PAROLE

Un po’ di segnalazioni.
Mi scrive Matteo B.Bianchi e grazie a lui scopro che, per esempio, Paolo Nori compila la voce Moldavia, Ernesto Aloia sceglie Divagare e, in ordine sparso, gli abbinamenti fra parola e scrittore uniscono Piersandro Pallavicini a Sfranto, Gianmario Villalta a Nuvole, Giuseppe Genna a Morte, Tommaso Giartosio a Italia, Tiziano Scarpa a Ghingheri, Giulio Mozzi a Inarco.
Avviene in quello che Bianchi chiama il Dizionario affettivo della lingua italiana, dove scrittori esordienti e affermati hanno scelto la propria parola preferita e ne hanno dato una definizione: “Si tratta di un vocabolario sui generis, poiché ognuno ha interpretato la richiesta a modo suo, e io non ho voluto correggere il tono spontaneo di tale partecipazione”. Altre spiegazioni, e ovviamente il testo scaricabile, sulla rivista on line di Matteo B.Bianchi, ‘tina.
Quindi.
Su Informationguerrilla speciale sulle notizie più censurate del 2008 (in inglese).
Poi.
Con ritardo colpevole, segnalo l’esordio di Fabio Bo, critico cinematografico, con Prendere o lasciare, un libro di racconti. Nove, diversi per ambientazione e personaggi, alcuni ironici, altri pieni di malinconia. Belli.

10 pensieri su “PAROLE

  1. Ciao!
    Vorrei invitarti alla presentazione del romanzo “Asma”, che si terrà domenica 30 settembre alle 11.30 presso la libreria Gremese in Via Cola di Rienzo 136 Roma.
    Un saluto,
    Stefano Lazzarini
    Stranieripensieri.splinder.com

  2. “Ognuno ha interpretato la richiesta a modo suo, e io non ho voluto correggere il tono spontaneo di tale partecipazione”.
    Così scrive, qui sopra, Bianchi a Lipperini.
    “Ti avviso che la tua definizione è assente. Mi sono reso conto in questi giorni che la tua interpretazione del tema era notevolmente differente dagli altri”.
    Così scriveva ieri l’altro Bianchi al sottoscritto (più volte pregato di partecipare all’iniziativa).
    Alla faccia della “spontaneità” e soprattutto dell'”interpretazione”.
    Se questa è la serietà che vige nelle iniziative editoriali no-profit, perché scandalizzarsi di quella “profit”? Almeno lì ci sono di mezzo i soldi, per quanto pochi.
    Un paese senza speranza, ecco quel che siamo.

  3. Iniziativa interessante. Notevole che gli autori ‘meno affermati’ usino più frequentemente la prima persona singolare e gli altri invece assumano un tono più collettivo e, insieme, più distaccato. Vostro, BetteDavis.

  4. Caro Roberto,
    dal momento che mi chiami pubblicamente in causa, mi sento in dovere di spiegare un paio di cose. Quando ho dato avvio al progetto del Dizionario ho lasciato libertà assoluta agli autori di interpretare la richiesta a modo proprio. E credo che chiunque, leggendo il risultato, possa verificare quanto variegate siano le definizioni che ho raccolto. Tuttavia, in rarissimi casi (per la precisione due, fra cui il tuo), ho ritenuto che il testo fosse davvero troppo distante dal tono della raccolta e ho preferito non inserirlo.
    Vedrò di essere dettagliato, per quanto ti riguarda.
    Per cominciare non mi hai fornito la definizione di una parola, ma di due parole contrapposte (un’eventualità che di per sé non è contemplata in un dizionario). Ma su questo avrei potuto sorvolare.
    Il problema è un altro: avevo chiesto a ogni autore di scegliere la propria parola preferita dal vocabolario italiano e di motivare perché l’amassero particolarmente. (Da qui il nome “Dizionario affettivo”)
    Tu non hai fatto questo. Hai scelto un’espressione e ne hai dato una lunga, dettagliata descrizione tecnica, senza alcun riferimento a un tuo legame personale. Svolgimento perfetto se si fosse trattato del “Dizionario dei nuovi utilizzi delle parole italiane”, ma non era questo il senso del mio progetto.
    Forse non mi sono spiegato chiaramente, ma a quanto pare gli altri autori l’hanno compreso.
    Inoltre, è vero che ti ho escluso, tuttavia ti sei dimenticato di menzionare che (come ti ho scritto in una mail) volevo considerare l’ipotesi di inserire la tua definizione in una versione successiva e più ampia del dizionario (qualora ci fossero stati casi di voci simili) o di proporti di scrivere un’altra voce. Da come presenti tu la questione sembra che io ti abbia tagliato fuori per capriccio e senza neppure segnalartelo. Sai bene che non è andata così.
    Insomma, a me pare di essere stato piuttosto onesto con te: se non lo sono stato a sufficienza me ne scuso.
    Comunque ti ricordo che stiamo pur sempre parlando di una fanzine on line: il tono di indignazione, le accuse di pubblicità gratuita e l’appellativo di cialtrone forse sono un po’ eccessivi, non trovi?
    Saluti,
    il (spero ancora) molto simpatico
    Matteo BB

