L’idea è molto semplice. E’ venuta nel 2009, a un gruppo di scrittrici, giornaliste culturali, artiste americane. Tra loro diversissime.
L’idea è quella di osservare e raccontare qual è la percezione delle donne attive nel mondo della cultura.
Quanto sono presenti e come nei discorsi pubblici (giornali e altri media). Quanto sono presenti e come fra coloro che quei discorsi intraprendono (quante sono le critiche letterarie, per esempio, quante le giornaliste che si occupano di libri, quante le responsabili di pagine culturali e di riviste letterarie). Quanto sono presenti e come nei luoghi decisionali (direttrici editoriali, direttrici di manifestazioni culturali, eccetera).
Quanto contano. Che è cosa diversa dal “quanto e come scrivono”.
L’idea è questa, e questo è solo un post preparatorio per ragionarne insieme. Perché, a mio parere, un luogo non di separazione e di rivendicazione, ma di osservazione e narrazione, è da realizzare anche in Italia.
Chi ci sta, anche solo per cominciare a parlarne?
Beh, io scribacchio, sono amante di letteratura (e a altre arti), quindi ho osservato qualche donna nell’ambiente…..non mi piace scrivere post, di solito mi limito a leggere ma, stavolta, qualche descrizione di ciò che ho visto e che mi è rimasto nella memoria perchè mi ha colpito, potrei farla. Tutto tra comuni mortali, non giornaliste famose, capiredattrici, eccetera.
Intanto possiamo cominciare a mettere a fuoco gli obiettivi. C’è un lavoro di monitoraggio che va avviato (quante donne nell’editoria, nei media, ecc.), uno di riflessione comune, uno propositivo.
Sotto questo post, raccogliamo idee comuni. Facciamolo qui: ho usato Twitter e Facebook come rilancio, ma la discussione andrebbe mantenuta sul o sui blog che vorranno ri-linkare.
🙂
e quante blogger.
Sì. Infatti uno dei punti riguarda la rete, la presenza delle blogger che si occupano di letteratura e il loro peso. Intanto, bisognerebbe contarsi.
Bellissima idea.
Questo blog fa bellissime analisi sia via scritta che via video, altro strumento importante per veicolare il monitoraggio per farlo arrivare anche in luoghi dove di queste cose non si parla:
http://www.feministfrequency.com
Vero.
Quindi, uno dei primi passi potrebbe essere la costituzione di un luogo (blog comune?) dove iniziare discussione e monitoraggio sia in forma scritta che attraverso video?
L’idea è bella. Se ne parlava con la scrittrice Marilù Oliva che lanciava l’idea di un’inchiesta proprio in questo senso. Per quel che posso e come posso, io ci sto. E segnalo il post anche a Marilù.
Si parla giustamente di “donne attive nel mondo della cultura” e non specificamente e solamente della scrittura. Quindi occorrerebbe parlare anche di donne musiciste/compositrici/direttrici d’orchestra (queste ultime due figure sono ancora pressoché esclusivo appannaggio maschile), donne registe teatrali e cinematografiche, donne/attrici (e qui il discorso si fa più complicato perché è un tema soggetto a una “oggettivizzazione”, “reificazione” gigantesca), donne pittrici/grafiche/writers eccetera
ci sto, ci sto, ci sto.
come giornalista mi interessa molto l’aspetto di quante siamo e cosa facciamo (utile a questo proposito la ricerca del comitato cpo della fnsi).
sono a disposizione sia con maracinque.wordpress.com che con articolo37.wordpress.com
Grazie Laura, ho mandato or ora un messaggio a Marilù, inoltratelo più che potete. Questo è davvero un post “per contarci”, il progetto è da costruire insieme.
Mauro, è verissimo. Ho parlato di mondo letterario perché è quello che conosco meglio, ma sarebbe importante allargare il più possibile.
Mara, ben vengano le ricerche. Io stavo cominciando a fare due conti su quante sono le donne che dirigono case editrici, per esempio.
“un luogo non di separazione e di rivendicazione, ma di osservazione”. confermo parole di Laura Costantini. anch’io ci sto. questa è una delle iniziative di cui si sente la mancanza. andrebbero definite le modalità, forse… nel senso che poi si rischia la confusione.
Grazie Marilù!
Sì. Credo che, prima ancora di aprire il blog dove postare, sia necessario discutere insieme dei contenuti.
