QUI BRAUNSCHWEIG

Braunschweig (Germania). Parlo con la docente universitaria che stasera presenterà i miei libri su iniziativa dell’Istituto di Cultura. E’ nata in Italia ma, racconta, “non tornerebbe mai”. Lei è stata assunta dall’Università al settimo mese di gravidanza, ha potuto portare i suoi bambini, piccolissimi, con sè alle lezioni e anche allattarli. Quando le racconto delle madri italiane che perdono il lavoro perché incinte, mi dice “non si può”. Le porto i dati dell’Istat e le spiego che si può e si fa.
Parliamo di congedi parentali, di modelli, di pubblicità. Come mi era già successo a Stoccolma, le dico che ho notato che le donne della pubblicità sono donne normali, di qualsiasi età. Anche in strada, non si percepisce l’obbligo dell’iperfemmina sempre truccatissima e taccomunita. Annuisce. “Quando sono arrivata in Germania – mi racconta – ho avvertito immediatamente una differenza: venivo guardata come persona e non valutata in base al mio aspetto fisico. Quella valutazione, che c’era comunque, com’è naturale, veniva tenuta separata come una faccenda privata, non influiva sul lavoro, sui rapporti di amicizia, su nulla. Se in Germania vedessero le pubblicità italiane, direbbero che chi le ha realizzate ha un rapporto malato con il sesso”.
E’ come, aggiunge, se in Italia non si facesse educazione sessuale a scuola. “Infatti, le rispondo, non esiste una legge in materia. Si fa in modo discontinuo, quando si fa”.
Le cito alcune delle pubblicità che hanno circolato negli ultimi mesi, e lei sgrana gli occhi. Non ho avuto il coraggio di dirle che, oltre a quelle, abbiamo anche le mutande Bunga Bunga Dance.

31 pensieri su “QUI BRAUNSCHWEIG

  1. E vogliamo parlare del killeraggio mediatico ai danni di Vanessa Incontrada? Critica la figura delle veline e viene seppellita da Studio Aperto e uno tra il Giornale o Libero, adesso non ricordo bene…

  2. In Austria è la stessa identica cosa. In tv non esiste la figura della valletta mezza nuda e negli ambienti di lavoro si vedono donne, non le loro caricature truccate e ingioiellate.
    Le mutande in effetti fanno rabbrividire. Ma se un’azienda lancia un prodotto del genere avrà fatto unìindagine di mercato e se il mercato tende a queste derive con chi ce la prendiamo? Cosa facciamo mettiamo dei limiti alla libertà di mercato? No: educhiamo i giovani a non volere queste stupidate. Ergo, l’unica risorsa, come in tanti altri settori in crisi, è la SCUOLA. Certo con i tagli degli ultimi periodi la tendenza sarà incontrovertibile

  3. Oh mio dio non sapevo…La mutanda bunga-bunga lascia senza parole anche me (ma a Intimissimi sono completamente fuori?), immagino la docente braunschwegina.

  4. Vivendo in Olanda, riconosco tutto, anche se poi farei i dovuti distinguo tra quello che prescrive la legge, e la realtà delle madri (anche laureate e professioniste) con lavoro part-time da quando hanno i figli perchè il mercoledì i bambini escono da scuola alle 12 e i doposcuola costano un occhio.
    Come in Italia se lavori per un’ istituzione o per il pubblico ci sono certe condizioni di lavoro, se stai nella piccola azienda o nella multinazionale, sei carne da cannone come tutti (ma certamente, mai ai livelli italiani).
    E comunque e non solo per le possibilità di conciliare lavoro e famiglia, neanche io tornerei in Italia.

