RASSEGNA STAMPA

Vorrei provare a dar conto di tutte le notizie che stanno uscendo in queste ore.  Proverò a farlo in questo e altri post.
Importante: per chi volesse un riassunto della vicenda in altre lingue, qui trovate la versione inglese, francese, spagnola e portoghese della vicenda, con aggiornamenti in ognuno dei post.
Intanto, un po’ di rassegna stampa.
Cominciamo con
Repubblica, che esce in prima pagina con un articolo di Carlo Brambilla. A pag. 29, un altro intervento di Luciana Sica. Li posto entrambi.
LA REPUBBLICA
Carlo Brambilla
MILANO – C’è aria di censura, nel Veneto leghista. Gli scrittori pro-Battisti, prima genericamente ostracizzati da un assessore della provincia di Venezia, ora vengono messi al bando nelle scuole. Mentre nelle biblioteche comunali, nel silenzio generale, stanno sparendo le opere degli autori politicamente scomodi.
“Non chiediamo nessun rogo di libri, intendiamoci. Semplicemente inviteremo tutte le scuole del Veneto a non adottare, far leggere o conservare nelle biblioteche i testi diseducativi degli autori che hanno firmato l’appello a favore di Cesare Battisti”, dice l’assessore regionale all’istruzione Elena Donazzan, 39 anni di Bassano del Grappa, pidiellina fervente cattolica, con alle spalle una militanza nel Fronte della Gioventù e un passaggio in An. “Un boicottaggio civile è il minimo che si possa chiedere davanti ad intellettuali che vorrebbero l’impunità di un condannato per crimini aberranti”, sbotta annunciando una lettera a tutti i presidi.
La sua crociata arriva dopo la “sparata” dell’assessore alla cultura della Provincia di Venezia, Raffaele Speranzon, che aveva detto: “Via quegli autori dalle biblioteche pubbliche”. Ora a chiederne ufficialmente la censura nelle scuole è l’assessore regionale. Al suo fianco il presidente della Regione Luca Zaia, che definisce la vicenda Battisti “abominevole”. E tuona: “I delinquenti vanno messi in galera, non lasciati liberi”.
Intanto casi di censura leghista, strisciante o esplicita, vengono denunciati da alcuni bibliotecari veneti. A venire sconsigliati sono (soprattutto) i libri di Roberto Saviano. Nei giorni successivi alla messa in onda di Vieni via con me e alla polemica con Maroni il dirigente di una biblioteca in provincia di Treviso ha segnalato che il sindaco leghista non gradiva si tenessero i libri dell’autore di Gomorra: presenti in catalogo, ma spariti dagli scaffali.
Quali saranno gli effetti reali della richiesta della Regione sulle scuole è difficile prevederlo. Carmela Palumbo, direttore scolastico regionale uscente, immagina si tratti di un semplice “invito culturale senza effetti normativi o giuridici”. Mentre Giorgio Corà, preside del liceo classico Pigafetta di Vicenza, è convinto si tratti “più di una provocazione politica che di una reale volontà di mettere all’indice dei volumi. In ogni caso se avessi nella biblioteca della mia scuola libri di quegli autori certo non li toglierei alla libera consultazione. I libri si conservano per il loro valore intrinseco. Indipendentemente dalle idee politiche degli autori o degli assessori”. Soddisfatto di aver sollevato “un gran vespaio”, come lo definisce lui, è l’assessore provinciale Speranzon: “Era proprio quello che volevo”. Anche se poi la presidente della Provincia, la leghista Francesca Zaccariotto, è stata costretta a fargli fare marcia indietro.
In prima linea contro gli intellettuali pro-Battisti è scesa allora la combattiva Donazzan, nota alle cronache regionali per avere appena deciso di donare a tutti gli scolari delle elementari una copia della Bibbia: “Un autore, un intellettuale, esiste per quello che scrive. Questo è il suo ruolo nella società. Quella a favore di Battisti non è stata una petizione popolare. Ci troviamo davanti a un messaggio aberrante lanciato da intellettuali. A favore di un personaggio che si è macchiato dei peggiori crimini di sangue. L’unica cosa che possiamo fare è boicottare i loro libri. Smettere di leggerli. Non accoglierli nelle biblioteche pubbliche e nelle scuole”. Ultima tappa di una campagna politica lanciata la settimana scorsa da due esponenti del Pdl veneto, Roberto Bovo e Paride Costa, come iniziativa di solidarietà con i familiari delle vittime. Che ieri a Strasburgo hanno chiesto che l’Ue e la Francia sostengano l’estradizione di Battisti dal Brasile. Oggi il Parlamento europeo approverà una risoluzione in tal senso.
Luciana Sica
ROMA – «Vogliono “bruciare” i nostri libri? Beh, è una cosa talmente assurda, enorme, che nessuna persona ragionevole può accettare». Giorgio Agamben, al telefono da Parigi, più che sorpreso sembra preoccupato per «il tracollo politico e culturale del nostro Paese», per «l´irresponsabilità di certe persone». Ma un filosofo della sua statura, oltre a indignarsi, è soprattutto abituato a ragionare. Ed è quel che fa: «Quell´appello del 2004 aveva un preciso significato politico che andava ben al di là del sostegno a Cesare Battisti, un uomo di cui ho sempre dubitato. Si voleva che l´Italia facesse i conti con la stagione del terrorismo: non con i misfatti di un singolo individuo, ma con un passato che non passa. La cosa peggiore è che si confonda un´opinione diffusa con il puro sostegno all´autore di una serie di delitti… Quanto alla ritorsione leghista, cosa dire? Gli assessori che ostacolano la diffusione dei libri andrebbero dimessi d´ufficio».
«Questa signora Donazzan mette all´indice degli autori? Non sono allarmato, di più: sono costernato. È evidente che dalle biblioteche del Veneto è stata già ritirata la Costituzione». Chi parla, anche lui si trova a Parigi, è Antonio Tabucchi. Delle “motivazioni” – quell´appello di sette anni fa per Battisti – non vuole sentir parlare: nulla, dice, può “motivare” un´iniziativa così grave, intollerabile. Si irrita poi decisamente quando gli si ricorda l´articolo su Le Monde, la sua critica agli intellettuali francesi – in particolare a Bernard Henry-Lévy – per l´atteggiamento compiacente nei confronti di un eroe negativo come Battisti. «Ma cosa c´entra? Non voglio entrare in questa logica», alza un po´ la voce Tabucchi. «Proprio non vedo il nesso tra le opinioni espresse su un giornale e un´iniziativa odiosa che va condannata, punto e basta».
Vive invece a Padova, Massimo Carlotto, e conosce bene i protagonisti veneti favorevoli al boicottaggio degli autori “diseducativi”, «innanzitutto politici a caccia di visibilità», dice. «In particolare la Donazzan è un´oltranzista cattolica che vuole rendere obbligatorio lo studio della Bibbia, inviarla a tutte le famiglie. Questa faccenda, io la vedo come un diversivo rispetto ai veri problemi del Paese. Tanto più che molti autori sgraditi alla Lega, da Saviano a Paolini a Stella, non c´entrano un bel nulla con l´appello del 2004. Comunque, io ho in programma diverse presentazioni dei miei libri nel Nord-Est, soprattutto nel Veneto: sono proprio curioso di vedere quel che accadrà».
Battagliera, e anche molto pessimista Michela Murgia, alla testa di un esteso movimento di scrittori a favore della libertà di espressione che sta attraversando la Rete (sul blog di Loredana Lipperini, anche la solidarietà di Sepúlveda). «Bisogna smuovere le acque», dice la Murgia. «Capire che questa non è solo una boutade, ma una deriva culturale collegata a un pensiero fascista, a un preciso input di partito. E che purtroppo va a radicarsi in un sentire comune».
Poi.
Su
L’Unità, c’è un mio editoriale. Intanto, ringrazio Concita De Gregorio per avermelo chiesto. Parla di donne e delle censure in Veneto. C’è un legame, a mio parere, fra le due cose. Perché questi colpi di coda sono quelli che con maggiore frequenza avvengono quando un regime è morente. E, guarda caso, cercano di colpire l’odiatissima cultura. Ecco l’editoriale.
Esistono altre donne: è vero. Esistono donne che si chiamano Susanna Camusso e Flavia Perina, Anna Finocchiaro e Maria Ida Germontani, e firmano lo stesso appello. Esistono donne normali che leggono, lavorano, prendono l’autobus, giocano a carte con i propri figli, studiano, pensano, vanno al cinema, sognano come tutti gli esseri umani. Esistono donne che non considerano un traguardo entrare nella dimora di un potente e uscirne avendo guadagnato quello che “un cristiano normale” percepisce con sette mesi di lavoro, come una delle sventurate ragazze di Arcore ha confidato alla propria madre.

