Quattro anni fa, per puro caso, avevo scoperto che la Fondazione Mario Luzi aveva un vero e proprio tariffario per dispensare “valutazioni critiche” delle poesie altrui. Mi sembrò poco bello, per usare un eufemismo. Però bisogna rifletterci ancora, e riflettere su questo significa, per prima cosa, aprire la discussione sulla assai scarsa considerazione in cui la poesia è tenuta in Italia. Non vende, è quel che si dice e si ripete. Male, dovrebbe essere la risposta. Leggere poesia è l’unica forma – parlo per me, ovviamente – di riappropriarsi delle parole. Dopo un periodo di conduzione radiofonica, quando le parole dette risultano usurate, leggo solo poesia: esperienza personale che vale pochissimo, certo, e prendetela per quel che è. E su questo ho una colpa, che qui espongo: ne parlo poco, sul blog. Cercherò di farlo di più.
Quel che lascia l’amaro in bocca, comunque, è il mondo delle pubblicazioni a pagamento che si rivolge soprattutto ai poeti. E anche qui il motivo è semplice: si vende poco, pochi pubblicano e rischiano nel farlo, esiste però un grande numero di poeti, di cui molti, sicuramente, di valore, e molti magari no, rivolgiamoci a loro. Dunque, nei giorni scorsi, ho ricevuto questa mail di Artin Bassiri Tabrizi:
“Ho visto una pubblicità del concorso Poeti e Poesia, con scadenza il 21 Dicembre 2015. Ho compilato il form inviando la mia poesia – la partecipazione era gratuita. Dopo 3-4 giorni, ricevo una chiamata dalla redazione di Poeti e Poesia di Elio Pecora: mi si fanno i complimenti per la poesia, per la mia giovane età, ecc.
Mi si illustra, poi, che accanto al concorso vi era la possibilità, per 13 autori, di vedere pubblicate le proprie poesie su una rivista cartacea che sarebbe stata venduta poi su Amazon; 6 copie di questa rivista sarebbero state regalate ad ogni partecipante. Inoltre, la rivista sarebbe stata fatta anche in formato e-book, in modo da divulgarla anche di più.
Ogni partecipante avrebbe avuto una pagina personale, sul sito di Poeti e Poesia, dove inserire alcuni suoi componimenti – da notare che mi è stato detto come si lasciasse totalmente liberi gli autori sul tipo di componimenti.
Alla fine di tutto questo ambaradan, mi si dice che ad ogni autore era richiesto un “piccolo” contributo di 299 euro, che sarebbe stato legalmente fatturizzato e comprendeva tutti i costi del progetto.
Sono molto deluso, anche perché questo tipo di avvenimenti allontana i giovani (seri) dal mondo della pubblicazione”.
Ora, la cosa che fa più male di tutto questo (che mi auguro venga smentito, vedi mai) è che il poeta viene considerato come un pollo da spennare, non come qualcuno da accompagnare in un percorso. Digli, dille, che le sue poesie non sono buone, e salutalo/a. Oppure digli, dille, di lavorare in una determinata direzione. Oppure complimentati perché è davvero bravo/a. E’ il blandire per ottenere denaro che trovo pratica pessima.
Ma.
Ricevo una seconda mail, da Max Ponte, e la pubblico, perché tocca argomenti importanti:
“1) Si deve evitare in tutti i modi di alimentare case editrici a pagamento, non è vero che tutte fanno pagare ma è vero che c’è un sistema fondato semplicemente sul finanziamento da parte dell’autore.
2) Oggi gli autori di poesia hanno altre scelte senza versare soldi ad una fantomatica casa editrice che magari non ha neanche distribuzione: possono stamparseli da sé, usare un servizio printing on demand (ve ne sono alcuni dove si paga solo una copia o poche decine di euro), pubblicarli in formato digitale e darne libera diffusione ad esempio in pdf su una piattaforma libera, aprire semplicemente un loro blog. Inoltre FB, con tutti i suoi difetti, rimane un canale discreto per brevi componimenti, anche se l’attenzione è concentrata sempre più sulle immagini (e chi pubblica poesia integra il testo con un’immagine).
