Parliamo Di Formato

Il Pdf è un formato.  Un Pdf serve, banalmente, per agevolare la lettura di un documento e la sua stampa. Punto.
Con tutta la disponibilità di questo mondo, non riesco a capire, probabilmente per la pigrizia estiva dei miei neuroni, quale sia la differenza fra un commento postato sul web in un formato e il medesimo commento reso, in virtù di un altro formato, semplicemente più leggibile e in nulla modificato.
Questa la premessa. Questo il pdf della discussione che si è svolta nei giorni scorsi a seguito del post Letterarietà, comprensiva dei primi 550 commenti. Ribadisco che sono gli stessi, identici commenti rinvenibili in altro formato. Punto.

338 pensieri su “Parliamo Di Formato

  1. @ Cortellessa
    La mia penosa descrizione dei critici derivava dall’evocazione di G.P.
    Infatti io spero che non esistano, queste creature imbelli, capaci di offrire solidarietà solo in camera caritatis, chiusi nel loro mondo protetto, ma se davvero i nick e l’anonimato turbano tanto, aprano uno spazio dove possono gestire i commentatori. Ovvero, e anch’io penso che sarebbe la cosa migliore per una maggiore diffusione del loro lavoro, si attrezzino psicologicamente e dialetticamente, e si buttino.
    Quanto al mio blog, conosco personalmente tutti i partecipanti, l’iscrizione non è libera, è a invito e ormai a numero chiuso, e anche questa è una modalità offerta dalla rete, avere un comodo spazio privato a disposizione di un gruppo di vecchie conoscenze che della rete utilizza solo la possibilità del parlare a distanza, una specie di skype. Perciò sono totalmente anonimo anch’io, qui. Ma il fatto di essere anonimo non mi autorizza a essere incivile, nella mia visione del mondo. Nè credo di esserlo stato più di gente con nome e cognome.

  2. @ Wu Ming 4
    È una notizia, questa: ma sono d’accordo con tutto quello che scrivi. Però – come detto – ti invito (vi invito) a tenere conto del fatto che la pensa diversamente gente molto interessante e che, stanti così le cose, qui a dialogare non ci verrà MAI.

  3. Sarebbe un peccato che gente interessante rinunciasse a dialogare in questo inferno, ma una volta imparato a mantenere l’aplomb, a non curarsi dei flames e a rispondere a tono, acquisterebbero molto in capacità comunicative e in appeal, e le capacità comunicative vanno a vantaggio proprio di quella idea di letteratura alla quale io tengo, tu per esempio @Cortellessa, sei perfettamente a tuo agio e non mi pare che tu abbia rinunciato di un ette a giudicare come giudichi, e anzi, a mio avviso, ti sei attirato proprio per questo non solo alcune simpatie, dai commenti che ho letto, ma anche un’apertura di credito per le cose che fai, insomma, vale la pena.

  4. @ Andrea Cortellessa
    E vabbé, Andrea, non sarà la fine del mondo. Conosco un tizio che si rifiuta di avere il cellulare, ma non per questo ha smesso di comunicare con gli altri. Vorrà dire che, se capiterà, con questa altra “gente molto interessante” comunicheremo al di fuori della rete.
    Tra l’altro noi WM, che passiamo per essere dei retofili, la forma di dialogo con i lettori che predilegiamo è l’incontro de visu. Tanto per dire che la rete è uno strumento, rapido e utile, ma non è certo l’unico.
    Io vado. Buona giornata a tutti.

  5. @Gianni Biondillo: dai un mito, scrive sui nick e mi trova parecchio d’accordo, poi però ti maltratta con gli status (non sono registrato su fb, quindi non posso appurare, ma mi fido di Loredana). A parte Luca (che non va toccato), questi 769 commenti sono stati scritti da persone con nome e cognome e altri, me incluso, che boh, ma chi sei? Sulla scia di un “caso” vero e proprio, perché non dovrei lasciare le mie generalità per esteso? Incomincio a sentire stretta questa gabbietta anonima.
    @Andrea Cortellessa: trovo sempre più condivisibili le cose che scrivi e mi scuso di alcune frasi ad “effetto” e non pretendo nulla.
    @Anna Luisa: all’unisono mettiamo i nostri cognomi. Qualcuno potrebbe sussultare.

  6. Può darsi che non rientri tra i tipi interessanti, intervengo molto raramente, seguo questo blog e NI quasi quotidianamente. Spero che tutti coloro che qui si sono scannati tutto sommato civilmente – ho imparato molto da questo infinito dibattito, culturalmente e umanamente -, si possano ritrovare invece insieme a condividere, quando sarà il momento, un voto de sinistra dentro all’urna che sia contro questo governo. Dentro ai blog non si cambia niente, in piazza non si cambia più quasi niente, nell’urna si può ancora cambiare tutto. Poi, per quanto possa contare il mio parere: viva solidarietà alla (troppo?) erudita Gilda Policastro, sola contro tutti. Ho un debole per le donne sole contro tutti. Grande apprezzamento a Andrea Cortellessa, dai toni elegantemente equilibrati. Anche se mi è apparso che abbia sfiorato più volte il punto di rottura. Ma quoto i WuMing, i più aperti alle ggenti, i più disponibili al confronto anche all’aperto. Per quanto, talora, ‘n tantinello arroganti.

