Ancora su Eroi di carta di Alessandro Dal Lago. La redazione di Carmilla ha pubblicato un lungo post dove analizza il saggio. Il post si chiama L’uomo che sparò all’autore di Gomorra. Leggetelo.
di Loredana Lipperini
Ancora su Eroi di carta di Alessandro Dal Lago. La redazione di Carmilla ha pubblicato un lungo post dove analizza il saggio. Il post si chiama L’uomo che sparò all’autore di Gomorra. Leggetelo.
Letto.
A chi dispiace che Saviano sia un’icona (cioè non semplicemente il ritratto di un soggetto umano con le sue parole opere e omissioni, ma un simbolo su cui chi ne è in grado proietta la propria coscienza morale, la propria implicita richiesta di un eroismo che trascende la prosa del mondo e, perchè no, il proprio sentimento religioso che può laicamente declinarsi in termini di assoluta serietà della vita)?
In prima istanza mi verrebbe da dire: a chi ha confuso l’intelligenza con la ragionevolezza, al vetero illuminista che è capace solo di demitizzazione e come quei farisei di cui parla il Vangelo non solo non entra nel Regno dei Cieli (leggasi il Valore) ma impedisce che altri vi entrino per puro e semplice risentimento. Di questo tipo mi pare la posizione di quel tale Dal Lago (ma non ho letto il suo libro)
Fa bene la redazione di Carmilla a sottolineare che Saviano è entrato nel mirino della camorra non per le sue apparizioni televisive ma per le sue inchieste (che precedono Gomorra). Fa bene anche a definire come Gomorra sia un’operazione letteraria (discutibile finchè si vuole) e non una strategia promozionale per portare Saviano a chissà quale posizione di potere.
Dopodichè, però, si potrebbe prendere atto senza tante storie che è la sensibilità popolare a individuare in un’immagine pubblica un’icona. Lo è stato per Berlusconi (su cui la piccola borghesia proietta il proprio arrivismo e il proprio sbrigativo pragmatismo), lo è per Saviano (su cui molti in questo disgraziato paese proiettano il proprio bisogno di pulizia, di coraggio, di legalità). E siccome il vero problema della sinistra è che può convincere (almeno in parte) il ceto intellettuale ma non il popolo perchè non ha icone da contrapporre a Berlusconi, io dico che si dovrebbe prenderne atto e chiedere a Saviano di avere coraggio fino in fondo. Il coraggio di rinunciare a diventare un santino (una specie di Padre Pio per laici) e di assumersi la responsabilità politica di contribuire a legalizzare concretamente questo paese.
Saviano for president. Perchè no?
Valter Binaghi, cosa intendi per responsabilità politica? Non sono sicura di aver capito, se Saviano è un santino, un’icona, un simbolo salvifico per molti o un simbolo del potere mediatico, è perchè non si è capaci di immaginarlo in un altro ruolo. Ma vale anche per l’impegno in politica, o no?
Paola, io me lo immagino benissimo in un altro ruolo. Di scrittore per esempio, visto che ho letto Gomorra. Il punto è un altro: le icone (nonostante quello che pensa Dal Lago) non si fabbricano: nascono dal piccolo miracolo di riuscire a parlare al cuore anche di chi non legge. E oggi la politica non può fare a meno di icone, se vuole creare consenso di massa (non è una cosa che piaccia a me, è un dato di fatto). Dal momento che in questo paese governa un’emozione (Berlusconi è un’emozione, qualcosa che condensa pulsioni di un certo genere), si può sperare che la parte migliore di questo paese trovi un simbolo diverso in cui riconoscersi, e io al momento non ne vedo altri. Berlusconi ha avvertito benmissimo il pericolo. Di Gomorra in quanto libro se n’è fregato altamente, ma quando Saviano ha cominciato ad apparire in televisione si è allarmato assai. Isn’t it?
@valter binaghi. Sono convinta che Roberto Saviano sappia giocare e sfruttare benissimo il suo ruolo di icona mediatica in senso civile, assumendosi anche in questo, e non solo nella denuncia che ha fatto in Gomorra, una seria responsabilità politica.
Non è legittimo chiedergli di più, non possiamo coprire con l’icona ‘Saviano’ i vuoti della sinistra, la sua mancanza di progetti e di idee. In questo senso sì che ne faremmo una figura speculare a quella di Berlusconi, cosa che ora non é, checché ne dica Dal Lago.