Io sento l’esigenza, per esempio, di avere un quadro generale della situazione. Riporto qui parte di un articolo che avevo scritto su VIDA e sulla loro iniziativa annuale:
Le donne di VIDA (Women in Literary Arts) hanno fatto i conti, mostrando come nel 2011 le scrittrici e giornaliste che si occupano di letteratura trovino spazio sulle diverse testate. Bene, anzi male. Su The Atlantic i recensori di sesso maschile sono 18 contro 8 donne, gli autori recensiti sono 24 contro 12 autrici. Non va meglio per The Boston Review: otto critici contro quattro, mentre la percentuale di scrittrici recensite rovescia la classifica: nove contro quattro scrittori. E ancora: 23 recensori contro 10 e 53 scrittori contro 19 per Harper’s Magazine. Numeri catastrofici per The London Review of Books (155 critici contro 29, 163 autori recensiti contro 58) e The New York Review of Books (rispettivamente, 201 a 53 e 293 a 71). Ma la disparità appare gigantesca guardando anche i numeri totali delle firme: al supplemento letterario del Times lavorano 294 uomini e 97 donne, per fare un solo esempio. Su Slate, Robin Romm formula la domanda fatale: “gli editor delle riviste letterarie lavorano duro e vengono pagati poco. Quel che fanno va considerato un gesto di altruismo e amore. Possano essere benedetti per gli sforzi effettuati pur di tener viva la cultura letteraria. Ma perché la loro sensibilità di genere è così tremenda? Perché una prestigiosa rivista letteraria pubblica testi di donne in una percentuale di uno a cinque? Gli uomini scrivono forse meglio?”. A dire il vero, ciclicamente, alcuni scrittori sostengono che è proprio così.
Io mi occupo di comunicazione per Confcooperative Campania, scrivo di libri sulla pagina culturale del Corriere Nazionale curata da Stefania Nardini, su Webhouse e sulla Stanza di Virginia. Mi piacerebbe realizzare dei laboratori di lettura creativa ma ancora nn so come. Ho un blog che si chiama Libreramente, dove scrivo di storie e libri con un occhio al femminile.
Non ho un ruolo decisionale forte, ma un giorno mi piacerebbe conquistarlo. Intanto mi impegno, seguo le donne che ne sanno più di me e studio. Vivo a Torre Annunziata, un luogo dove si crede che la cultura non possa sbocciare. Eppure io sono cresciuta là…volevo raccontarvelo.
Eccome se ci sto! Osserviamo e contiamo e analizziamo. Mi sembra un bel progetto. Bisogna definire le modalità certo. Io conosco gli uffici stampa bene ( lavoro per donne per eccellenza) ma posso contribuire sulle giornaliste, critica letteraria, altro
Grazie Marina!
E grazie Alba! Quali proposte vi vengono in mente sulla modalità? Multi-blog? Con quali sezioni?
“Quindi, uno dei primi passi potrebbe essere la costituzione di un luogo”… occorrerebbe anche un luogo tipo forum in cui si possa discutere e scambiarsi documenti…credo.
Certo. E qui urgerebbero candidature tecniche 🙂
Qualche competenza ce l’ho, ma ovviamente potrei occuparmene solo a livello tecnico, per questioni di tempo non potrei dedicarmi a necessarie moderazioni 😉
Sarebbe già molto!
suggerimenti banali di ricerca: visto che confluiranno nel progetto commentatrici diverse che scrivono o solo per il loro blog o per web-zine, potremmo, giusto per partire, portare avanti una piccola indagine sulla nostra realtà e raccogliere i primi dati. sarebbe opportuno lavorare sulle stesse domande da porre al direttore. butto giù le prime: quanti commentatori/recensori conta la rivista? quanti uomini e quante donne?
forse sarebbe il caso anche di scoprire se le donne si propongono di meno, quindi magari chiedere: come reperite i recensori? (si autocandidano, vengono segnalati, etc) quante domande ricevete da parte di candidati uomini e di candidate donne? questo punto – del proporsi, del mettersi in gioco – credo sia fondamentale per capire se all’origine c’è una discriminazione o una necessità (è un po’ il nodo che stiamo cercando di sciogliere io e Laura Costantini, sul versante scrittura)
Non sono affatto banali: anzi, sono indispensabili per la ricerca. Andrebbero fatti sia per i direttori di riviste cartacee che per i blog letterari multi-autore.