Esistono altre madri, anche.

Ed esistono altri uomini, che non si complimenterebbero con la propria sorella perché si è travestita da porno-infermiera per risolvere i problemi della famiglia. Esistono uomini che non si riconoscono nella logica del “Così fan tutte” (“il mondo è pieno di ragazze che si concedono al professore per goderne l’indulgenza all’esame o col capoufficio per fare carriera”, scriveva ieri Piero Ostellino sul Corriere della Sera) e che amano le proprie compagne per quelle che sono, e non per come il modello delle donne raccontato dalla televisione e dalla pubblicità in oltre vent’anni pretenderebbe che fossero.

Esistono altre strade, infine, rispetto a chi sostiene che le vie siano soltanto due, ovvero l’accettazione della pornocrazia attuale o il perbenismo bigotto: le strade, e i modelli, sono tanti quanti i cittadini di questo paese, che non corrisponde affatto alla narrazione che ne è stata fatta dal 1983 (anno di nascita di Drive In) a oggi.

Solo che è difficile vederle rappresentate nei media.

A volte, persino nelle scuole: in un liceo scientifico del Veneto (uno di quelli da cui secondo l’assessore regionale all’Istruzione Donazzan, Pdl, devono essere tenuti lontani i libri di Pennac, dei Wu Ming, di Cacucci, di Agamben e anche della sottoscritta), si organizzano seminari del Rotaract per “addestramento alla leadership”. Crescere significa vincere. In un altro comune veneto, in provincia di Treviso, il sindaco (Lega Nord) ha chiesto di rimuovere i libri di Roberto Saviano dalla biblioteca comunale dopo la messa in onda di Vieni via con me: è stato accontentato. Sono in catalogo, ma non più negli scaffali. A denunciarlo è stata una donna, una bibliotecaria, una madre che, mi ha scritto, si è chiesta cosa avrebbe raccontato ai suoi figli, di questo paese.

Ci sono molte cose che l’Italia non sa raccontare di se stessa: così come non conosce (né riconosce) il lento avvelenamento dei pozzi che è stato perpetrato da anni, non conosce neppure la fatica, l’impegno, l’indignazione delle donne e degli uomini che costruiscono una narrazione diversa. Faccio un piccolo esempio. Laura Albano è una fotografa e sul suo blog, che si chiama Un’altra donna, ci restituisce la nostra immagine: con pazienza, propone volti che conosciamo bene, perché li incontriamo tutti i giorni. Volti con o senza rughe, sorridenti o pensierosi. Volti normali.

Sono gli stessi che, nella televisione svedese, sono presenti in televisione e nelle pubblicità. Modelli plurali, che sottintendono che essere vivi non significa solo essere molto ricchi, molto potenti, molto famosi. In Italia non avviene, è vero: ma non è utopico pretenderlo. Perché se fino ad oggi è stato possibile fingere che i problemi non esistessero, gioendo del fatto che nel chiuso della propria cerchia amicale si respirava l’aria buona delle idee condivise, infine bisogna guardare a quel che accade fuori, anche se non ci piace. E cambiarlo, da adesso.

