PARTICIPIO PASSATO

Le mie intenzioni erano altre. Volevo postare un bell’intervento su Stephen King. Però rimando di un giorno: perché penso che possa essere utile (e persino culturale nel senso più corretto del termine) riflettere su una questione decisamente minima e trascurabile. Quanto indicativa.
E’ andata così.
Ieri sera, aprendo la casella di posta per un ultimo controllo, trovo la mail di un critico letterario con cui mi è capitato di polemizzare.
Solo una riga: “Ti ringrazio per essere (stata) Donna”.
Stata.
Participio passato del verbo essere.
Qualcosa che non è in questo momento. Qualcosa di trascorso, finito, alle spalle, adieu.
Merda.
Oh, certo, in questi casi si fanno spallucce, si cestina la mail, si appallottola idealmente l’insulto insieme a quelli, consueti, di parzialità, conventicolismo e quant’altro.
Oppure si ripescano nella propria memoria certe leggendarie risposte di grandi donne a piccoli uomini. Come quella della venerata attrice che all’attor comico bassino e arrogante che le aveva dato della brutta vecchiaccia, rispose: “Mio caro, io sono stata giovane e bella. Ma tu, alto, mai”.
Stata.
Participio passato del verbo essere.

Però, caro commentarium, non è così semplice. Neanche se si è arrivati alla presentazione numero quarantatre di un libro dedicato agli stereotipi di genere. Neanche se si sta cominciando a pensare al prossimo intervento sul tema della bellezza (alla Biennale Danza, e per di più in compagnia di uno dei propri miti personali come Germaine Greer).
Anzi, proprio perché i meccanismi sono noti, il colpo arriva più forte.
E non soltanto perché è innegabile che quando si giunge sulla soglia della linea d’ombra si debba fare i conti con il proprio corpo: Abelardo riusciva a farne a meno. Molti altri mortali, no (grazie al cielo). E i cambiamenti sfuggono (di nuovo grazie al cielo) alla lucidità della più cristallina delle analisi.
Certo, conoscendo il gioco, è possibile svincolarsene almeno in parte: per esempio, rifiutando il canone unico della bellezza che viene imposto alle adolescenti come alle donne adulte.
Ma è presuntuoso pensare di esserne totalmente immuni.
Perché teoricamente so benissimo che ad un interlocutore maschile il mittente di quella mail avrebbe riservato altro genere di insulto (Venduto? Schiavo del marketing? Arrogante? Pallone gonfiato?). E so anche che quando si colpisce una donna, pur se la medesima è un’antagonista sul piano intellettuale, la si colpisce sul corpo.
Era già capitato, del resto, in tempi lontani e vicinissimi.
Prevedibile, spiegabile, normale.
Il punto è che (stato, participio passato del verbo essere) fa male ugualmente. E la consapevolezza, per quanto salvifica a lungo termine, sul momento non protegge abbastanza. Sappiatelo.

23 pensieri su “PARTICIPIO PASSATO

  1. Scusa, una ipotesi…
    Ma non è che si riferiva ad una occasione ben specifica?
    Abbozzo una esegesi:
    1) “Ti ringrazio per essere Donna (sempre)”.
    2) “Ti ringrazio per essere (stata) Donna (in quella famosa occasione)”.
    Oppure hai ragione tu, e io sono il solito ottimista!

  2. Tralasciando l’inaudita cafonaggine, ma sarà che ignoro il motivo del contendere tra voi, però proprio non riesco a capire il senso di un simile insulto. Mi sembra solo espressione di desiderio di far male, il che mi fa pensare ad una sua frustrazione profonda. Mah…

  3. Se prendessi sul serio il gioco dell’esimio critico culturale, resterei sulle battute argute (io sarò anche STATA Donna, tu intelligente mai), ma sostanzialmente penso: davvero ‘Donna’ rimanda soltanto a ‘bella, fertile, accattivante, che fa sospirare, desiderabile, interessante, pregna, etc’? E ‘essere donna’ è una caratteristica come ‘avere i capelli rossi’ o ‘essere intelligente’ o ‘essere sexy’? Per me ‘essere stata donna’ è una frase sensata soltanto nel discorso di chi ha seguito un percorso transgender ed è diventata-diventato un uomo.
    Perché quel che mi sfugge è: quali sono le caratteristiche dell’ ‘essere donna’ perché possano trascorrere prima della morte del soggetto femminile in questione (>)?
    E se uno ‘è stato uomo’ cosa vuol dire? che adesso soffre di impotenza?
    scusate l’ignoranza, forse ho semplicemente frainteso il senso del post…

  4. @ loredana:
    potevi cavartela replicando “e io ringrazio te per essere (stato) un critico letterario”.
    ma davvero una riga strampalata scritta da chissachì merita un post?
    se quella riga ha una finalità provocatoria, l’effetto mi sembra analogo a definire “4occhi” uno che porta gli occhiali. manco robaccia, semmai robetta.

