Da domani e fino a lunedì, il blog non verrà aggiornato, perché condurrò Fahrenheit da Più libri più libri (se siete a Roma, è un’occasione per incontrarci). Ma vi lascio in ottima compagnia, a chiosa dei discorsi sul fantastico fatti in questi giorni: è quella di Oreste del Buono e delle sue scoperte. Questa è datata 21 giugno 1987. E parla di Kipling. E di fantascienza. E di etichette editoriali. Merita.
Una sera tempestosa d’ inverno, verso le nove, mi trovavo sui ripiani inferiori di una delle torri per il servizio con l’ estero del G.P.O. (General Post Office: Ufficio Generale delle Poste). Avevo in programma di fare una corsa a Quebec a bordo del Postale 167 (o di altro da designarsi): e il Direttore Generale in persona aveva controfirmato l’ ordine. Quel talismano mi aprì tutte le porte, comprese quelle del cassone di spedizione alla base della Torre, dove stavano caricando la posta già smistata del Continente. I sacchi giacevano stivati come aringhe nelle lunghe navicelle grigie che il nostro G.P.O. chiama ancora furgoni. Cinque di simili furgoni furono riempiti sotto i miei occhi, e lanciati su per le guide, per essere agganciati ai rispettivi postali che li aspettavano, trecento piedi più in alto….
L’ incipit di Col postale della notte non è molto sconvolgente, ma il sottotitolo del racconto recita: una storia del 2000 dopo Cristo, la data di stesura e di pubblicazione è il 1905, e la firma dell’ autore è Joseph Rudyard Kipling (Bombay 1865-Londra 1936). Ma sì, proprio il Kipling dell’ esotismo della nostra infanzia. Col postale della notte e un altro analogo racconto, Facile come l’ ABC, 1912, sono stati riproposti in questi giorni con il titolo complessivo Nel mondo di ABC, nell’ intrigante collana di opere di utopia e di fantascienza con testo a fronte Documenti da nessun luogo diretta da Carlo Pagetti per l’ editrice Nord (pagg. 185, lire 8000).
Kipling autore anche di fantascienza? Quanti aspetti di Kipling sono ancora da scoprire? Che scrittore fu veramente Kipling? Può essere una vera sfortuna per la reputazione di un uomo
l’ aver conseguito precocemente un grande successo con una data opera o con un certo genere di opere, scriveva T.S. Eliot, meditando proprio sulla complessa vicenda di Kipling
nell’ introduzione a una scelta di poesie kiplinghiane pubblicate da Methuen a Londra nel 1941. Kipling aveva concluso da appena cinque anni la sua esperienza su questa terra e ancora fervevano i tentativi di interpretazione di un enigma letterario e umano che in un certo senso persiste ai nostri giorni. Una cosa, comunque, era chiara: i due Libri della giungla, 1894-1895, e Kim, 1901, subito considerati un capolavoro della letteratura infantile, avevano imposto un marchio, un’ etichetta, un suggello difficilmente abrogabili. Ovvero Kipling scrittore per ragazzi e allo stesso tempo cantore dell’ imperialismo inglese, sostenitore a spada tratta della pax britannica, pegno per i popoli di colore di un inserimento nel progresso universale. Nei Libri della giungla, sotto le apparenze della fiaba esotica, era vista, dunque, l’ affermazione del discorso ideologico sul rapporto tra l’ individuo e la società, la necessità dell’ assoggettamento degli impulsi esistenziali alla legge morale; e in Kim tale discorso era ripreso e approfondito, attraverso la rappresentazione del conflitto tra i valori religiosi delle antiche civiltà asiatiche e il razionalismo europeo, con per posta la totale strumentalizzazione della personalità umana. Ma già prima dei suoi libri più famosi, Kipling, scrittore prolifico di eterogenea produzione, aveva dimostrato la sua sensibilità all’ esotismo con Plain Tales from the Hills (Nel paese alto) e il suo realismo nel trattare la vita militare in Soldiers Three (I tre soldati) tutt’ e due del 1888; aveva espresso nel romanzo autobiografico The Light that Failed (La luce che si spense) del 1890, il suo violento antintellettualismo e aveva celebrato nei versi delle Barrack Room Ballads del 1892 il significato politico, nonché etico, della presenza inglese in terra indiana, ma anche l’ importanza della libertà e della creatività individuale. Insomma, i due Libri della giungla e Kim, nell’ accezione dei più, ridussero ingiustificatamente la portata di un autore che era e sarebbe continuato a essere contraddittorio, in continua dialettica con se stesso: come proveranno le ricerche delle radici storiche inglesi nell’ immaginario collettivo in Puck of Pook’ s Hill (Puck delle colline) del 1906, la condanna delle distruzioni della prima guerra mondiale in The Years Between del 1919 e le analisi psicologiche e le proiezioni oniriche in Debits and Credits del 1926 e Limits and Renewals del 1932.