Grazie per la risposta chiara. Mi sto chiedendo se, continuando più o meno come ha fatto fin’ora,Saviano non riesca poi a superare, soprattutto a far superare, la sua stessa icona. Un po’ come dice Valeria, usandola in senso civile, facendola diventare qualcos’altro. Scusate, non sono chiara io, è che sto cercando una alternativa, e una evoluzione di Saviano, ma non so la direzione e il verso!
No ancora con il signor Dal Lago! Si è detto tutto il male possibile su questo tizio, che può scrivere quello che vuole, è nel suo diritto, ma il modo sciatto ed approssimativo con cui lo fa mi rende triste. Non ha letto Gomorra, non sa niente, usa un linguaggio mortificante. Proprio non gli si perdona questa storia che Saviano per motivi di opportunismo non parli mai male di Berlusconi e del governo. Non è vero. Ma con tutti i problemi che attraversano questo paese ancora con Dal Lago stiamo?
Facciamoci un regalo: dimentichiamolo!
“Amedeo Nazzari?”
“E’ morto, compagni, è morto! Lo so, lo so, Nazzari andava benissimo…”
(C. Guzzanti)
Ecco, proprio la strada che non andrebbe percorsa. L’affannosa, sempre più scomposta, ricerca di un nostro santo laico da invocare, o solo di un cavallo che vince, uccide ogni specificità positiva o qualità da valorizzare, o talento da tutelare.
Conosco uno che è un elettricista fenomenale.
Ottimo, facciamogli ristrutturare le ferrovie italiane.
Scusa, ma che c’entra?
Beh, perchè non sono piene di cavi elettrici, le ferrovie?
Il testo di Dal Lago, e l’operazioncina ad esso sottesa, vanno giudicate per ciò che sono, e nient’altro. Un testo semianalfabeta, di pochezza e sfondoni quasi inverosimili. E una manovrina di melma politica, nel perfetto stile dei suoi collaudati promotori.
Lasciamo a Saviano il diritto di scrivere, di raccontare, di coltivare la sua passione e il suo talento. Magari anche sbagliando, qualche volta.
Chè il diritto di vivere, quello gli è già stato inibito abbastanza.
L.
Scrive Dal Lago: «Non ci si rende conto che definire olocausto gli ammazzamenti di camorra significa violare ogni senso delle proporzioni, e quindi vaporizzare i fatti nelle iperboli?». Saviano non ha mai usato il termine “olocausto”! Robaccia. Speriamo che l’ometto, tempo permettendo, se ne vada a Filicudi e ci lasci in pace. E si porti dietro i fatti nelle iperboli…..
@Valeria
Oltre a Berlusconi e Dal Lago c’è anche qualcun altro a cui non piace l'”iconizzazione” di uno scrittore. Per esempio a chi, come me, ha sperato all’inizio che questo non accadesse: perchè questo avrebbe condizionato per sempre la vita di un giovane che magari un giorno si accorgerà di non averne più una propria, di vita. E perchè, un po’ snobisticamente forse, vorrebbe preservare la purezza della letteratura dalla volgarità della politica. Ma è successo, e non credo per volontà del solo Saviano. Quindi adesso il problema non è favorire o evitare questa “iconizzazione”, ma come spenderla per il bene di questo paese. In un paese normale, dove Destra e Sinistra si dividessero su tutto ma non sul culto della legalità e delle istituzioni, non avrei dubbi: Saviano deve restare super partes, un patrimonio di tutti.
Ma questo non è un paese normale.
Su Saviano salvatore della patria (sinistra) quoto Luca e il gigante Guzzanti – scusate la sintesi estrema, spero ci siamo capiti.
Quanto a Dal Lago mi ha deluso. Ha scritto cose ottime in altre occasioni, e ritengo sacrosanto l’esercizio dello spirito critico in ogni situazione (così come deleteria la creazione di santini ecc. ecc., quindi condivido in parte Bascetta), però stando alle ricostruzioni lette in rete questo suo lavoro è davvero fatto male, approssimativo, soprattutto esagerato nei modi, perfino nelle intenzioni (malaccorto se non malintezionato) e sbagliatissimo nella tempistica, vista la drammatica esperienza che vive Saviano. Davvero fuori luogo.
Ha scatenato un bel casino fra i lettori del manifesto.
Chiudo esprimendo la mia solidarietà a Saviano, per quel poco che vale
quoto vincent primo commento.
Dal Lago – semplicemente – abbasta. Moh pure Saviano semplicemente abbasta. Perchè ecco, reiterare questo dibattito su questa critica, vuol dire stare nel meccanismo dell’iconizzazione del Saviano e non nell’attenzione alle cose importanti che eventualmente dice, quando le dice. E’ un altro passo nella direzione della desostanzializzazione di Saviano. La critica daa seconda critica alla critica dell’icona del libro de Saviano!