3) C’è da fare un lavoro di difesa sindacale dei poeti e un lavoro di educazione a non cedere a promesse di patacche e premi, che fanno gola ai poeti impreparati a fare un vero percorso. Sulla faccenda premi letterari infatti si potrebbe aprire una lunga parentesi, un’altra fonte di denaro per associazioni che giustificano “spese di segreteria”. Anche qui basta scegliere, se proprio si vuole entrare in questa triste dimensione, i concorsi che non chiedono nessuna tassa di iscrizione.
4) Sottolineo poi che non esiste soltanto la poesia scritta esiste anche quella orale. E in Italia ci sono ormai vari appuntamenti di poetry slam dove si può partecipare e far conoscere il proprio lavoro senza pagare nulla e condividere l’esperienza poetica. Inoltre esiste anche la videopoesia. Si tratta di soluzioni che possono dare maggiore visibilità di un libro. Insomma possiamo fare anche a meno della carta.
5) Detto questo non si può evitare Loredana (come suggerivi per i libri di narrativa) di recensire libri che possono essere stati finanziati. Per quale motivo? Perché alcune di queste opere, anche se finanziate, sono di fatto ottime. Bisogna fare un percorso per portare i poeti fuori da questo meccanismo.
6) Sono pericolosissime le case editrici “a doppio binario” che fanno pagare alcuni, i più sconosciuti, e non fanno pagare altri, i più noti o spesso coloro che meglio promuovono la casa editrice lavorando alla comunicazione della medesima o facendo parecchi eventi. Queste oscure case editrici andrebbero chiaramente segnalate”.
Infine, il discorso avrebbe allargato. Su Facebook, in un breve status che ho scritto ieri sera preannunciando questo post, sono intervenuti molti poeti, fra cui Mario De Santis. E quello che scrive merita riflessione:
“Ripetuto che questi sono dei truffatori – in tanti casi – o delle persone che magari avevano un sogno, aprire una casa editrice e poi hanno dovuto accettare pagamenti per poi continuare a tenere aperto, faccio una deviazione OT: l’editore che accetta di stampare ” l’importante pubblicazione artistica della Tale Banca” che fa se non un marchettone? Oppure il giornalista o lo scrittore che fanno un’introduzione al suddetto catalogo? Arte e storia in Etruria, tanto per non fare nomi.. marchette ovunque? e la scrittrice di libretti indegni e rosa, che fa recensioni e interviste sull’importante giornale che recensisce lo scrittore sul suddetto e poi chiede il conto e lo scrittore a sua volta le fa la recensione al suo romanzetto e parla di letteratura sull’importante inserto libri settimanale? come lo chiamiamo? Io so i nomi ma non ho le prove, e dovremmo fare anche questi.
Detto tutto questo, un pochino me la prenderei con i lettori forti: conosco gente che legge per passione e per lavoro anche un libro o due a settimana se non tre o quattro, comunque lettori forti e fortissimi. Pochi, veramente pochi, troppo pochi – se sono persone che poi parlano di “letteratura” – leggono la poesia. Se non lo fanno loro, e diventano inevitabilmente influencer, ovvio che la situazione mette in crisi gli editori tutti . Di fatto non ce n’è nessuno che rifiuti un pagamento per pubblicare un libro.
E’ un discorso che ovviamente mi tocca ma non lo dico per quello, lo dico perché è davvero singolare che questo genere di lettura sia soprattutto in Italia arrivato a livelli così bassi – so che in Europa e ora anche negli USA il trend è in calo, ma davvero i numeri del pubblico italiano sono tropo bassi e maggiore responsabilità hanno quelli che si riempiono la bocca della parola letteratura. magari per parlare male di Fabio Volo”.
Discussione aperta, conclusioni di Franco Fortini.
Avessi studiato da giovane
quand’ero pazzo di me.
Non avessi sciupato il tempo
non so nemmeno perché.
Non avessi creduto nel mondo.
Me lo disse una donna spettro
a Milano nel Quarantatrè
mentre bruciavano le strade
il fumo faceva tossire
e per quello che non si vedrà
si cominciava a morire.
Una donna terribile
come una Furia “Bada” mi disse
“tu credi troppo al domani”.
Ma troppo parevano belle
le ragazze, le vive mani
sul nero delle rivoltelle
i pianti la libertà.
Oggi sarei come il buon Cases
come Folena, come Caretti
che conoscono i doveri,
ordinari, autori seri
cui si schiudono i libretti
degli esami nei bui chiostri
delle dolci università.