  5. Io ricordo nel dicembre scorso quando tornai a Natale in Italia e rimasi colpito dalla ubiqua presenza di culi, tette e pacchi racchiusi con vario successo in mutande e reggiseni di varia grandezza. Io sono uno di quelli che crede che le mutande si vendano mostrando i corpi, per cui non ci trovo niente di male nel mostrare un bel sedere in una mutanda striminzita: pero’ quello che mi colpi’ fu che mi pareva ci fosse SOLO quel tipo di pubblicita’ sui cartelloni. Ovunque mi girassi c’erano mutande: alcune chiedevano di essere strappate, altre stavano scivolando dai fianchi (come faccia una mutanda a scivolare dai fianchi, se di buona fattura, e’ per me un mistero), altre si mostravano in posizioni che credo siano fastidiose.
    E poi mi stupirono molte inquadruture delle foto, quasi di natura medica: nel senso che erano riprese da angolature che credo vengano naturali solo ad un ginecologo.
    E’ come se l’Italia fosse ormai un paese basato sulla vendita di mutande di varia fattura. Non c’era altro.
    Siccome manco dall’Italia dal 1997, e torno ormai una volta all’anno, non saprei dire quando e’ cominciato. Ma di sicuro e’ successo.

  6. Verrebbe da dire che siamo un paese di pazzi e pazze. Pazzi perché se non altro nell’esasperazione degli ultimi 15 anni si è anche vista la rovinosa ricaduta di una certa mentalità ‘arretrata’, nel suo complesso. In realtà siamo un paese di impauriti, secondo me. Almeno vale per dove vivo ora. Non è solo ignoranza, è anche paura di non avere alternative realizzabili, senza pagare un prezzo… sconosciuto.
    La risposta agli esempi di modelli e comportamenti diversi non è mai negativa, sinceramente: è la solita frase che ‘Beati loro, là riescono a farlo. Qui, figurati!’.
    A questo punto penso che bisognerebbe seriamente occuparsi degli adulti: corsi di formazione permanente, in cui una comunità può, se vuole, interrogarsi sui meccanismi interni, sui modelli, e soprattutto sul vantaggio di cambiare. Vantaggi reali, non ideali…

  7. Demonio, hai ragione. Il problema non è l’uso del corpo femminile (e maschile, come sottolinei giustamente): è che c’è solo quello. E’ esattamente questo di cui non si capacitava, ieri sera, la docente: stasera c’è l’incontro col pubblico e domani vi racconterò altre reazioni. Quelle colte fin qui riguardano proprio “l’ossessione italiana”, così viene – ahi – chiamata.
    Manifesto del Pd. Parliamone, eccome. Noto che moltissime donne (e uomini) si stanno mobilitando su Facebook. Corrente Rosa ha mandato una lettera alla presidente Pd Rosy Bindi e credo che le proteste stiano montando. Il punto è, almeno secondo me, che si sceglie una determinata campagna per pura pigrizia o disattenzione. O forse non si riesce a vedere il problema (il che è più grave).

  8. Lettera di Corrente Rosa:
    Gentile Presidente,
    La nostra associazione Corrente Rosa, apolitica, che difende i diritti delle donne e la parità tra i sessi dal 2006, ha trovato di scarsissimo gusto il manifesto d’invito alla Festa dell’Unità del 23 giugno rappresentata dalla parte inferiore del corpo di una donna che tenta di nascondere le gambe tenendo con le mani una corta gonna rossa sollevata dal vento. La versione al maschile del manifesto è rappresentata invece dallo stereotipo dell’uomo professionista che lavora, mostrando la parte superiore del corpo, la cui cravatta è sollevata dal vento.
    Consideriamo, come moltissime donne che si stanno in queste ore sollevando dall’indignazione, che la rappresentazione parziale e svestita del corpo di una donna lede la nostra dignità, ci riduce al rango di oggetto e non ci consente di costruire la nostra identità professionale e ancora meno politica. Inoltre, a nostro parere questo non pone un esempio positivo per le giovani donne che si stanno affacciando sul mercato del lavoro.
    Lo slogan “CAMBIA IL VENTO” abbinato a questa immagine è in evidente contraddizione. Nessun vento sta cambiando Presidente, c’è sempre lo stesso scirocco soffocante del maschilismo di basso livello, che con questa ulteriore azione dimostra la sua assenza completa di considerazione per le tematiche di genere. Le tematiche di genere riguardano tutti in quanto dimostrano il livello di civiltà di un paese.
    Ci rincresce pensare cara Presidente che proprio Lei, ha preso con coraggio e grande eleganza la nostra difesa nei confronti del Presidente del Consiglio, quando gli rispose: “Presidente, non sono una donna a Sua disposizione”. Questo ci aveva fatto sperare che il principale partito dell’opposizione avrebbe preso delle misure per contrastare la rappresentazione mediatica e mercificata della donna assunta dal PDL. Capiamo invece che anche il PD per attirare il cittadino (uomo) ad una festa, deve utilizzare una parte del corpo della donna.
    Noi cittadine, ci sentiamo insultate e non coinvolte in questa campagna e boicotteremo la Festa dell’Unità se il manifesto di cui alla presente lettera non sarà immediatamente tolto. Inoltre le chiediamo che il PD vigili alla rappresentazione delle donne nelle sue campagne pubblicitarie suggerendo che ci sia un comitato paritario composto di donne e uomini che le approvi.
    In attesa di una Sua cortese e inequivoca risposta, Le porgo i miei distinti saluti,
    Serena Romano
    Presidente
    Corrente Rosa