No. Sento che siamo nell’area delle seghe alle code dei gatti.
Non producono niente.
Dal Lago è una grossa delusione. Aveva scritto libri molto interessanti sui migranti, ad esempio. Mi sembra un segnale della confusione mentale che regna a sinistra.
P.S:sempre estremamente lucido e divertente Luca.
@Zauberei
“Le seghe alle code dei gatti”
Ma dove le prendi ‘ste cose che mi fanno scompisciare?
Vabbene, c’è anche il diritto di annoiarsi e dire uffa, però i Carmilli non potevano non rispondere da par loro, dato che il libro di Dal Lago li chiama in causa in modo piuttosto pesante. E su non fate i superiori: questa “operazioncina” ha fatto abbastanza breccia in una certa sinistra, internet pullula di blog che dicono: finalmente qualcuno che sputa il rospo su Saviano e ripetono quello che dice Eroi di carta su Gomorra senza aver letto né l’uno né l’altro. Chiarezza va fatta sempre, altrimenti la confusione si diffonde.
Io sbuffo non nei confronti dei Carmilli, ma nei confronti della Loredanilla:) che puaretta c’è abituata e ha molta pazienza:)
Valter:) eh ci hai presente il Lessico Familiare quella roba li della Ginzbourg? Ecco, le seghe alle code dei gatti, sono una cosa che dice mia mamma quando vuole rimproverare le figlie perchè cincischiano, esitano etc. Casa mia in effetti è stata una palestra linguistica piuttosto creativa:)
sì, in realtà, queste estenuanti discussioni, pro o contro, sono un po’ come un pasto, rituale ma indigesto.
riguardo al paese anormale, di cui parla valter binaghi, a parte che non è detto che dobbiamo accettarlo come destino, non è che aggiungendo anomalia ad anomalia le cose diventino più accettabili.
Finisco con due link per chi vuole continuare la riflessione per conto suo.
Uno ad una puntata di Fahrenheit, dove si discute del ‘caso Saviano’, senza fare le seghe alle code dei gatti, come ha detto genialmente Zaub.
Segnalo in particolare l’intervento di De Silva (era stato invitato anche dal Lago, ma non si è capito per quale motivo fosse assente).
Il secondo link è a di Fahrenheit, per sottolineare come questo paese sia effettivamente anormale e che Saviano ne sia, senza sua colpa, una cartina tornasole.
In trasmissione viene presentato, con una bella intervista all’autore Walter Molino, il libro ‘Taci, infame. Vite di cronisti dal fronte del sud’. Nell’intervista c’è anche un accenno a Saviano (la cui vita non compare nel libro “perché già troppo famoso”), ma non è per questo che l’ho segnalata.
Me ne sono ricordata quando, leggendo il pezzo su Carmilla, ho trovato una citazione, condivisa mi pare, dall’articolo di Bruno Accarino ”
.
Scrive Accarino: “ci è cascato addosso, disseminato tra i molti guai che dobbiamo fronteggiare, un nodo tanto imprevisto quanto elementare: quello del coraggio individuale. Imprevisto perché l’Europa, dopo appena un sessantennio senza scannatoi di guerra (al suo interno, per altri territori il discorso è diverso), ci ha detto inorgoglita: potete rilassarvi e abbassare la guardia. Ecco perché la figura di Saviano si gonfia in modo abnorme, i latini direbbero che si è inflazionata”.
A parte che noi, per la faccenda di terrorismi strategie della tensione criminalità organizzate, facciamo parte a pieno titolo di quegli altri territori in cui la guerra non è mai finita, il fatto che l’eroismo di Saviano ci sia cascato addosso del tutto imprevisto è tutto a carico nostro, della nostra cecità, perche questo disgraziato paese non solo ha bisogno di eroi, ma di eroi, noti o ignoti che siano, ne ha pure tanti.
Questo è il motivo per cui condivido in pieno la frase di Brecht, ma non il discorso di Dal Lago.
Scusate mi sono saltati due link:
l’intervista a Walter Molino
e l’articolo di Accarino ‘L’imprevisto del coraggio individuale’
Con “ci è cascato addosso” secondo me Accarino non intende “a noi italiani”, ma “a noi di certa sinistra radicale”. La cecità è di persone come Dal Lago e Bascetta, e per eleganza Accarino si include in quel novero di non-vedenti ma almeno… ha visto la luce !
