Mi sembra importantissima l’iniziativa di Lorella Zanardo. E mi sembra importante che Repubblica ne abbia parlato oggi, in questo articolo di Anais Ginori.
Il chirurgo plastico che tiene in mano una protesi di silicone come fosse il Sacro Graal, le mamme chiamate a votare sul sondaggio «Vorresti vedere tua figlia nuda sui calendari?», la rissa in diretta tra una corpulenta signora e l´aspirante velina, la presentatrice che conclude lanciando l´ultimo edificante servizio, dal titolo: «Il ritorno della donna bella e muta». Un normale pomeriggio di televisione italiana entra a scuola. Cinquanta ragazzi dell´Istituto d´arte del Tiburtino Terzo, periferia romana. Tutti in classe, a studiare davanti al piccolo schermo. Le immagini vengono passate al rallentatore. «Ecco, in quest´inquadratura vedete come il regista abbia voluto umiliare la valletta». Altro spezzone, fermo immagine. Viene isolata e trascritta la frase del conduttore: «Che seno piatto! Eppure sei riuscita ad avere un fidanzato».
Dietro alla cattedra c´è Lorella Zanardo, consulente aziendale e autrice di quel documentario, “Il corpo delle donne”, che in soli otto mesi è stato visto online da oltre un milione di persone. «Molti psicologi dell´infanzia – ricorda – consigliano di non lasciare mai i bambini da soli davanti ai programmi. Nessuno si preoccupa invece degli adolescenti che subiscono la tv e non hanno ancora maturato una piena consapevolezza di ciò che vedono». Con lo stesso format con cui ha denunciato la mercificazione delle donne in tv – frammenti televisivi scelti e commento critico – Zanardo ha organizzato un corso di formazione per i licei italiani. L´idea: educare il giovane pubblico a riconoscere stereotipi, pregiudizi, discriminazioni. «Visto che non possiamo cambiare la tv, cambiamo i nostri occhi». Il progetto pilota, «Nuovi occhi per la tv», è partito ieri, nei prossimi giorni farà tappa a Melegnano, Pozzuoli e Napoli. «Siamo in contatto con la regione Umbria e con le province di Arezzo e Massa Carrara. La speranza – dice – è trovare finanziamenti pubblici per poter diffondere il corso in tutta Italia».
I ragazzi in classe ascoltano, fanno a gara per prendere la parola. «Meglio di quando s´insegna italiano o chimica» scherza una professoressa. «La tv è evasione. La guardi perché vuoi stare fuori dalla realtà» obietta Giacomo, diciotto anni, teledipendente confesso. Accanto a lui, Denis, tutto vestito di nero, si vanta invece di non avere più la tv in camera da due anni. «Vedo solo i Simpson e le serie americane su Internet». Le femmine sono più arrabbiate, e c´è da capirle. Livia dai lunghi capelli biondi: «Purtroppo siamo tutti abituati a vedere donne nude in tv ma non abbiamo armi per ribellarci».
Nel materiale didattico un dischetto con gli estratti di alcuni dei programmi più popolari. Diviso in due parti, il corso dura otto ore, e affronta anche la discriminazione razziale, la violenza subliminale e quella che viene chiamata “guerra generazionale”: giovani contro vecchi, un altro ricco filone televisivo. «Il problema non è solo Mediaset – racconta Zanardo – ma la Rai: un servizio pubblico dovrebbe offrire modelli positivi». La televisione cattiva maestra non è certo una novità. Zanardo mette in dispensa Karl Popper. L´importante è trovare, anche, i buoni maestri.
Dico da tempo che invece di ammorbare gli studenti con pompose inutili analisi del testo che sforneranno liceali improbabili simil-strutturalisti e mai lettori, bisognerebbe educarli al’immagine – tv segnatamente : sarebbe un antidoto alla videocrazia, ne comprenderebbero i meccanismi e gli direbbero ciao ciao
“Visto che non possiamo cambiare la tv, cambiamo i nostri occhi”.
