PAURA

Da un po’ di tempo mi chiedo quanto la paura stia diventando una costante del nostro modo di vivere: paura dell’abbandono, paura del mancato riconoscimento, paura degli altri. Poi mi sono ricordata che c’è chi l’elenco lo ha fatto meglio di me. Roberto Bolaño, naturalmente. Dunque, ho deciso di postarvi le parole della dottoressa Elvira Campos in “2666” come buongiorno.
E la amartofobia, paura di commettere peccati. Ma ci sono anche altre paure più rare. Per esempio, la clinofobia. Sai cos’è? Non ne ho idea, disse Juan de Dios Martínez. La paura di andare a letto. Si può provare paura o avversione per un letto? Ebbene sì, c’è gente che la prova. Ma il problema si può aggirare dormendo per terra e non entrando mai in una camera. E poi c’è la tricofobia, che è la paura dei capelli. Un po’ più difficile, no? Difficilissimo. Ci sono casi di tricofobia che sfociano nel suicidio. E c’è anche la logofobia, che è la paura delle parole. In questo caso la cosa migliore è starsene zitti, disse Juan de Dios Martínez. Be’, è un po’ più difficile, perché le parole sono dappertutto, persino nel silenzio, che non è mai un silenzio totale, no? E poi abbiamo la vestifobia, che è la paura dei vestiti. Sembra strano ma è molto più diffusa di quanto sembri. E una relativamente comune: la iatrofobia, che è la paura dei medici. E la ginofobia, che è la paura delle donne e affligge, naturalmente, solo gli uomini. Diffusissima in Messico, anche se mascherata nelle maniere più diverse. Non è un po’ esagerato? Niente affatto: quasi tutti i messicani hanno paura delle donne. Non saprei che dirle, disse Juan de Dios Martínez. Poi ci sono due paure che in fondo sono molto romantiche: la pluviofobia e la talassofobia, che sono, rispettivamente, la paura della pioggia e la paura del mare. E anche altre due che hanno qualcosa di romantico: la anthofobia, che è la paura dei fiori, e la dendrofobia, che è la paura degli alberi. Alcuni messicani soffrono di ginofobia, disse Juan de Dios Martínez, ma non tutti, non sia allarmista. Cosa crede che sia la optofobia?, disse la direttrice. Opto, opto, qualcosa legato agli occhi, accidenti, paura degli occhi? Ancora peggio: paura di aprire gli occhi. In senso figurato, è la risposta a quanto mi ha appena detto sulla ginofobia. In senso letterale, provoca violenti disturbi, perdita di conoscenza, allucinazioni visive e uditive e un comportamento, in linea di massima, aggressivo. Conosco, non di persona, è chiaro, due casi in cui il paziente è arrivato a mutilarsi. Si è cavato gli occhi? Con le dita, con le unghie, disse la direttrice. Cavolo, disse Juan de Dios Martínez. Poi abbiamo, naturalmente, la pedofobia, che è la paura dei bambini, e la ballistofobia, che è la paura delle pallottole. Questa è la mia fobia, disse Juan de Dios Martínez. Sì, suppongo che sia un fatto di buonsenso, disse la direttrice. E un’altra fobia, in aumento, è la tropofobia, che è la paura di cambiare luogo o situazione. E si può aggravare se la tropofobia si muta in agorafobia, che è la paura delle strade o di attraversare una strada. E non dimentichiamo la cromofobia, che è la paura di certi colori, o la noctifobia, che è la paura della notte, o la ergofobia, che è la paura di lavorare. Una paura molto diffusa è le decidofobia, che è la paura di prendere decisioni. E una paura che ha appena iniziato a diffondersi è l’antropofobia, che è la paura della gente. Alcuni indios soffrono di una forma molto acuta di brontofobia, che è la paura dei fenomeni meteorologici, come tuoni, fulmini e saette. Ma le fobie peggiori, a mio parere, sono la panofobia, che è la paura di tutto, e la fobofobia, che è la paura delle proprie paure. Se lei dovesse soffrire di una delle due, quale sceglierebbe? La fobofobia, disse Juan de Dios Martínez. Ha i suoi inconvenienti, ci pensi bene, disse la direttrice. Fra avere paura di tutto e avere paura della mia paura, scelgo la seconda, non dimentichi che sono un poliziotto e che se avessi paura di tutto non potrei lavorare. Ma se ha paura delle sue paure la sua vita potrebbe diventare una continua osservazione della paura, e se queste paure si attivano, si crea un sistema che alimenta sé stesso, una spirale a cui le sarebbe diffìcile sfuggire, disse la direttrice.
2666, La parte dei delitti