Penso che con questo articolo la questione sia chiusa: i Carmilli e la Janeczek hanno analizzato a fondo il saggio di Dal Lago smontandone le argomentazioni e la pretesa di rigorosità (cosa che non avevano fatto Sofri e Flores D’Arcais), e a questo punto non si può più dire che le critiche all’opera siano accuse di lesa maestà.
Detto questo, spezzo una lancia a favore di Dal Lago: il suo attacco contro Saviano ha generato una reazione che, per essere efficace, ha dovuto riprendere in mano Gomorra e ri-analizzarlo, un’operazione quanto mai utile visto che sino ad ora l’attenzione si era concentrata su uno dei messaggi dell’opera, e cioè il valore della parola, ignorando invece l’altro, il connubio tra criminalità organizzata e neoliberismo. Un messaggio che è stato necessario riprendere per rispondere alle critiche “da sinistra”, e che andrebbe valutato di più.
Insomma, nel momento in cui non si deve rispondere agli insulti di Fede, Berlusconi o di qualche internettaro, ma alle critiche (per quanto argomentate male) di una voce per lo meno autorevole, Saviano può essere difeso non come un santino, ma come un autore che ha scritto qualcosa di concreto. Penso che questo sia un fatto positivo, a prescindere dalla delusione che la condotta di Dal Lago può suscitare nei suoi precedenti ammiratori.
Saluti a Zaub, i lessici famigliari sono assai interessanti.
No dico venti commenti su dal lago e pochissimi su Saramago, stiamo veramente pisciando fuori dal vaso.
http://www.repubblica.it/cronaca/2010/06/23/news/quella_foto_shock_non_aiuta_saviano-5073331/?ref=HREC1-2
Per riflettere ancora sull’icona Saviano. Il ruolo ci piace, al ragazzo…
Mi risulta che non ci sia alcuna autorizzazione da parte di Roberto alla pubblicazione di una simile immagine e che, con ogni probabilità, intenda querelare.
Credo che ormai si sia superato ogni livello di guardia, e che tornare indietro sia molto, molto difficile. L’intossicazione comunicativa di questo paese è classificabile come una Chernobyl del linguaggio, che non può smettere di produrre le sue nefaste conseguenze quotidiane.
E quando i cadaveri si ammucchiano nelle strade, il tempo è propizio solo per gli sciacalli.
L.
Hai ragione, mea culpa.
Ma se Saviano ha tanti difensori appassionati online e sulla stampa (da Sofri a Battista, dal Secolo d’Italia al Manifesto), se ha risvegliato la coscienza civile e morale degli italiani, se ha dato voce alle vittime che non l’avevano, com’è che le conseguenze pratiche, sul campo, sono così minime se non inesistenti e che la lotta alla Camorra deve portarla avanti, come sempre e come può, la polizia?
Non è che, come diceva Auden, la poesia non fa accadere nulla e che, come dico io, quello che succede su Internet succede su Internet?
In pratica, e questa è l’accusa più seria di Dal Lago, non è che Gomorra è semplicemente letteratura consolatoria per chi non corre rischi ne’ è posto di fronte a scelte drammatiche (visto che il 99% dei lettori di Gomorra non vive in Campania)? ‘Siamo tutti Saviano’ con il bello che non dobbiamo nemmeno rimandare le vacanze?
Come ha giustamente fatto notare Skeight, il libro di Dal Lago ha permesso ha molta gente di dare aria alle trombe dell’indignazione e sentirsi come se avesse davvero fatto qualcosa di positivo in difesa del Bene, del Giusto e del Bello – persino meglio delle ripetute visioni collettive del dvd di Trecento o della vecchia cassetta con Italia-Germania 4-3 (la partita, non il film)…
Sascha, mi trovi un libro che da solo abbia cambiato lo stato delle cose e prodotto conseguenze nell’immediato, e io le darò ragione. Arthur Koestler fece forse cadere lo stalinismo lì per lì? No. Non per questo all’epoca qualcuno derubricò la sua denuncia a “letteratura consolatoria”. Mi sembra che si applichino a Saviano categorie che vengono usate solo per lui e per nessun altro scrittore. Gli “Scritti corsari” fermarono o almeno frenarono la “degenerazione antropologica” che denunciavano? No. E allora dovremmo pensarli consolatori? Perché per “Gomorra” si ragiona così ma non si ragiona così per alcun altro libro ?
Forse perchè Saviano e tutti i suoi ammiratori hanno puntato sulla categoria dell”efficacia’? Forse dovremmo intendere Gomorra come ‘prosa d’arte’? Saviano avrebbe scelto l’argomento della Camorra come puro esercizio di stile?
