generaliste su chi ha il dovere di difendere chi lavora.
    Sul sistema politico amministrativo direi che è tanto più “efficiente” quanto meno inibisce le oneste azioni individuali. all’incirca penso che ci siamo capiti
    ciao,k.

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