PURCHE' SIA UN ESORDIENTE

Giustamente, Maurizio Bono interviene oggi a proposito di esordienti, su Repubblica. Così:
C´è sempre una prima volta, e naturalmente c´è sempre stata. La novità è che a due anni quasi esatti dal debutto-fenomeno di Paolo Giordano (all´incirca quanti ne occorrono a un editore per capire la novità e provare a ripeterla) i due esordienti di punta di questa stagione, il trentaduenne Alessandro D´Avenia di Bianca come il latte rossa come il sangue (Mondadori) e la ventiseienne Silvia Avallone di Acciaio (Rizzoli), partono dove di solito un autore italiano arrivava, finora, dopo gavetta.
Non solo e non tanto per le copie in circolazione (D´Avenia 56 mila copie con una prima tiratura di 26mila, Avallone 33 mila in cinque ristampe partendo da 8000) e l´ingresso immediato in classifica (quarto d´Avenia e sesta Avallone nella top ten della narrativa italiana) ma per ciò che i due libri, peraltro diversissimi, vogliono essere e sono: potenziali best seller perché dell´opera prima esibiscono le virtù (la freschezza promessa e spesso mantenuta da ogni ricambio generazionale), ma senza che l´urgenza di raccontare la propria storia faccia perdere di vista il potenziale lettore.
I nuovi esordienti piazzati, del lettore tengono gran conto: in entrambi i casi di rigore è l´adolescenza, il sentiero tracciato più sicuro. In più, a seconda delle declinazioni scelte, sfondi pregnanti e di interesse collettivo come la scuola (D´Avenia) o ancor più ambiziosamente le trasformazioni della società post-industriale (Avallone). Dietro di loro, un piccolo esercito: da Einaudi Stile libero Prove di felicità a Roma est di Roan Johnson che mescola tarda adolescenza e melting-pot, da Frassinelli Memorie di una cagna della diciannovenne Francesca Petrizzo che prende in prestito la voce adolescente di Elena di Troia, La forma incerta dei sogni di Leonora Sartori (sull´infanzia di una figlia della generazione impegnata) per Piemme. Poi, ai primi di aprile, da Fandango il venticinquenne Emmanuele Bianco con Tiratori scelti (bande, cocaina e immigrati nella periferia milanese), da Elliot la ventunenne Angela Bubba, selezione Campiello giovani 2007, in una storia di famiglia del secolo scorso, con una lingua arcaica e reinventata.
Il successo da opera prima e giovane non è un fenomeno nuovo. Ci fu Enrico Brizzi, con Jack Frusciante, o Melissa P., scommessa di Fazi.
Oggi però la caccia all´esordio ha ragioni molto concrete: adolescenti e ragazzi sono un diventati un mercato a parte e, soprattutto, gli anticipi correnti per un´opera prima vanno da zero a poche migliaia di euro, dopo un buon successo raddoppiano, in qualche caso clamoroso triplicano. Se si calcola che su una copia l´editore ha un margine di uno-due euro, vuole dire che il secondo libro è un bagno di sangue se non vende almeno 30mila copie, cioè è già un fenomeno da classifica. Se ne vende altrettante un esordiente, invece, è l´affare dell´anno, allo stesso modo dei debutti discografici. Il presidente del gruppo Gems Stefano Mauri aggiunge un risvolto ancora più pragmatico: «Siccome ogni libraio ha un computer, davanti a un secondo libro controlla le copie vendute del primo e ne prende, per sicurezza, qualcuna di meno. Mentre con l´esordiente prenota anche la speranza del successo imprevedibile».
Il risultato è che se c´è un´accusa che ha fatto il suo tempo è quella tradizionale agli editori di non leggere i manoscritti (oggi gli allegati e-mail) degli sconosciuti: lo fanno, anche se la media dei “pubblicabili” è uno su qualche migliaio. Di più, alla faticosa pesca con la lenza nel mare delle proposte c´è chi ha pensato di sostituire la pesca a strascico. Proprio il gruppo Mauri Spagnol, con le sue 11 case editrici da Longanesi a Garzanti a Guanda, ha lanciato dieci giorni fa il “torneo letterario online” IoScrittore, a cui si partecipa mandando entro fine marzo il proprio manoscritto anonimo e completo, e ricevendone in cambio tre da valutare. A fine agosto 30 finalisti andranno al Festival di Mantova, a novembre 2010 il vincitore verrà pubblicato da uno dei marchi.
Antonio Franchini, il responsabile della narrativa italiana Mondadori che ha scoperto Giordano e ora D´Avenia, ragiona su motivi più culturali del boom: «La società, dunque anche la società letteraria, ha sempre meno memoria, forse perché abbiamo tutti troppo da ricordare. Tra le conoscenze di un lettore colto degli anni Trenta o Cinquanta e oggi, c´è evidentemente un abisso. L´esordio passa più facilmente perché non richiede conoscenze precedenti, di libri e di contesto, tutto lì». Ed è più facile, per certi aspetti, anche per l´editor: «Dici sì solo se ti colpisce, mentre con un autore al secondo, terzo o quarto libro hai un rapporto, devi seguire il suo sviluppo. Ma naturalmente accompagnare la crescita di uno scrittore è la parte a cui non vuoi né potresti mai rinunciare, se fai questo mestiere».
Pensa, per chiudere il cerchio, al secondo romanzo di Paolo Giordano? «Dico solo che è in programma per il 2011».

