RAIMO E LE EMOZIONI

Christian Raimo scrive un articolo su emozioni e…stalking, on line su Minima&Moralia, e me lo segnala via mail. A mia volta, segnalo al commentarium.

6 pensieri su “RAIMO E LE EMOZIONI

  1. La vergogna è sparita nell’esibizione di noi stessi, in effetti. L’anonimato ci distrugge e quindi si sfasciano le statue del Pincio, si scrive sui muri, non si sa gestire nessuna forma di abbandono. Lascerei perdere l’abuso di psicofarmaci, caro Raimo, perché è un tema delicatissimo, non risolvibile in una cartella. Di contro l’esibizione del sé diventa reato quando ci sono di mezzo emozioni amorose, amicali, ovvero puoi scrivermi ti amo sul muro, ma non puoi interagire con me. Ti allontano e penalizzo il tuo sentire. Lo stalking speculare a una confusione interiore, che ci vuole personaggi e non persone?
    Mancano le parole per dirlo, si diventa cinici e si cade nel sentimentalismo?
    “Ogni epoca ha il proprio sentimentalismo, il suo modo di esagerare certi strati della sensibilità. Il sentimentalismo d’oggi è egoista e disamorato; amplifica non i sentimenti d’amore ma il sentimento del proprio io.”
    Hugo Von Hofmannsthal, Il libro degli amici, 1922.
    Sembra il 2010?

  2. Una mattina siamo arrivati a scuola e abbiamo scoperto nel cortile asfaltato antistante una scritta a caretteri cubitali, anonima dichiarazione d’amore ad altrettanto anonimo oggetto d’ammirazione (una “lei” che però dev’essere stata in grado di riconoscersi grazie al tenero soprannome usato). Qui però trovo gli estremi di un “romanticismo”, cioè l’autenticità di un sentimento incontenibile: non tutti devono sapere quanto ti amo, ma tu e solo tu devi sapere quanto sono disposto a rischiare (venire di notte, sfidare le autorità ma anche il pubblico ludibrio) per dichiararti il mio amore.
    Il caso è ben diverso dalla spudoratezza di cui si parla nell’articolo di Raimo (che leggo sempre volentieri) e nel libro di Belpoliti (che ho messo in lista di lettura). La gente che va a riappacificarsi o a insultarsi nei talk show, e che esibisce in Rete le proprie passioni, mi pare appartenere piuttosto all’ambito degli alienati dello “spettacolo”, cioè la pulsione che li domina è molto più narcisistica che erotica, e con questa siamo all’antitesi del romanticismo, in pieno delirio mimetico. E’ una delle cose a cui penso con maggiore frequenza: da quando la fotografia ci ha permesso una rappresentazione oggettivata e manipolabile della nostra persona, è come se si fsse aperto uno scenario stabile in cui non si può non prendere dimora, pena l’esclusione non dico dall’ambito del valore, ma addirittura da quello dell’essere.
    Come non riflettere (con un po’ di inquietudine) alle dichiarazioni degli antropologi di qualche decennio fa, i quali affermavano che i membri delle tribù “primitive” rifiutavano di farsi fotografare, perchè l’immagine gli rubava l’anima?

  3. In parte condivisibile l’articolo, però quando penso alla legge sullo stalking non penso alla moglie delusa e abbandonata, penso al marito/fidanzato/convivente o ex che si apposta sotto casa o al posto di lavoro per fare piazzate epocali, che minaccia e intimidisce fisicamente, che esibisce armi, che telefona e invia sms in continuazione, insomma tutto il repertorio delle cronache giudiziarie.
    D’altra parte perchè imparare a gestire la propria aggressività quando perfino sugli accendini si rappresentano pregevolmente a sbalzo figurine discinte di donne in ginocchio legate per i polsi (giuro, visto nella vetrina di un tabaccaio nella serie Cool di una nota marca che comincia con Z)?