Avessi studiato da giovane.
Non sapessi la verità.
“Avessi studiato da giovane. Non sapessi la verità.” è splendido e credo non si potesse scegliere niente di meglio per aprirla e anche chiuderla, la discussione.
– Usciva con un ragazzo più grande – disse una delle amiche della vittima, irritando immediatamente le mie setole di sbirro che non tollera la circumnavigazione di termini come vecchio. Baglioni scrisse una canzone intitolata I Vecchi ed io che non ero ancora sbirro, ma solo bimbo, mi chiesi perchè non l’avesse scritta Vecchioni. Sto divagando, sorry, come mi capita sempre quando guardo le foto di una donna che sembra una combo di Nonna Papera e dei posters della Coca-Cola di fine ottocento. Zia Poe era stata, a sentire chi frequentava il suo salotto, una signora gentile, timida che pesava le parole e non ne usava mai una in più. Non proprio una freccia al mio arco, la sintesi, lo ammetto, ma si ammira e si cerca cosa ci manca. Il ” ragazzo più grande ” era un piccolo Mesmero con i favoriti che favoriva le varie Zia Poe che restavano intrappolate nella sua rete. Nessuno lo aveva mai visto in giro senza la sua assistente fac totum, una geisha nevrotica che non stava mai zitta. Mesmerino non disdegnava i dindi delle sue adepte: e se una delle discepole avesse mangiato la foglia?
Bussai alla porta del suo studio e non mi rispose nessuno. Entrai. Il santone sembrava addormentato. Sembrava. Rumoredifondo lo guardava trionfante: aveva eliminato Zia Poe e la sua ultima cassa di risonanza, per quanto mercenaria. Restava solo Rumore.
Chandra Livia Candiani, Roberta Dapunt e poi scusate ma non riesco mai a lasciarla a casa; Patrizia valduga. Così solo per dire che esistono ancora i poeti e chi vuole li trova comodamente presso la propria libreria di fiducia.
Un piccolo augurio di giorni un po’ più sereni. Andrea
Ma certo che esistono. Mariangela Gualtieri, Francesco Targhetta, altri due nomi, solo due, ma ce ne sarebbero decine. Il problema non è che non esistano. E’, se vogliamo, la prassi di molti “editori”, il problema.
Era, gentile Loredana, un invito, forse maldestro, ai lettori forti, giustamente rimproverati dal signor De Santis. Come lui, anch’io continuo a non trovare giustificazione alcuna alla scarsa attenzione che questi amanti della parola scritta dedicano alla poesia. Anche questo è un problema.
Mi scuso se la citazione poteva apparire superficiale, erano solo i libri che porto in borsa in questo periodo.
Classifica del fuoco: ultima destinata la poesia,
in guerra la più urgente.
Erri De Luca. Naturalmente.
Ancora un caro saluto Andrea
Grazie a Loredana per aver affrontato la questione (e per la citazione). Segnalo su Blow Up di dicembre un’intervista a Fabio Donalisio nella quale emergono considerazioni molto interessanti sulla situazione editoriale della poesia oggi in Italia. Ci sono, essenzialmente, due poli: da una parte i grandi editori e quelli medi (che spesso, pur criticando l’impostazione dei major, ne ricalcano le dinamiche), i quali hanno ormai abdicato rispetto al loro ruolo di ricerca e scandaglio della poesia contemporanea. Pubblicano i classici, i poeti nati tra anni ’40 e ’60 ormai entrati nel canone, i versi nel cassetto di qualche romanziere affermato, e pochissimo altro. Perché? Perché non si vende (come se la maggior parte della brutta prosa che pubblicano vendesse…). Perché non esiste una critica attendibile e super partes (ormai sono solo altri poeti a recensire i poeti). Perché la galassia di autori è ingarbugliata e sovrabbondante e difficile orientarsi. E dunque loro rinunciano, o quasi. Peccato, anche perché l’impressione è che dati oggettivi si mescolino a considerazioni discutibili; resta la loro rinuncia, e resta lo spazio aperto per i piccoli e micro-editori, quasi tutti senza distribuzione, tra i quali però si può trovare di tutto: l’editore a pagamento più sfrontato e quello artigianale iper-curato, il profittatore che specula sui versi degli sprovveduti senza alcun criterio se non quello economico e il coraggioso stampatore di frontiera. Resta al lettore fare la sua scelta e premiare chi lavora meglio – che spesso è anche chi propone la poesia più interessante. Personalmente, con il progetto editoriale Nervi, sto facendo questo: pubblichiamo (con Donalisio, appunto, e Marco Scarpa) a nostre spese poeti contemporanei che ci sembrano meritevoli, sillogi brevi ma interamente confezionate a mano (il libro deve essere bello anche fuori: quanto spesso capita di vedere libretti interessanti squalificati dalla forma esteriore?), 100 copie a libro, ma che possono arrivare a chiunque, senza preclusioni. Siamo usciti a giugno (con Ulbar, Longega e Sebastiano Gatto) e sta andando molto bene. Vendiamo. Alla faccia della crisi. E abbiamo già coperto i costi (alti), in modo da poter pubblicare altri tre libri l’anno prossimo.
