OUROBOROS (COME SI FA, COME SE NE ESCE?)

Come si fa, come se ne esce?
Combattendo, è vero. “Il comunismo è una delle cause perse per cui combattere”, dice Slavoj Žižek. Già, ma come, e con chi? Me lo chiedo, fresca di lettura del lungo articolo-testimonianza-inchiesta di Carole Cadwalladr che racconta la sua settimana da “elfa” di Amazon, e la domanda – come si fa, come se ne esce? – è semplice  (anche se, come replicherà Žižek, la risposta non può che essere di enorme complessità). Dunque, nel dettaglio: come si fa a rendere condivisi gli antagonismi, anzi e prima ancora, le percezioni dello sfruttamento? La frase rilanciata di bacheca in bacheca su Facebook a commento dello scritto di Cadwalladr poneva esattamente questo dubbio: “Viviamo in mondo mostruoso dove quella che sembra una tua piccola legittima soddisfazione è costata sangue, sudore e lacrime a qualcun altro. L’addetto alle spedizioni di Amazon quando soppesa felice il suo I-Phone5 pensa all’operaio cinese che ha perso salute ed ore di vita per montarlo? E l’operaio cinese della Foxconn quando apre il suo pacchetto contenente i suoi sneaker Superga, pensa forse all’addetto di Amazon che ha passato ore correndo tra gli scaffali per prelevare, etichettare ed impacchettare? Siamo topolini ciechi che ci agitiamo nella gabbia del nostro carnefice, pensando solo che all’ora di cena si riempirà la ciotola”.
Come si fa, dunque, come se ne esce? Perché sembra più facile e comodo dire che chi si pone il problema ha torto, anzi, che ponendosi quel problema “fa carriera”, “si arricchisce”, “diventa famoso”. Dunque, non va ascoltato. Fa carriera
Žižek, fa carriera (“sai quanti soldi ha fatto quella con quel libro?”) Naomi Klein, che in No Logo ripeteva più e più volte quale fosse il punto della questione, ovvero”che le aziende sono diventate così grandi e potenti da soppiantare i governi, che a differenza dei governi devono rispondere solamente ai loro azionisti; che mancano i meccanismi per fare in modo che rispondano a un pubblico più vasto”.
Come si fa, come se ne esce? Non importa, ma non toccate il mio Kindle, il mio romanzo pubblicato con Amazon, non toccate il mio iPhone, non toccate i miei giocattoli: e magari neanche i miei jeans cinesi (a qualsiasi prezzo umano siano stati cuciti) perché IO non posso permettermi di comprarne di diversi. C’è la crisi. E’ vero. Ma se il povero è indifferente al destino dell’altro povero, come si fa, come se ne esce? Non certo accontentandosi di dire che chi denuncia il problema lo fa per il proprio interesse (anche perché, magari, è povero anche lui, o almeno non ricco, e i conti in tasca a Žižek e a Klein non servono a niente).
Come si fa, come se ne esce? Lo chiesero nel 2009 ad André Schiffrin, morto l’altro ieri a Parigi, per quel che riguardava l’editoria. E lui rispose: “
L’ editoria guarda sempre più solo al profitto. Le grandi concentrazioni degli anni scorsi hanno imposto un modello che domanda all’ editoria di guadagnare sempre di piùe sempre più in fretta. In passato, l’ editoria viveva con una redditività del 3,4 per cento. I nuovi manager dei grandi gruppi, che spesso vengono da settori extraeditoriali, domandano agli editori una redditività del 15,20 per cento. Per ottenere tali risultati, hanno trasformano radicalmente le case editrici, spingendole a proporre esclusivamente libri capaci di vendere molto e in poco tempo. È un’ ottica che esclude una larga parte della cultura e ignora i progetti di medio-lungo periodo che in passato sono sempre stati il cuore dell’ editoria. Il risultato è una politica culturale omologata e conservatrice, incapace di proporre libri originali e fuori dagli schemi”.
Progetti a medio-lungo periodo, appunto. Questi occorrerebbero, e unità d’intenti, non un ouroboros di privati rancori.
Ma come si fa, come se ne esce?

19 pensieri su “OUROBOROS (COME SI FA, COME SE NE ESCE?)

  1. Provocatoriamente: non posseggo un I-Phone (manco so come si scrive), non compro da Amazon, rifiuto le Superga. Rifiuto il principio che “tanto son tutti uguali”… se vogliono (ma chi?) per forza trasformarmi in consumatore, almeno cerco di scegliere cosa e come consumare.
    Non se ne esce, si cerca di cambiare.