  7. Chiedo: se questi benedetti commenti rientrano in una logica di creative commons, il testo che se ne trae – che diviene a quel punto “opera”, non dovrebbe riportare uno dei quattro simbolini (o tutti e quattro, mi pare questo il caso) che ne identificano “esattamente” l’uso?
    http://it.wikipedia.org/wiki/Creative_Commons
    Chiedo per capire come regolarsi, in generale, riguardo questa vicenda dei commenti.

  8. @ Gilda Policastro
    Sono venuto a conoscenza della discussione della settimana scorsa mentre ero in vacanza. Molto prima che si scatenesse il putiferio pdf si’/pdf no, ho fatto un taglia/incolla di tutti i commenti che erano apparsi fino a quel momento, li ho inseriti in un documento, l’ho convertito in formato epub, e mi sono caricato il tutto sul mio Kindle, leggendo i commenti in spiaggia. Non solo: ho anche inviato il file in questione a parecchi amici e conoscenti.
    Ah, dimenticavo: ho anche aggiunto una piccola introduzione mia, due righe, nelle quali sintetizzavo il contenuto della discussione e spiegavo perche’ – secondo me – valesse la pena leggere il malloppone.
    Mi faccia sapere se – secondo i suoi amici avvocati – ho commesso un reato. E’ un periodaccio per me, e una bella risata me la farei volentieri.

  9. Grazie paperinoramone, ho capito quasi tutto. Ma per caso anche questa discussione sarà trasformata in pdf? Non sarebbe una cattiva idea, ma andrebbe fatta su una pagina A4 ….. più leggibile. Affettuosità per tutti gli attori/autori, compresa la location marzullo.

  10. @ Antonio Coltellessa
    Occhio, la Spocchiosa Riottosa tua bella potrebbe far ridere i polli! In quale tristissima dimensione di provincia l’avete confinata?
    Ieri sera ho partecipato a un evento pubblico, dopo il quale mi sono trovata a parlare dell’affaire pdf con uno scrittore, un critico, un editore, un giornalista.
    :-)))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))

  11. Sinceramente parlando, non capisco come si possa discutere di arte con tanto rabbia in corpo (per questo vi chiamano addetti ai livori?). Nemmeno capisco come sia possibile non si intraveda l’atteggiamento manesco di chi pretende esporre al ludibrio di un proprio uditorio tesi letterarie che ritiene elitarie e aberranti.
    Cari Wu Ming, cui si rivolge principalmente la missiva, io non amo affatto i toni della professoressa Policastro, ma non potete accusarla di essere elitaria e preparata in letteratura, sarebbe come accusare un autista di Formula 1 di andare troppo forte. Dovete farvene una ragione, Wu Ming, il mondo non può limitarsi a quello che piace a voi, nemmeno quello letterario, nonostante i vostri successi nel mondo dell’intrattenimento parolaio. Il mondo è grande, anche quello letterario, e voi siete piccini come tutti noi, avete il dovere di esserlo. Vi deve esser chiaro che il PDF è una porcata come fatto fisico, perché contiene una sua specifica muscolarità, non per il fatto in sé, dato che la creazione di un PDF è alla portata di chiunque: fatto in questo modo è equiparabile all’olio di ricino di lugubre memoria; immaginarlo, dargli una veste editoriale favorevole alle proprie tesi, come avete fatto voi, ritengo sia una forma di pestaggio, anche perché potrebbe costituire un’indiretta minaccia di essere spedito in formato cartaceo, diciamo a studiosi che a tortooaragione non si curano della rete, e che potrebbero maturare severo pregiudizio contro la debolezza di chi invece di stare a lavorare alla propria scrivania perde tempo in pettegolezzi blogghisti. Insomma, per tante ragioni penso non sia etico editare il PDF di una libera discussione in rete contro la volontà e le ragioni di fosse uno solo dei contendenti. Rifletteteci.

  12. @ Cortellessa (“Ma non assimili il mio pensiero a quello della sorella nazista”) Ma per la verità non mi sembra di aver fatto nulla del genere. Si parlava di testi e loro manipolazioni, indipendentemente dalla matrice ideologica. Credo che Le avrei mosso lo stesso rilievo di incoerenza se Lei, faccio per dire, avesse argomentato in favore dell’edizione Platone-Togliatti dei Quaderni di Gramsci.

  13. @ Larry Massimo
    Qui siamo al delirio. Tutto quello che sta accadendo dimostra quanto piccola e meschina sia la dimensione del mondo letterario italiano. E quante potenzialita’ invece potrebbe offrire la rete.
    La professionalita’ di una ricercatrice non puo’ essere in alcun modo essere messa in discussione dai commentatori di un thread. Fatto sta che la dottoressa Policastro dovrebbe capire che la interazione su un blog e’ molto diversa da come vorrebbe che fosse. Perfino le gerarchie. Deve quindi impararne le regole ed il linguaggio. E potrebbe chiedere consiglio all’ottimo Cortellessa.
    Massima solidarieta’ alla donna battagliera. Ma a mio avviso i WM non hanno fatto niente di illegale. Hanno solo archiviato e condiviso con la comunita’ della rete una discussione pubblica.
    E comunque il mondo e’ molto piu’ complesso e grande di quello dei circoli accademici. Perfino in rete. Fatevene una ragione. E questa demonizzazione del mercato e del gusto del lettore mi inquieta non poco. La trovo addirittura sciocca. Per quanto io consumi molto poco. A dire il vero… Trovo molto rassicurante in fondo che molti addetti ai lavori non colgano fino in fondo il valore anche culturale delle schifezze commerciali che producono per gli altri.
    E adesso, se non vi dispiace, torno alle mie attivita’ di sempre. Addio.