Bene, allora stanotte ragiono un po’ su cosa servirebbe dopo aver visto le esigenze che emergeranno dal qui presente dibattito 🙂
Chiacchierando de visu con Chiara Valerio era uscito fuori un possibile nome. DICA. Donne In Cultura e Arte.
Che ne pensate?
Idea molto interessante, io ci sto. Anch’io come Feliciana scribacchio e osservo la quantità, (ma a dire il vero anche la qualità, il quanto, ma anche il come) della presenza femminile nell’ambito della produzione culturale. Il post mi ha fatto venire in mente anche il women media center, che si occupa proprio di monitorare la presenza delle donne nei media e di amplificarne le voci.
http://www.womensmediacenter.com/pages/the-problem
Ho visto che il 25 aprile, al festival del giornalismo di Perugia, parteciperai a una discussione su Donne e media:il diritto ad una diversa comunicazione del femminile. Io verrò, si potrebbe discuterne faccia a faccia anche in quella sede con chi è interessata e può venire.
Ecco, spazi e occasioni anche per le comuni mortali che vogliono narrare la propria osservazione, auto-rappresentarla (e auto-rappresentarsi). Mi sembra un’ottima idea.
Sono una giornalista professionista e il mio primo articolo (oramai più di vent’anni fa) era proprio una recensione ad un libro. Poi mi sono innamorata della cronaca e dei nuovi media, ma il legame con la cultura, i libri soprattutto, è rimasto. Oggi sono una freelance piuttosto appagata, con una docenza a contratto in Giornalismo e nuovi media e una pubblicazione ( guarda caso) sugli ebook e la scrittura collaborativa. Sto lavorando anche alla produzione di booktrailer con degli amici-soci e passo il mio (poco) tempo libero leggendo e presentando libri altrui. Perché parlare di libri, promuovere dibattiti sulla lettura, valorizzare scrittori (scrittrici, soprattutto) mi piace moltissimo.
La proposta: un network italiano di blog validi, già presenti sul web, e un “vortale” (un portale verticale, specializzato e davvero multimediale) che possa contenere i migliori sarebbe auspicabile. Purché non si cada nella retorica, e si mantengano intatte libertà e diversità.
Grazie Antonella. Ottimo il link. Sulla presenza nei media avevamo postato qualche giorno fa alcuni numeri che riguardavano solo le giornaliste.
http://loredanalipperini.blog.kataweb.it/lipperatura/2012/03/22/quarto-poteremaschile/
Quella sarà un’ottima occasione, infatti, per parlarne dal vivo.
ottima idea, aderisco con piacere
Mi ocupo dei rapporti tra cinema e letteratura in Italia, scrivendo articoli in ambito accademico esul giornale degli italiani in Francia Focus-in
Ho scirtto una tesi di dottorato su Cristina Comencini dal titolo Cinécritures – femmes e avevo studiato anche la produzione filmico letteraria al femminile dal 1994 al 2009
Ho effettuato rilevazioni su quante erano le donne scrittrici e registe e sceneggiatrici a ero giunta ad una constatazione importante il mondo del racconto o del romanzo non mette in scena la donna dei media….
sarei ben lieta di contribuire alla creazione di ” un luogo ” o di uno spazio
Ciao Rosa Maria. Certo, libertà e diversità sono il presupposto. Raccogliamo tutte le proposte, intanto, e cerchiamo di dar loro forma passo dopo passo.
E ciao Tiziana e benvenuta. Importantissimo il discorso su cinema e sceneggiatura, grazie.
Non ho capito bene cosa intendi, perchè in Italia è estremamente difficile monitorare. Ti faccio un esempio: i contratti. I contratti per chi orbita nei “campi culturali” sono delirati, prendi le giornaliste, con esattezza puoi determinare chi lavora e con che mansioni all’interno di un giornale, ma le altre? Le coco, le cici, le partite iva, il lavoro occasionale. Prendi in considerazione solo quelle iscritte all’albo o anche le “hobbiste creative”?
Questa è una provocazione per dire per dire che in Italia quando si entra in certi argomenti, ci si addentra in un delta di…
Saggia osservazione.
Direi che si dovrebbe partire dal modello VIDA.
Giornalismo culturale: quante sono le firme? Quante le critiche letterarie che recensiscono regolarmente? (la tipologia di contratto potrebbe venir dopo, e includerei decisamente le hobbiste creative).
Quante sono le caporedattrici cultura?
Quante le direttrici di riviste letterarie?