  5. *Copio e incollo il commento postato su thepetunias.it in risposta a quello di Matteo B. Bianchi. Ogni riferimento qui assente si trova al link http://thepetunias.it/blog/?p=1885*
    Matteo, ci conosciamo da tanti anni, ci apprezziamo a vicenda nei rispettivi sforzi diciamo artistici e, last but not least, ci sono persino un paio di cosette di cui ti sono debitore: ne dovresti concludere che la mia reazione doveva necessariamente avere una buona ragione per essere tale. Ovvero: mi secca enormemente, mi dà proprio un fastidio al limite del rash cutaneo dover ammettere di aver compiuto errori di valutazione sull’onestà intellettuale delle persone.
    Perché è di questo che stiamo parlando, di onestà intellettuale – non di una voce cassata.
    Molto probabilmente non è questo il caso – tu però non è che mi aiuti tanto, devo dire.
    Intanto ti perdi in centomila righi per spiegare perché hai deciso di escludere la mia voce dal dizionario quando – leggi il mio commento sopra – è evidente come il vero problema non stia in un’esclusione o meno: in quanto titolare del progetto sei di default libero di far quello che vuoi con il materiale che ti arriva, e il fatto che uno possa rimanerci male se ne sta allegramente ai margini.
    Però, Matteo, help yourself!
    Perché la denuncia del fatto che fossero “due parole e non una” quando sono io stesso a premetterlo nella definizione e quando pare a tutti evidente che non volevi compilare un De Mauro, ciò testimonia che, diciamocelo, ti nascondi dietro una foglia di fico.
    Ti nascondi dietro una foglia di fico quando dici che ho omesso di parlare di una “seconda versione” del dizionario (ma andiamo!), quando dici che avrei lamentato di esser stato fatto fuori senza che me lo segnalassi (quando ho copiato e incollato parte della tua mail sul b*** di Lipperini), quando dici che la mia voce difetta di una “motivazione affettiva” (a proposito, anche questa è “un’eventualità che di per sé è contemplata in un dizionario”?) quando tale motivazione è evidentemente implicita nella scelta, quando al limite sarebbe bastata una riga di mail e quando, comunque, di “assenze di motivazione affettiva” nel presente dizionario se ne contano più d’una.
    Insomma, non mi aiuti e non ti aiuti. Anche perché fingi di non vedere quale sia il problema vero, che ho sopra detto e che copio e incollo di seguito:
    “a infastidirmi non è stata tanto l’esclusione della voce che, se vogliamo, chi se ne frega. Bensì il fatto che poi, per dare un’impronta all’iniziativa e raccogliere link e pubblicità, si vada in giro a sbandierare la filosofia della libertà d’interpretazione e tutte quelle balle lì. No, questo non lo puoi fare, è scorretto e meschino”.
    Prova di ciò ne sia che denuncia del problema e pubblicazione della voce sul mio b*** non sono state fatte in seguito e come conseguenza della tua lettera di esclusione, bensì due giorni dopo, ovvero immediatamente dopo il post di Lipperini in cui venivano citati con un virgolettato i “criteri” con cui hai concepito e proposto il progetto.
    L’incazzatura e la delusione nascono da lì: per uno che vende (aggratis, peraltro) un’idea, che in realtà non è quella. Trattasi, come detto sopra, di faccenda di onestà intellettuale.
    Matteo, sei ancora molto simpatico, mi piace quello che scrivi, ma se è vero che non sei cialtrone (come credo e spero per te e per me, che odio i rash cutanei), è anche vero che una piccola ma sonora cialtronata l’hai commessa.
    Non preoccuparti: pare capiti a tutti, anche ai migliori.
    Sempre tuo, Roberto

  6. Caro Roberto,
    ribadisco: io avevo un’idea per questo dizionario, che è quella che ho proposto a tutti gli autori e che ho esposto nell’introduzione on line.
    Tu l’hai intesa a modo tuo. A me è parso un modo sbagliato. Fine.
    Potremmo andare avanti alcune settimane a riformulare le nostre posizioni in tante varianti, come gli esercizi di stile di Quenaeu (il che potrebbe anche essere interessante), ma mi sembra che il succo del discorso non cambi.
    Oltretutto non sono affatto portato per le polemiche sulla Rete. Se ho risposto è solo perché sono stato direttamente chiamato in causa, ma mi fermo qui.
    Diciamo, pirandellianamente, che così è se vi pare: starà a chi legge stabilire chi è stato intellettualmente onesto e chi no.
    Un abbraccio,
    Matteo

  7. Ribatto all’inglese: as you like it.
    Ma continua a parermi indegna del MBB that we know and love la stolida volontà di ignorare la seconda parte della faccenda, ovvero l’incompatibilità e la contraddizione tra l’esclusione della voce e quell’ “ognuno ha interpretato la richiesta a modo suo, e io non ho voluto correggere il tono spontaneo di tale partecipazione” che hai appiccicato a mo’ di ispirazione/fascetta editoriale sulla tua iniziativa.
    Mutatis mutandis, suona un po’ come quei dittatori che impongono “libertà e democrazia” al proprio popolo.

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