I due racconti che Alessandro Motti, su licenza della Ugo Mursia Editore, ha sagacemente avvicinato e puntigliosamente, anche se un poco arduamente commentato sotto il pertinente titolo Nel mondo di ABC, appartengono a un altro filone della narrativa di Kipling. Un filone iniziato a coltivare tra i Libri della giungla e Kim e tutto consacrato, almeno inizialmente, alla propaganda della macchina come strumento irresistibile di progresso nei racconti di The Day’ s Work (Il lavoro di ogni giorno) del 1898, tanto pieni di minuzie tecniche da irritare scrittori contemporanei raffinati come Henry James o commentatori saccenti come Edmund Wilson, forse più ancora spaventati che disgustati davanti all’ assunzione della macchina come supremo sistema funzionale e gerarchico. Ma Kipling non la pensava come pensavano che pensasse i suoi critici, e l’ evolversi del suo interesse narrativo per le macchine, al modo in cui è esposto sia in Col postale della notte, sia in Facile come l’ ABC, è eloquente in proposito. In un futuro terrificante almeno quanto grandioso, in cui l’ intensificarsi del progresso tecnologico ha finito per consegnare nelle mani di un’ oligarchia di scienziati lo scettro del potere, prolifera freneticamente il volo, quale motivazione, ma non spiegazione del dinamismo intrinseco al mutamento di prospettiva tra presente e futuro. L’ ABC (ovvero l’ Aerial Board of Control: il Consiglio del Controllo Aereo) è un organo semieletto e seminominato, composto di alcune ventine di persone, e padrone del nostro pianeta. Dai trasporti si giudica la civiltà, ecco il nostro motto, scrive Kipling dal futuro per lui irraggiungibile del 2000. In teoria facciamo quello che ci piace pur di non intralciare il traffico e quanto vi si connette. In pratica l’ ABC conferma o annulla tutti gli accordi internazionali e, a giudicare dall’ ultima relazione, trova che il nostro Pianetino tollerante, pigro e spiritoso è sin troppo disposto a buttargli sulle spalle il peso completo dell’ amministrazione pubblica…. In Col postale della notte e Facile come l’ ABC ci vengono narrati due episodi, per così dire, di disservizio. La storia di un naufragio a causa di una tempesta magnetica che sconvolge l’ ordine complesso dei sentieri di volo e sballotta dei viaggiatori su e giù per l’ atmosfera come i diavoletti di Cartesio in una bottiglia, mentre il mezzo tecnico di controllo e di salvataggio dell’ ABC resta un faro statico e formale di sanità che deve limitarsi a intervenire dopo la fine dell’ emergenza e la storia di un Giove tecnologico a nome Pirolo che invece che dall’ Olimpo scaglia fulmini e tuoni dalla sua aeronave da guerra adempiendo non sempre bene al compito di contrastare l’ isteria, singola o di massa, che gremisce inquietantemente il futuro.
Il 2000 per Kipling era, come s’ è detto, irraggiungibile causa anagrafe, e, sempre causa anagrafe, è lontano anche per chi scrive queste righe e confida proprio di non arrivarci, ma il 2000 è vicino per tanti, la stragrande maggioranza dei lettori di questo giornale. Quindi, potrà loro interessare leggere nella profezia di Kipling che le armi che saranno usate nel futuro per sedare ribellioni e tumulti saranno un troppo forte, anzi un fortissimo, in senso musicale, di suoni e di luci. La violenza spettacolare della situazione sarà data da un volume e da un’ intensità eccessivi, da una sregolatezza dell’ espressione. Qui le ipotesi sono due. O Kipling ha lievemente sbagliato data e, invece del 2000, si riferisce, quanto a suoni e luci, agli anni Ottanta, o è proprio vero che al peggio non c’ è mai fine. Be’ , rettifichiamo per l’ esattezza: c’ è una sola fine.
Un pò OT forse, ma sempre in tema fantastico. Leggere del rapporto di Kipling con questo genere e in particolare delle contraddizioni di cui era fatta la sua scrittura mi ha fatto ripensare alla sottostoria “How the whale became” (con Kipling protagonista) contenuta nel primo fumetto di “The Unwritten”, letto proprio di recente.
Spero di varcare il valico di Colfiorito per essere a Roma tra il 6 e l’8… nel caso passerò senz’altro all’EUR e verrò volentieri ad assistere alla conduzione di Fahrenheit e a conoscerti di persona.