Questa è la massima, nonché la più auspicale forma di resistenza che si possa adottare in questo paese, in cui ci si sente ogni giorno più impotenti davanti alla scomparsa di voci autorevoli, davanti all’annichilimento della cultura. Se non possiamo (perché viene sistematicamente impedito) dare dei media decenti ai nostri figli, insegnamo loro a rifutare quelli che gli vengono imposti. Insegnamo ai nostri figli che noi non siamo quella roba lì, che quella roba lì sono gli altri, quelli che vogliono mantenere questo paese nello stato di prostrazione in cui si trova.
Ottima iniziativa. Massimo rispetto.
Occorre davvero ripartire dagli adolescenti, che non devono rimanere “oggetti misteriosi”, ma essere a tutti gli effetti i futuri adulti da formare.
La scuola e’ spesso carente di stimoli. Ma quando li trova, quando azzecca temi e linguaggio, i ragazzi sanno reagire nel modo giusto. Speriamo che questo corso si diffonda. Se avessi ancora mia figlia al liceo, lo segnalerei senz’altro.
che brava la Zanardo.
@ Michele Lupo
Ci sono analisi pompose e vetero-strutturalistiche in brutti manuali, ce ne sono di ottime in buoni manuali. Se ci fosse l’educazione all’immagine nelle scuole, nulla ci garantisce che, di nuovo, a pompose analisi sull’immagine si contrappongano analisi aggiornate e ben fatte.
Il problema non è contrapporre la pagina scritta all’immagine, ma aggiungere l’immagine alla pagina scritta.
@ girolamo
ci mancherebbe che pensassi di contrapporre etc; e lo strutturalismo non andava inteso in senso letterale (mi scuso per la sbrigatività). Ma: non è curioso un paese (e un mondo culturale, dalla scuola all’informazione all’editoria) in cui fabio volo vale dfw, nel quale molti insegnanti di lettere conoscono il primo e non il secondo (con quale idea di lingua, lavoro formale, complessità concettuale etc che possiamo immaginare) epperò si aggirano con aria pensosa intorno a un testo masticando alla buona nozioncine di retorica e stilistica senza riuscire minimamente a riportare la letteratura al suo senso fondamentale ossia quello di interrogare il mondo? il che non significa abbracciare un rozzo contenutismo del ‘discorso’ ma rivitalizzare i buoni libri rimettendo in circolo un senso della lettura che non sia un pre-testo per un’esercitazione (gli studenti perlopiù è così che la vedono: non è un caso); d’altra parte va da sé che oggi i più si (in)(s)formano attraverso l’immagine tv (e il suo strutturale azzeramento della complessità – il contrario insomma della letteratura, almeno dell’idea di letteratura che mi sta a cuore); per cui, pretendere di allenare l’esercizio critico, oggi, senza passare attraverso l’analisi del testo visivo è pura cecità – il problema caso mai resta lì per altra via: spiace dirlo, visto che faccio parte della categoria, ma molti insegnanti non sarebbero in grado di farlo
intanto non mi tancherò mai di dire che questo orrore (perché tale è) è il risultato di un lento (ma nemmeno troppo) processo che inizia negli anni Ottanta con programmi come Drive in. Da lì un uomo ha iniziato a proporre una figura di donna talmente umiliante per la donna medesima, ma al contempo talmente vincente che una nazione intera s’è piegata alla sua visione. Tanto da non scandalizzarsi nemmeno più se adesso che è presidente del consiglio si fa portare le prostitute a casa.
Siamo stati vittime di questo raggiro, ma vittime consenzienti in quanto non abituati a guardare con saggezza alle cose. Ora cambiare i nostri occhi sarà ben dura. L’iniziativa è lodevole e intelligente, ma vorrei anche capire il riscontro pratico, la ricaduta, quanto possa incidere sulle abitudini del teledipendente.