30 pensieri su “PAURA

  1. Che bell’elenco. Chiaramente è immaginario. Inoltre non fa molto bene nemmeno alla nostra causa, Lippa, in quanto finisce per imparentare la ginofobia con tutte le altre paure, francamente inesistenti numericamente. Non è che per caso tu hai preso l’elenco sul serio, vero? E tu? Che paura hai? La raziofobia? 🙂 Ciao

  2. La mia paura? Diciamo che, più che paura, è tristezza (c’era un vecchissimo libro di Carlo Cassola che si chiamava così, “Paura e tristezza”). Per le solite quattro-cinque persone che passano le proprie giornate a postare sempre gli stessi commenti qui. Davvero, vi auguro di trovare uno scopo nella vita oltre all’attenzione che mi tributate 🙂

  3. miii ma che palle. CHE PALLE. c h e p a l l e .
    Non si può entrare in questo blog senza trovare commenti scemi.Ma non avete altro da fare nella vita che rompere l’anima ai lettori? Coltivare un orto, darvi al ricamo, andare in palestra, fare statuine da presepe, trovarvi un lavoro, cucinare in una mensa di senzatetto, andare in un ospedale a fare volontariato? sono attività che fanno bene al cuore e all’anima, sapete?
    Quanto a me, ho paura della stupidità.

  4. Mi piace l’accostamento fra questo post e quello precedente, quello sui “giovani”. La paura è un sentimento, HPL parlava del sentimento più radicato nell’animo umano – e chi sono io per contraddirlo? Paura dello spread. Paura delle banche. Paura del governo. Paura della pensione. Paura… Paura di SEMBRARE. Paura di sembrare vecchi. Paura di sembrare poco brillanti. Paura di sembrare cinici. Paura di NON sembrare cinici. Siamo paralizzati dalla paura. Che però, guarda un po’, paura non è. Perchè, è termino lo sproloquio, non è vera paura. Ed è qui il problema. Le tre generazioni che mettevi a confronto. la tua, la mia e quella dei miei “fratelli minori” non hanno mai veramente provato paura. Mai. Chi più chi meno, siamo anestetizzati e abbiamo paura di sembrarlo. No pain no gain… Ovvero, il caro vecchio “a me non tocca” ma senza nemmeno quel velo di orrore che questa frase si porta dentro. Forse, ma dico forse, questa è la cosa che mi ha fatto storcere il naso di fronte al video di Lorella Zanardo. Sembra fatto con il cuore, ma è freddo come un tavolo d’obitorio. Freddi come rischiano di diventare i ventenni cresciuti a pane e spread. I padri hanno abdicato, e lo hanno fatto quando scelsero la Standa e il McDonald. Questo è il vero compito, penso, della mia generazione: mettere i calzari (cit) del padre, anche se sono scomodi e anche se sono troppo grandi e provare a fare da modello per questi fratellini minori che rischiano, ahimè, di diventare molto, ma molto più cattivi delle ultime tre generazioni. Ogni tanto, raramente ma lo faccio, spero che la mia generazione capisca questa cosa e si rimbocchi le maniche. Temo però… temo…

  5. Le mie paure preferite sono la Coulrofobia (la paura dei pagliacci) e la Pediofobia (paura delle bambole). La Coulrofobia in effetti è ormai quasi un genere letterario.
    Parlando di tutt’altro, ormai più di una decina d’anni fa uscì negli Stati Uniti un belllissimo The Culture of Fear di Barry Glassner che spiegava bene perché la nostra società è sempre più una società della paura (come – per esempio – gran parte dell’ascesa della Lega insegna).

  6. Ma io sono convintissima che la nostra sia una società della paura. Ci stavo riflettendo di nuovo, preparando l’apertura di Fahrenheit che sarà sul cimitero di Lampedusa. Che è pieno. Non hanno neanche una cella frigorifera per i morti. E’ un’agenzia stampa di ieri, non ripresa da giornale alcuno. Eppure è una notizia spaventosa. Letteralmente: paura di nominare, in questo caso.
    Ps. Lo voglio, Glessner.