E poi.
Marcello Fois ha scritto un articolo per Il Manifesto. Eccolo qui:

Succede che qualche giorno fa “l’assessore alla cultura della provincia di Venezia, l’ex-missino-oggi-berlusconiano Speranzon, ha accolto il suggerimento di un suo collega di partito e ha proposto di intimare alle biblioteche del veneziano di rimuovere dagli scaffali i libri di tutti gli autori che nel 2004 firmarono un appello dove si chiedeva alla Francia la non estradizione di Cesare Battisti;di evitare di organizzare iniziative con tali scrittori dicendo che vanno schedati e, ufficialmente, dichiarati “persone sgradite”.Secondo il delirio torquemadesco dell’assessore, che ha letto troppo poco per capire l’orrore del suo modello, il bibliotecario che non accettasse il diktat “se ne assumerà la responsabilità”. Si allude forse al congelamento di fondi, al mancato patrocinio delle iniziative, al mobbing, a campagne stampa ostili? E siccome la Storia ha una tendenza ostinata a ripetersi ecco che la proposta ha avuto il plauso del COISP, un sindacato di Polizia. Così il bibliotecario ci pensa due volte, prima di mettersi contro l’ente locale e le Forze dell’Ordine.

Poco immediata, ma formale, e ob torto collo, arriva la presa di distanza in proposito di Francesca Zaccariotto Presidente della Provincia di Venezia. Formale perché blanda e priva di nerbo politico; poco immediata perché arriva quando appare chiara l’indifendibilità “democratica” della proposta, in quanto verrebbero penalizzati centinaia di intellettuali solo per aver espresso la propria opinione. Si prospetterebbe cioè un mondo dove all’intellettuale non si chiede di generare punti di vista, condivisibili o meno, ma di adattarsi, addirittura autocensurarsi, per tirare a campare e magari meritare di essere invitato a qualche deprimente talk-show televisivo.

Ma,vedete bene come l’ipotesi di generare un formidabile precedente che renda gli autori e gli uomini e le donne di cultura finalmente controllabili, possa attecchire nel Paese governato dal primo governo Ruby-Scilipoti, infatti l’idea fa adepti. Tanto che la Zaccariotto potrebbe presto pentirsi del pentimento in quanto si comincia ad invocare la lista di proscrizione non solo per Venezia, non solo per la Provincia di Venezia, ma per tutta la Regione Veneto e di lì chissà, come un fetido vento inquisitorio, per tutto il nostro Paese che è stato bello. Per riassumere: una cricca di “sinceri democratici” si sta già muovendo per estendere la lista di proscrizione, o indice degli autori sgraditi a tutto il Veneto, ed è probabile che l’iniziativa venga emulata oltre i confini regionali.
I giornali locali pongono la cosa come un giusto contrappasso per tutti coloro che firmando l’appello a favore di Battisti ne hanno sposato la scelta di terrorismo e di sangue. Ma la cosa non è tanto semplice, né tanto diretta: molti autori hanno firmato in nome di una sacrosanta idea dell’intangibilità dei principi: i francesi hanno cambiato le regole in corsa e se per stigmatizzare ciò si rischiava di difendere Battisti era un rischio che bisognava correre. Altri hanno considerato la questione dal punto di vista, persino cavilloso, sul piano garantista, che tutti coloro che si stanno rompendo le unghie furia di scalare gli specchi per far uscire Berlusconi dal pantano giudiziario in cui si è infilato, dovrebbero conoscere bene. Altri semplicemente hanno ritenuto che avere un’idea in proposito, considerato un’idea è volontaria e gratuita, non poteva, in nessun modo, essere oggetto di rappresaglia. Tuttavia la parola chiave che uniforma le stanze da cui questa crociata è partita è: cattivo esempio. Il che rasenta il paradosso: un assessore che si gloria di non leggere ed è alleato di governo di un partito presieduto da un editore miliardario, in euro, che al momento è indagato per concussione e istigazione alla prostituzione minorile, ci spiega che non si possono leggere scrittori che hanno firmato un appello di principio nel 2004. Vi ci raccapezzate? A pensare male si direbbe che la trombata inferta da Lula all’amico Silvio tra una pacca alle spalle e l’altra, non è andata giù, localmente a qualche Ras locale che ci tiene a stabilire qualche differenza col Premier pur votandone la fiducia perché anche nel partito dei duri e puri quando si parla di sghei le faccende assumono tutto un altro aspetto. Internazionalmente il Veneto è amicone del Brasile e ci fa affari d’oro, quindi salvare la faccia significa prendersela con la categoria apparentemente più indifesa, gli scrittori, così il principio è ribadito e l’economia locale è salva. Tuttavia nonostante l’appoggio al partito dell’editore in realtà questi assessori non leggono abbastanza e non considerano il fatto che gli scrittori, la maggior parte di essi, non sono una merce di scambio troppo comoda: hanno la brutta abitudine di comunicare, di mettersi in movimento. Di fare come quei moltissimi che muovendo ognuno il proprio poco finiscono per generare uno Tsunami. Sulla lista di proscrizione la rete è un campo di battaglia e, a fronte del piccolo cabotaggio superficialmente concesso agli assessori locali, la vicenda è diventata di dominio pubblico internazionale. Perché a leggere perlomeno le quarte di copertina dei libri si scoprirebbe che autori come Tiziano Scarpa, o Valerio Evangelisti, o Wu Ming, tra i firmatari nella lista nera, sono tradotti e letti in tutto il mondo. Senza contare che in una partita del genere si stanno attivando soprattutto quegli autori, tra cui il sottoscritto, che a suo tempo, anche convintamene, non firmarono il famoso appello del 2004. Il che la dice lunga sul fatto che in questa battaglia di principio Cesare Battisti c’entri davvero poco.

E poi. Paolo Persichetti per Liberazione (ieri).