Se leggo Levi, Orwell o Solzenystin per i puri valori formali o, peggio, perchè li trovo ‘divertenti’ esercito un opzione puramente legittima oppure tradisco le loro intenzioni?
E se decido che l’importanza è l’effetto che esercita sulle coscienze o sulla sfera pubblica allora ho il diritto di considerare l’efficacia?
Dal Lago identifica come letteratura consolatoria di e per la sinistra tutta l’area che va da Camilleri a Wu Ming, da Lucarelli a Scurati e De Cataldo etc. Se consideriamo, per esempio, tutta la letteratura (e i film e le canzoni…) contro Silvio B. dal punto di vista dell’efficacia il risultato non potrebbe essere più triste. Se invece li consideriamo dal punto di vista della letteratura (visto che si può fare anche trattando dei fatti del mondo e dell’attualità) allora potremmo dire che ci sono stati parecchi bei romanzi negli ultimi anni.
Del resto l’efficacia di Gomorra deriva dall’aver scelto una serie di stilemi ‘cinematografici’ immediatamente recepiti da un pubblico per cui l’immagine in movimento è la prova ultima della realtà; il problema è che se per raggiungere il pubblico con un messaggio che ritieni essenziale usi i mezzi dell’intrattenimento il rischio serio è che il tuo messaggio resti interamente entro l’intrattenimento e non si materializzi in nulla che vada oltre le classifiche di vendita e gli indici d’ascolto…
Negli ultimi anni molti nostri lettori delusi ci hanno criticati per il motivo opposto: i nostri romanzi non offrono nessuna consolazione, secondo alcuni si tratta di narrazioni tragiche che non danno speranza, cupe, senza lieto fine, senza vie d’uscita, piene di dolore, di lutti non elaborati che diffondono nelle pagine melancolia, paranoia etc. E’ stato detto di “Manituana” e anche di “Altai”. La rete pullula di questi giudizi, si veda su Anobii, su IBS, nei vari forum dedicati ai libri, e anche nei commenti del blog di Altai. Ovviamente io la trovo una lettura limitata e superficiale, però bisogna che i nostri detrattori trovino un accordo: o siamo consolatori, oppure non diamo speranza. Noi nel frattempo ce ne fottiamo e scriviamo quel che ci pare.
Qualunque pensiero critico ha avuto ai suoi bordi dei culi da salotto che battevano le mani e restavano seduti, perché non dovrebbe succedere con Gomorra?
E il libro di Dal Lago cos’ha prodotto? Una rivoluzione nel metodo critico di analisi testuale? No: ha solo accarezzato l’ego di qualche vecchio trombone post- (68, 77 o il numero che vuoi) che si è ripetuto davanti allo specchio: anvedi quanto semo bravi, neanche stesse guardando la cassetta di Italia-Germania 4-3 (il film, naturalmente).
@Sascha e tutti i sostenitori di Dal Lago. Io penso che dirimere la questione sia molto semplice. Organizzate un viaggio a Casal di Principe interpellate direttamente i caporioni per nome e cognome e cantateglielo in faccia papale papale “signori camorristi ma siete proprio dei fessi a pensare che uno scrittore e un libro possa costituire un pericolo per voi e cambiare di un’enticchia lo stato delle cose. Guardate noi: con i nostri scritti abbiamo mai cambiato qualcosa?!!!”
Eh, diamine, ma che ci vuole.
La letteratura, la parola scritta, in ogni tempo, da qualsiasi latitudine, è sempre consolatoria. Anche.
Trascorro due ore, due giorni, due settimane, in un mondo parallelo e non penso al mutuo, agli acciacchi, al capo stronzo, che non mi si drizza più, che forse perdo il lavoro. Un testo, anche il più straordinario, il più potente, può sempre lasciarmi esattamente dove mi trovavo, seduto in poltrona o a letto. anzi, a ben vedere, proprio la capacità di condurci fuori da noi stessi, benchè immobili, è tra le più meravigliose specificità della letteratura, e della lettura stessa, tra le attività umane.
L’accusa “consolatoria” è, per me, un rifugio di cialtroni.
Perchè poi c’è un’altra, sostanziale, definitiva qualità della parola scritta.
Cosa mi “spiega”.
Uomo Invisibile, di Ellison, romanzo meraviglioso, assoluto, quanto era consolatorio per un lettore bianco distante migliaia di km. dai luoghi e dai fatti del racconto? Quanto ci faceva sentire migliori, diversi, “qui da noi”? Quanto lo era per un lettore nero? Qual è stata la sua “efficacia”?