  7. Sulla Aviofobia o Aerofobia (paura di viaggiare in aereo) scrisse una considerazione saggissima il maestro (Achille Campanile): in realtà non abbiamo paura di volare, abbiamo paura di smettere di volare

  8. … e se anche non fosse l’elenco completo delle nostre paure, basterebbe ad avere paura, per default, di vivere. C’è qualcosa dentro di noi che ci dice: tu non ti basti, tu da sola non ce la fai. Abbiamo dentro un bisogno di difesa che contrasti le paure. Qualcosa o qualcuno che non tradisca mai, che sia fedele in ogni caso. Anche chi si dice forte, lo dice per paura che gli altri lo trovino debole. Mi chiedo se ci sia una via d’uscita, una risposta definitiva alla nostra debolezza strutturale. Mi chiedo se l’abbia trovata San Paolo quando dice… “Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte… quando sono debole, è allora che sono forte.” Perchè aveva concesso a Dio di vivere in lui e ciò aveva spazzato via dal suo cuore ogni paura.

  9. Io trovo sempre straordinaria la capacità che hanno le persone di fede ad abdicare da se ed affidarsi a qualcos’altro di superiore. Non ci riuscirei mai, non per mancanza di fede, ma perché ho il carattere sbagliato. O forse vivo da troppo in Olanda e questa deriva così cattolica rischio di scambiarla per desiderio di abdicare alle proprie reponsabilità.
    Per questo trovo che l’ umanesimo, con la sua fede nel bene e nel male degli esseri umani, tenga conto sia della forza che della debolezza, che alla fine si equilibrano e si annullano e allora si, si basta all’ universo e anche a se stessi. Io avrei davvero paura solo se mi rendessi conto di aver bisogno di un dio per non averne. La paura è una delle emozioni base dell’ uomo, perché fingere che sia solo negativa, quando è un’ ottima strategia di sopravvivenza? Siamo noi a metterci le sovrastrutture.

  10. Sono d’accordo con Mammamsterdam, la paura in sé non è un’emozione negativa ed è anzi necessaria alla vita. Sono negative le fobie, ma più che di paura in casi del genere forse dovremmo parlare di nevrosi. Quelle sì, sono paralizzanti e conducono all’inazione, trasformandosi in comodo alibi per la mancata assunzione di responsabilità individuali. E no, non penso neppure io che un dio possa essere la soluzione. Un dio che liberi dalle paure per me è solo un’illusione, un’abdicazione definitiva alle proprie responsabilità verso se stessi e gli altri. Credo che sia vera umanità solo quella di chi ha paura, la sente e nonostante la paura vive, agisce, si muove nel mondo. Che dio ci sia o no, che ci assista oppure no, la mia paura devo gestirla io, non posso delegarla a nessuno, e men che mai a un essere metafisico.

  11. Questo blog è chiaramente affetto da traduttofobia, la paura di citare il traduttore delle opere di autori stranieri (che poi sarebbe un obbligo di legge). Purtroppo è una sindrome assai diffusa, miete vittime in tutti i media nazionali.
    In questo caso, le parole sono di Bolaño ma anche di Ilide Carmignani che l’ha tradotto.

  12. Questo blog e la gentile padrona di casa sono sempre attentissimi a citare i traduttori, invece, e ho sempre sentito Lipperini farlo alla radio oltre che nei suoi articoli. Ha ragione invece Claudio quando parla di Lippafobia. Ma farvi una vita?

  13. Io la penso esattamente al contrario di Giorgia P.
    Non è che smettiamo di avere paura grazie a Dio, ma è grazie alla paura che Dio esiste in noi. Come disse quello, non esistono atei sulla poltrona del dentista.
    Ed è curioso che nel momento più alto della scienza e della tecnologia, quando cioè la paura e le superstizioni dovrebbero essere spazzate via dalla conoscenza, ecco che l’uomo occidentale si scopre meschino e spaventato.
    E visto che sono occamiano penso: evidentemente abbiamo creduto di conoscere, ma in realtà siamo più ignoranti di prima.