24 pensieri su “PURCHE' SIA UN ESORDIENTE

  1. Ah. Come è vero. Ricordo che quando, agli inizi degli anni Novanta, sia io che Alessandro Baricco partecipammo al Premio Calvino Opera Prima, nessuno di noi due vinse. Lui, poi, riuscì comunque a diventare Baricco. Io solo uno scrittore di serie B (in Italia: uno scrittore per ragazzi), peraltro presto avversato dalla cupola del FUMER (Fronte Unito Megere Editoria per Ragazzi):-/
    P.S. Non censurare, se no riporto tutto nel blog di tua cugina.

  2. interessante e piuttosto terrificante vista così l’editoria. Mi ricorda il pluriball (si scrive così?) una volta che una pallina è scoppiata bon, si passa alla successiva perché la sola cosa che conta è il botto iniziale, se poi non può fare più fine. Sotto con una nuova pallina. Un altro piccolo botto.
    Editoria del pluriball, un po’ triste forse, un po’ superficiale. O no?

  3. Ah. Come è vero. Ricordo che quando, agli inizi degli anni Novanta, sia io che Alessandro Baricco partecipammo al Premio Calvino Opera Prima, nessuno di noi due vinse (i ragazzi dell’Indice hanno sempre avuto poco fiuto). Lui, poi, riuscì comunque a diventare Baricco. Io solo uno scrittore di serie B (in Italia: uno scrittore per ragazzi), peraltro presto avversato dalla cupola del FUMER (Fronte Unito Megere Editoria per Ragazzi):-/
    P.S. Non censurare, se no riporto tutto nel blog di tua cugina.

  4. Ah. Come è vero. Ricordo che quando, agli inizi degli anni Novanta, sia io che Alessandro Baricco partecipammo al Premio Calvino Opera Prima, nessuno di noi due vinse (i ragazzi dell’Indice hanno sempre avuto poco fiuto). Lui, poi, riuscì comunque a diventare Baricco. Io solo uno scrittore di serie B (in Italia: uno scrittore per ragazzi), peraltro presto avversato dalla cupola del FUMER (Fronte Unito Megere Editoria per Ragazzi):-/
    P.S. Non censurare, se no riporto tutto nel blog di tua cugina.
    Postato mercoledì, 24 febbraio 2010 alle 11:29 am da Writer for Children

  5. Se capisco bene, uno dei rischi della rincorsa all’esordiente è che le case editrici si disinteressino a seguire la crescita di uno scrittore. Ma in un sistema in cui nuovi autori vengono lanciati e subito dopo abbandonati, secondo me c’è anche un altro problema, e cioè l’indebolimento del rapporto continuativo tra autori e lettori.
    Faccio un esempio: King inizia con romanzi ambientati nel mondo scolastico o con protagonisti adolescenti, come “Carrie”, “Ossessione”, “La lunga marcia”, e si rivolge proprio ad un pubblico giovane, che si riconosce in queste storie e in questi personaggi. Si crea un legame autore/lettore che si mantiene negli anni, e probabilmente molti adolescenti che hanno letto quelle storie “adolescenziali” hanno continuato a seguire e identificarsi con King anche quando ha affrontato il rapporto tra età adulta e infanzia (“It”) e le riflessioni di inizio vecchiaia (“Duma Key”); insomma, autore e lettori crescono insieme. Ma se un esordiente non ha la possibilità di mantenere questo rapporto con i lettori, questo processo, che a me sembra bellissimo, viene meno.