Cosa ha cambiato, nel breve e nel lungo periodo?
Sotto questa luce, quanto cialtronesco, e schifoso, sia il paragone tra “Tre metri sopra il cielo” e “Gomorra”, appare fin troppo evidente.
E lascia sconsolati.
L.
Luca, io temo che quello dello status della letteratura e della sua capacità di cambiare il mondo sia solo un pretesto. Se ne discute da secoli, da opposte posizioni, con avanzamenti e arretramenti a seconda dei tempi, delle circostanze e degli interlocutori.
Saviano ha sempre espresso con forza e convinzione la sua posizione: la letteratura deve incidere sulla realtà, lasciare un segno, prendere posizione nei confronti dello stato delle cose, l’estetica non può essere disgiunta dall’etica.
E’ un punto di vista, lo si può – con tutta legittimità – condividere o meno.
Credo però che, indipendemente da quale sia la nostra opinione in proposito, dobbiamo riconoscere che Saviano è corente, nelle cose che scrive e nel suo modo di vivere, con la concezione che esprime.
Il punto, però io credo sia un altro: Gomorra ha veramente segnato una svolta nella conoscenza da parte dell’opinione pubblica del fenomeno camorra. Che poi abbia cambiato o no la coscienza delle persone che lo hanno letto e il loro senso di responsabilità nei confronti delle cose che hanno letto è un altro discorso.
Non è imputabile a Saviano il fatto che altri prima di lui hanno scritto di camorra e che altri, al pari di lui e forse più di lui, sono impegnati in prima linea contro la camorra senza avere avuto e avere la sua stessa visibilità.
Credo, anzi, che la visibilità di Saviano e il faro che ha acceso sulla camorra possa essere una garanzia anche per questi ‘invisibili’.
A proposito dei quali, però, voglio ribadire che ci sono stati, ci sono e ci saranno nella totale e completa indifferenza delle grandi e titolatissime firme, troppo intente al linciaggio di Saviano per accorgersi di altro.
Il libro di Walter Molino ci racconta – circoscrivendo il suo discorso ai giornalisti – che in gran parte sono giovani, sono precari e sono soli.
La stessa cosa l’avremmo già dovuta apprendere almeno dal libro di Franchini L’abusivo che parla dell’uccisione nel 1985 di Giancarlo Siani da parte della Camorra e, soloper fare un altro esempio, da ‘Io per fortuna c’ho la camorra’ di Sergio Nazzaro.
Sul libro di Nazzaro i critici laureati però si sono fatti prendere dalle nausee perché sulla manchette c’era una presentazione di Saviano, di cui Nazzaro ha il gravissimo torto di essere amico.
Così, invece di rimanere orripilati per le cose orripilanti che ci sono scritte dentro, hanno aristocraticamente arricciato il naso per quello che c’è scritto fuori.
E questo è quanto.
Ad ogni modo, ha poco senso ribadire quali siano le “tesi” di Dal Lago su “Gomorra”, su Saviano e sulla letteratura italiana e ri-offrirle alla discussione come nulla fosse, quando Dal Lago non è riuscito in alcun modo a dimostrarle.
Tutti gli esempi che fa nel libro sono sbagliati (questo è un dato oggettivo e incontrovertibile);
tutte le citazioni sono – per capziosità o per incapacità – tagliate e ricucite in modo da essere piegate alla tesi preconcetta;
tutto ciò che avrebbe smentito la tesi preconcetta è stato strategicamente rimosso;
i giudizi che dà sugli altri libri sono basati su poco più che riassuntini (peraltro sbagliati pure quelli);
l’apparato di note – che dovrebbero essere pezze d’appoggio – è crivellato di sviste e sfondoni.
A uno così andrebbe detto, volendo essere misericordiosi: – Torna a studiare, ma studiare davvero, perché è evidente che, come capita a molti docenti appagati della loro cattedra, tu “ti sei seduto”.
E chi pensa che comunque l’intuizione iniziale di Dal Lago sia meritevole di sviluppo, dovrebbe essere il più radicale di tutti nel criticare questo pamphlet e l’insulto all’intelligenza che rappresenta. Dovrebbe essere il meno disposto a difendere questo lavoro cagnesco.
Il rischio, e io l’ho detto già diverse volte, è che simili operazioni rendano d’ora in poi più difficile criticare Saviano e il savianismo. La confusione sparsa a piene mani sta già avendo effetti di obnubilamento, e la voglia di buttare via, insieme all’acqua sporca, non solo il bambino ma anche la catinella, il rubinetto, i tubi nel muro e magari l’intero acquedotto, che benefici può mai portare alla critica del simbolo-Saviano e del culto feticistico che lo circonda? Nessuno.