  9. concordo sulla gravità del fatto che chi ha prodotto la campagna di comunicazione per la festa del pd romano veramente non capisce dov’è il problema. e questa è la prova incontrovertibile dell’incolmabile distanza tra i partiti politici che dovrebbero rappresentare l’opposizione e la realtà, perchè ci sarà un creativo che l’ha pensata (mai una creativa…) ma c’è anche chi l’ha commissionata e approvata, e sono dirigenti di partito, o no?
    c’è bisogno di aria fresca, di persone che abbiano dei progetti politici seri non di slogan che producono l’effetto contrario rispetto a ciò per cui sono pensati…
    o almeno cambiassero agenzia.. (scherzo)

  10. demonio mi ha fatto ridere:))) ma tutti gli amici stranieri che vengono a trovarmi hanno regolarmente la sua stessa reazione. E io Loredana la tua quando andai la mia prima volta in Germania tipo oramai 14 anni fa.
    Sul manifesto del pd. Sono contenta che ci sia un bel po’ di sollevazione popolare, su fb e non – come ignorano gli innominabili con cui abbiamo discusso fino alla nausea so anni che denunciamo il problema del sessismo delle sinistre. In fondo sinistra e destra ora si contendono la questione femminile in termini di complemento di argomento ma in nessuno dei due casi l’elettrice è mai considerata un destinatario ma qualcosa di cui parlare con i destinatari. Cosce appunto.

  11. molto bene la lettera di Corrente Rosa a Rosy Bindi!
    sono della tua opinione, @Loredana: certe cose si fanno pigramente, distrattamente, scarsamente pensanti…

  12. Sul manifesto del Pd a Roma, se siete curiosi/e, c’è stata la solita discussione fra chi si scandalizza e chi accusa gli/le scandalizzati/e di essere bacchettoni/e e moralisti/e sul mio profilo Facebook. Che barba.
    In più, si è trovato il sito da cui la foto è stata acquistata a poche euro dai grafici dilettanti che evidentemente ci hanno lavorato. Insomma, quelli che hanno fatto quel manifesto (e i loro committenti) non sanno nemmeno di stare al mondo:
    http://www.facebook.com/giovanna.cosenza

  13. Anche alcuni diversamente ironici hanno trovato modo di esprimersi sulla vicenda “Diversa l’interpretazione data dai giovani del Pd del quinto Municipio della capitale, secondo cui la minigonna del manifesto non rappresenta affatto lo stereotipo femminile della donna-oggetto, ma è anzi il simbolo di una rivoluzione di 40 anni fa, quella femminista, che ha reso le donne più libere e padrone del proprio corpo.”

  14. La mia pietra di paragone, più che la Germania (dove sì, vado da un po’ di tempo ogni anno, ma troppo poco per fare sistema) è l’Inghilterra. Paese bellissimo ma spesso faticoso. E sicuramente anche lì pare che ci sia altro da vendere oltre che mutande. Anche se, lo devo dire, io son di quelli che è vissuta all’estero e poi è tornata. Spesso mi chiedo perché. Sempre so che in altre cose sarei stata meglio là. Ma tutto sommato rifarei la scelta che ho fatto.