Dunque, non demonizzerei nulla e nessuno. Semplicemente inizierei a premiare (=pagare, comprando i loro libri) chi scrive bene e chi fa bene l’editore. Molti giovani autori non sanno come funziona questo mondo. Non lo sapevo nemmeno io quando ci entrai. Il mio primo libro, “Fiaschi”, lo mandai a tutti gli editori grandi, medi e piccoli che conoscevo da lettore. Non mi rispose nessuno. In due anni di tentativi: nessuno. Allora, prima che il libro invecchiasse del tutto, lo pubblicai con un editore a pagamento, attratto dalla figura di uno degli scrittori che più amo (ExCogita è gestita dalla figlia di Luciano Bianciardi). Non me ne sono pentito. Isbn mi contattò per scrivere il romanzo in versi dopo che “Fiaschi” capitò per caso nelle mani di un loro editor. Se “Fiaschi” non fosse uscito lì, non avrei mai scritto “Perciò veniamo bene nelle fotografie”.
Se, come spesso capita, chi scrive bene pubblica per un editore a pagamento, mi turo il naso, come feci allora, ma compro comunque il suo libro, direttamente dalle mani del poeta, se riesco, cosicché i soldi vadano nelle sue tasche. Solo così quell’autore potrà approdare a lidi editoriali più consoni, ma solo se gli editori torneranno a fare il loro mestiere. O se qualcun altro si metterà a farlo al posto loro.
‘A MADONNA D’’A NOTTE ‘E NATALE
All’intrasatta, int’’a nuttata cupa,
na stella d’oro accumparette ‘n cielo…
“Venite… currite”… alluccava quaccuno…
‘Mparanza ati vvoce , vicine e luntane,
perciavano l’aria: “Currite… guardate
che cielo lucente… miliarde so’ ‘e stelle
ca pittano ’argiento muntagne e vallate…
Currite, cantate, fenuta è ‘a tristezza,
sanato è ‘o dulore e nun ce sta core
ca tene scurore. Chi chiagne, mo chiagne
pecché stu mumento dà gioja e priezza!
Sentite pe’ ll’aria che pace e armunia…
Na pòvera stalla, ‘a pòvera ch’era,
s’è tutta vestuta ‘e rubine e diamante,
‘sta Luce è na Luce cchiù bella d’’o sole
e fa tutt’’e ccose gentile e affatate,
attuorno nisciuna afflezione ce sta,
né tuorte, né nfamie, né cchiù schiavitù,
è tutta na mùseca d’angele e arcangele…
è nnato nu Ninno ca porta sullievo,
riala salvezza, surrise, cunforto
e dà na speranza pure a cchill’ommo
ca troppo ha patuto e nun spera cchiù…
stu Ninno ha vinciuto ogni male, ogni pena,
stu Ninno ha vinciuto ‘o nniro d’’a morte!
Venite… guardate… è nato Gesù… “
Cu ‘a paglia ch’arunaje d’’a mangiatora,
Giuseppe ‘appriparaje na cunnulella,
e c’’o mantiello
tagliato a ddoje mmità
facette nu cuscino e ‘a cupertella.
Che folla steva for’a chella stalla,
e gente ancora n’arrivava, tanta!
Gesù liggeva dint’’e core ‘e ognuno,
‘sta folla ‘a canusceva tutta quanta,
uommene buone, e quante ne vedeva!…
però vedeva pure ‘e malamente,
gente senza cuscienzia e senza Dio,
‘e peggio malandrine,
‘e peggio delinquente.