  2. Eehhhhh…. ma questa è la domanda delle domande. Risposta davvero complicata. Magari si può pensare di costruirla insieme, un pezzo ciascuno. Il contributo che mi sento di dare io è un’osservazione non ottimistica. Ripartiamo da Naomi LìKlein, che dice ” che le aziende sono diventate così grandi e potenti da soppiantare i governi, che a differenza dei governi devono rispondere solamente ai loro azionisti; che mancano i meccanismi per fare in modo che rispondano a un pubblico più vasto”.
    E’ una verità che schiaccia. E schiaccia ancora di più se si pensa che la Klein sbaglia per difetto, nel senso che non è una peculiarità della nostra epoca questo predominio del capitale (preferisco usare la terminologia marxista, che si applica bene anche all’era preindustriale). In realtà, capitale e governi hanno sempre coabitato, dando vita a un rapporto complice e conflittuale a seconda dei momenti e delle circostanze. In certe situazioni gli stati si sono approvvigionati di capitale da chi l’aveva privatamente accumulato, magari per fare una guerra; in altre, il capitale ha piegato i governi al proprio servizio, infiltradoli e inducendoli a provvedimenti a suo beneficio, come per esempio l’istituzione di dazi per proteggersi dalla concorrenza estera. O per una guerra finazzata all’acquisizione di risorse pregiate. E tutto questo succede da quasi mille anni: l’hanno fatto i veneziani, i genovesi, i fiorentini, gli olandesi, gli inglesi, gli americani e adesso anche i cinesi. Ne parla in modo diffuso un bellissimo libro di Giovanni Arrighi, “Il lungo ventesimo secolo”. Un secolo talmente lungo che i suoi prodromi bisogna cercarli nel medioevo, checché ne pensi Hobsbawm‎.
    E’ la sovversione di questo stato di cose quasi millenario, l’unica risposta possibile. Se lo è, possibile.

  3. il problema è che gli operai della Apple e di Superga devono lavorare, se non lavorano non comprano più la roba che produciamo noi col nostro lavoro. Il circolo vizioso dei topolini ciechi.
    Discorso grezzo: andrebbero spinti i governi a creare meccanismi di controllo e sanzioni per chi non rispetta i diritti dei lavoratori e per evitare i monopoli in qualsiasi settore. I governi lo dovrebbero fare per la salvaguardia delle nazioni stesse e della popolazione. Ma per mettere in moto tutto questo bisogna sensibilizzare al problema le masse, che poi sensibilizzano i governi (per non perdere voti o per alti ideali) a fare le cosa giusta.
    Come si sensibilizzano le masse? con i mezzi di comunicazione compreso internet. Siamo tutti influencer.
    (lo so, è facile come scalare il k2 con le infradito)

  4. mettendo i puntini sulle i con parole chiare.Anche quando è scomodo(per esempio non trovo completamente strumentali i rumors sul silenzio dei sindacati a proposito tragedia di prato con gli occhi a mandorla(a dire il vero i sindacati,fiom e autonomi a parte e salvo le solite rilevanti eccezioni,secondo me sono quelli che recitano meglio. O peggio a seconda di quanto si hanno le spalle coperte). E cercando di strappare brani di controinformazione corretta nel caos multiforme che troviamo in giro per sublimarla in azione

  5. E’ una domanda che mi pongo da tempo e mi rendo conto che ormai essere consapevoli dei meccanismi all’interno dei quali operano multinazionali come Amazon non basta più.
    Io compro quasi esclusivamente libri da Amazon, soprattutto libri in lingua (lo faccio da tempo, da quando ho deciso di continuare a fare ricerca pur non potendo muovermi tantissimo dalla piccola città dove vivo; ho iniziato con amazon.com per poi passare ad amazon.co.uk ed ora qualche volta anche amazon.it), ma mi piacerebbe ci fosse un’alternativa che non sfruttasse in modo così crudele i suoi lavoratori, magari un po’ più costosa ma altrettanto efficace. Forse però non è possibile, quel tipo di efficienza e costi si possono ottenere solo con lo sfruttamento dei lavoratori.

  6. Credo che la scelta privata sia la nostra risposta. Non sposterà le montagne, non subito, ma parla di coerenza. Si può vivere senza Iphone, si può vivere senza acquistare alcune marche, e persino senza amazon.
    Lo dico con la più grande semplicità possibile. Non dobbiamo per forza partecipare allo sfruttamento del mondo.
    Nel nostro piccolo una scelta alternativa a volte la si può fare.