  14. In relazione al pdf si/no vorrei sottolineare una questione che non si è considerata troppo ma a mio parere non indifferente, la piattaforma dove siamo. Che in quanto proprietaria dello spazio dato ha per contratto firmato (al momento dell’apertura conto-utente) “il diritto e la licenza”, come espressamente riportato, su tutte queste schermate fatte dall’utente. Eh.
    I commenti non sono citati nel contratto, quindi non so rispondere se anche su di loro ha diritto e licenza. Potremmo chiederglielo.
    Comunque cose su cui riflettere.

  15. Approposito, AMA, ma tu che cazzo fai a Londra???
    .
    Poi, di passaggio, la Gilda del mi corazon m’ha risposto, accigliata così come da contratto… che emozione. Indi è vero, ella mi legge! Non mi resta che ribadire la domanda che mi molce il core da innumerevoli giorni: Gilda, ma tu a Murene ti sei abbonata?
    Non ridere, WM4, che ti nascondi dietro al poco probabile nick di Federico Guglielmi (l’esperto di punk-rock!). T’ho stanato! La domanda è estesa pure a te!
    .
    Torno a pettinare le bambole, attività doverosa per noi intrattenitori e giocolieri.

  16. a me nun la poi fà, la domanda che t’ammoscia er core, perché mi abbonai fra i primissimi, in quel di Fosdinovo. A Biondì, nun ce provà!

  17. ah ecco, com’è come nun è, co vvoi ndiani nun se sà mai, cera Ingrese a piasse i sordi, figuramose, già moo vedevo Rovelli che me veniva a cercà coi musicisti sua, tutti belli anarchici toscani e ncazzati

  18. @ Biondillone mio bello
    Che cazzo faccio a Londra? Tutto quello che non avrei potuto continuare a fare con la stessa serenita’ in un paese di mmerda come quello in cui tu invece hai perfino messo su famiglia. Sai, noi londinesi ce la passiamo maluccio ma siamo infinitamente piu’ sereni. Il nostro schifo e’ diverso dal vostro aBBominevole degrado.
    O la domanda era sul come mi guadagno da vivere? Forse vuoi solo sapere se sto continuando a scrivere… A titillare la tastiera insomma. Facciamo una cosa, prima o poi te lo faro’ sapere in qualche modo.
    Mi spiace per la dottoressa Policastro, ma negli ultimi giorni comunque sono in ferie. Quando non scacazzo qui, sfoglio le lettere di Jessica Mitford, detta DECCA. Sono serissimo. Quindi?
    Comunque un saluto circolare… 😉
    BYE BYE

  19. @Ama, io non parlavo di diritto, ma di etica. Alla fine, però, vale un’altra quistione: è BELLO fare uno sgarbo del genere a una persona? Per il resto io sono lontanissimo da qualsiasi ipotesi gerarchica, e non mi piace neanche l’esibizione muscolare della professoressa, che comincia una discussione da una parte e poi, per non soccombere, va a farsi dare ragione da un’altra…

  20. Ma ancora state qui a parlare di titolo e sottotitolo, del fatto che i commenti sono solo 550 etc.???
    Dico, quand’anche non fosse lana caprina (e a mio parere lo è senza ombra di dubbio e chi finge di non capirlo è in malafede)…
    …ma non ve ne siete accorti che stamattina Loredana ha messo scaricabile un nuovo pdf senza titolo e sottotitolo e con tutti i 769 commenti?
    A cosa ci si appiglia adesso?
    .
    Ribadisco che nessuno deve chiedere il permesso a nessuno per salvarsi un thread nel formato che gli pare e piace.
    Io attivo la mia stampante quando lo desidero, come accendo la tv quando lo desidero, come apro il frigorifero di casa mia senza dover chiedere autorizzazioni.

