PERCHE' SU HAROLD BLOOM LITIGHERO' CON I MIEI AMICI

Non lo seppellisco, non lo lodo, gli tributo rispetto. Non mi sogno di mettere in discussione la grandezza di Harold Bloom, ma, se posso essere appena un po’ controcorrente, non ho mai amato il suo disprezzo per gli scrittori che amo.
Per Stephen King, certo. Quando, nel 2003, King venne premiato dalla National Book Foundation, Bloom diede fondo a tutta la sua indignazione, sostenendo che il premio era l’ennesimo colpo assestato alla cultura e che King era un autore di bassa lega, perché la sua era una scrittura basata sulla frase per frase, paragrafo per paragrafo, libro per libro, senza alcuna originalità. Nel 2016, fulminò Paola Zanuttini che aveva osato pronunciare il suo nome:
“Il critico promuove, e non per tutta l’opera, solo Roth, DeLillo, Pynchon, Cormac McCarthy e John Ashbery tra i poeti. Scrittrici, niente. Stephen King è il male assoluto, provo a paragonarlo a Balzac, solo in termini di iperproduttività. Nessuna risposta pervenuta, ma basta lo sguardo quasi offeso di Bloom”.
Detestava Tolkien (“Tolkien e Lewis lusingano il narcisismo del lettore mentre ammorbidiscono il suo desiderio prometeico”), considerava Rowling il segno della decadenza (“parlo a me stesso – cosa che la grande poesia ci insegna a fare – e a tutti quei lettori che in solitudine cercano istintivamente la grande letteratura, disdegnando chi divora autori come la Rowling e si affretta a suicidarsi intellettualmente nel grigio oceano di Internet”).
Per chi, come me, ama, legge e promuove ANCHE la cosiddetta letteratura popolare, Bloom è una galassia lontana lontana. Ma detestava, per dire, anche David Foster Wallace e Jonathan Franzen. Lodava parcamente le scrittrici: “Ho sostenuto come scrittori i cosiddetti ‘maschi europei bianchi defunti’. Beccandomi l’accusa di razzismo, elitismo e sessismo. Ma la grande letteratura non ci rende più altruisti”.
Certo, avversava il politicamente corretto e faceva bene (non c’è niente di peggio dell’apprezzamento di una scrittrice perché “bisogna farlo, serve una donna”) ma ha fatto dello snobismo letterario una qualità, e non posso amare neanche questo.
Però. Due ricordi fra i molti. Quando Antonio Monda lo intervistò nel 2011, disse:
Lei afferma di dover molto, culturalmente, a Robert Penn Warren, ma scrive che molti dei “suoi amici erano miei nemici”.
«Robert Penn Warren era un eccellente poeta a scrittore, ed un uomo meraviglioso. La battuta che cito è relativa all’ostilità dell´ambiente anglosassone che io, ebreo, ho trovato nel mondo accademico negli anni Sessanta. Era fortissima l´influenza di Eliot, che era certamente un grande poeta, ma un antisemita».
Riesce ad apprezzare sinceramente un autore in casi del genere?
«Certo, e ho fatto di questo principio un cardine del mio insegnamento».
E, più tardi, disse anche:
«Certo: bisogna sbagliare. Nietzsche diceva che gli errori nella vita sono necessari alla vita e, nella lettura, alla lettura. Hai visto cosa hai fatto e fai meglio. E Beckett suggeriva di sbagliare, sbagliare di nuovo e sbagliare meglio».
Mi inchino al grande studioso. Torno a leggere King.

Un pensiero su “PERCHE' SU HAROLD BLOOM LITIGHERO' CON I MIEI AMICI

  1. La sua partecipazione è includente c’è chi nn riesce a starle dietro e la critica, ma se solo ci lasciamo trasportare dal fiume delle sue parole ci ritroviamo a sorridere della sua intelligente ironia e ci fa tanto tanto bene.

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