  5. Perchè non fai il nome del “critico letterario” ?
    Se uno può essere così stupido e meschino è bene che chi lo frequenta lo sappia.
    Se uno scende così in basso non si merita il rispetto dell’anonimato.
    Quanto alla risposta: beh, se uno è capace di colpire così vilmente, “uomo” non lo è e non lo è mai stato.

  6. ma forse non c’era un riferimento al corpo, anzi secondo me – ma io non conosco i vostri tracsorsi e quindi ho informazioni parziali, parzialissime – si riferiva ad altro. perché l’ha messo in maiuscolo? Donna. Donna con la d maiuscola è l’essenza della femminilità. mica è per forza un riferimento alla giovinezza, alla bellezza, al corpo insomma.
    è che tu conosci il resto della mail e hai più criteri per interpretare. ma così, credimi, potrebbe anche voler dire che una volta eri una vera donna (e anche lì: chevordì? e qst tizio che usa ancora le categorie di genere non si vergogna, non si sente idiota?) e adesso non lo sei più. ma, sai, detto da uno che usa qst categorie per discernere la realtà potrebbe anche essere un bene.
    e tu perché hai deciso di rendere pubblica la tua ferita, oggi? qst mi sembra interessante.

  7. Non voglio assolutamente fare il nome e non voglio che venga fatto.
    E non voglio neanche personalizzare troppo, anche se il post è personalissimo (peraltro, il critico medesimo mi ha riscritto dicendo che intendeva tutt’altro, e che la sua voleva semmai essere una lode alla sottoscritta. Singolari, certe lodi).
    Ho citato l’episodio, a cui ovviamente non sono rimasta indifferente, proprio perchè non è il primo, nè l’unico: dai tempi in cui certi siti di satira letteraria prendevano di mira le scrittrici per le dimensioni del loro sedere, e non per quello che scrivevano. Semplicemente, il cosiddetto ambiente letterario, anche quello più progressista, non è affatto immune da. Da.

  8. C’è un solo modo in cui una donna può ferire un uomo usando un’arma corporal-corporea, se di quest’arma è stata ferita: facendo riferimento a una mancata/insoddisfacente/insignificante/piccola prestazione sessuale dell’uomo che vuole colpire.
    Chiaro che una donna poi non lo fa (specie se vuol mantenere la discussione a un certo livello), o almeno non lo fa in modo diretto ed esplicito, perché farlo sarebbe troppo volgare/basso/meschino e tutto ciò che sappiamo.
    Dico questo per contruibuire alla riflessione generale (non limitiamoci all’episodio particolare, che sarebbe dargli troppa importanza), ricordando che anche agli uomini tocca uno stereotipo riferito al corpo: non la bellezza, non la giovinezza, ma la prestanza fisico/sessuale, che sia etero o omo-diretta.
    Se ci pensi, anche la battuta tagliente dell’attrice bellissima sulla piccolezza dell’ometto è metafora di ben altra piccolezza.
    Non sto scherzando, e spero di non essere fraintesa. Sto parlando di gabbie di genere: ataviche, trite, l’una specchio dell’altra.
    Le gabbie sono simmetriche, sì, ma asimmetrico è il modo in cui la nostra cultura legittima o censura il farvi riferimento: se un uomo colpisce una donna dicendole che è brutta o vecchia, trova di sicuro chi ridacchia o pensa (inclusa la stessa donna cui è rivolta l’offesa) che, in fondo in fondo, quell’uomo ha ragione.
    Se una donna colpisce un uomo facendo riferimento a qualche sua dubbia prestazione fisica, viene immediatamente considerata volgare.
    Aggiungiamo la considerazione che forse può permettersi un riferimento del genere solo una donna che vanta una bellezza acclarata (vedi l’attrice), su cui tutti (inclusa lei stessa) concordano. Altrimenti, la poveretta troverà sicuramente chi commenta: “Ma chi la vuole, quella?”, oppure “Parla così perché è acida” (o brutta, o vecchia, o senz’uomo, a seconda dei casi).
    E altro si potrebbe aggiungere.
    Ciao! 🙂

