QUALI STAZIONI PRECEDANO LA MIA

Comincia da quel che conosci. Quel che conosci sono i treni, perché i treni li hai sempre avuti in casa, con tuo padre impiegato al ministero dei Trasporti: ma “ferroviere” si diceva allora, e con regolarità arrivava  quello che oggi si chiama house organ e allora era il giornalino, e si chiamava “Voci della rotaia”, e “Benemerito della rotaia” era il diploma che fu conferito a tuo padre e tua madre incorniciò, e tu lo hai tolto per ora, perché ancora non ce la fai a vederlo dove lo vedeva lei.
Sempre in treno, sono stata e sono: perché gli aerei li prendo quando è assolutamente necessario e l’automobile non mi piace più, da quando guidare è diventata una guerra di nervi. I vecchi treni, quelli che quando ero ragazza non mi facevano paura, nonostante (nonostante le bombe sui treni e nelle stazioni esplodessero, e le valigie esplosive che non esplodevano circolavano sotto i sedili, per depistaggio). I vecchi treni che nelle tratte regionali, in tutta Italia, esistono ancora. E può accadere, come ieri è accaduto, e come era già accaduto in passato, che una falla nell’ingranaggio, una svista, un’incrinatura dove si insinua la lama tagliente del fato, determinino orrore, e morte.
Quel che vorrei dire è che quei treni piccoli, e spesso puzzolenti, troppo caldi o troppo freddi, sempre scomodi, spesso congestionati di persone che li prendono perché devono, e non c’è altro modo, sono un po’ ovunque, non solo al Sud. E non ci si pensa finché non arrivano orrore e morte, perché siamo fatti così, e non ci piace l’idea che esistano ancora “i treni pieni di signori” e i trenini sfigati, e dunque esista ancora un’idea che divide le persone in classe A e in classe B (classe, proprio così).
Comincio da quel conosco. Per esempio, la tratta Roma-Ancona. Controllando or ora su Wikipedia, leggo di non pochi progetti di raddoppio. Progetti, appunto: in corso o futuri.
Cosa importa? A fine luglio, dicono, inaugurano la Grande Opera, la Potente Superstrada, la Quadrilatero. Quella che sostituisce il vecchio progetto (1997) di ampliare la Statale 77 da Civitanova a Foligno, la Pedemontana Matelica-Muccia e raddoppiare la linea ferroviaria Orte-Falconara, proposto dal fu governo D’Alema e abolito da Mario Baldassarri,viceministro per l’economia sotto il governo Berlusconi. Su cosa sia la Quadrilatero ho già detto, e tanti auguri a chi l’ha sostenuta salvo porsi qualche dubbio quando ormai è tardi. Ma è un esempio di come funziona: si investe in un’Opera fastosa (e costosa) e le ferrovie pazienza, chi vuoi che ci vada su quei trenini.
Tanta gente, ci sale, sui trenini regionali, in tutta Italia. A volte scrive ai giornali per raccontare le condizioni in cui viaggia. Altre volte, persino, ci muore, senza il tempo di tirar giù la valigia e congedarsi come poetava Caproni. E ci ricorda che la questione, forse, non è Nord contro Sud, o italiani contro “altri”. E’ sempre quella, antica come il mondo. Classe A, classe B. Chi più ha, chi meno ha. Classe, anche se non ci piace.

11 pensieri su “QUALI STAZIONI PRECEDANO LA MIA

  1. Quanto é vero questo post. Quanto rappresenta la vita mia, della mia famiglia, che qui , al nord, é spesso costretta a viaggiare in vagoni , soppressi, affollati, senza aria condizionata . É un lavoro andare al lavoro. E quanta tristezza, rabbia a leggere dei progetti non partiti . Classi , vero, ancora . E senso di impotenza .

