AGGIRAMENTO: SU THERESA MAY

Durante la campagna elettorale del 1979, Margaret Thatcher dice: “Qualsiasi donna che conosce i problemi di gestione di una casa sarà più vicina alla comprensione dei problemi di gestione di un paese”. Altri tempi? Mica tanto. Oggi ripete le stesse cose Manuela Carmena, sindaca di Madrid: “La politica contro il sottosviluppo indica il ruolo attivo della donna, per il suo ruolo nell’economia domestica”.
Confesso che, al netto della giusta soddisfazione per il moltiplicarsi degli incarichi politici “pesanti” delle donne, la rivendicazione di una abilità femminile in politica che si lega all’innata abilità di cura e di contabilità casalinga sembra irritante quanto l’insopportabile retorica giornalistica (maschile, per lo più), laddove il cronista politico diventa più puntiglioso di una fashion blogger nel descrivere la scarpa, la borsa e la sfumatura del vestito della sindaca o della premier o della candidata presidente.
Si chiama manovra a tenaglia o, per i puntigliosi, aggiramento.  Da una parte la svalutazione di chi racconta la leader partendo dal tacco e dalla camicetta, dall’altra il far coincidere la competenza con la capacità di cura, che a quanto pare sempre femminile resta, e – in tempi di tripudio per la maternità – con la “naturale” inclinazione alla cura medesima.
La politica, in questi casi, resta sullo sfondo. Non casualmente, le donne che politicamente sono sensibili alle questioni che davvero riguardano le donne, e a quelle centrali per la nostra società, non vengono mai descritte come “materne, sensibili, accudenti” eccetera: vengono attaccate, e basta (pensate a Laura Boldrini o Giusi Nicolini, o a Michela Murgia quando si candidò alla Regione Sardegna, per fare tre esempi).
Non è neppure questione di farsi un paio di domande prima di festeggiare Theresa May, prima ministra inglese, “in quanto donna”. E’ questione di non precipitarsi, in automatico, a parlare di potere femminile, senza chiedersi come quel potere viene usato, e al servizio di chi. Ma, appunto, questo significherebbe accettare l’assioma che non piace: i femminismi sono politici, o non sono. Pazienza.

11 pensieri su “AGGIRAMENTO: SU THERESA MAY

  1. il problema è questa idea di abilità femminile in politica legata a quella che si continua a volere come innata abilità di cura e di contabilità casalinga, piaccia o non piaccia, resiste per il semplice fatto che la realtà, nella maggior parte dei casi, è ancora questa.

  2. Intanto la comunicazione mediatica della nuova elezione femminile è, come sempre, generalista e piuttosto rozza. Sulla necessità di ripensare il femminile politico ovvero di coniugare il potere diversamente dal modello unico maschile è evidente che non basta essere donne e neppure avete competenze. È necessario, per rubare le parole a Concita D Gregorio, avere il coraggio di dire dei no. Se qualcuno ti ha messo lì o se ci sei arrivata grazie a un gruppo di potere che si aspetta di poterti manovrare, tu ti distingui se non sei ricattabile, se dici dei no. Magari ti fanno fuori, fanno in modo che non avanzi ulteriormente di carriera. Sono ipotesi di scuola, dirà qualcuno, oppure semplicemente scelte politiche.

    1. E perché mai, Picobeta. Ci sono miliardi di argomentazioni simili ogni giorno, che saltano agli occhi più o meno a seconda del pronunciante. Si commenta, come sempre, da solo. E le responsabilità del gentiluomo, e di altri, un bel giorno verranno tutte al pettine.

  3. aldilà dei toni manzoniani (verrà un giorno … ), mi viene da associare la sua reticenza a tre possibili cause che non si escludono tra di loro
    – il molestatore giornalistico è intoccabile
    – la molestata non è degna di attenzione
    – chi le ha segnalato il fatto è un rompiscatole

  4. parliamo di sfumature lessicali, quelle cioè che aiutano a distinguere tra le operazioni fatte a comando e le operazioni non fatte per quasi sistematica scelta.
    E tesoruccio in un blog non me lo ha mai detto nessuno

  5. Sulla Cura e sulla sua benefica nobiltà ci aggiorna in maniera delicata e sobria Severino Cesari su facebook. A lui non interessa distinguere tra curatrici e curatori, il suo corpo individuale è diventato metafora di tutto ciò che merita terapie miglioratrici, quindi anche del corpo socio-politico in generale. Lei, invece, Lipperini, ancora perde tempo a domandarsi se la Cura vada assegnata a questo o a quel gender.

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