  21. @ Andrea Cortellessa
    Mi spiace leggere quanto leggo. Abbiamo un dovere di responsabilità nei confronti delle parole, lo abbiamo SEMPRE se siamo soggetti che fanno delle parole un lavoro o una missione (per alcuni è così).
    Io non ho sostenuto quanto riassumi, mistificando, tu. Tu scrivi:
    “È stato sostenuto (da Gemma Gaetani) che esprimere un’opinione critica su un testo altrui è almeno altrettanto illegittimo che prendere il testo di un commento altrui, confezionarlo all’interno di un altro testo (dotato di incomprensibile titolo, scorretto sottotitolo e altre manipolazioni interessate, unilateralmente decise da uno dei partecipanti alla discussione che, nel suo insieme – ma non integralmente – costituisce il testo in questione).
    Qualcuno, forse proprio Policastro, l’aveva mi pare già accennato (ovviamente con intenti opposti, se si trattava di G.P. era una dimostrazione per assurdo). Naturalmente non sono d’accordo, però è un pensiero interessante.
    Se per esempio io recensissi un testo riassumendone le tesi in modo di fargli dire il contrario di quanto sostiene, e inserissi nella mia recensione delle citazioni maliziosamente estrapolate ad hoc, effettivamente farei un’operazione molto scorretta”.
    Non è affatto quanto ho scritto. Ho posto l’attenzione su una questione di equità, per comprendere la quale non è nemmeno necessario sapere chi è Shakespeare.
    La libertà di chiunque di utilizzare le parole scritte dal critico deve essere pari a quella che possiede il critico nei confronti dell’artista sul quale scrive e guadagna scrivendo, altrimenti ci ritroviamo in una situazione di sperequazione e strapotere del critico che può scrivere ciò che vuole su chiunque e insieme negare a chiunque di usare le sue parole, negazione che è esattamente opposta all’autorizzazione ad esprimersi liberamente di cui lui gode in quanto critico e che gli consente di usare le parole altrui (degli scrittori, dei giornalisti, di chiunque voglia) per redigere testi critici, cioè guadagnare soldi e costruire carriere. E’ una questione morale, e mi stupisce che tu e Gilda Policastro non la percepiate. Se il critico che scrive sulle parole altrui ciò che vuole, senza chiedere il permesso a nessuno, non acconsente all’uso delle sue parole da parte di altri (parole, oltretutto, non date in pasto a tutti come accade quando si pubblica un libro, ma scritte in una discussione pubblica su un blog, cioè ponendo in essere una volontà precisa, circostanziale, di partecipare al dibattito) è un critico ben più pericoloso di qualsiasi industrializzazione della scrittura.
    Fare letteratura, essere letteratura, vuol dire essere usati, fraintesi, manipolati, parassitati (anche in termini meramente economici) da altri: Céline, Pound, ti dicono qualcosa, Andrea? Sono vergognosi casi di manipolazione fruitiva, e soltanto per rispetto di questi due grandissimi artisti dallo spessore umano oltre che letterario incommensurabile, un paio di critici contemporanei potrebbero ben accettare che le loro parole vengano inserite in uno stupido pdf.
    Volete avere a che fare con la letteratura? Questa è la letteratura. Darsi in pasto.
    E’ atteggiamento immorale pasteggiare sugli altri e sottrarsi quando a “pasteggiare” potrebbero essere gli altri. Per di più seppure Loredana Lipperini ci facesse una Treccani, con le vostre parole, ci metto tutt’e due le mani sul fuoco che ci guadagnerebbe cinque centesimi vendendola, perché al mondo, Andrea, non frega niente della letteratura, figurarsi della critica letteraria.
    Quanto a recensioni nelle quali hai veramente fatto opera di mistificante passaggio al lettore, offendendo quanto era scritto nell’opera e offendendone l’autore, credimi, è meglio che non parli.
    Ma smettetela, su… Fate opera di modestia, sarebbe il caso.
    @ Wu Ming 1
    Ti porgo la mano. Ho avuto in passato un pregiudizio nei vostri confronti, e me ne dispiaccio, perché non ho mai letto parole più lucide di quelle scritte da te e Wu Ming 4 riguardo alla questione del mercato letterario.

  22. @Loredana, ho spiegato anch’io, qui e su Fb, che non ho mai evocato la censura, ma, piuttosto, lamentato un andamento quanto meno discontinuo della precedente discussione, dovuto all’inconveniente tecnico, certo (e l’abbiamo ripetuto fino allo sfinimento, su Fb). E però in questa tanto decantata libertà dello spazio *webbico* c’è dunque un vulnus (veramente due, se una discussione non si riesce più a leggere a video, e bisogna avere i papiri sotto gli occhi, anche noi internauti della prima o della seconda ora, come la mamma di Wu Ming), e va risolto.
    Ma qui mi quoto da sola (visto che da sola mi sembra di parlare) ribadendo la mia osservazione sulle strategie retoriche del web, e dunque comuni a te e i Wu Ming: io spiego per 46 commenti che non è l’imbarazzo a rendermi avverso il pdf (come del resto è avverso ad altri, vedi Bortolotti), ma la non trasparenza dell’operazione, e Wu Ming continua a dire ”imbarazzo” ”imbarazzo” ”imbarazzo” (della sola Policastro peraltro: del diniego di Bortolotti, pure fermamente ribadito anche su Fb, si sono nel frattempo perse le tracce).
    Io spiego a te più volte su Fb che non andrò in nessun tribunale, e che però m’interessa la normativa che regola la comunicazione nel web, e che desidero approfondirla con esperti del settore, e tu continui a ripetere ”tribunale” ”tribunale” ”tribunale”.
    Io ripeto fino alla consunzione delle forze che ho capito perfettamente l’inconveniente tecnico che hai avuto la cortesia di illustrarmi in una telefonata molto garbata (in cui non mi hai certo appellato ”signorina Gilda” come quando c’è il coro ostile sotto), e che NONDIMENO però mi vedo costretta a ribadire come l’andamento della discussione stessa ne sia stato falsato. E niente, questo si traduce come sappiamo.
    Ma non ci siete solo voi, per fortuna: chi ha avuto l’interesse e la pazienza di seguire tutta intera la discussione un’idea propria se l’è fatta eccome, e magari prima o poi vorrà dire la sua in altri luoghi, meno connotati, meno parziali, dove se tu mi fai dire censura e non l’ho mai detto, per fortuna non arrivano altri 56 a ripetere censura censura, ha detto censura, in modo che alla fine, per questa mirata amplificazione assordante, così paia.

  23. @ Gilda Policastro
    Una domanda.
    Quando scrivi “Voglio che i miei commenti siano espunti da tutte le versioni circolanti: e non perché mi siano poco cari, al contrario: perché mi sono molto cari, ho speso per scriverli passione, entusiasmo, energie, che vorrei salvaguardare dall’uso selvaggio che ho visto fare della parola, del pensiero, delle competenze altrui in questo contesto” ti rendi conto del fatto che molti scrittori potrebbero pretendere da te la stessa cosa?
    “Voglio che le tue parole sul mio libro, Gilda, siano espunte dalla faccia della Terra, perché mi sono molto care, ho speso per scriverle passione, entusiasmo, energie, che vorrei salvaguardare dall’uso selvaggio che ho visto fare della parola, del pensiero, delle competenze mie nel contesto critico-letterario da te utilizzato?”.
    Te ne rendi almeno conto, o no?