  9. Cara Lipperini, inutile che ti faccia i complimenti del suo blog, del suo interessantissimo libro. Insomma di complimenti immagino che non ne puoi più nonostante questi spiacevoli episodi. Insomma qui in Italia c’è ancora la cultura della superiorità dell’uomo, vige ancora il maschilismo. La donna è ancora considerata solo per il suo corpo. Dopotutto a vinto la politica del celodurismo e non è un caso. Come no è un caso che una velina possa diventare ministro delle pari opportunità, come non è un caso che le condizioni delle donne qui satnno messe peggio della Romania. Un apese appena uscito fuori dalla dittatura. Ma questo non vuol dire nulla se pensiamo alla Spagna che fino a pochi anni fa c’è stato Francisco Franco e ora c’è una donna in gravidanza(qui in italia una
    donna in cinta trova numerose difficoltà per trovare un lavoro) che fa il ministro della difesa.
    Un saluto!
    l’incarcerato

  10. Cioè tu dici che lui ha detto “stata” alludendo a cosa?
    A un pensiero che era differenziato prima? E mo non vuole essere più eventualmente femminile?
    a una certa iracondia (le donne se sa so fumine) testimone di una passione segreta?
    all’età? Marò ma si può essere così triviali?
    Ma se davvero pensi all’opzione tre. Cioè non mi dovrei permettere, ecco. Ma se pensi all’opzione tre… non ci pensare troppo ecco. Non ipostatizzare tu per prima, la trappola che ti si mette davanti, la trappola che tu hai aiutato noi a individuare. La storia di un corpo è storia del soggetto, poi quell’altri vengono sempre dopo. Questo post è blogghisticamente e genuinamente personale, segno che la trappola è aperta. E sto cafone decide lui per te quando e come parlare di Abelardo.

    Okkei che non ci dici il nome. Avremmo preferito, ma è una eleganza saggia la tua, fai bene. Ma armeno le specifiche della seconda mail cioè cosa intendeva de preciso, eh. So interessanti.
    Ho la sensazione che sarebbero altrettanto patetiche.
    Perdona l’eventuale sfacciataggine.

  11. A parte l’insulto mascoloide, posso capire che faccia male. Ma conta sempre di più un cervelo in forma, di un corpo fintamente giovane.Anche se tutto il mondo ci tiene a ricordarti il contrario.

  12. fa male, già, fa malissimo.
    il problema, credo, sia proprio qui: che continua a fare male anche se passano le stagioni, le politiche, le mode, i movimenti, le antropologie, le psicanalisi, i pensatori e le pensatrici; anche se ce l’abbiamo messa tutta per spostare il piano, per guardare (e far guardare) da un altro punto di vista, per insegnare (quando ce l’abbiamo fatta) alle figlie che non è quello il centro della questione…
    Sono incazzata più perchè ora questo personaggio può fare il grande discolpandosi e, così facendo, perpetuare all’infinito il millenario dolore.
    (poi mi dici chi è che gli mando una ronda di motivatissime “state donne”)

  13. Non è facile scrivere un commento, l’unico problema è che fa male, si potrebbe pensare, ma è un modo di non dire che è un fatto che ci riguarda.
    Io mi rendo conto che quando incontro una donna si muovono in me due forze; cercare di capire che persona ho davanti e il flusso di pensieri che il suo corpo muove in me.
    Il fatto che per convinzione, educazione, modo di essere, prevalga nell’incontro la prima forza, non significa che la comunicazione del corpo cessi di essere attiva, anzi quanto più è indietro rispetto alla coscienza dell’incontro tanto più può affiorare inaspettato.
    Questo, per non lavarmi le mani di un pensiero che abita gli uomini, per non fare il santerello innocente, dio sa se delle donne hanno sofferto a causa mia, ma non certo per giustificare un cafone e il suo rozzo e incivile modo di voler vincere.

  14. @Loredana
    L’individuo in questione ha cercato di smentire il becero insulto sostenendo di essere stato frainteso?…Se continua così, diventerà presidente del consiglio.

  15. ma perché te la sei presa così tanto? le cose peggiori che mi sono successe nella vita sono accadute quando l’interlocutore mi considerava una “donna” prima che semplicemente una persona…
    a parte l’ironia, dal basso dei miei 45 anni, tutta la mia solidarietà e w germaine greer!

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