  14. “Ed è curioso che nel momento più alto della scienza e della tecnologia, quando cioè la paura e le superstizioni dovrebbero essere spazzate via dalla conoscenza, ecco che l’uomo occidentale si scopre meschino e spaventato.”
    La cosa più curiosa è che quando i conti non tornano non si mettano in discussione le premesse, e questo proprio da parte di chi si professa un alfiere della Ragion Pura.

  15. E’ vero, Binaghi, ho sbagliato epoca.
    Ora riscrivo la frase.
    “Non è per niente strano che nei secoli bui della scienza e della tecnologia, l’uomo occidentale si scopra meschino e spaventato”.

  16. Se invece anche tu appartieni all’epoca mia, ti consiglio un libro.
    Si chiama: “Il mondo infestato dai demoni”, di un grandissimo scienziato, Carl Sagan.

  17. Luisa Doplicher fa bene a sottolineare la mia dimenticanza e la ringrazio per la segnalazione. Aggiungo che in un momento obiettivamente difficile per i traduttori, che non da oggi hanno la mia incondizionata solidarietà, sarebbe bene scegliere con accortezza i propri bersagli. Un caro saluto

  18. @ekerot, mettila giù come vuoi ma chi ha fede in Dio non ha paura di nulla, chi non ha fede vive almeno qualcuna delle paure elencate nel post, indipendentemente dal fatto che avere paura sia un bene o un male

  19. Ma no, basterebbe conoscere la propria letteratura di base oltre che ad aver fede, e leggersi magari vecchio e nuovo testamento solo per lo sfizio di contare quante volte ricorre il termine ‘timore di dio’ e il dio vendicativo che se sgarri ti fulmina. A questo proposito, per chi ha voglia di vederselo, consiglio uno dei miei film preferiti, “Dogma”, con Alanis Morrisette nel ruolo di dio. Non ne ho mai sentito parlare in Italia, mentre ne ho persino una versione con i sottotitoli in polacco, segno che non serve essere integralista cattolico, come molti polacchi appunto, per mettere in discussione le basi della propria fede, ed eventualmente rientrare nel suo grembo con rinnovato afflato 🙂

  20. “chi ha fede in Dio non ha paura di nulla” Giorgia, evidentemente conosciamo gente di fede molto diversa tra loro, ma se invece questa che riferisci è solo la tua esperienza personale, oltre che a rallegrarmene per te, ti assicuro anche che sei una mosca bianca. Però a questo punto la tua esperienza personale vale la mia, visto che siamo tutti figli di dio 🙂

  21. Rispondo ad Ekerot e Binaghi: “momento più alto della scienza e della tecnologia”?
    Forse fino ad ora, ma non sappiamo cosa sarà domani.
    Ma a parte questo, io parlerei di “momento alto della tecnologia”, non certo della scienza. La scienza, scusatemi, è ancora per pochi. Quanto si insegna di scienza nelle scuole italiane? Poco o nulla. La gente è in mano ad imbonitori di ogni tipo (omeopati, astrologi, complottisti…e mi fermo qui).
    La scienza insegna innanzitutto di non poter essere risposta a tutto – non subito, almeno; inoltre, la scienza non è verità, è la migliore e più fedele spiegazione possibile della realtà; di questo vuoto che resta, di questa area di incertezza con cui è necessario convivere, e dello scarto che resta tra rappresentazione e realtà, la gente ha paura. Per questo preferisce rivolgersi a chi ha una risposta pronta e onnicomprensiva, che riesca a spiegare tutti i vuoti.
    Per questo assolutamente no, non metto in discussione la Ragion Pura; però dico che chi vuole votarsi alla Ragion Pura deve farlo bene, non deve confondere la scienza con una filosofia enciclopedica o una religione rivelata.
    Mi scuso per l’o.t. macroscopico.

  22. @ mammamsterdam
    la mia esperienza personale conta poco. Io parlavo di credenti (autentici) in generale. E ce ne sono tanti. Certo ci vuole preghiera, desiderio e ricerca di Dio. La pace è un bene prezioso, non è una cosa che si ottiene facilmente, bisogna innanzi tutto riconoscere che Dio è padre, come hai detto giustamente tu: quello è un ottimo punto di partenza.