E’ quella cosa che si chiama ‘avvelenamento dei pozzi’, no? Splendido risultato Dal Lago, complimenti.
Perchè l’Abusivo di Franchini, un ottimo libro, non ha avuto la minima parte del successo di Gomorra? Perchè era – gasp! – a favore della camorra? No, perchè non era un film (il film l’hanno pure fatto, Fortapasc, ma non l’ha visto nessuno) e quindi non ha ‘risvegliato la coscienza civile’ degli italiani, cioè ha venduto poco.
Il film di Gomorra evita alcune delle scene più amate dai lettori, tipo i cinesi che si spaccano sul molo o il tossico rianimato dall’amore della sua ragazza, e si concentra proprio su quella parte di Gomorra che mi ha colpito di più, cioè l’incredibile squallore della vita dei camorristi stessi ed il ruolo dell’immaginario cinematografico. Per gente che, come ho detto, considera il cinema come validazione della realtà, questo non poteva andar bene e si sono particolarmente risentiti per la mancanza di rispetto per un ‘capolavoro’ come Scarface: vuoi mettere, dicono, se Gomorra l’avesse girato De Palma?
Coma fa giustamente notare Luca, la letteratura è consolatoria: leggiamo di gente che sta peggio di noi e ci sentiamo meglio e anche il mutuo, il lavoro e l’impotenza sessuale ci appaiono meno drammatici e, visto che non siamo noi a commettere il male, ci sentiamo migliori.
E come fa giustamente notare Valeria Gomorra un effetto pratico l’ha già avuto: la Regione Campania è passata dagli amici dei Camorristi a nuovi leader coraggiosi e incorruttibili – o no? Basta chiedere alla gente di Casal di Principe.
L’avvelenamento dei pozzi, già, una tipica pratica di eretici ed ebrei, secondo i più aggiornati manuali per Inquisitori…
Valeria, dunque. Per me:
la letteratura E’ mondo, E’ realtà, E’ politica. Sempre. La differenza sta nel Quale. Quale mondo, quale realtà, quale politica.
Considero Moccia un autore, Totalmente, Politico. Ripetere in ogni modo ai giovani di questo paese che la loro vita comincia e finisce tre metri sopra, tre metri a destra, tre metri a sinistra di sè stessi, non è affatto una cosa banale. Perchè ti fa finire tre metri sotto, terra. Ed è tutto molto, molto, molto politico.
Al tempo stesso, la letteratura è “consolazione”. Nel senso che lo è sempre, e non lo è mai. Perchè non dovrei piangere a fianco di Emma Bovary? Perchè non dovrei esaltarmi correndo a perdifiato dietro Kammamouri?
La distinzione tra impegno e disimpegno è una favola per gonzi. Che però ha una sua utilità. Quella di sancire la necessità della casta dei bramini dell’impegno, dei sacerdoti del messaggio, dei mediatori delle “cose serie”. Quelle ve le spieghiamo Noi, che ne deteniamo il senso, e il segreto. Le puttanate ve le lasciamo, il resto no.
E’ qua che arrivano i Dal Lago, Bascetta e compagni. E’ qua che si capisce la stizza, il risentimento, il livore. Bisogna rimanere nelle nicchie, non uscire mai alla luce del sole, vivere nei sottoscala. E il mondo, le cose serie, te le spieghiamo noi, che siamo uomini di mondo, e c’abbiamo la laurea. Ecco che chi va all’aria, o in mare aperto, diventa un pezzo di merda, un venduto, uguale al nemico. Al massimo buono per le puttanate.
Tam poco mi interessano le intenzioni. Degli autori, come di chiunque altro, per farci su dei ragionamenti di qualche pregnanza. Mi bastano le mie, di intenzioni, e lo scarto drammatico tra esse e i fatti, per capire quanto scarso rilievo abbiano, e per fortuna.
Mi interessa invece che Salgari abbia allevato rivoluzionari nella stessa misura di Lenin, come materia su cui ragionare, piuttosto che lambiccarmi sui rispettivi desiderata.
Per chiudere: ciò che mi rende insopportabili i sacerdoti non è la rabbia e il livore per la perdita del proprio ruolo, della loro funzione. Si tratta di una cosa umana, si può anche capire. Ma il disprezzo che non cessano mai di mostrare per il presunto oggetto della loro attenzione, del loro amore: le persone, il popolo.
L.