Mentre scemano tristi gli ultimi giorni del crepuscolo berlusconiano in parlamento è andato in scena uno degli atti più grotteschi di quella tragedia di un Paese ridicolo, divenuta la recita quotidiana sul palcoscenico della realtà italiana

Mentre scemano tristi gli ultimi giorni del crepuscolo berlusconiano in parlamento è andato in scena uno degli atti più grotteschi di quella tragedia di un Paese ridicolo, divenuta la recita quotidiana sul palcoscenico della realtà italiana. Con impavido coraggio, di fronte al discredito internazionale che le rivelazioni sui “bunga bunga” del premier Berlusconi stanno suscitando, il senato e la camera hanno approvato ieri all’unanimità una mozione che impegna il governo (sic!), «a promuovere ogni opportuna iniziativa presso il tribunale supremo federale del Brasile, la commissione di conciliazione istituita ai sensi del vigente accordo bilaterale tra Italia e Brasile, presso la corte internazionale di giustizia Onu dell’Aja e in ogni altra sede istituzionale o giurisdizionale competente affinché, ricercando ogni soluzione condivisa con la repubblica federativa del Brasile, si pervenga all’estradizione di Cesare Battisti». La mozione della camera è risultata dalla «fusione» di sette mozioni di contenuto sostanzialmente analogo. Insomma tutti uniti e tutti insieme, destra e sinistra, sopra e sotto, senza bunga bunga o Marchionne a dividere gli schieramenti. Se c’è un nome che ricompatta qualsiasi divisione, questo è quello di Cesare Battisti nei confronti del quale si cementifica immediatamente un odio bavoso. I fondamenti giuridici della mozione ovviamente valgono ben poco perché l’Aja è un tribunale arbitrale che non può affrontare nessun contenzioso senza la previa disponibilità dei due contendenti. Nessun Paese serio ha mai negoziato ciò che attiene alla propria sovranità interna. Roma non lo farebbe, perché dovrebbe Brasilia? Appunto, ma che importa. Quel che conta è inscenare l’indignazione. E così persino la Fnsi, venerdì scorso a Bergamo, in occasione del proprio congresso ha approvato all’unanimità una mozione nella quale si invitano «i mass media del nostro Paese a seguire il caso Battisti con l’obiettivo che il criminale venga estradato e consegnato alla giustizia italiana». Il documento, preparato da Pierfrancesco Gallizzi, consigliere per la comunicazione del ministro della Difesa Ignazio La Russa, già candidato per il Pdl al comune di Sesto san Giovanni, «invita i giornalisti italiani a tenere sempre ben presenti le affermazioni del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in relazione a questa vicenda». Per non essere da meno il senatore della Lega Piergiorgio Stiffoni ha invitato i servizi italiani a rapirlo:«Bisogna fare come gli israeliani nel 1960, quando andarono in Argentina, impacchettarono Eichmann e se lo portarono a Gerusalemme. E’ un paradosso, ma non più di tanto». Prima di lui l’aveva già detto La Russa. Intanto il governatore del Veneto Luca Zaia appoggia la proposta lanciata dall’assessore alla cultura della provincia di Venezia , Raffaele Speranzon, che vorrebbe ritirare dalle biblioteche del Veneziano i testi degli scrittori italiani (oltre 40) che l’11 febbraio 2004 avevano firmato una petizione a sostegno di Cesare Battisti. «Via dagli scaffali delle biblioteche civiche i libri degli intellettuali che difendono questo terrorista». Iniziativa partita da un consigliere Pdl del comune di Martellago, Paride Costa.
Inoltre:
La Stampa (sindaco di Venezia e assessore Bettin contro il rogo)
Padova News (adn kronos)
Il Messaggero
Il Riformista 1 e 2

60 pensieri su “RASSEGNA STAMPA

  1. 1. Bisogna postare anche delle reazioni intelligenti da destra. Per esempio Maugeri segnala Panorama.it. Così si fa capire che l’idiozia è agli occhi propri di tutti.
    2. L’editoriale tuo per Conchita è ficherrimo! E non trovo proprio niente da aggiungervi.

  2. Quoto Zauberei il suo editoriale è assolutamente degno di nota, peccato che nel sito de L’Unità manchi il paragrafo conclusivo.
    Nelle ultime frasi c’è il bello del pezzo: la speranza nonostante lo squallore.

  3. Trovo come minimo insufficienti e parecchio fuori fuoco gli articoli di Repubblica. Mantengono troppo l’attenzione sul caso Battisti, facendo un favore all’estrema destra veneta. Non fanno notare abbastanza che il caso Battisti è un pretesto, all’epurazione di Saviano dalle biblioteche dedicano poco spazio en passant, per poi ritornare con prepotenza nella cornice che gli epuratori desiderano mantenere.
    Il gioco combinato dei due articoli (Brambilla e Sica) di fatto “ridimensiona” l’enormità di quel che sta accadendo in Veneto, in varie mosse:
    – si riporta l’espressione “boicottaggio” senza spendersi granché a smontarla. Questo non è un boicottaggio, è un’epurazione.
    – si riportano pareri di chi un po’ la prende sottogamba (il solito “E’ solo una provocazione, non dicono sul serio”, viatico di ogni desistenza, frase-passepartout che nell’Italia degli ultimi sedici anni ha preceduto l’affermarsi di ogni barbarie);
    – si descrivono gli epuratori di libri come soddisfatti e sorridenti (quindi occultando le tensioni interne che pure ci sono, come dimostra il ping pong Speranzon-Zaccariotto-Donazzan, tensioni che sono state prodotte dalla mobilitazione);
    – si dedicano alla mobilitazione pochissime, fugaci parole;
    – si riportano giudizi pesantissimi e calunniosi sugli scrittori presi di mira, descritti come complici del terrorismo, e si affida al solo Agamben una risposta meditata, assennata, ma poco incisiva;
    – per non dire del “contributo” di Tabucchi, incollerito e farfugliante, poco utile a tutti.
    Il framing è evidente: ci sono scrittori superficialmente definiti “pro-Battisti” (mentre quelli che hanno espresso dubbi e perplessità sui processi di quegli anni e sulla querelle mediatica partita nel 2004 hanno posizioni e argomentazioni ben più complesse), e c’è gente che – magari esagerando – si oppone al terrorismo.
    Questi due articoli non fanno assolutamente percepire la deriva totalitaria che sta prendendo l’amministrazione berlusconiano-leghista veneta. Non chiamano le cose con il loro nome, accettano le definizioni degli epuratori, non fanno capire adeguatamente che sono in corse autentiche messe al bando, che si stanno “purgando” le biblioteche e si sta decidendo dall’alto cosa possano o non possano leggere i cittadini in istituzioni pubbliche come biblioteche e scuole.
    Se si continua con questa sottovalutazione, il nazismo sarà un coltello che affonda nel burro.