Parlo di letteratura, ma un discorso simile, con i giusti tempi, andrebbe fatto per gli altri settori della cultura.
E poi.
Quante scrittrici sono state recensite negli ultimi dodici mesi?
Editoria
Quante sono le direttrici editoriali?
Quante sono le editrici?
Quante sono le direttrici di collana?
E via a procedere, penso.
a proposito di giornaliste e del post di loredana.
l’anno scorso ho usato quella ricerca fnsi per questo mio post, aggiungendo però i dati di altre due ricerche che si soffermavano sulla rappresentazione delle donne nei media italiani: http://articolo37.wordpress.com/2011/03/13/un-certo-genere-di-giornalismo/
Sui blog, occorre un monitoraggio più complesso e da pensare bene. Certo, si può partire dalle classifiche dei blog culturali più seguiti e capire, anche qui, quante sono le blogger.
Grazie Mara!
Grazie Marilù di avermi segnalato l’iniziativa.
Nel mio blog letterario, non ci eravamo mai contati, siamo in 7 donne compresa me e 5 uomini. Le candidature arrivano spontanee e sono prevalentemente femminili. Per quanto riguarda gli scrittori e le scrittrici intervistate o recensite, dovrei fare dei conteggi, di solito mi oriento senza precludere o favorire un sesso piuttosto che un altro, ma devo dire che sono sempre felice quando posso dare voce alle donne. Direi nel blog o forum che decideremo di costruire sarebbe bello uno spazio per le presentazioni dove ogni operatrice culturale possa presentare il suo lavoro. Poi anche una rassegna stampa dove si segnalino articoli sull’argomento. Ora ci penso ancora sù.
sono assolutamente d’accordo e voglio esserci: come direttore di rivista on line, come blogger e come editrice della rivista stessa, ma soprattutto come donna interessata alla narrazione della vita e di tutte le sue insospettabili (e)volute.
Loredana, e quante sono le addette stampa, le comunicatrici della cultura? Sarebbero profili da considerare?
p.s.
Anch’io, come Antonella, conto di partecipare al dibattito sul Net feminism a Perugia. Sarebbe una valida occasione per incontrarsi
Be’ mi sembra abbastanza semplice, il tutto si riduce a un’unica parola “poche”, proprio per il problema di prima, perchè alle donne, e se vogliamo anche ai giovani, vengono offerti contratti che definirei “lirici”.
Grazie a Giulia e Isabella, intanto.
Rosa Maria: a spanne, le addette stampa sono, nella stragrande maggioranza, donne.
Ale: certo, poche. Ma già l’idea di mettere su carta i numeri è un punto di partenza. Viene fatto per quanto riguarda le aziende in generale, o i giornali in generale. Forse bisogna cominciare a farlo anche e soprattutto in ambito culturale.
Nel tuo settore, per esempio? Poche o pochissime?
Nel mio settore, tra il pochissimo e il nulla, ma se prendi in considerazione gli uffici stampa, ad esempio, il numero sale vertiginosamente. Sono quasi tutte donne.
Ribadisco non è per fare polemica, è per mettere in luce un problema. Io sono una partita IVA da circa 14 anni, anche se scrivo in modo continuativo dello steso argomento e ho spazi fissi. Nel tuo campione sarei accreditata perchè il mio lavoro “culturale” lo svolgo in modo continuativo da anni?
ma i miei introiti maggiori non derivano dal lavoro giornalistico, ma da quello di storytelling o di scrittura in generale.
Non so ancora quale potrebbe essere il mio contributo e per quanto in generale io preferisca scrivere di simili iniziative, riportarle ai lettori per farle conoscere, più che farne parte, dopo aver letto il post ho cominciato subito a pensare ai numeri dell’editoria e del giornalismo culturale, che sono i campi più vicini al mio lavoro e alla mia esperienza e anche per riprendere alcune idee già lanciate, mi pare di poter osservare che ci siano moltissime giornaliste culturali e recensori e pochissime critiche letterarie e la differenza se non esiste più in termini di qualità e peculiarità dei testi esiste sicuramente nella testa degli addetti ai lavori e dei critici “laureati” che ci tengono a mantenere le distanze. Mi pare anche che non siano poche le donne che dirigono case editrici, nei miei conti in genere mi pare siano la maggioranza, ma sono poche quelle che dirigono le grandi case editrici. Molte donne che dirigono testate giornalistiche ma andando a guardare bene poi si tratta di testate specializzate, moda, arte, adolescenti, tutte più o meno rientranti nel gruppo delle riviste femminili, poche invece capiredattori cultura o esponsabili delle pagine culturali. A una prima velocissima riflessione mi pare si possa dire che anche nell’editoria e nel settore culturale in genere si tenda a ripetere lo schema dela professionalità al femminile che c’è in altri ambiti, la difficoltà di arrivare nei punti più alti della piramide.