Sascha, tocca dirti le stesse cose che si sono dette a Dal Lago quando prendeva alla lettera certe figure retoriche: quella di Valeria era una *metafora*, un senso figurato. Non è che ogni volta che si usa l’espressione “quinta colonna” ci si schiera dalla parte di Francisco Franco.
Poi, questo tirare in ballo l’inquisizione ogni volta che uno fa una critica è diventato stucchevole, ormai tutti si travestono (oscenamente) da eretici o ebrei perseguitati, tutti millantano persecuzioni, e in questo modo si parano il culo e cercano di non pagare il fio delle cazzate che sparano.
Tra l’altro, ricorda Canfora, nell’antichità l’unico caso di avvelenamento dei pozzi per cui esistono dati circostanziati fu nel 129 a.C. per iniziativa di un esercito invasore, quello romano che attaccò il regno di Pergamo. Secondo lo storico Floro, l’ordine di avvelenare i pozzi lo diede il pro-pretore Manio Aquilio.
Sono d’accordo con Wu Ming 1 che un’opera male argomentata come quella di Dal Lago rischia di fare più male che bene ai critici del “savianismo”. Però quello che vorrei ribadire è che per dimostrare la cattiva argomentazione di Dal Lago si è dovuto rimettere al centro dell’analisi proprio Gomorra e i suoi contenuti, e per me questo è già un effetto positivo della vicenda (non tanto grazie a Dal Lago, ma suo malgrado: il suo ruolo positivo è stato involontario). Insomma, mi pare che la reazione avvenuta non abbia buttato bambino e acqua sporca insieme, come paventato da WM1, ma abbia recuperato il bambino dalla marea montante della sporcizia.
In pratica sto più o meno ripetendo quanto detto nel mio commento precedente, però preferisco ribadirlo sia per chiarire meglio il mio pensiero sia perché ritengo un po’ eccessivi i toni apocalittici su questa vicenda, che alla fine non ha fatto i danni che si temevano, anzi.
@Luca, credo di essere d’accordo con te e continuo a pensare che le disquisizioni di natura letteraria per demolire Saviano siano pretestuose.
@Sascha. Incredibilmente il libro Gomorra ha avuto successo prima che diventasse un film e prima che Saviano diventasse un caso.
Non ho detto che Dal Lago volesse inquinare i pozzi (nessuna caccia all’untore, prego), ho detto che ha ottenuto quel risultato. Di fatto ora le acque sono più torbide, come notava Wu Ming 1.
Non ho detto che Gomorra abbia avuto successo per il film; ho detto che Gomorra, già di suo, era un film e che per questo ha avuto tanto successo.
Ringrazio Luca per l’osservazione secondo cui Salgari avrebbe allevato tanti rivoluzionari quanto Lenin: spiegherebbe molte delle catastrofi in cui è incappato il movimento rivoluzionario nel XX secolo. Immagino che le rivoluzioni del XXI secolo ispirate da Giorgio Faletti saranno tutt’altra cosa.
Comunque lei continui a battersi contro la Casta dei Sacerdoti del Messaggio in nome delle Persone e del Popolo: è uno sporco lavoro ma qualcuno deve farlo.
Quando gli amici di Carmilla fanno ‘ste cose sono imbattibili! (per me il gioco ora è riconoscere la penna di uno e dell’altro, ma è roba da filologi sotto gli effetti della mescalina!)
A Luca: concordo in toto. “Consolatorio” è un concetto da bandire per i prossimi dieci anni in ogni discussione pubblica, assieme a “non-luoghi”.
A Sasha: e pensa che quando venni a sapere che Gomorra sarebbe diventato un film mi sono detto: “ma come cazzo lo fanno?” Io trovo il libro di Roberto un libro-libro, per nulla cinematografico. (e posso confessare che il film, alla fine, non mi è piaciuto? Mi sembrava di vedere un etnologo che va a filmare i selvaggi, e i selvaggi, gentili, tutti presi a fare i selvaggi, per non deludere l’etnologo.)
Sascha, non mi sembra il caso di polemizzare “ad minchiam”, almeno da parte mia. Solo piccole cose: parlo, poco male e a stento in mio nome. Credo, in tutta la vita, di non aver mai scritto popolo con la maiuscola. Noto invece che proprio i suoi presunti paladini, quelli della maiuscola, vieppiù lo disprezzano. Sulle catastrofi: può darsi senz’altro che abbia ragione su quelle ‘salgariane’, le consiglierei però anche una più accurata riflessione
sui leninisti ‘de noantri’ di non troppo tarda memoria.
Su Faletti la parola gliela lascio tutta.
Stia bene.
L.