QUE VIVA LA VIDA: PER IL ROJAVA

Scriveva Mattia Feltri su La stampa, pochi giorni fa:
“Non so cos’altro potremmo fare per il valoroso popolo curdo, dopo tutti quegli appelli da Di Maio in giù (o in su, dipende), tutti quegli hashtag a petto in fuori, forse potremmo colorare le piazze coi gessetti, o trascinarvi un piano e suonare Imagine di John Lennon. Potremmo persino riconsiderare la presenza dei nostri soldati che, racconta Linkiesta.it, per turnazione della Nato difendono i turchi, mentre i turchi bombardano i curdi su cui poi piangiamo (curioso, vero?). Potremmo, se non fossimo alle prese col gravoso impegno di spandere cuoricini, di organizzare fiaccolate, di tremare per i terroristi dell’Isis sconfitti con l’aiuto dei curdi e che, dalle prigioni curde, ora fuggiranno per menare stragi in Europa – e poi ancora cordoglio e gessetti.
Magari potremmo, martedì, seguire l’udienza al tribunale di Torino dove si deciderà se applicare la sorveglianza speciale a Maria Edgarda “Eddi” Marcucci e altri due ragazzi che, invece di scrivere peace and love su Facebook, un paio d’anni fa sono andati là, coi curdi, a combattere l’Isis e rischiare la pelle davanti al nemico dell’umanità. La sorveglianza speciale è una porcata di origine fascista: se non mi piace come campi, ti applico il coprifuoco, ti vieto di frequentare luoghi affollati, intrattenerti «in osterie e bettole». Ecco, vorrebbero rifilarla a Eddi e agli altri due, siccome sono del centro sociale Askatasuna e hanno imparato a maneggiare le armi, le hanno già usate sui terroristi islamici, anziché colpirli a morte con gessetti e Beatles – e allora sono dichiarati socialmente pericolosi. Non siamo un paese, siamo una barzelletta”.
Scrive Davide Grasso, che nel 2016 si è unito alle Forze siriane democratiche per combattere Daesh, su Giap!
“Mentre Erdoğan bombarda quartieri e civili in Siria per costringere alla fuga i curdi;
mentre l’Isis ne approfitta per alzare la testa con azioni, rivolte e attentati, e puntare a una rinascita;
mentre dal mondo intero sale la voce che chiede rispetto per la pace relativa conquistata dalla Siria, dilaniata da otto anni di guerra che hanno causato mezzo milione di morti;
mentre il mondo guarda con orrore ai centomila profughi provocati dalla guerra scatenata contro le Ypg-Ypj, che hanno perso 11.000 caduti sconfiggendo lo Stato islamico…
Mentre avviene tutto questo, in Italia, per iniziativa della procura di Torino, si convocano in tribunale gli italiani che hanno preso le armi contro l’Isis al fianco dei curdi siriani.
Una donna e due uomini, per essersi battuti in diverse forme e periodi contro l’Isis e il fondamentalismo islamico, dovranno comparire davanti a una sezione speciale del Tribunale di Torino martedì 15 ottobre.
Quali le accuse? Nessuna.
Quali i reati contestati? Nessuno”.
Segue qui
E questo è l’appello internazionale di solidarietà con il Rojava. Firmatelo.
A fronte del ritiro delle truppe statunitensi dalla Siria, stabilito dal presidente Donald Trump e dal suo omologo turco Recep Tayyip Erdoğan, e di fronte all’invasione militare contro i popoli liberi del Rojava che questo accordo permette, consideriamo necessario e improrogabile dichiarare quanto segue:
1. La Comune del Rojava rappresenta in Medio Oriente il primo progetto politico anticapitalista basato sul Confederalismo Democratico, che promuove una visione alternativa dell’organizzazione della vita, fondata sull’autonomia non statale, sull’autodeterminazione, sulla democrazia diretta e sulla lotta al patriarcato.
L’autonomia del Rojava è l’utopia di un mondo possibile, dove l’interculturalità, una differente e virtuosa relazione tra generi e il rispetto della madre terra vengono costruiti giorno dopo giorno. Il Rojava è la dimostrazione che non dobbiamo rassegnarci alla barbarie del presente.
2. Il primo risultato della lotta per l’autonomia del Rojava è stato il contenimento dello stato islamico e del suo fondamentalismo. Adesso, questo accordo debilita gli sforzi delle milizie curde, attentando contro i rilevanti risultati che i reparti delle YPG e YPJ hanno ottenuto fino ad ora contro lo stato islamico in Siria. Le milizie curde saranno infatti costrette a spostarsi, per proteggere il confine nord del Rojava dall’invasione turca.
3. La guerra contro l’autonomia del Rojava, costruito sulle macerie dello stato siriano, continua sistematicamente da anni: attacchi e invasioni territoriali sono stati la normalità. Con il ritiro delle forze militari statunitensi dal confine turco siriano, la pericolosità della minaccia sale di livello, l’ostilità dello stato turco contro chi lotta per un mondo democratico, si trasforma nella possibilità concreta di uno sterminio etnico.
Per questi motivi, noi firmatari di questa carta – accademici, studenti, attivisti, organizzazioni sociali, collettivi, popoli organizzati e in resistenza – manifestiamo la nostra solidarietà con la lotta dei curdi e dei popoli della Siria del Nord, e gridiamo la nostra rabbia contro questa ennesima aggressione capitalista e patriarcale dello stato turco, che avviene nell’assordante e complice silenzio dell’Unione europea e degli organismi internazionali, e dimostra come i Diritti umani vengano tutelati solo quando obbediscono alle leggi del mercato.
Difendere il Rojava significa difendere chi resiste ogni giorno, in medio oriente e in ogni parte del mondo, contro la barbarie che avanza. Questa carta è un grido di rabbia, indignazione e solidarietà con i nostri fratelli e sorelle curde, che lottano e muoiono in nome della libertà e della democrazia.
Que viva la vida! Que muera la muerte!
Il Rojava non è solo!
Primi firmatari:
John Holloway (Messico); Sergio Tischler (Messico); Jerome Baschet (Francia); Noam Chomsky (Usa); Sylvia Marcos (Messico); Jean Robert (Messico); David Harvey (Usa); Arjun Appadurai (Usa); Etienne Balibar (Francia); Teodor Shanin (Gran Bretagna); Barbara Duden (Germania); Michael Hardt (Usa); Marina Sitrin (Argentina); Carole Pateman (Usa); Donna Haraway (Usa); Raquel Gutierrez (Messico); Boaventura de Sousa Santos (Portogallo); Federica Giardini (Italia); Dora Maria Hernandez Holguin (Colombia); Francesca Gargallo (Messico); Massimo de Angelis (Gran Bretagna); Wu Ming (Italia); Toni Negri (Italia); Catalina Toro Perez (Colombia); David Graeber (Gran Bretagna).
Per nuove adesioni:
rojava.ekairos@gmail.com

Un pensiero su “QUE VIVA LA VIDA: PER IL ROJAVA

  1. Basta con i ritardi della politica europea. Nel Rojava la gente viene uccisa o fugge. Dove? Dobbiamo aiutare il popolo curdo, prima il solo a combattere Daesh, anche per noi. E ora tradito e lasciato solo.

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