Parlando invece di retribuzione, a parte le ovvie eccezioni, mi pare che l’editoria non faccia distinguo di genere: perlopiù si hanno compensi da fame e contratti che sono poco più che carta straccia 😀
Così al volo.
Alessandra e Seia pongono giustamente la questione dei contratti e dei compensi. E qui sarebbe interessante capire – anche riallacciandosi ai post precedenti sul lavoro – se ci sia un’ulteriore discriminazione nella discriminazione.
Seia, il contributo è, intanto, di discussione comune. Sono d’accordo con te sul fatto che le giornaliste culturali (ma andrebbero contate) siano molte e poche, pochissime, le critiche.
Sulle donne che dirigono case editrici, sicura che siano la maggioranza? Proviamo a fare due conti (perché a naso ho la sensazione contraria).
ciao a tutti
mi candido ovviamente come bassa manovalanza.
se interessa, potrei fare qualche ricerca sul settore scientifico: quante sono le giornaliste scientifiche? quante donne conducono programmi di approfondimento scientifico? etc etc
purtroppo le riviste specializzate di settore sono quasi tutte estere, ma non credo interessino.
Certo che sì’, Herato. 🙂 (limitiamoci alla realtà italiana, direi)
Ciao a tutte, io ho pubblicato quasi tutto ciò che ho scritto, con grossi editori ma, come ho già detto in un precedente sondaggio fatto da Marilù Oliva e Laura Costantini, i pochi passi in avanti sono stati faticossissimi. Se scrivi narrativa di intrattenimento vali meno del collega maschio che fa la stessa cosa. A tutt’oggi sugli scaffali delle librerie la presenza femminile è riservata a una sparuta minoranza, purtroppo. Mi auguro che tale situazione possa presto cambiare.
Mariangela Camocardi
Benvenuta, Mariangela. Anche qui bisogna, probabilmente, fare qualche conto. E’ possibile che non siano poche le donne che pubblicano. Ma è molto possibile che siano poche, invece, le donne che con i loro libri hanno un peso nel panorama letterario italiano.
Oggi dovremmo conoscere i nomi dei candidati allo Strega, credo. Ma nei nomi che circolano mi sembra che la presenza femminile non sia certo alta.
Questo, considerando che invece sono le donne a mantenere in vita il sistema editoriale: perché, fra le lettrici, prevalgono.
Se scrivi intrattenimento, a volte, ti viene suggerito di adottare uno pseudonimo maschile 😉 E parlo da una posizione di estremo privilegio.
Loredana iniziamo con una cosa semplice, semplice, quante sono le “firme” culturali, le opinioniste, alle quali vine riservata una colonna in evidenza su un quotidiano. Quante “Gramelline” ci sono in Italia’ E da lì si parte. Proprio dal vertice e poi in cascata.
ci sono volentieri.
credo sia necessario. DICA mi piace molto.
proprio ieri leggevo sulla bacheca di Simona Vinci questo post: “E poi vorrei anche sapere, dai recensori, perché quando scrivono di una scrittrice la paragonano solo alle altre scrittrici. Come se lo scrittore femmina fosse una categoria a sé e giocasse un altro campionato. La letteratura non ha sesso.”
mi ha ricordato una frase che ho amato molto di una scrittrice celeberrima tra la fine del 1700 e la prima metà del 1800 in Europa. Lady Morgan, irlandese, la prima a dar vita a un salotto letterario in Irlanda, al numero 10 di Kildare Street. Ebbe un successo che, considerando l’epoca, non è esagerato definire planetario. Del suo romanzo più famoso “The Wild Irish Girl” furono realizzati addirittura dei gadget. Poi ci fu un libro controverso sul suo viaggio in Italia, “Italy”, proibito nello Stato della Chiesa. Un libro che fece furore. Nessuna delle sue opere venne più ripubblicata. Lady Morgan, dopo la morte, cadde nel dimenticatoio.
E, per l’appunto, Sydney Ownenson (questo il suo vero nome), sosteneva che: “Il genio, come l’anima, non ha sesso”.