PER URSULA K. LE GUIN. URSULA K. LE GUIN PER NOI.

Ursula K. Le Guin è morta. E’ stata una straordinaria scrittrice, e l’icona delle scrittrici che si dedicano alla narrativa fantastica. Lo fece, disse, senza accorgersene quasi: “Mi ci vollero degli anni per rendermi conto d’aver scelto di lavorare in generi disprezzati e marginali come la fantascienza, la fantasy e la narrativa per adolescenti, esattamente perché essi erano esclusi dal controllo della critica, dell’accademia, della tradizione letteraria, e consentivano all’artista di essere libero”. E’ stata un punto di riferimento dei femminismi anche se, in modo simile a Margaret Atwood, faceva dei distinguo sull’etichetta: “Il termine femminismo viene usato in così tante accezioni, molte ostili, ed è usato con tanta incuria, spesso tanta ignoranza, che non ha senso dire di qualcuno che sia femminista, oppure no. L’unico suffisso in “ista” che accetto come etichetta è quello della parola “taoista””. Dunque, al di là e al di fuori delle etichette, leggetela, perché questo è l’unico modo per parlare di uno scrittore che non c’è più con il suo corpo fisico (ma restano, grazie alla dea, i suoi libri). E leggete, per favore, il discorso pronunciato nel 2014, quando ricevette il National Book Award. Questo:
«A chi mi ha dato questo bellissimo premio, grazie. Dal cuore. Alla mia famiglia, ai miei agenti, ai miei editor dico: sappiate che se sono qui è anche merito vostro, e questo premio è tanto vostro quanto mio. E mi piace l’idea di accettarlo e condividerlo con tutti quegli scrittori che sono stati esclusi dalla letteratura così a lungo, i miei colleghi autori di fantasy e fantascienza, scrittori dell’immaginazione, che per cinquant’anni hanno visto questi bei premi andare ai cosiddetti “realisti”.
Sono in arrivo tempi duri, e avremo bisogno delle voci di scrittori capaci di vedere alternative al modo in cui viviamo ora, capaci di vedere, al di là di una società stretta dalla paura e dall’ossessione tecnologica, altri modi di essere, e immaginare persino nuove basi per la speranza. Abbiamo bisogno di scrittori che si ricordino la libertà. Poeti, visionari, realisti di una realtà più grande.
Oggi abbiamo bisogno di scrittori che conoscano la differenza tra la produzione di una merce e la pratica dell’arte. Sviluppare materiale scritto per venire incontro a strategie di vendita con lo scopo di massimizzare il profitto di una società e la resa pubblicitaria non è la stessa cosa rispetto a scrivere e pubblicare libri in modo responsabile.
Io vedo il reparto vendita prendere il controllo su quello editoriale. Vedo i miei stessi editori, stupidamente nel panico dell’ignoranza e dell’ingordigia, chiedere alle biblioteche pubbliche sei o sette volte il prezzo praticato ai clienti normali per un ebook. Abbiamo appena visto un profittatore cercare di punire un editore per la sua disobbedienza, e gli scrittori minacciati da una fatwa corporativa. E vedo molti di noi, coloro che producono, che scrivono i libri e fanno i libri, accettare tutto questo. Lasciando che i profittatori commerciali ci vendano come deodoranti, e ci dicano cosa pubblicare e cosa scrivere.
I libri non sono merce. Gli scopi del mercato sono spesso in conflitto con gli scopi dell’arte. Viviamo nel capitalismo, e il suo potere sembra assoluto… ma attenzione, lo sembrava anche il diritto divino dei re. Gli esseri umani possono resistere e sfidare ogni potere umano. La resistenza spesso comincia con l’arte, e ancora più spesso con la nostra arte, l’arte delle parole.
Ho avuto una lunga carriera come scrittrice, una buona carriera e con una buona compagnia. Ora, alla fine di questa carriera, non voglio vedere la letteratura americana essere svenduta. Noi che viviamo di scrittura e di editoria vogliamo e dobbiamo chiedere la nostra parte della torta. Ma il nome di questo riconoscimento non è profitto. È libertà.»
(da Fantascienza.com)

6 pensieri su “PER URSULA K. LE GUIN. URSULA K. LE GUIN PER NOI.

  1. “When I die, I can breathe back the breath that made me live. I can give back to the world all that I didn’t do. And that I might have been and couldn’t be. All the choices I didn’t make. All the things I lost and spent and wasted. I can give them back to the world. To the lives that haven’t been lived yet. That will be my gift back to the world that gave me the life I did live, the love I loved, the breath I breathed”
    Omaggio forse banale, oggi. Ma è una frase talmente bella, profonda, triste e speranzosa al contempo che non riesco a non pensarla.
    Mi mancherà, Ursula. Aveva anche un bellissimo blog. Non lo aggiornava da vari mesi, aveva riferito della malattia da cui faticava a riprendersi. Ha comunque portato a termine il suo viaggio in modo degno, dignitoso, e straordinario.
    Mi mancherai, Ursula.

  2. Un’altra che vorrei aggiungere e che riguarda i suoi libri (attenti agli spoiler).
    Le Guin ha avuto due enormi meriti secondo me, che non trovo così spesso replicati.
    Il primo riguarda il lavoro fatto sull’eroe. L’eroe della Le Guin non è mai determinante da solo nella storia. Certo l’Arcimago Ged è potentissimo, ma nel quarto e quinto libro della saga finisce nelle retrovie senza combinare nulla. Ti aspetti, da lettore, che prima o poi farà la sua comparsa sulla ribalta come Han Solo. Ma non accade. Ged si è ritirato e non tornerà più.
    Il secondo, sempre legato al precedente, è di tipo narrativo. Nei suoi romanzi non c’è mai una situazione di crisi assurda, apocalittica, stile Frodo e Sam sul Monte Fato. L’eroe dunque non salverà il mondo. Non avrà modo di sentirsi indispensabile, necessario, celhosoloio. Mai.
    E questa è una grandissima lezione di scrittura e di umanità.

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