  24. Sono di grana grossa.
    Pubblicare una comunicazione privata senza chiedere il permesso è scorretto (anche se mi è capitato di farlo).
    Rendere più leggibile e stampabile una comunicazione pubblica come un thread è tutt’altra cosa, direi.
    A meno che il vero problema non sia la pubblicazione, ma il controllo su ciò che si è detto e scritto nel calore della discussione. In questo caso, però, l’accuratezza che è nemica dell’immediatezza dovrebbe far desistere dal cimentarsi con un mezzo come il blog. Forse si vorrebbero avere i vantaggi (leggasi visibilità) che porta la discussione a caldo senza caricarsi degli svantaggi (svarioni ortografici, incazzature, atteggiamenti scomposti).
    Ma è il bello della diretta!
    La proprietà intellettuale dei commenti in un thread potrà anche esere controversa, ma se nessuno ci lucra sopra non dovrebbe scatenare questo genere di difese.
    Imporre l’acribia filologica di una prolusione universitaria agli interventi in un thread? Ma a nessuino dei professori qui presenti viene mai in mente che per molti la libertà del dibattito intellettuale in Rete è stata una liberazione proprio da questo genere di precauzioni?
    Perchè passare la vita a infilare il preservativo alle idee, per ottenere un mondo pastorizzato, quando a volte proprio l’equivoco e la contaminazione garantiscono fertilità, al di là delle intenzioni del parlante?

  25. Ho 37 amici (14 sono premi Nobel), che non vengono qui perchè gli ripugnano quelli che si firmano con i finti nomi veri e anche quelli veri veri.
    Se non li possono perquisire fisicamente non gli interessa.
    Hanno un generatore automatico di nick, cambiano identità anche 56 volte al giorno.
    Ho provato, cazzo, ma niente da fare. Non ci vengono. Alla jungla non intendono rinunciare.
    Un vero peccato.
    Per conto mio, alla signora gilda potrei fornire l’ indirizzo di casa, qualora volesse mandarmi una squadretta di identificatori, per essere proprio sicuri sicuri.
    Se interessa, faccia sapere.
    Li mandi numerosi però, sono uno che fa resistenza.
    L.

  26. @Wu Ming 4 una volta ero a un convegno con lo scrittore Aldo Nove, per l’anagrafe Antonio Satta Centanin. Al momento di registrarsi nel luogo ospitante, non ci fu verso, dovette dirsi tale, Satta Centanin, altrimenti il nome dichiarato sarebbe stato difforme dal nome registrato sul documento di identità. Mi rallegro che così non sia nei paesi anglosassoni (ma siamo sicuri?), non mi rallegro alla stessa maniera di convegni anglosassoni che invitano, invece di Aldo Nove o Ottonieri, i Wu Ming, ma ce ne faremo una ragione (qui c’è dell’ironia, lo segnalo in anticipo, così non diventa il nuovo tormentone). Chiaro che stiamo deragliando scientemente anche in questo caso, e che si è capito benissimo il senso del discorso sui nick o i soli nomi (nome+cognome=identità=responsabilità=autorevolezza), ma anche stavolta fa comodo andare a ripescare ad libitum il momento in cui, nel vivo della ”battaglia”, che tale era, arrivò anna luisa o maria luisa (non ci posso fare niente: non me lo ricorderò mai come si chiama se non mette un cognome: è come la mamma di wu ming che non sa leggere il thread: a ciascuno i suoi limiti, e io ho bisogno di un cognome) e feci la gaffe di confonderla con un’altra dal nome consonante, appena intervenuta, che aveva tutta l’aria di un throll.
    C’è una poesia molto bella di Edoardo Sanguineti sull’identità che definisce la ”migliore persona dello schermo” (in un’accezione diversa dalla nostra, ma non troppo…) e dice, a un certo punto: ”ora, se non sono nessuno,/resto però un modesto e appassionato collezionista di autografi”. Consideratemi, se vi va, non un poliziotto alla dogana, ma una collezionista di autografi.

  27. Valter è stato limpido e netto.
    Rimuovere tutti i commenti di Gilda Policastro da *tutte* le versioni circolanti??
    Ma ci si rende conto che nel dire queste cose belluine si conferma per l’ennesima volta una totale, assoluta, sesquipedalmente avvilente ignoranza di cosa sia Internet?
    E chi lo sa quante siano le versioni circolanti? Sono virtualmente infinite.
    Demonio Pellegrino aveva mandato in giro un pdf ben prima che si decidesse di salvare la discussione. Ciemme idem. Aldovrandi si era salvato tutto in un file word. In diversi si erano stampati il thread. Potrebbero aver fatto così altre centinaia di persone, visto che quella è stata una delle discussioni più linkate e seguite nella storia del web letterario italiano. Via Twitter, via Friendfeed, via Facebook, via altri blog, via mail, via forum, via usenet, un sacco di gente l’ha segnalata a un sacco di altra gente.
    Controlliamo gli IP di tutti i visitatori e facciamo perquisire le loro case e i loro computer per vedere se hanno stampato o salvato la discussione?
    Mandiamo in giro la Gestapo telematica?
    Siamo ormai molto oltre il ridicolo e il grottesco.
    Siamo *anni-luce* addentro una regione in cui il ridicolo è un ricordo di tempi migliori.