  23. io paura che non venga resa giustizia a tutti.E per dirla tutta,a proposito di scrittori di lingua spagnola prematuramente scomparsi volevo accendere un cero per Francisco Casavella, credo non inferiore a Bolano(leggere “la lingua impossibile” per capacitarsene ),uno che ne sapeva parecchio per quanto concerne certi legami ancestrali non disconoscibili,che da qualche parte ha ricordato chi per primo ha classificato le paure,un certo andronico di rodi,l’inventore della metafisica,altra materia che peraltro con i cubi neri nell’ombra e gli altri suoi orpelli mi tiene inchiodato qualche parte. Forse in cantina
    http://robotsinheat.com/trax/Mama.mp3

  24. C’è stato un tempo in cui i credenti, male ispirati da autorità ecclesiastiche fortemente compromesse coi poteri mondani, hanno rappresentato un elemento di ostinata conservazione del privilegio sociale, di un moralismo idolatrico e in generale di ciò che non meritava di essere conservato.
    Poi sono venuti Fuerbach, Kierkegaard, Nietzsche e le tragedie del XX secolo. Chi ha avuto il coraggio di attraversare il deserto, ne è uscito con una fede nell’Essere spirituale che sa interpretare l’angoscia.
    Oggi i ruoli sono rovesciati: scientismo, positivismo e un certo ateismo grossolano sono l’elemento conservatore e conformistico di un mondo ormai votato alla crisi irreversibile. Un’enciclopedia incapace di entusiasmare l’intelligenza e partiti progressisti senza progetto sono la miglior prova del declino dei chierici moderni: rivoluzionari per professione di fede o per mestiere, piccolo-borghesi di fatto.
    La paura che veramente paralizza è la paura di aver paura: a quel punto il razionalismo metodologico è poco più che una foglia di fico e finisce per coincidere col senso comune del lettore di Repubblica.
    Giordano Bruno è lontano anni luce.

  25. Herato, come ho scritto prima, il momento più alto di scienza e tecnologia e questo – checché ne dica Binaghi – è indiscutibile, non ha corrisposto ad una maggiore conoscenza. Dici tu, nelle scuole la scienza è insegnata poco e male. E tutto cominciò con la riforma Gentile, quando l’illustre filosofo di regime decise che le materie umanistiche erano più importanti di quelle scientifiche. Siamo negli anni ’20.
    Da allora le cose sono cambiate poco. La didattica delle scienze è sempre molto traballante, dalle scuole primarie alle superiori.
    Se nel terzo millennio sulla rete ammiraglia del servizio pubblico vanno ancora in onda gli oroscopi, evidentemente qualche domanda ce la dobbiamo porre.
    Recita l’adagio: si ha paura di quel che non si conosce. E questo significa che non conosciamo. A differenza però dei secoli addietro siamo convinti di aver appreso chissà cosa. Non bastano quattro nozioni di evoluzionismo a creare una società più serena. Il mondo attorno a noi è diventato più grande ed infinitamente più complesso, a fronte di una personalità dell’essere umano rimasta grosso modo a 2mila anni fa.
    Non solo. Come già diverse volte si è scritto su Lipperatura, la paura è diventata tabù proprio nei casi in cui invece aveva un reale senso: la paura di invecchiare, la paura di morire, la paura di soffrire. Sono paure che in questo tipo di economia non ci possiamo permettere. E così invece di affrontarle di petto, si è lasciato che venissero nascoste negli angoli oscuri di ognuno di noi, col risultato che oggi è ben visibile a tutti.
    La scienza può fare molto, ma non può fare tutto. Non credo che possa darci la felicità spontaneamente. Però dovrebbe aiutarci a fare luce là dove luce non c’è. E sappiamo che quella del buio è la paura primigenia.

  26. Aiuterebbe molto distinguere tra paura e angoscia.
    La paura è sempre paura di qualcosa, e come tale si può vincere o quanto meno affrontare dando risposte, facendo fronte.
    Nell’angoscia, propriamente, non è qualcosa ma il nulla che avanza e vanifica lo sforzo umano. E’ insopprimibile, perchè è la cifra della nostra irrisolvibilità nel finito e nel contingente. Bisogna imparare a conviverci, o con la fede in ciò che in fondo l’angoscia reclama (l’Assoluto) o con l’eroica accettazione dell’umana insignificanza (“L’uomo è una passione inutile”, diceva Sartre).

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