  4. Non si potrà mai segnalare e linkare abbastanza l’articolo in cui Massimo Carlotto spiega e dimostra che l’indignazione anti-Battisti di questi epuratori è falsa come una moneta da mezzo centesimo.
    http://www.carmillaonline.com/archives/2011/01/003757.html#003757
    E quindi l’offensiva contro i libri sgraditi e soprattutto contro i loro autori, massacrati mediaticamente ad hominem, prescinde totalmente dalla questione sbandierata. Come dimostra l’epurazione dei libri di Saviano e di Paolini.
    Invece Repubblica, con la flebilità di polso che dimostra, contribuisce in larga misura a perpetuare l’equivoco, o meglio: la menzogna.

  5. A me non importa niente di cosa pensano gli scrittori quando si esprimono al di fuori dei loro libri. Sono i loro libri che desidero in biblioteca, nelle scuole e nelle librerie. Tanto per esemplificare: il Celine di un viaggio a termine della notte lo voglio in tutte le biblioteche del regno. Alla fine della guerra il Celine collaborazionista, fosse stato per me, lo avrei fucilato. Qui non è in gioco cosa pensavano (o pensano) Carlotto e/o Loredana Lipperini del processo a Battisti, ma la libertà degli utenti di accedere ai loro scritti: a scuola e in biblioteca. E’ una censura, un’epurazione non un boicottaggio. E l’articolo su Repubblica punta troppo l’attenzione sull’appello. Troppo poca invece sulla censura.

  6. A me fa troppo incazzare che, con orrenda malafede, si chiami questa operazione “boicottaggio”.
    Il boicottaggio è una forma di protesta, individuale o collettiva, che presuppone coscienze deste, critiche, che si mobilitano con azioni concrete in nome di un qualche principio. In questa operazione veneta invece l’autorità si sostituisce alla coscienza dei lettori, pretende di pensare al posto loro, come non riconoscendo loro questa capacità, e trattandoli di fatto come soggetti passivi. Questo tipo di boicottaggio mi ricorda un po’ quando un testimone scomodo viene suicidato…

  7. Faccio presente che lo statuto regionale veneto non si chiama “statuto”, ma “Costituzione”. E che lo scorso anno la Regione veneta (è stato il canto del cigno di Galan) ha perfezionato un accordo con Carinzia e Friuli per l’istituzione di una regione transnazionale, con uffici e costi amministrativi (disse Galan: “costa qualcosa, ma ce lo possiamo permettere” – a Vicenza saranno stati contenti di sapere dove sono finiti i fondi tagliati alla manutenzione degli argini). È in questo quadro che va inserita la deriva non solo totalitaria, ma anche secessionista della regione: una deriva che trae rendita politica dagli strappi estremistici.

  8. @ Loredana Lipperini
    Esistono altre donne, altre madri (e padri). Altre figlie. Eccome se esistono. Esistono gli operai di Mirafiori che vanno a votare piangendo, e ci sono quelle che piangono al telefono perché Papi non se le incula più (letteralmente) e non sanno come farsi pagare il mutuo e la spesa.
    A essere disarmante è la visione triste del mondo che sta alla base di certe scelte, che non c’entra con la prostituzione in quanto tale. Perché c’è dell’altro anche in quel senso: ci sono – e sono la maggioranza – le nigeriane e le slave sbattute sui viali e taglieggiate dai papponi, che non possiamo sognarci di mettere sullo stesso piano di queste “autoimprenditrici”. No, la visione che sta alla base di certi comportamenti è totalmente, integralmente, conformisticamente, berlusconiana: fotti il prossimo tuo con il sorriso; sfangatela; non sbatterti, fatti sbattere e fatti pagare bene; gareggia per conto tuo e sii vincente sugli altri (in questo caso, sulle altre); usa senza scrupoli entrature, conoscenze, parentele, per sistemarti. Soprattutto: dài a Cesare quello che vuole, cioè un’odalisca stupida e avvenente, che confermi ogni più trito stereotipo e modello di sessualità della commedia erotica italiana. Compiaci il capo, nell’occhio e nel corpo, e arraffa la ricompensa. Alla faccia di merda di tutti quelli e quelle, là fuori, che lottano per sopravvivere alla crisi, per tenersi stretto un contratto a tempo determinato, per strappare una cassa integrazione.
    Ma sì, forse hanno ragione a darci dei moralisti. Del resto io vengo da una famiglia di gente il cui ideale è sempre stato fottere i padroni, non farsi fottere da loro. Puritani rossi. Maoisti impenitenti.
    Questione di visioni del mondo… ma credo che la mia me la tengo ben stretta, sai?
    Chiedo scusa per lo sfogo. Oggi va così.

  9. Wuming4, per quanto ti dia ragione da vendere come dire nel giudizio, sarò moralista più di te – ma di fatto una regazzina che si fa inculare prezzolatamente da uno di questi figuri – no, i cazzi suoi non se li fa granchè bene. E non è che io quando scopo gratis – perdona la franchezza, sto a pensà all’operaie o alle prostitute nigeriane. E’ proprio una patologizzazione culturale che arriva fino al se e che secondo me è grave. E ci sono cose, e queste cose riguardano molto i nostri letti che forse hanno anche altro di mezzo che le categorie della solidarietà sociale.

  10. @ zauberei
    d’accordo sulla “patologizzazione culturale”. E d’accordo sul fatto che da tale patologizzazione nessuno può dirsi immune. Ci mancherebbe altro. Ma non facciamo che siccome è notte tutti i gatti sono bigi… Non tutti fanno le stesse scelte, non tutti possono o vogliono farle. Qui si parla di migliaia di euro a botta e appartamenti regalati, quando non addirittura di mantenimento in pianta stabile.

