PAROLE, MEMORIA, MANTOVA

“Nelle ultime settimane ho iniziato a compilare un inventario personale di parole che, a mio avviso, non si dovrebbero più usare: nella conversazione o in qualunque forma. Questo, nella convinzione che la vita è materia di sottrazione graduale, che punta a un’essenza più solida, più-quasi-perfetta, dopodiché ogni attività mentale se ne va e noi proseguiamo per le nostre Chillicothe virtuali. Una scorta più ridotta di parole migliori potrebbe servire, credo, ed essere un esempio per un più lucido ragionare. Non è tanto diverso dal trasferirsi a Praga senz’aver imparato la lingua, così l’inglese che finisci col parlare per farti capire porta la speciale responsabilità di essere chiaro, semplice e con i piedi per terra.
Quando diventi vecchio, come me, vivi comunque nelle accumulazioni della vita. Non che succedano grandi cose, a parte sul fronte della medicina. Meglio semplificare tutto. E cosa c’è di meglio che mettersi a semplificare le parole che scegliamo per esprimere i nostri pensieri, sempre più rari, sempre più errabondi? Sarebbe impegnativo, ad esempio, per una persona di madrelingua ceca apprezzare pienamente le parole popò o cazzarola, o la frase “Siamo incinti” o “Prendiamo qualcosa di pronto”. O anche, se è per questo, fico quando significa appena “tollerabile”. O primino o pupilla o strascico. O non c’è problema quando in realtà vuoi dire solo “Prego”. Analogamente, atterraggio morbido, obbligazione, idratare (quando significa semplicemente “bere”), fare arte, partecipare, aspirare, blablà usato verbalmente e… a proposito della Magic Zero-Zero-Sette: bomba effe. Fuck, per me, è ancora abbastanza utilizzabile come sostantivo, verbo o aggettivo, con le chiare e distinte colorazioni della sua già ricca storia. La lingua imita i tumulti popolari, diceva il poeta. E oggi cos’è la vita, se non una sommossa?”
Richard Ford, Tutto potrebbe andare peggio
“In quella comunità infatti si parlava di rado del passato. Non voglio dire che fosse un argomento tabú. Piuttosto, che era a poco a poco svanito in una nebbia fitta come quella che pesava sopra gli acquitrini. Non c’era l’uso di pensare al passato, tra quella gente, nemmeno se prossimo”.
Kazuo Ishiguro, Il gigante sepolto
E’ un copia-incolla niente affatto casuale. Ishiguro e Ford saranno fra le persone che incontrerò al Festival della letteratura a Mantova, dove sarò a partire da domani (in onda dopodomani). Parole che sto leggendo e meditando, perché, come si vede, riguardano non soltanto la letteratura, ma quel che noi siamo. E, come dice un terzo grande che sarà a Mantova, Javier Cercas, “la realtà uccide, la finzione salva” (non troppo curiosamente, Stephen King dice la stessa cosa: “l’arte dev’essere di sostegno alla vita, e non viceversa”. Al solito, gli aggiornamenti del blog riprenderanno al mio ritorno, martedì 15: ma dal momento che il commentarium è comprensivo, non se la prenderà. A presto!

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