  28. @ Gemma,
    uno dei risultati più interessanti e imprevedibili di queste giornate di discussione a tutto campo è che si sono rovesciati o addirittura dissolti quasi tutti gli schieramenti immaginari e preconcetti. C’è stato un rimescolamento che prevedo sarà rivitalizzante.
    Voglio dire, cazzo, qualche giorno fa alla riunione Wu Ming è passata all’unanimità una specie di mozione informale: “Dopo aver visto in azione la Policastro, il collettivo tutto non può che dire VIVA CARLA BENEDETTI! Scarpa e Benedetti tutta la vita!
    Queste testuali parole le ho anche spedite via sms a Tiziano. Non so se l’abbia considerato un complimento o un insulto di sponda, ma pareva divertito 🙂

  29. E come potevamo intervenire
    noi critici amici della GILDA
    che ripugniamo l’uso della rete,
    nel covo di vipere cinesi
    anonimi e in combriccola fra loro,
    senza sentirci dire dal censore:
    “eccoli infine i veri manutengoli”?
    Ai simposii dinastici, per censo,
    le nostre stilo d’oro stanno appese,
    tremando nel pensare al pdf

  30. Quindi, io posso copiare tutta questa istruttiva discussione su word? Mica per pubblicarla, ma per leggerla e fra vent’anni vedere l’effetto che fa.

  31. @Wu Ming 1
    ”in diversi si erano stampati il thread”.
    allora, se il thread si poteva già stampare, come mai il pdf?
    (caschi male, non mollo).

  32. @Gilda Policastro
    “nome+cognome=identità=responsabilità=autorevolezza”
    nel suo caso è sicuramente così, perché la sua autorevolezza le deriva da ciò che è off-line. ma in Rete la questione dell’identità e dell’autorevolezza non è così lineare. WM1 o WM4, per molti sono più autorevoli in quanto tali piuttosto che se si firmassero con nome e cognome (per quanto tali dati non siano un segreto).
    E anche nel loro caso, l’autorevolezza (al di là del fatto che ognuno la possa ritenere tale o negarla) deriva anche da ciò che sono fuori dalla Rete.
    Io che mi firmi Pigna o con il mio nome e cognome resto un non-autorevole sconosciuto. Non c’è legame nel mio caso fra identità e autorevolezza, al massimo potrebbe essermi riconosciuta (o negata) in base a ciò che scrivo. E la responsabilità ricade sul trittico nick+mail+indirizzoIP di cui la Lipperini può disporre e che mi rende facilmente rintracciabile.
    Un caso a sé, e forse più discutibile, è rappresentato da chi, pur avendo un nome e cognome (o un nick) conosciuti e autorevoli fuori di qui, si firma con un nick diverso celando la sua identità. Ma anche in questo caso, le parole possono tradire e rivelare molto più del voluto.

  33. @Wu MIng 1 Non so cosa pensi Benedetti di una nostra remota (per i tempi del web direi preistorica) discussione sui blog nei blog (metadiscussione anche quella), che continuate a evocare a dismostrazione non si sa di cosa (che le mie idee divergono da quelle di altri molto spesso? so che siete abituati al gregge ossequiante, ma per me avere una testa autonoma non è gran motivo d’ onta), so però che Scarpa mi ha donato molto cavallerescamente il suo ultimo libro, nella recente occasione in cui ci è capitato di incontrarci (una serata in memoria di Edoardo Sanguineti) e di scambiarci qualche opinione senza nemmeno ricordare l’episodio pregresso.
    Non prendetelo come un invito a fare altrettanto, però: Scarpa è narrativa, voi Entertainment. E su quel versante, ho già dato. Grazie.

  34. Faccio notare una cosa che mi sembra banale, ma che – dato il livello di conoscenza informatica che traspare in alcuni commenti – forse banale per alcuni non lo e’: la stampata, Signorina Policastro, non si puo’ caricare su Kindle o inviare per email. Il pdf, o il formato word, o RTF, si’.

  35. @Gilda Policastro:
    sarebbe interessante a questo punto capire dove sta per l’editore in questione la differenza tra narrativa e entertainment, che per il dizionario Garzanti significa “spettacolo leggero, di evasione, spec. radiofonico o televisivo”. A me sembrano due definizioni non discernibili, o forse che esistono libri che pur narrando non intrattengono?

  36. Premesso che trovo l’ultima G.P. finalmente godibile: sta trovando il giusto tono…
    Qualcuno le faccia sapere che in Inghilterra non esiste la Carta d’Identita’ ed ogni tentativo di introdurla e’ finora miseramente fallito. Il passaporto poi lo usi solo per evadere andando all’aeroporto… E se lungo il tragitto ti ferma la polizia, volendo gli puoi dare qualunque generalita’ ti passi per la testa in quel momento. Figurati se non puoi usare una sigla per prendere parte ad un convegno! Anche se ti hanno regolarmente invitato…
    Non credo sia poi rilevante che in una collana un testo sia sotto Narrativa o Intrattenimento ai fini di riconoscergli o meno una certa letterarieta’. E stupido sarebbe solo pensarlo.
    Bene, un saluto a Gemma Gaetani. Intelligente. Una boccata d’ossigeno.
    E spero di uscire definitivamente da tutta questa discussione. Non sono mai stato un grafomane. Comunque domani riprendo a lavorare…
    P.S. La BENEDETTI irrita molto meno di G.P. Ma anche lei sta messa malino…

  37. Dimenticavo… Credo che Londra sia la citta’ con piu’ telecamere al mondo. Pero’ almeno nessuno ti chiedera’ mai di verificare le generalita’ che gli hai dato mostrandogli l’abbonamento della metro.