  11. In merito alla “pornocrazia attuale” che dominerebbe nel nostro paese, glosso con una risposta un po’ spiazzante, ma credo lucida, di Zizek a una domanda di Antonio Gnoli. Quella di Zizek non è, naturalmente, una difesa di Berlusconi, ma una analisi critica.
    “Lei sostiene che ciò che accade in Italia succede anche altrove. Ma in quale altro grande paese il suo avere a che fare con escort, ragazze giovanissime e persino minorenni non avrebbe portato a dimissioni immediate? Questo non è accaduto in Italia. Perché?
    Non credo che in tutti gli altri paesi il risultato sarebbe stato questo. In altri paesi succederebbe forse qualcosa di simile a quanto sarebbe accaduto anche negli Stati Uniti e in Italia decenni fa: si sarebbe realizzato il patto generale di non parlarne. Mentre adesso assistiamo, sotto questo aspetto, a un’americanizzazione dell’Italia (e progressivamente dell’Europa): la vita privata dei leader diviene un fatto d’interesse pubblico.
    Arche in America, del resto, il fenomeno è recente. Pensiamo a Kennedy: lo sappiamo tutti, non faceva altro che sedurre donne, ma la stampa lo ignorava, non solo e non tanto perché i media fossero oggetto di repressione, ma perché faceva parte del patto sociale. Pensiamo ancora alla Francia e a Mitterrand: tutti sapevano che aveva moltissime amanti e molti figli illegittimi. Un liceo del sesto arrondissement, vicino al Jardin du Luxembourg, veniva chiamato il liceo dei figli illegittimi di Mitterrand. Ma nessuno ne scriveva, anche in questo caso. C’era un codice di discrezione che imponeva di non farlo. Il ghiaccio venne rotto negli Stati Uniti con Clinton: e da allora si può fare ogni cosa, si può indagare sulla vita privata dei personaggi pubblici. Voi siete una grande nazione, non abboccate a queste stronzate nordeuropee che vi trattano come una razza di inguaribili fanfaroni”.
    http://www.sinistrainrete.info/cultura/1106-slavoj-zizek-leffetto-berlusconi

  12. “Voi siete una grande nazione, non abboccate a queste stronzate nordeuropee che vi trattano come una razza di inguaribili fanfaroni”.
    Grande nazione? Forse Zizek ci piglia un po’ per i fondelli… Ma soprattutto, subito dopo aggiunge: “Comunque, certo, in molti altri paesi non è ancora possibile non dimettersi dopo uno scandalo del genere: ma voi siete il futuro. Diventerà sempre più così, c’è da temere.”
    L’Italia è il futuro (insieme alla Cina). E c’è da temere.

  13. Diciamo che “granze nazione” è un’iperbole per dire: “non siate così provinciali da credere a certe critiche che puzzano un po’ di razzismo”. Io lo leggo come “ottimismo della volontà”. Per il resto, la sua analisi mi sembra sottoscrivibile.

  14. Ance io temo che questa Italia sia il futuro.
    Il futuro del mondo occidentale e dell’Italia stessa.
    Da tempo ritengo che il berlusconismo abbia prodotto degli effetti a lungo termine, che resteranno dopo di lui. Ha sdoganato troppe cose.

  15. “E non è che io quando scopo gratis “zaub
    Ecco, mi viene in mente che non sarebbe stato male intitolare l’appello dell’Unità indetto da Concita De Gregorio “noi trombiamo solo gratis (e mai e poi mai con te, Silvio)”
    Sarebbe stata credo una bella risposta spiritosa (ok, lo so che l’eccessiva spiritosaggine non è salutare) al machismo berlusconiano (e nessuno potrebbe parlare di puritanesimo o moralismo).

  16. è verissimo, non tutte le scelte sono uguali e ognuno è responsabile moralmente se non penalmente delle proprie.
    Ma io non riesco a non provare pietà per queste ragazze (alcune giovanissime) che hanno fatto male solo a se stesse, che per assicurarsi l’appartamentino e qualche migliaio di euro si abbassano a compiacere le voglie sessuali di un vecchio bavoso riccastro (che credo disgusti anche loro), non le vedo come più “fortunate” di quelle che si sbattono con un contratto precario o degli operai e delle operaie di Mirafiori.
    Spero davvero che su di loro scenda presto l’oblio e che possano ricostruirsi una vita lontano dallo squallore in cui si sono messe sia pure per loro volontà.

  17. L’articolo di Loredana mi è piaciuto molto, quanto all’articolo di Zizek non mi è sembrato molto originale, dice molto bene delle cose che in fondo si sanno.
    Un piccolo dettaglio a cui Zizek non ha accennato è il piano della P2, che avrebbe dovuto togliere fin dall’inizio ogni illusione di bonomia alla clownerie del nostro. Moretti nel Caimano lo vide bene.
    Comunque sono d’accordo sul fatto che l’attenzione ossessiva alle abitudini sessuali e alle depravazioni senili di B. sia controproducente, mi dispiace ma non riesco a sentirmi coinvolta in questo tipo di discussioni.
    Quello che sta avvenendo a Venezia mi preoccupa di più, e anche il Veneto è un laboratorio le cui pratiche, per quanto ‘locali’, fanno parte secondo me di quella strategia dell’emergenza finalizzata a sottrarre spazi di libertà e di democrazia.

  18. @valeria
    Credo anch’io che politicamente il fatto rilevante, e pericolosissimo, di questi giorni sia il fatto di Venezia. E’ un attacco al cuore della democrazia, che meriterebbe ampio spazio sulle prime pagine dei giornali. Mentre ad oggi è stato gestito malissimo anche dai giornali che un po’ di spazio glielo hanno dedicato. Andava evitato *sistematicamente*, come altri hanno ricordato, il frame Battisti, come anche il lessico del boicottaggio, o la logica della polemica scatenata ad arte dal nemico, ecc. Ci si è riusciti solo in parte (per fortuna la figura “rogo dei libri” è passata). Purtroppo dal punto di vista della comunicazione mediatica i fari sono tutti puntati altrove ed è davvero difficile far distogliere occhi e orecchie da lì. Anch’io credo che politicamente l’attenzione sulle abitudini sessuali di B., almeno che non si abbia la certezza di poter chiudere i conti in fretta per via giudiziaria (ma qui sono pessimista), sia assolutamente controproducente.