  2. “La lotta di classe è finita e l’hanno vinta i ricchi”, se vogliamo dire la verità usando il linguaggio desueto del Novecento, che parla appunto di ricchi e di classi sociali. Ed è il titolo di un libro di Revelli. Il fatto che quel linguaggio sia ormai desueto è uno dei segni (o forse il mezzo, uno dei mezzi) di questa vittoria: essere riusciti a rimuovere il problema dall’agenda politica, fare archeologia di una realtà pulsante e dolente, al punto che le stesse vittime non la vedono più e anzi si sentono espropriate all’idea di reintrodurre dei presidi di uguaglianza sociale; espropriate di un sogno remoto di successo e affermazione personale che antepongono e sovrappongono alla realtà faticosa del quotidiano.
    Più di venti anni fa mi sono trasferito a Roma perché fare il pendolare dal mio paesino, che amavo, era impossibile proprio a causa di una linea a binario unico su cui avevo viaggiato e vissuto per gli interminabili anni del liceo e dell’università. Da studente si poteva fare, con gli orari del lavoro no. Oggi la linea è ancora parzialmente a binario unico e anche noi abbiamo avuto le nostre superstrade al posto del raddoppio integrale; del tutto simili all’orrenda quadrilatero che proprio la settimana scorsa ho potuto ammirare in tutta la sua capacità devastatrice Ci sono stati incidenti anche sulla nostra linea ferroviaria sperduta, per fortuna nessuno tanto grave da meritare gli onori delle cronache. Ma è così che funziona: in questo stillicidio di piccoli incidenti che si verificano oggi qua, domani là, prima o poi ci scappa il botto grosso.
    I morti di ieri dovrebbero essere i morti di tutti, perché quel treno passa dappertutto, in Italia, e ognuno di noi avrebbe potuto avere a bordo una persona cara, o starci sopra.
    Sì, il problema è di classe. Non sono gli ultimi i nemici dei penultimi, eppure è di questo che tutti i penultimi sono stati convinti.
    Proprio ieri rileggevo “La sfida”, il libro in cui Norman Mailer racconta l’epico incontro di boxe in cui Muhammad Ali, in Africa, sconfisse George Foreman e si riprese il titolo. Era il ’74 e già allora Mailer era colpito dal fatto che Foreman, allevato da una madre single di colore che aveva sette figli e finì in una clinica psichiatrica, disadattato e piccolo malvivente capace solo di tirare pugni pesanti come mazzate, avesse voluto rendersi simbolo del famoso sogno americano: sfilava sul ring con una bandiera americana per celebrare quel Paese che, a suo dire, gli aveva dato l’opportunità di emergere dalla fogna in cui era nato; e non si rendeva minimamente conto, notava Mailer, di come quella fogna fosse il posto che il suo Paese aveva riservato a gente come lui, e di come permettesse sì a uno di venirne fuori (in veste di gladiatore per il divertimento altrui, peraltro), ma solo a condizione che tutti gli altri ci rimanessero dentro.
    L’inconsapevolezza di Foreman contrastava con l’impegno sociale del suo avversario, che aveva acquisito quella che una volta si chiamava coscienza di classe; insomma, c’era Foreman e c’era Ali. Oggi gli Ali non ci sono più, sono rimaste schiere di inconsapevoli. E’ a causa di questa inconsapevolezza che può nascere il livore dei penultimi contro gli ultimi: perché gli uni e gli altri non si rendono più conto di chi è che li ha fregati tutti e vedono in chi gli è contiguo il concorrente pronto a strappargli l’occasione; che è al ribasso pure quella: non più l’emancipazione, fosse pure solo individuale: no, ormai si tratta del minimo sindacale in forma di lavoretto precario, di casa popolare, di posto al nido comunale; al massimo, una partecipazione al Grande Fratello. Questo lo stato delle cose. Non so se potrebbe andare peggio.