  38. @ Wu Ming 1
    Taci, sei, siete Entertainment! Scarpa è narrativa, un gradino più su, non osare mai più nominarlo! Indaga, piuttosto, sulla normativa che regola la comunicazione sul web! E confessa: perché il pdf se il thread era di già stampabile, eh? Eh? EH? Confessa, Wu Ming 1, sei Entertainment, non puoi scappare! ;0) Oddio che ridere, Roberto (ma per non piangere)…
    Io m’auguro soltanto che il prossimo scrittore che si riterrà insultato e leso da una qualsiasi recensione presenti a codesti re-censori una richiesta di risarcimento danni coi controfiocchi, perché se è dibattito culturale solo ciò che pare a loro ci troviamo di fronte al berlusconismo critico-letterario, al “facciamo un po’ come c***o ci pare” dei sedicenti rivoluzionari e punto. Ma veramente punto, non c’è proprio altro da dire.

  39. @ Gilda,
    allora, leggi con attenzione.
    *Tutto* si può stampare. Qualunque schermata.
    Porta la freccina del cursore in alto a sinistra, sulla barra del browser clicca su “File” e ti si aprirà un menu a tendina. Scegli “Stampa”, ti si aprirà un’altra finestra. Dagli “Ok” e stamperà questa schermata. Puoi farlo con qualunque pagina web.
    Nel caso di questa schermata, ben sette fogli A4 usciranno quasi vuoti, perché questa pagina non è ottimizzata per la stampa.
    Ottimizzata per la stampa significa pensata per la leggibilità su carta e l’economicità dell’atto di stampare.
    Le pagine di Lipperatura non sono pensate per la leggibilità su carta e l’economicità dell’atto di stampare.
    Torniamo ora a quei sette fogli.
    Essi saranno occupati da cose irrilevanti come il banner pubblicitario in alto, le colonnine qui a fianco etc.
    Inoltre, la discussione stessa verrà stampata con un font non pensato per la stampa ma per la leggibilità su schermo. Il font che stiamo vedendo ora.
    Per ovviare a questo genere di inconvenienti, molti blog hanno incorporata una funzione che ogni utente può scegliere.
    In cosa consiste?
    E’ presto detto: in calce a ogni discussione c’è scritto: “Versione per la stampa”.
    Cliccando, la stessa discussione si apre in una nuova pagina che è pensata per essere leggibile anche su carta, cioè: font più grande, niente banner, niente colonne laterali etc.
    Tutte le stampanti di penultima e ultima generazione, poi, danno la possibilità non solo di stampare su carta, ma anche di convertire la pagina in pdf.
    Ergo, nei blog dove quell’opzione è presente, qualunque pagina è convertibile in pdf in qualunque momento.
    Cosa che del resto *si può fare comunque*, anche qui in qualunque momento, ma in più passaggi. Ad esempio, si può copiare tutta questa schermata in Open Office e poi dare il comando: “Esporta il pdf”. Oppure ci sono altri modi. Moltissimi altri modi. Però richiedono più passaggi. Mentre l’opzione “Versione per la stampa” rende tutto più agevole e comodo, in nome di quella sempre maggiore “usabilità” che è uno degli asintoti della rete.
    Ad ogni modo: molte persone, ciascuno a modo suo, hanno salvato quella discussione per leggersela meglio.
    Alcuni se la sono stampata direttamente, con gli inconvenienti che dicevo sopra, e pazienza.
    Alcuni l’hanno copiata e incollata su Word (come ad esempio aldovrandi).
    Alcuni l’hanno ri-impaginata e convertita in pdf (come ad esempio ciemme e Demonio Pellegrino).
    Alcuni l’hanno convertita in ePub e l’hanno caricata sull’e-book reader (come ad esempio Vincenzo Vitelli e ancora Demonio Pellegrino).
    Noi non sapremo mai quante persone hanno salvato, stampato, convertito e/o caricato su altri supporti quella discussione.
    Perché non lo si può sapere di nessuna discussione.
    Perché il modo di fruire un contenuto pubblico viene deciso in piena autonomia dal fruitore.
    Perchè la rete è uno spazio aperto.
    Perché quella discussione, verosimilmente, è stata visitata da decine di migliaia di persone e non ci è dato sapere come e dove, nel loro pieno diritto, abbiamo deciso di leggerla.
    Su un e-book reader in barca?
    Su fogli A4 in Eurostar?
    In pdf sull’iPad?
    E chissà potenzialmente in quanti altri modi.
    La rete è uno spazio aperto, e chi ci scrive sopra si rivolge, in potenza, a una innumerevole quantità di persone.
    Quindi di ogni contenuto esistono, in potenza, innumerevoli copie e versioni.
    E ricordo anche, o spiego a chi non lo sapesse, che una copia di *ogni* pagina web che visitiamo viene salvata automaticamente dal nostro browser e depositata nella cosiddetta “cache”.
    A meno che non la vuotiamo, la cache conserva copia di ogni pagina caricata dal browser.
    Quindi: poniamo che in quella ruggente settimana ventimila persone abbiano visitato la pagina (non è affatto una cifra implausibile).
    Poniamo che ciascuno l’abbia fatto anche un sola volta.
    Ecco, già così ci sarebbero ventimila copie di quella discussione in formato html, depositate in ventimila diversi computer.
    E tu pensi che si possano… togliere i tuoi commenti “da ogni versione esistente”!
    A parte che il principio è sbagliato alla base, perché quei commenti li hai fatti coram populo, li hai rivolti a una platea potenziale di *innumerevoli persone*, e nel momento in cui li hai scritti su uno dei dieci blog culturali più seguiti in Italia non potevi aspettarti che ti leggessero in quattro gatti.
    A parte questo, dicevo, la questione è posta in modo talmente erroneo da suscitare inevitabilmente ilarità e prese per i fondelli.
    E’ non solo impossibile ma incontemplabile, inimmaginabile, fare quello che pretendi tu.
    Soltanto ieri il pdf è stato scaricato 1580 volte. E oggi ne è stato caricato un altro (quello fatto da ciemme).
    Ma lasciamo perdere i pdf realizzati negli ultimi due giorni (che comunque sono operazioni non solo lecite, ci mancherebbe altro, ma proprio *basilari*, banali nella loro ordinarietà).
    Il problema sussisteva già *a monte*, ben prima di quelle operazioni.
    Già quando hai lasciato il tuo primo commento il processo era irreversibile.
    Potenzialmente, ne esistevano già migliaia di copie.
    Potenzialmente, ne esistevano già migliaia di stampate.
    Potenzialmente, stava già circolando in più formati e su più supporti.
    La rete funziona così. E’ il suo ABC.

