QUANDO I MAESTRI SONO TROPPI, GLI ALLIEVI SPARISCONO

Quel che mi colpisce della ricerca Censis (La trasmissione della cultura nell’era digitale-Un’inchiesta sul sapere) realizzata con Treccani, non è il dato, noto, sul basso numero di laureati rispetto alla media europea, né sul basso numero dei lettori, e neppure sulla “deriva elitista” della cultura. E neppure sulla trasmutazione antropologica secondo la quale non si riconosce autorevolezza a chicchessia. Sono cose, temo, note da parecchio.
Quel che mi colpisce, al netto delle polemiche sulla metodologia usata (qui Gino Roncaglia, qui Tullio De Mauro), è la classifica. Le classifiche, anzi. In quella che riguarda la figura ritenuta più rappresentativa della cultura, al primo posto c’è lo scienziato, indicato dal 22,2% degli intervistati. Poi un generico intellettuale (19,3%). Al terzo posto il filosofo (15,7%) e al quarto gli insegnanti (14,9% ). Solo al quarto (che il politico sia ultimo, con lo 0,3%, è ulteriore motivo di riflessione, ghigni a parte).
L’altra classifica riguarda i luoghi simbolo della conservazione e della trasmissione del sapere: in testa Internet, con il 27,6% , a seguire la biblioteca  (26,1%)  e poi il liceo e l’università (25,8%). Terzo posto.
Giacomo Stella, nel pamphlet Tutta un’altra scuola, affronta questo punto: scrive esplicitamente che in mondo in cui “tutti sanno di poter sapere tutto” la figura dell’insegnante è considerata – quasi – superflua e invita a ripensare molto, se non tutto, il funzionamento della scuola medesima.
Quel che turba me, è che non è più vero che quando l’allievo è pronto il maestro appare. Cosa succede, quando nessuno – giovani e adulti – è disposto a entrare nel ruolo di allievo? E cosa succede in un mondo dove ciascuno si sente maestro?

7 pensieri su “QUANDO I MAESTRI SONO TROPPI, GLI ALLIEVI SPARISCONO

  1. Per contrappasso mi trovo ora io nella scomoda posizione di dover criticare un’indagine per la metodologia, dopo essermi molto speso, nel passato recente, contro i contestatori “a prescindere” (quelli che i numeri che non piacciono non possono essere affidabili). Però in questo caso la critica ci sta tutta, perché a) un campione (auto)selezionato in quel modo (utenti del sito CENSIS) è tutto fuorché rappresentativo e b) il questionario è fatto davvero molto, ma molto male. Uno studente che prepara l’esame di ricerche di mercato l’avrebbe fatto meglio, e non sto scherzando. Il che la dice lunga, a proposito di autorevolezza, su come si sia ridotta un’agenzia come il CENSIS. Per mancanza di tempo ho letto solo la critica di Gino Roncaglia, che è puntualissima e del tutto condivisibile. Un esperto di sondaggi non avrebbe potuto argomentare meglio.
    Fatta questa necessaria e lunga premessa, è comunque interessante ragionare sul fatto che un campione di utenti, non rappresentativo della popolazione ma comunque specchio di un universo di persone suppostamente evolute (al sito del CENSIS non si iscrivono, di solito, persone con scarsi interessi), abbia risposto come ha risposto.
    Personalmente, questa classifica mi richiama in modo forte l’interazione quotidiana che ho con colleghi più giovani e tecnicamente molto preparati (parliamo soprattutto di quants: statistici, matematici, ingegneri, esperti di finanza, ecc.), che a mio avviso sono clamorosamente carenti di uno sguardo organico sul mondo, del quale non avvertono nemmeno la necessità. Alla rapidità con cui sono capaci di scovare nozioni (proprio nozioni) in rete o dovunque si trovino, fa riscontro una sorta di amputazione della capacità di assemblarle in una visione del mondo, che evidentemente nessuno ha insegnato loro a costruire. Purtroppo non avvertono, è verissimo, l’esigenza di maestri; e se è vero che il maestro arriva quando l’allievo è pronto, questi ragazzi non sono pronti per definizione, perché non avvertono minimamente l’esistenza delle proprie lacune e di conseguenza nemmeno il bisogno di colmarle. Mi scuso se sono stato sbrigativo e ho forse tagliato con l’accetta concetti che andrebbero espressi in modo più circostanziato, ma oggi purtroppo il tempo a disposizione è quello che è Emoticon smile