  3. Le ferrovie hanno perso fin dall’opzione scellerata di privilegiare il traffico su gomma – ma come si giustifica la logica ha potuto fare questo in un paese come il nostro??? – e dalle mie parti, in Umbria, dove il collegamento con Perugia deve necessariamente passare dalla Toscana (!!!) fu addirittura scartato, rifiutato il progetto di un collegamento ferroviario che avrebbe completato l’anello del lago Trasimeno. Quel poco che c’è ora è a binario unico, con – per fortuna? – pochi treni. A dirla tutta la realtà è peggiorata negli ultimi anni, con la diminuzione dei collegamenti, da quando l’alta velocità ha buttato fuori molti treni regionali. Ed è il centro italia, tutti obbligati all’auto, ma si sa, i comuni non vogliono pagare le fermate, anche se restaurano alla grande le stazioni… Però la narrazione dice che anche noi, in macchina, passando dalle parti tue, arriveremo al mare circa un quarto d’ora prima!!! Hanno fatto la Quadrilatero squarciando valli e altopiani per andare prima al mare. E così la raccontano.

  4. Mi è venuto in mente che pochi giorni fa sulla A4 tra Friuli e Veneto c’è stato l’ennesimo incidente, macchina tamponata da un tir, la macchina ha preso fuoco e per chi era dentro non c’è stato niente da fare. Questa autostrada ha due corsie ed è supercongestionata per il traffico di tir da e per l’est. Sono tipo trent’anni che si parla di terza corsia, adesso hanno iniziato qualche piccolo tratto, e calcolato di completarla dopo il 2030. Mi da un po’ da pensare quanto ci voglia per una strada così trafficata (e in pianura, niente montagne da affettare tipo panettoni), e la velocità con cui vengono realizzati quadrilateri vari. Vabbe.

  5. Nel caso del disastro avvenuto in Puglia non c’entra assolutamente nulla parlare di classe… A o B, visto che i due treni incidentati erano di nuova generazione. Semmai un problema di hardware mancante sul tratto e doppio binario non realizzato per tempo, indagherá chi di dovere sulle responsabilitá. Ogni tanto pudore e silenzio sarebbero un dovere al posto di insensata retorica e ignoranza dei fatti e del territorio in questione.

  6. “I vecchi treni che nelle tratte regionali, in tutta Italia, esistono ancora. E può accadere, come ieri è accaduto, e come era già accaduto in passato, che una falla nell’ingranaggio, una svista, un’incrinatura dove si insinua la lama tagliente del fato, determinino orrore, e morte”.
    Non c’era nessun vecchio treno. Insultare chi ci fa notare che abbiam errato si commenta da sè.

  7. Viaggio anch’io ogni giorno sui treni regionali e mi sento molto vicino alla tragedia che è accaduta. anche per questo trovo un po’ affrettato e anche stridente arruolare tutta questa sofferenza e questo dolore all’interno di un qualche tipo di lotta di classe. Per esempio, non me la sentirei di accusare i treni veloci di essere classisti, al contrario offrono l’opportunità a chiunque di muoversi tra nord e sud comodamente e a prezzi davvero popolari, chi ha viaggiato su freccia rossa o su italo sa di cosa parlo. Riconosco poi che qualsiasi mezzo tecnologico o strutturale per aumentare la sicurezza di chi (come me ) viaggia sul treno è benvenuto, ma però bisogna anche accettare il fatto che esistono le responsabilità individuali e che a queste non si potrà mai abdicare, ce lo ricordano per es. la tragedia del pilota dell’aereo di linea tedesco, oppure il macchinista giapponese che provocò un disastro per recuperare un minuto di ritardo ma anche tutte le volte che semplicemente saliamo su un autobus. Poi voglio anche dire che a me viaggiare sul treno piace e se è vero che i venti morti di un disastro ferroviario sono molto comodi da utilizzare per fare casino e polemica politica, nel prossimo fine settimana un numero molto più alto di vittime ci sarà sulle strade d’italia eppure nessuno ne parlerà, perché.
    ciao,k.

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