  7. Da parte mia vedo che l’editoria rimane ancora eterogenea, sia in Italia che in Francia, ma i piccoli e medi editori che fanno cultura si scontrano sia con la distribuzione che con i brand delle grandi aziende. Non conosco la situazione degli altri Paesi.
    Che se ne uscirà è sicuro, in meglio o in peggio mi sembra ancora presto per dirlo nonostante i già numerosi casi di sfruttamento. Mi viene però da pensare che non siano ancora abbastanza e che far la conta dei soprusi e degli abusi per dar loro rilevanza sia una cosa aberrante di per sé. Forse sarebbe sufficiente un solo caso, o anche un accenno di sfruttamento, per far sì che un’azienda pagasse il danno. Ma come si diceva: al posto di un giudice non ci so stare, quindi quel che posso fare, personalmente, è fare della mia vita una testimonianza per chi ha a che fare direttamente con me. In questo so che c’è molta ingenuità e molto sacrificio, ma credo che ci sia anche qualcosa di genuino che secondo me potrebbe confortare e dare coraggio a qualcuno. Non saprei reagire in altro modo agli scacchi della finanza rimanendo nella legalità. Non parlo di decrescita felice, che mi sembra un altro brand.
    L’educazione sarebbe di aiuto per promuovere aspirazioni alternative a quelle attuali. Aspirazioni generali intendo. Ma mi rendo conto che all’interno delle scuole ci sia molta rassegnazione e che chi cerca di portare un miglioramento si scontri con questa rassegnazione, con la burocrazia che, per mio, è il principale sistema produttivo di criminalità, con situazioni extra-scolastiche che sembrerebbero insormontabili.

  8. Come acquirenti possiamo solo compiere (non sempre) delle scelte un po’ più riflessive e informate.
    Come cittadini dovremmo (tentare di) valutare la “consistenza etica” di amministratori e governanti onde scegliere il meno peggio.
    Semplificando alla grossa, il dominio della cosiddetta finanza avrebbe potuto trovare un argine nell’autonomia e integrità dei soggetti politici.
    Termini che destano ilarità, ne convengo. Però nessun sistema, per quanto ben congegnato, può funzionare essendone del tutto privo.

  9. argomento immenso. complesso e contraddittorio . facile dire non compro l’Iphone, non vado su Amazon.perchè poi non è così che funziona . non funziona perchè ad un certo momento vogliamo servirci di una certa tecnologia – magari per comunicare oppure per assecondare una nostra ricerca .. e sappiamo che si tratta di un passaggio possibile ed obbligato .certo anch’io cerco di essere una “consumatrice” ( ..la odio questa parola.. ) consapevole . cerco di sfruttare gli strumenti senza lasciarmi usare . ma nessuno può fare il Thoreau della situazione – che forse era già fuori tempo centocinquanta anni fa. la verità è che siamo tutti qui a poterne discutere grazie a quegli strumenti ( ergo a quei meccanismi ) che tanto sosteniamo di voler tenere a bada. Ma non c’è distanza che tenga, soprattutto se il mondo va tutto in una direzione . Provare a contrastarlo in pochi condanna quei pochi all’emarginazione ( .. magari può essere anche calcolata .. ma non deve essere accettata..) . Ci vorrebbe uno sconvolgimento generale – si sa – per cambiare direzione. Che so , un mega-conflitto o una catastrofe immane che costringesse l’umanità ad uno stravolgimento e ad un ripensamento di base. La storia alla fine funziona così – altrimenti le forze che hanno il potere di manovrarla perdurano a perseguire e realizzare lo status quo più conveniente . Mi viene in mente che per es. la crisi che da parecchi era stata sottovalutata circa 4 anni fa potrebbe forse innescare un cambiamento di questo genere – ma non ne sono convinta , perchè di tanto in tanto mi inquieta l’idea che – sebbene non gestita o prevista nel profondo da subito – alla fine anche questa possa essere maneggiata a vantaggio di una società ahimè nuova – ma non come speravamo .. Qui forse ci viene in soccorso la nostra amata percezione fantastica – che certo ci può scoperchiare mondi impensabili . Ma saranno quelli che ci saremmo augurati ?

  10. Rossella, per comprare libri in inglese c’è Alibris. Non sono dei benefattori, ma sono meglio di Amazon perché non hanno un magazzino loro, il meccanismo è lo stesso di Amazon MarketPlace, cioè collegano tra loro miriadi di rivenditori, piccole librerie etc. ed è da loro che compri i libri. Non hanno mega-magazzini come Amazon, quindi (almeno si immagina) c’è meno sfruttamento. E poi non c’è Bezos a sfoggiare il suo odioso sorrisone.

  11. (COME SI FA, COME SE NE ESCE?) Ci fosse pure una risposta a questo difficile interrogativo, la stessa sarebbe inutile perchè questo stato di cose fa comodo a chi sta nelle stanze dei bottoni (poche ma potenti).
    Loro, i potenti, ridono delle nostre lacrime e sangue che considerano stupide. Loro abitano nelle stanze alte dove non arrivano echi di altre ragioni.
    No, non “se ne uscirà” anche se combatterò fino allo stremo delle mie piccole forze perchè possa avvenire il cambiamento.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna in alto