  2. @Maurizio
    “Contestatori a prescindere”? Ehehehee. De te fabula narratur
    In ogni caso, Lipperini, di cosa si stupisce? È lei a considerare gli insegnanti da un punto di vista ideale e astratto prescindendo dalla realtà. Invero, il resto della popolazione tende a vederla per com’è statisticamente: mandrie di analfabeti che educano gli asini a rimaner tali.
    Prendiamo un tema che le sta a cuore da sempre.
    Le donne rappresentano il 79% del corpo docente. Una percentuale che sale fino a quasi il 100% nelle scuole dell’infanzia, al 95% nella scuola primaria, all’85% nella scuola secondaria di primo grado. Nella scuola secondaria di secondo grado sono al 58%.
    Cosa possiamo dedurne volendo evitare ovviamente misoginie ingiustificate e volendo ad esempio valutar ciò a beneficio dell’educazione alla parità dei generi e del ruolo della donna nella società di cui tante come lei si lamentano? Che se fallisce in una scuola in cui la presenza di insegnanti donne nelle primarie e secondarie è da sempre dominante se non assoluta è ovvio che la responsabilità sia degli insegnanti. Allarghiamo l’orizzonte: siamo ultimi nelle principali classifiche di competenza matematica a livello europeo e negli ultimi posti in altre categorie afferenti alla razionalità. Di chi sarebbe la colpa? Del genus italico, che magari legge troppi pochi libri di narrativa nel tempo libero? Potremmo al contrario dichiarare che il problema italiano è l’eccesso di letteratura, non il uso difetto, a scuola e nel privato. Letteratura: quindi diletto, svago oppure opinioni arbitrarie su come vada il mondo.
    Saremmo tutti d’accordo sul fatto che l’insegnante sia teoricamente un ruolo sacro. Proprio per questo non può godere di statistica stima in Italia poiché ciascuno ha una biografia e ha un’idea statisticamente verificabile della quantità di impresentabili incompetenti, quando non affetti da turbe, che popolano la scuola. È già tanto che lo scienziato emerga come ruolo di riferimento sebbene seguito al terzo posto, e con distacco di soli 7 punti, dal filosofo, che è forse la figura più inadatta (e disadattata) a capire la modernità che ci circonda.
    Il fatto che dalla scuola superiore e universitaria escano delle autentiche capre, invece di bocciare e interrompere gli studi agli esordi di una mediocrità palesata, dovrebbe far riflettere dove stiano le colpe. Ovvio che una genia di insegnanti scarsi produrrà un numero elevato di mediocri che non trovando impiego riterrà opportuno obbedire alla regola troppe volte dimostrata del “chi sa fa e chi non sa insegna”. Ma per fare ciò occorrerà evitare selezioni dei discenti fin dalle superiori, altrimenti chi ce lo pagherebbe lo stipendio se gli asini non arrivassero a trent’anni finanziandosi una lunga preparazione sovente pleonastica, autoreferenziale quando non inutile se non dannosa?
    Già la parola cultura è uno di quei lemmi da non usare mai oggi senza sentirsi ridicoli nella propria vanagloriosa retorica, non mi pare grave che le capre sappiano collocare in graduatori almeno i caproni, ovvero i propri padri e madri intellettuali per almeno dieci anni obbligatori nella loro transumanza quotidiana.

  3. Il povero hommequirit non capisce che alla riga terza, quando usa”Lipperini” come uno squillo di tromba, è già disvelato a dispetto dei suoi millemila pseudonimi. Ok, intervenga Saint Just, di nuovo.

  4. Loredana è troppo signorile, chiama in causa la fatica. Io avrei in serbo esclamazioni più colorite, hommequirit. Va da sé che il giorno che deciderà di duellare a volto scoperto io sarò lì ad aspettarla. A pie’ fermo 🙂

  5. Parlo per esperienza “differita” dato che molti dei miei amici sono insegnanti, il problema secondo me è puramente generazionale: molti insegnanti si sono formati in un ambiente che ancora non prevedeva internet perciò si trovano ad affrontare studenti che parlano una lingua quasi totalmente diversa.
    Per dire, quanti sono gli insegnanti che prendono i passaggi dei temi/ricerche degli studenti e li passano su Google per vedere se sono stati ricopiare di sana pianta da Wikipedia o qualche altra parte?
    Ecco in un mondo così non fatico a credere che tanti allievi si sentano furbescamente superiori agli insegnanti.

  6. Temo si faccia confusione sul ruolo degli insegnanti e della scuola: se è un ruolo “tecnocratico”, beh, la maggior parte degli insegnanti sarà sempre scavalcata dai propri allievi; ma se il ruolo è quello di “dare i fondamentali”, allora scuola e insegnante hanno e avranno sempre un ruolo basilare e insostituibile.
    In un mondo in pericolosa accelerazione l’unico antidoto possibile è una riflessione che si prenda il suo tempo. In un mondo tecnocratico l’unico antidoto possibile è conoscere le carte e l’uso della bussola per poterci navigare senza naufragare. Per non parlare della “variabile umana”, mai modificatasi in millenni di evoluzione antropologica.
    Allora il “sapere” avrà ancora senso, compreso quello più classicamente inteso.

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