PROCESSI: IN TUTTI I SENSI

Il mio primo articolo regolarmente retribuito è uscito su Abc, che era una rivista soft-porno. Avevo 18 anni, e l’articolo riguardava la protesta dei Disoccupati Organizzati, che avevo intervistato nella tenda innalzata a piazza Venezia. Conoscevo perfettamente la natura del giornale con cui ho collaborato per quell’unico pezzo, e per mettere a tacere quella che potremmo chiamare coscienza mi sono detta e ripetuta che la mia presenza poteva essere “virale”, e che era importante intervenire soprattutto nei media abissalmente lontani dal mio pensiero e dalla mia etica. Anzi, soprattutto in quelli.
Avevo 18 anni, appunto, e sapevo benissimo che mi stavo consolando con una bugia: i lettori di Abc avrebbero continuato a comprare il giornale per le tette esposte e non per gli articoli miei o di coloro che pure portavano un contributo importante, nella politica e nella cultura, in quel giornale.
La storia di ABC mi è tornata in mente in questi giorni, nel riacutizzarsi della querelle sui collaboratori di Libero, e in particolare su Paolo Nori, che secondo il quotidiano viene “messo al rogo” e che martedì prossimo discuterà del “processo” che lo vede protagonista insieme ad Andrea Cortellessa (qui la notizia, qui il commento di Nori alle polemiche, qui le polemiche).
Quel che penso della faccenda è deducibile dall’aneddoto di gioventù. Poi, penso anche che ognuno è libero (senza doppi sensi) di fare quel che crede. Semmai, mi piacerebbe sapere come l’Ordine dei Giornalisti giustifica la propria esistenza e se qualcosa sia accaduto in seguito a copertine come questa.  Lo chiedo perchè non  ho notizie di sanzioni o provvedimenti, in tutta onestà. E perchè il problema di questo paese, paese letterario incluso,  non è cosa fa nella e della sua vita Paolo Nori: ma è  il proliferare di toni, immagini, titoli, articoli che hanno davvero avvelenato i pozzi. Anche culturali.

107 pensieri su “PROCESSI: IN TUTTI I SENSI

  1. wm4, perdonami ma per pesarvi vi pesa e come. ho postato io stesso un vostro articolo di “giustificazione”, risalente a 6 anni fa. e siamo ancora lì a quanto pare. io non stigmatizzo proprio nulla, come condividevo la scelta del copyleft allora non condivido quella di rimanere a pubblicare per einaudi adesso. siete liberi di mandarmi a quel paese e continuare le vostre lotte, ci mancherebbe. sono prontissimo a farmi giudicare per le mie sentenze, just in time.

  2. Come già dicevo sopra (ma evidentemente serve a poco): la comunità dei lettori ci chiede di spiegare la nostra posizione su un certo aspetto del nostro progetto, e noi lo facciamo. Fa parte del nostro lavoro, ed è una questione di limpidezza e onestà intellettuale. Se per te questo è “giustificarsi”, affari tuoi. Se avessimo nascosto la testa nella sabbia, avresti concluso che la cosa ci pesava di meno? Bella logica. Proprio perché ci pesa meno di quel che pensi, non abbiamo problemi ad argomentare.
    Comunque, sarà la quinta o sesta volta in questo thread che ripeti lo stesso commento con la stessa chiusura: ognuno fa la propria scelta etc. Ha ragione G.L., sei banale. Sono bigliettini tipo Baci Perugina, ma versione “lotta dura – time will tell”. Adesso risponderai anche a questo commento dicendo che ognuno fa la propria scelta etc.? Abbiamo capito.
    Prendo il treno per Milano, e domani l’aereo per Amsterdam e Nairobi. Ciao.

  3. No, Ansuini, quello che ci pesa è dover ripetere le stesse cose ogni volta, come facciamo da sei anni a questa parte. Ma tant’è, fa parte del nostro modo di interpretare questo mestiere, quindi non ci tiriamo indietro.
    Il difetto è nell’occhio di chi guarda, lasciatelo dire da chi di occhi – per volere o per forza – ormai se ne intende. Il nostro articolo di sei anni fa non era una “giustificazione”, a meno di non prendere per tale la spiegazione di una scelta operativa, nel qual caso la nostra intera policy è giustificatoria, dato che DA SEMPRE pratichiamo la trasparenza nei confronti dei lettori rispetto alle scelte strategiche che facciamo, fin da quando decidemmo di diventare narratori professionisti (vedi Introduzione a “Totò, Peppino e la Guerra Psichica 2.0”, Einaudi, 2000, pag. 37-41). Accettare una contraddizione e agire dentro e intorno a essa, è la sfida che sta alla base di quello che facciamo da dieci anni a questa parte. Tu non la condividi, amen. Ma abbi la compiacenza (e la decenza) di parlare per te, non per noi.

  4. wuming1, non hai argomentato proprio niente, sei fermo alla posizione di sei anni fa. ti rode che qualcuno te lo faccia notare? fatti tuoi. vi fa sentire meglio dire che scrivo frasi da baci perugina o che metto dischi un CSA? mi sembrate un po’ superficiali, in questo caso. visto che c’eravate anche voi lì. forse dovreste smanettare meglio in internet quando dovete parlar male di una persona. per me la questione si chiude qui.

  5. Caro Ansuini, come ho appena spiegato nel mio commento precedente, la nostra argomentazione non è la stessa di sei anni fa, bensì la stessa di DIECI anni fa. Alla base del nostro essere qui, oggi, c’è una scelta a monte che abbiamo sempre rivendicato e spiegato negli stessi termini. Più coerenti e trasparenti di così, che dobbiamo fare? Mandare in vacca dieci anni di sbattimento dentro l’industria culturale perché a te o a qualcun altro la cosa dà fastidio? Suvvia… Noi la pensiamo diversamente da te, ergo facciamo scelte diverse.

  6. @ Wu Ming
    Ragazzi… avete una pazienza e una perseveranza che davvero vi invidio. Voglio dire, ho letto questa lunghissima pagina di commenti e (dalle polemiche in poi) mi sono cascate le gonadi almeno un paio di volte… e voi lo fate da se (o da DIECI) anni!
    che dire… lo so che non aggiungo niente al “dibattito” ma… complimenti, anche solo per questo!

  7. Aggiornamento sulla ‘dinamicità’ e ‘libertà’ delle pagine culturali del Giornale.
    Qualche mese fa avevo letto con estremo piacere ‘Il teatro d’opera italiano’, di Lorenzo Arruga, una di quei rari libri di musica fatti per un lettore di buona cultura ma magari non competente sulla musica ‘seria’ (magari per aver seguito il branco giovanile dei suoi tempi: rock’n’roll o disco…).
    Ebbene, Arruga è critico musicale del Giornale e il libro l’ha pubblicato per Feltrinelli. Risultato:
    http://www.lorenzoarruga.it/2010/01/1239/
    Probabilmente hanno preso il ‘tradimento’ (cioè la pubblicazione per un editore ‘nemico’) come scusa per liberarsi di un competente in un campo nel quale il lettore medio del Giornale ‘non gliene può fregare di meno’…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna in alto