  6. Già, l’editoria è piuttosto spaventosa e decisamente markettara… insomma il battage fatto per Avallone e D’Avenia devono portare tot vendite… è matematico… come riescano a finire lì resta un mistero (ah D’Avenia la scorsa settimana a Billy del TG1 ha dichiarato di avere un amico in Mondadori… ecco come far leggere il proprio manoscritto in Italia).
    Da autore che pubblica con piccole e medie case editrici posso solo sperare che la crisi dell’editoria porti in rilievo chi scrive i veri contenuti e magari mangi ancora di più la quota che perviene agli editori stessi (che non è solo di uno o due euro ma almeno il doppio se non il triplo). Anzi in alcuni casi direi che l’autopubblicazione conviene assai, perchè si passa da un 8% sui proventi a un quasi 50/60% 😉
    Ma si sa… la scrittura va e deve andare oltre i conti!

  7. Ridateci Tondelli.
    Non sono un insider, ma mi piacerebbe davvero poter immaginare che esistano scrittori interessati a coltivare autori giovani (matteo b.bianchi tra i pochi?).
    Che poi ci siano degli uffici marketing che si occupano di costruire prodotti,non mi sembra che debba stupire nessuno.

  8. Non generalizziamo per favore. Noi della Elliot abbiamo lanciato talenti come Angela Bubba e Sacha Naspini (e anche altri) e continueremo a seguirli (lo stiamo già facendo), anche se non hanno sbancato le librerie come D’Avenia e Avallone.

  9. Poi non mi voglio mettere a elencare tutti gli scrittori che ho fatto esordire in quattro anni di Fazi, è acqua passata.

  10. @massimilliano spero tu converrai che pur di fronte a casi in cui vi è un tipo di atteggiamento che non cerca la caccia al giovane talento che porti in casa una palata di quattrini, da fuori ti garantisco che la sensazione che si ha è proprio quella descritta dall’articolo, spremiamo il limone finché ce n’è poi troviamo qualcos’altro da spremere.

  11. Io faccio un lavoro di ricerca, di sperimentazione. Mai pubblicato un libro perché pensavo che potesse fare il cosidetto “botto”. E come me Nicola Lagioia, Giulio Mozzi, Marco Vicentini, per dirne qualcuno. Tu parli degli editor delle grandi case editrici. Il discorso che fanno loro non mi interessa.

  12. sì però numericamente parlando le grandi case mondadori style son quelle che di fatto determinano certe modalità con le quali si giunge alla pubblicazione. Se un tempo c’era una gavetta da fare adesso se il tuo testo brutto o bello che sia viene ritenuto economicamente redditizio passi minimo investimento iniziale, 7-8000 copie, se poi va bene sotto con le ristampe. E introiti e tirature aumentano. Non credo che l’articolo si riferisse alle piccole case editrici che comunque in un certo modo seguono l’andazzo delle grandi.

  13. Per quanto ne so anche oggi c’è una gavetta da fare. E nessuno può sapere quanti sforzi abbiano fatto la Avallone e D’Avenia per arrivare a una pubblicazione. Poi ci sono anche la fortuna, le entrature, un buon agente, fattori che possono facilitare una pubblicazione. Ma non facciamo passare gli editori come macellai che non aspettano altro che pubblicare pischelli a prescindere dalla qualità, con anticipi belli freschi che gli escono dalle tasche, perchè mi pare un po’ una generalizzazione.
    In quanto a Elliot i loro libri sono dei gioellini!
    un saluto a questo blog sempre interessante

  14. Scusate, ma dov’è lo scandalo?
    Anche al proprietario del gruppo Mondadori piace la carne fresca.
    Perchè chi lavora (franchini) per lui dovrebbe ragionare diversamente?
    Siamo veramente smemorati: ai tempi della prima rivoluzione industriale donne e bambini erano preferiti ai maschi adulti sui telai, per gli stessi identici motivi: costavano meno e si potevano lasciare a casa senza far gridare allo scandalo.
    Barbarie?
    Certo, ma spiegatelo ai lettori che si affollano a comprare D’Avenia e Avallone. Tolto Giordano, che ha scritto un libro dignitoso, gli esordi di ventenni italiani da Boccalone di Palandri in poi sono roba da dimenticare.