  40. Sì la rete funziona così. Tuttavia 1) se si dichiara pubblicamente che si sta preparando un pdf per metterlo in rete – con le migliori intenzioni del mondo – le persone hanno diritto di dire “io non voglio comparire”. 2) esiste una questione aperta su come e quando si possano utilizzare i commenti ospitati da un blog. Per esempio un mio amico, studioso di cose cattoliche, voleva utilizzare alcuni commenti postati sui siti dei santuari. L’editore, come si può immaginare iperspecializzato ha detto che non si poteva perché i proprietari dei diritti erano le persone che li avevano postati. Al massimo si potevano trarre delle statistiche.
    3) un conto è un’operazione che mi faccio a casetta mia per mia comodità personale, altro è che lo faccia un blog. Io sono certa della buona fede di tutti ma il fatto che questo sito sia gestito da una giornalista, per altro molto corretta, e che il pdf sia stato preparato da scrittori, può aver ingenerato in qualche “malpensante” qualche dubbio. E a nulla vale ripetere è la rete. Un altro esempio del tutto OT – ma che chiarisce la questione – se lasciassi un inedito a casa mia, magari potrei leggerlo per curiosità ma temo che non potrei pubblicarlo né a nome mio né tuo e neanche postarne dei pezzi in rete. senza chiederti l’autorizzazione. Non conosco Gilda Policastro ma credo che la sua richiesta fosse limitata al pdf messo qui.

  41. A questo punto mi viene un dubbio: che il Sanguineti Edoardo usato come un randello, una maschera, una monografia e una carta d’identità qui sopra sia un caso di omonimia di quel poeta e critico comunista che fino all’ultimo ha difeso l’idea benjaminiana di un libro fatto di sole citazioni e sognato e sperato nell’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione.
    Ripeto: ABOLIZIONE DELLA PROPRIETA’ PRIVATA DEI MEZZI DI PRODUZIONE: ipse dixit.
    Con tutto quel che segue.
    Se il nesso con questo semplice concetto – che in latino francescano si traduce Omnia Sunt Communia non è chiaro, per una volta lo dico io: tornate a studiare!

  42. @Wu Ming 1. Era a Skeight che stavo rispondendo come pensavo fosse evidente da quello ‘@Skeight’ messo all’inizio.
    Ci sono diversi modi di stare nel mercato significa “ci sono diversi modi di stare nel mercato”: quelli detti da te e pure scartebellare nel web per cercare nei cataloghi di piccole e piccolissime case editrici, frequentare bancarelle dove si trovano libri fuori commercio da tempi immemorabili, consultare i reparti remainder’s ecc. ecc. ecc.
    A questo si riferiva il mio rifiutare l’on/off: si può stare nel mercato complicandosi come segmento, e non rassegnarsi ad essere un ‘target’ da centrare a colpo sicuro.
    E in questo senso invitavo gli scrittori (ma pure gli editori, ma pure i critici) a non fare dei lettori il loro alibi, sfornando ciofeche al grido di…Ecco, al grido di cosa?
    E’ qui che si vanno a confondere ‘lettori’, ‘pubblico’, ‘mercato’… Per cui meglio specificare sempre. Dire che è il mercato che lo vuole, non è lo stesso che dire che lo vuole il lettore.
    E in questo credevo che la pensassimo allo stesso modo. Boh, ma perché hai preso d’aceto proprio non lo capisco.
    Comunque thread così lunghi mi fanno venire il mal di mare, per cui spero di aver risposto in modo sufficiente, ma più di così non saprei specificare.
    p.s. nel commento in cui mi chiamavi in causa c’è un delizioso refuso, su cui un freudiano ti inviterebbe a riflettere.

  43. @ Valeria,
    aceto zero. Non lo uso neanche in cucina, mi fa schifo. Nell’insalata solo olio e sale.
    No, chiedevo davvero chiarimenti. Perché *davvero* non riuscivo a capire i riferimenti. Adesso capisco un po’ meglio.

  44. Voglio spezzare una lancia.
    In qualità di fumatore, nonchè tossico di entertainment.
    Credo che l’intera vicenda imponga, da oggi, ai produttori di software di apporre in modo chiaro la dicitura:
    IL PDF NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE
    L.

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