  19. Dio caro, a Simò! Se lo scrivevi te l’articolo di Zizek te veniva più arguto! Ossia a me pare un’accozzaglia di clichet triti, in zona der mestiere più antico del mondo. Non concordo. E non concordo neanche con la solfa benaltrista per cui ogni volta che si parla di scenarii problematici perchè sessisti – o davvero te pensi che a me mi agiti il problema del sesso anale? – scatta la questione per cui c’è ben altro! C’è la fiat! C’è il rogo dei libri! O ma che cazzo ma riuscite a leggere un solo articolo di giornale al giorno? Vi potete permettere una sola preoccupazione a settimana? Una sola angolatura al giorno toglie il medico di torno? Non credo. Credo invece che limitare la critica all’attuale governo e alla cultura che ha creato esclusivamente su alcune questioni sia un gesto miope.

  20. @zaube,
    certo che se lo scrivevo io il pezzo veniva meglio:-) però, davvero, non mi sembra male l’analisi che Zizek fa, anche perché ha il pregio di non grondare indignazione morale (e io proprio con l’indignazione morale ci ho un pessimo rapporto): parla di un nuovo paradigma del potere con cui ancora non riusciamo bene a fare i conti, mi pare. Sul resto, io non volevo fare il benaltrista (anche se forse il tono era un po’ quello, lo riconosco): trovo solo che nel caso specifico il sex-polverone rischi di nascondere un fatto politicamente molto grave che meriterebbe più attenzione. In tv, tanto per dire, la questione “rogo dei libri” ha avuto pochissima visibilità. Che poi si possa lavorare su più fronti è indubbio.

  21. Zaub, siccome mi sento coinvolta, ti rispondo anch’io.
    Sì, ripeto, Zizek non mi è sembrato molto originale anche se – e rispondo a Simone – non basta non grondare indignazione morale per avere ragione e viceversa.
    E’ proprio perché i problemi sono tanti che concentrarsi su uno solo non è produttivo. Non sto parlando di quello che assilla me, te e altri dentro e fuori questo blog, sto parlando di strategie comunicative.
    L’uomo contro cui a ragione viene puntato il dito, grondante o no indignazione, possiede direttamente o indirettamente la maggior parte dei mezzi di comunicazione di questo Paese e tiene al guinzaglio molti che in quei mezzi ci lavorano e ci campano.
    Non è difficile immaginare – ed è sempre accaduto e sta accadendo pure adesso – come quel dito possa essere facilmente ritorto contro gli accusatori stessi. I repertori retorici attraverso cui questo avviene,
    sono noti e pescano in un serbatoio simil-liberale che ormai fa parte del kit del politico da talk shaw.
    Senza considerare, poi, di come i format televisivi più rodati forniscano la cornice più adatta a far raccontare ‘la storia vera’ direttamente dalla protagonista.
    E se te la racconta lei, con le lacrime agli occhi, la vera verità puoi non crederle?
    Basta fare zapping in questi giorni per vedere come viene confezionata abilmente la contronarrazione del ‘caso Ruby’. D’altra parte le cornici c’erano già quasi tutte: persecuzione dei giudici, gioioso e vitale amore per la vita del premier, generosità, ecc. ecc.
    Viene riproposta spesso, in molte salse, anche questa domanda, lanciata da un alto prelato se non sbaglio: preferiste essere governati da un uomo probo ma incapace politicamente, oppure da un uomo un po’ birichino ma grande statista?
    Ecco: il birichino c’è, ma il grande statista non vedo.
    E’ qui che bisogna insistere, scendere sul terreno dei fatti, sulle conseguenze che ha sulla vita di tutti noi quello che viene e non viene fatto da questo governo.
    Ed è sul piano dell’esperienza concreta di tutti i giorni che poi, inevitabilmente, ci si torna a misurare con la devastazione culturale, economica, politica e morale del berlusconismo.
    Il punto di partenza dell’analisi è diverso, ma non mi pare per niente benaltrista.

  22. valeria quello che non capisco è perchè un culo che pubblicizza mutanne è narrativamente più meritevole di disambiguazione semiotica e di indignazione femminista del culo di una extracomunitaria minorenne su cui un vecchio paga anche lui bei quatrini. Lei con tutte le narrazioni di contorno comprese le graziose battute supermaschiliste di tutti i nostri amici di sinistra. Sulla comunicazione mono di questi giorni concordo anche, ma in mezzo a questa comunicazione c’è stato chi ha cercato di decodificare la vicenda in questo modo – tipo appunto la De Gregorio. Capisco Regazzoni perchè Regazzoni – e in questo io sento una distanza tra me e lui – non lo vede il sessismo nella questione birichina, fa parte del libero porno in libero stato, rientra nella sua convinzione che in Italia la rappresentazione di genere pop non è sessista. Questo è il film pop proiettato sulle stanze del potere – altro che moderntità roba vecchia come il cucco.

  23. @ zauberei:
    per una volta chiedo anch’io di non semplificare *eccessivamente* la mia posizione, benché credo sia normale che in una discussione, in una certa misura, ciò accada. Io non disconosco affatto che vi siano rappresentazioni sessiste in alcuni format televisivi o in certe pubblicità; o che l’articolazione del potere politico incarnata da B. oggi non sia fallocentrica e sessista; ho scritto in questo blog che non credo si possa dire che la cultura di massa sia sessista, essendo un sistema complesso in cui abbiamo una molteplicità aperta di rappresentazioni della donna. Da ciò la possibilità di conlcudere che anche lo spazio della cultura di massa in Italia (ma ciò non significa, naturalmente, “esclusivamente di produzione italiana”) non offre qualcosa come un pensiero unico o una rappresentazione unica e sessista della donna. Tv compresa. Questa è la mia posizione. Per quanto riguarda il porno come genere di fiction, è un’altra cosa: io lì sono con le femministe così dette “pro-sex” non con le posizioni da censura (che tanto hanno entusiasmato la destra americana) à la MacKinnon, visto che ho poca simpatia per quelli che si preoccupano di cosa il “popolo” debba leggere o vedere.