  15. No, e non faccio fatica a credere che ci siano cose buone, specialmente pescate da piccoli editori. Per esempio mi si dice un gran bene di titoli di IBSN, che vorrei leggere.
    Però stiamo assistendo a un processo di scomparsa del libro, delle librerie e della scrittura come prodotto artigianale fagocitato da un’industria culturale che sembra percorribile solo da grandi gruppi, grandi catene di librerie supportate da grandi investimenti anche pubblicitari. Non vorrei essere proprio io a tenere lezioni di marxismo d’accatto, ma veramente è impossibile non accorgersi che questi processi avvengono sincronicamente.
    La cosa che mi fa più incazzare è sentire gli editor e i giornalisti che partecipano a queste operazioni che esprimono distanza etica e intellettuale dalle medesime, quando vi giocano un ruolo da protagonisti.

  16. Davvero, ma come valutare operazioni come quella di Mauri Spagnol che Bono definisce ‘pesca a strascico’? Sarà mica un contagio da talent-show. Il libro da pubblicare lo scegliete voi. Si legge sul sito linkato che chi invia il proprio manoscritto dovrà leggerne tre. Questo perché – si legge sempre sul sito – poter giudicare gli scritti degli altri fa maturare una maggior capacità di individuare gli errori, e quindi aiuta a maturare come scrittori. I quali, mentre maturano e vengono valutati anche ‘come editor e talent scout’, nel contempo eleggono il vincitore attraverso quello che viene definito ‘uno strumento nuovo moderno e democratico per scandagliare il cosmo alla ricerca sia di buone penne che di buoni e capaci lettori’. Mi pare siamo davvero lontani le mille miglia dall’idea di editore qui espressa da Massimiliano Governi, e vicini alla deriva da televoto. Siamo tutti allenatori della nazionale e all’occasione editori, editor e talent scout. Chi è più smaliziato di me nel settore forse sa indicarmi qual è il vero ritorno di queste operazioni. Pubblicità? Un titolo che vende per osmosi ripagandone altri?

  17. @allemanda (forse OT): … tra l’altro, non riesco a capire il senso della pesca a strascico. Proviamo con un po’ di teoria dei giochi. Sono un esordiente con un romanzo nel cassetto: ok. Partecipo al concorso. Ricevo tre testi da valutare. Dalla valutazione complessiva verrà selezionato un gruppo di scritti, da cui il vincitore. Cosa faccio? Stronco i testi rivali. Fine.

  18. Caro Binaghi, anche io invito a non generalizzare. In quanto giornalista, se la cosa può interessarti, ho appena rifiutato l’invito (retribuito) a moderare un incontro pubblico con due degli esordienti in questione. Grazie.

  19. Loredana, non abbiamo le stesse idee ma io apprezzo molto quello che fai sul blog e come lo gestisci. Quello che mi dici è una riprova; ovviamente se si parla di tendenze dominanti è difficile non usare reti a maglie larghe. Nello stesso senso io vorrei che editor come Massimiliano Governi ma anche come Luigi Bernardi, Nicola Lagioia e Giulio Mozzi potessere continuare a svolgere l’egregio lavoro che fanno, con le minori pressioni possibili da parte dei manager che da qualche tempo in qua si sono impadroniti del timone del vapore.

  20. @ blepiro: ah vedi, io non ci avevo pensato…Immaginavo che l’aspirante non voglia mettersi in cattiva luce coi selezionatori della CE recensendo in modo farlocco i manoscritti a lui affidati, anzi, che redigesse le scheda di lettura con la massima diligenza per fare bella figura: infatti a me sembrava un modo astuto di esternalizzare parzialmente il lavoro di scrematura manoscritti che altrimenti intasa le scrivanie degli editor…

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