PER ESEMPIO

Stupri.
L’opposizione: “Basta con gli spot”.
Troppo giusto.
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54 pensieri su “PER ESEMPIO

  1. Ilse, come immaginerai facilmente, gli stessi discorsi che fai tu (e altre e altri), li fanno specularmente certi maschi sulle pubblicità che li ‘oggettificano’ eccetera…
    E’ interessante, perché quello che dicono i maschi-che-si-sentono-offesi è ineccepibile – dal tuo punto di vista – e dovrebbe fare infuriare la psicologa di Princeton, dato che anche queste foto “attivano intensamente le aree cerebrali normalmente «accese» prima di maneggiare utensili da lavoro come martello e cacciavite” e quindi inibiscono l’empatia della femmina verso il maschio. Ecco il link
    http://www.maschiselvatici.it/pubblicita/museo.htm
    .
    Mi verrebbe anche da fare un discorso sulla presunta scientificità della psicologia, ma è complicato e temo, qui, inutile.
    Un beso, e rifatevi gli occhi con le pubblicità sessiste al contrario, chissà che non si faccia la pace 🙂

  2. la verità è che siamo in una società cos’i commerciale che risulta assolutamente impossibile poter vendere qualcosa senza parlare di sesso o far vedere certe immagini!

  3. Qualsiasi pubblicità in cui un individuo x viene trattato come un ‘oggetto’ è stupida, maschio o femmina che sia. Le pubblicità per bambini maschi, che li inchiodano a un futuro di aggressività, freddezza, violenza (cancellando di fatto l’idea che un maschio possa avere delle emozioni) sono altrettanto fuorvianti. Credo che nessuno metta in discussione questo.
    Il link al sito maschiselvatici mostra delle immagini pubblicitarie in cui le figure maschili sono modellate su quelle che, per la pubblicità, sono tradizionalmente le donne. Proprio per questo, nelle intenzioni dei pubblicitari, dovrebbero stupire, restare impresse nella mente di chi le guarda come qualcosa di ‘strano’. Però, a occhio, direi che per una di queste pubblicità al maschile ce ne sono 20 equivalenti sulle donne.

  4. Sono divertentissime queste discussioni sul sesso, sulla pubblicità, sul sentirsi offesi per tutto, per tutto!
    Qualsiasi pubblicità va vista in tre modi. Da una parte ci sono i pubblicitari che si rivolgono al loro target elettivo e il mancato gradimento di pubblici non previsti è un effetto collaterale di cui i pubblicitari se ne fottono;
    da un’altra parte ci sono quei pubblici collaterali, non targettizzati, che fanno come molti di voi in questo appassionante forum;
    e infine (infine? Sono la cosa principale) ci sono gli spettatori designati, che, se la pubblicità è ben fatta, si riconoscono nella réclame, afferrano il messaggio eccetera.
    In questa pubblicità il target è il bevitore di Guinness o il potenziale bevitore di Guinness (scusate l’ovvietà). La Guinness è una birra irlandese che se non ci sei abituato, se non hai il palato forte, se non hai lo stomaco ampio, se non ti piacciono i gusti amarostici, non te la puoi bere. La Guinness si serve in pinte grandi, è una birra nera, forte, dal sapore estremamente speziato. Posso dirlo? È una birra da uomini. E da giovani maschi che uomini vogliono sentirsi. È una birra da camionisti, da muratori, ma anche da colletti bianchi che vogliono sentirsi rudi e cazzuti.
    La pubblicità della Guinness alimenta un gioco delle parti, a livello fantasticato, in cui io spettatore sono un virgulto che non deve chiedere mai (come quello del profumo Denim, altro spot epocale in Italia) e che se ne strafotte dell’amore romantico, in certi momenti: ma sì, facciamoci un’orgetta con questa disponibile donzella, bevendoci una Guinness. Ogni buco è pirtuso, si dice dalle mie parti (ma penso sia universale). È uno scenario del porno del web 2.0, un porno senza trama, una donna che viene occupata nei suoi tre orifizi a uso sessuale, e chissenefrega.
    Mancanza di rispetto? Tentativo di stupro? Macché. Di questa pubblicità si può dire che sia di dubbio gusto, al limite, ironicamente e volontariamente sessista, non adatta a trasmettere una idea romantica del sesso. Ma null’altro. Centra il suo bersaglio e sotto questo aspetto (oltre che su quello del calembour visuale e situazionale) è riuscitissima.
    Marco

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