E ‘o Bammeniello accumminciaje a chiagnere…
Maria s’’o piglia ‘mbraccio, l’accarezza,
‘o cunnuleja, s’’o vasa, le suspira:
– “Ninno mio bello, nun havé’ appaùra,
io sto vicino a tte, cu tte stongh’io,
sempe vicino mamma te starrà,
sempe vicino.”-
Gesù ‘a guardaje
fisso int’a ll’uocchie…
e nun chiagnette cchiù…
facette ‘o pizzo a rrisa… e s’accuitaje…
Raffaele Pisani
raffaelepisani41@yahoo.it
Poesia? Non se ne viene a capo se non come percorso iniziatico individuale (in questo simile a svariate altre forme di coltivazione ed espressione di un talento o di una sensibilita’) ed infatti li’ sta avviandosi, correttamente, quando scrive di voler “riappropriarsi delle parole”. In fondo a quel percorso c’e’ tuttavia il silenzio, che oggi e’ sostanzialmente impossibile da esperire. L’editoria a pagamento e’ una truffa ma il reato e’ circonvenzione di incapace: se chi scrive facesse prima il percorso iniziatico individuale sopra detto, smetterebbe presto di scrivere e spesso anche di leggere, perche’ il poetico e’ sostenibile ma la poesia, come altri talenti e sensibilita’ portati all’estremo, spesso no. Per questo si fa smercio del surrogato, il cosiddetto poetico: i buoni sentimenti, l’aggregazione, la consolatoria e democratica neutralizzazione. Saluti.
Faccio parte di qui lettori forti che legge poca poesia, tuttavia, un consiglio che mi sento di dare a chiunque ne scriva e’: cecrcatevi una rivista letteraria che vi piace.
Provatene il piu’ possibile, e qundo trovate quella giusta abbonatevi. Meglio se a due o tre.
Io ne seguivo diverse fino a 10-7 anni fa, quasi tutte hanno chiuso. Non essendo aggiornato del panorama attuale, l’unica rivista che mi viene in mente che abbia resistito al tempo e che pubblichi, tra le altre cose, poesia, è la magnifica Ellin Selae.
La rivista letteraria pare a me il mezzo piu’ appropriato per chiunque aspiri a pubblicare poesia, prima di tutto perchè vi e’ la possibilità concretissima che questo accada.
Se fosse poi una rivista che vi piace leggere a farlo (altrimenti forse la cosa non abrebbe molto senso) questo potrebbe essere di grande soddisfazione.
Non vi chiederanno soldi in cambio (nessuna rivista letteraria “bella” credo almeno lo abbia mai fatto) e sarete letti, sicuramente e per davvero.
La mancanza di un ruolo delle riviste nel mondo lettarario italiano è forse la cosa che piu’ mi fa invidiare quello anglosassone.
Io ho scoperto la poesia – e il piacere di leggerla – da poco. Ed effettivamente ti apre un mondo (o forse banalmente un universo: parole, sensazione, curve). E ho scoperto come sia dannatamente difficile scoprirre poeti – on se ne parla, – o anche solo comprare poesia: le librerie ne sono pressoché sprovviste (trovare Mark Strand non è stato semplice).
Inoltre, da diciamo “scrittore” di narrativa (o insomma da chi tenta di), ho sentito la necessità di scrivere qualche poesia. Di qui, per capirne il valore, avevo pensato di partecipare a qualche concorso (io non credo che i concorsi siano il male: ho partecipato ad alcuni per racconti, e mi hanno dato molto (anche solo: in uno con una buona giuria arrivi tra i finalisti: una spinta per continuare e perseverare!).
Così ho trovato quello di Poeti e Poesia. Inutile dire che mi è capitata la stessa cosa: telefonata, complimenti (assolutamente vuoti di ogni verità), e proposta editoriale a pagamento. La mia reazione è stata quella di estrema tristezza.
Il rimedio a questo vuoto potrebbe essere quello di parlarne di più, di poesia, di recensire di più, poeti italiani e stranieri, qui, nelle riviste in genere, sui blog, dovunque. Come proposito per l’anno nuovo.
PS: mi sono annotato alcuni poeti da voi citati, che non conoscevo. vedete, alla fine, com’è facile…