  15. L’insipienza di questo cartellone dal punto di vista comunicativo è allucinante, sembra una presa per i fondelli: cosa scelgono al Pd per rappresentare le cittadine che sono scese in piazza in massa schifate contro la cultura maschilista, contro un certo uso del corpo delle donne ecc.? Due cosce al vento! Perfetto. Geniale.
    “si sceglie una determinata campagna per pura pigrizia o disattenzione. O forse non si riesce a vedere il problema”.
    Secondo me in questo caso è stato un bel misto delle due cose: in cinque minuti a me sono venute in mente varie alternative alla gonnella svolazzante – un foulard, un cappellino, per stare su capi di abbigliamento prettamente femminili. E adesso poi voler anche dire che è una scelta consapevole, una citazione del femminismo storico…per favore! Andassero a lavorare da intimissimi!

  16. Mamma mia che impressione che mi fanno i commenti all’articolo della Soffici citato da Robi! Ma siamo sicuri che stiamo tutti dalla stessa parte?

  17. come segnalato qui (http://dalomb.blogspot.com/), la foto pare sia stata scaricata da qui (http://www.istockphoto.com/stock-photo-16231685-female-legs.php?st=5304829), insomma da un comunissimo sito/archivio di foto. Trovo ‘interessanti’ la descrizione: «sexy girl`s legs with pink skirt that’s blowing in the wind» e le parole-chiave: skirt, wind, ecc.
    insomma, i grafici incaricati dal PD (romano?) sono andati su questo sito/archivio. E poi? hanno digitato per prima la parola wind (vento)? o skirt (gonna)?
    Non si può che ribadire: certa gente fa le cose senza riflettere, senza rendersi conto…

  18. Sì beh, i giovani del PD se sono così arguti potevano almeno tenere presente che l’immagine avrebbe potuto prestarsi a doppie interpretazioni.

  19. Amiche che vivono in Germania non vedono tutta questa abissale differenza. In ogni caso invece di dire “non tornerei mai”, che torni e si impegni a migliorare questo Paese; troppo facile così, solo con le critiche.

  20. Sono d’accordo con francesca violi, e aggiungo che leggendo i commenti da varie parti vedo riproporre non solo il fastidio di molte donne verso questo manifesto, ma soprattutto il solito motivo del moralismo e del vetero femminismo. Aridaje! Ma insomma, in un paese dove ci sono ancora grandi problemi per le donne, all’esterno e all’interno delle famiglie, sul lavoro, nel sociale, nell’immaginario, ecc, ecc, statisticamente provati, quel manifesto è inopportuno, insensibile. Niente di grave. Però denuncia il rischio che tutte le problematiche sollevate dalle donne siano una bella verniciatina politicamente corretta, che si scrosta e fa venir fuori il vecchio. Il passato fino a ieri, il passato che non è in grado di dialogare con il progetto del nuovo. Perchè quando il cambiamento vero si acquisisce, si cambiano le modalità, si modifica l’approccio, si pensa ad altro, si produce altro a tutti i livelli.

  21. Le pubblicità della Tre sono una ciofeca…cioè, al primo spot (ricordate, la Mannino soffiava il Bova a una bionda aggiustando il motore della macchina in modo ingegnoso?) dicevo, maguarda un po’, è avanti questa pubblicità, hanno messo l’uomo gnokko e la donna simpatica e intelligente. Ma si vede che l’idea dell’uomo oggetto trattato un po’ da scemo da una donna brillante e per di più non bonissima non faceva vendere tanti telefoni…Dopo un po’ la Mannino è stata affiancata dalla classica bonazza poco favellante, che al ristorante stampava un bacio sul telefonino del raul. Lui ovviamente prendeva a sbavare per questa qua: che va bene la simpatia e l’arguzia, ma vuoi mettere un bel paio di cosce?

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