  4. Gli spunti nell’articolo di Raimo sono molti. Condivido il fatto che dopo aver preso atto che le emozioni esistono e fanno parte a pieno titolo del corredo umano, dovremmo essere educati a riconoscerle e conviverci al meglio, per il bene nostro e di quello degli altri.
    Mi pare che l’Organizzazione Mondiale della Sanità avesse inserito, già nei primi anni ’90, la gestione delle emozioni nelle ‘life skills’ utili alla vita di una persona e alla società tutta e, come tali, auspicava che fossero insegnate nelle scuole. Auspicio rimasto, come molti altri delle uorganizzazioni internazionali, nel libro dei sogni.
    Per quel che riguarda le esternazioni scritte sui muri, credo che quelle degli ultimi anni, segnate in genere col gesso sui marciapiedi, siano un lascito, insieme ai lucchetti, dei libri di Moccia. Sinceramente non le trovo fastidiose, anche perché è ad una frase scritta a lettere cubitali su un palazzo all’angolo di Porta Maggiore in tempi più lontani che devo buona parte della mia educazione sentimentale.
    Diceva: SONIA TI AMAVO.
    Mi si è parata davanti agli occhi, giorno dopo giorno, negli anni anni della mia adolescenza.
    Senza rifletterci granché ho interiorizzato, come cosa normale, il fatto che l’amore può essere coniugato anche al passato, e quando questo accade bisogna saperlo accettare. Punto.
    Questa notazione l’ho fatta, però, non tanto per le scritte quanto per lo stalking, che anch’io percepisco allo stesso modo di marzipan.
    Ci sono degli stalkink persecutori, messi in atto soprattutto da uomini che sono stati lasciati dalle loro compagne, che preludono ad omicidi. C’è poco da scherzarci su.

  5. E’ un bellissimo articolo – Raimo è una persona autenticamente per bene – mi piace come è scritto, e ha delle suggestioni.
    Però io non sono molto d’accordo. Ho nel curriculum anni di telefono rosa, e so che quando una donna telefonava per problemi di stalking, aveva per bene distinto il patologico dal normale, la relazione dal fuori della relazione. Lo stalking è una patologia correlata alla cultura ma da una cultura che ha una matrice più solida e arcaica del fanfaronismo sessuale di oggi. Lo stalking è la cerimonia sessuale sclerotizzata e patologizzata.
    Il maschio che teatralmente corteggia la femmina, con grande esibizione è icona classica della cultura mediterranea e non. La femmina deve essere assediata e quasi obbligata, perchè tanto – quando dice no in realtà è si. (“Odio le europee” dice la simpatica Meg Ryan in French KIss: “quando io dico no è no! quando io dico si è si!” Rinfacciando al vecchio mondo le logiche arzigogolate ma anche un altro modo, quello nord americano di intendere i rapporti di genere. Non completamente diverso, ma certo un bel po’ diverso) Lo stalking è di fatto la versione DSMIV della serenata, della cascata di fiori nella camera da letto, del corteggiamento trionfale, che svalca la volontà di lei. Ma è la versione patologica, non è la normale determinazione. Quando una persona lo subisce si accorge perfettamente – per esempio – della totale pretestualità della sua figura, del fatto che l’amore è copertura di altro, il rito sociale mezzo del rito psicologico. Non è questione di uno striscione – questo è ingenuo. E’ questione di venti telefonate al giorno, di uno che ti dice se esci di nuovo col tuo nuovo compagno io mi ammazzo. Di uno che ti si acciambella sullo zerbino di casa. Quando ci stai in mezzo da vittima, capisci che tu sei corpo di un’ossessione privata e questa sensazione chiara di essere il pretesto di un profondo male, ti mette persino sotto ricatto.
    Il ricatto patologico e culturale è quello di sempre. Sii cosa. Non soggetto ma oggetto.
    L’esuberanza degli adolescenti no – non ci ha niente a che vedere. Non mi disturba e anzi, la trovo deliziosamente sana. Tanto per uno che esplode Christian può stare tranquillo:) ce n’è almeno un altro paio a casa che scrivono poesie:)

  6. L’attualità ci riporta a questo post. E’ di questi giorni lo stalker non seriale ma di gruppo, che ne ammazza due per volta. Con buona pace di chi giustifica ogni orrore con l’innamoramento. Evidentemente questo signore riusciva ad essere mortalmente innamorato di due donne alla volta.

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