  24. Simone quando mi dici così mi trovi concorde – il problema che ho, forse è il mezzo di scambio, forse è che non possiamo essere sempre uguali a noi stessi nella articolazione o nella comprensione – forse no, è che in certo commenti questo non te l’ho letto. Però se lo dici, come dire, mi fido.

  25. Zaube, credo che lo stile di argomentazione che il medium, in qualche modo, ci impone sia particolare: faticoso, per certi versi, e molto interessante al contempo (almeno per me). E’ una argomentazione frantumata, giocata su diversi botta e risposta su fronti diversi, su precisazioni, correzioni, omissioni, ecc. Quando dico “questa è la mia posizione” è un po’ come dire: “questa è la mia intenzione di significato”. Lungi da me pensare che io riesca sempre a esprimerla in modo efficace; sempre in modo preciso e coerente; o che, presa punto per punto, essa non produca effetti di senso che eccedono la cornice in cui vorrei contenere la mia posizione. Sono problemi che assillano ogni argomentazione e che nel constesto di un blog assumono una loro nuova declinazione che occorre provare a gestire. Ad esempio su B., nonostante la mia posizione, mi sento molto distante da articoli come quello di Loredana Lipperini (ma non aggiungo nulla, abbiamo già discusso di queste cose). Scusa per le “questioni di metodo” un po’ pallose.

  26. @Zaub. Gli scambi tra te e Simone hanno chiarito come uno scambio di opinioni su un blog possa essere tormentato e terreno fertile di equivoci.
    Cerco di chiarire.
    Sulla questione la penso come te, solo credo che la strategia comunicativa in questo paese e in questo stato di cose non possa essere sottovalutata.
    Non sono andata a rileggermi, ma mi pare che anche sulla questione ‘mutande’ facevo lo stesso tipo di ragionamento: in una estensione chilometrica di carne femminile esposta in modo indifferenziato non può valere il discorso ‘eh, sì, ma in questo caso il significante calza perfettamente al significato”, perché il significato specifico soccombe se veicolato da un significante usato per dire tutti i signficati possibili.
    Questo è il motivo per cui non ho apprezzato la discussa pubblicità dell’Unità, per esempio.
    Questo tipo di ragionamento, perlomeno per come la vedo io, vale soprattutto per le immagini, ma non solo.
    Siccome io penso che nella ‘questione Ruby’ il nocciolo del problema sia esattamente quello detto da te, il rischio che vedo è che , nel mare magnum di una mononarrazione indifferenziata sul ‘caso’, il nucleo di quello che per noi è il significato autentico della questione vada completamente perso.
    Tu dici: “Sulla comunicazione mono di questi giorni concordo anche, ma in mezzo a questa comunicazione c’è stato chi ha cercato di decodificare la vicenda in questo modo – tipo appunto la De Gregorio”.
    Certo che sì, infatti io non dico che l’articolo di Loredana Lipperini e gli interventi di Conchita De Gregorio non andavano fatti, anzi! Quello che mi chiedo è: in tutto questo rumore di fondo sono stati percepiti?
    .
    Solo una nota a margine per Simone. Su quel fatto dell’indignazione io non sono d’accordo. Per me ‘indignarsi’ significa uscire dall’indifferenza e dal sopore morale che, di questi tempi, mi pare predominare, per cui ogni volta che vedo levarsi scudi contro il sentimento dell’indignazione mi allarmo.
    Tanto che ho trovato insopportabile, un vero pistolotto ‘moralistico’ (genere che aveva l’intenzione di colpire), l’articolo di Luc Ferry a proposito del libro ‘Indignez vous’ che ho letto su ‘Internazionale’.
    Ma, continuando su questo argomento, andrei molto O.T., per cui smetto subito.

  27. @valeria:
    la questione “indignazione” meriterebbe un approfondimento, ma davvero finiamo OT. Per me, in ambito politico, è un sentimento sospetto se diventa ciò a cui ci si appella per dire: reagite. E’ un sentimento troppo legato a un universo preciso di valori, se vuoi a una idea di bene morale, per poter sempre essere affidabile (o sempre affidabile) come movente o istanza di legittimazione di una presa di posizione politica. Anche i cattolici si indignano su questioni che toccano la vita e la morte; anche l’assessore di turno si indigna per Battisti; anche il MOIGE si indigna; ecc. Preferisco quindi analisi critiche anche dure, ma che non tirino in ballo l’indignazione: la mia sensibilità morale non coincide con le mie valutazioni e le mie prese di posizione politiche.

  28. Questo è un post prezioso, che in questo momento fa da punto di riferimento a migliaia e migliaia di persone che si muovono in rete. Un altro post come questo, sul web, non c’è, perché i blog si sono giustamente “divisi il lavoro”. Loredana (coadiuvata da altri) raccoglie e ripropone la rassegna stampa su un’offensiva maccartista, inquisitoria e para-nazi tra le più gravi mai avvenute nella storia recente italiana.
    Questo spazio commenti, quindi, dovrebbe rimanere a disposizione per segnalare prese di posizione e iniziative, o per commentare le suddette. Non mi sembra il momento di occuparlo con discussioni senz’altro importanti ma meno focalizzate, rendendolo così difficile da leggere, se non impercorribile.
    Vi prego, insomma, di andare a discutere altrove di altre questioni.

  29. @ wu ming 1
    dovresti leggere con più attenzione e la discussione e i testi inseriti a partire da cui la discussione si è sviluppata prima di fare certi interventi. Capisco le priorità. L’arroganza no.

  30. Simone, forse l’errore è stato mio nell’inserire l’editoriale scritto per l’Unità in questo post, solo perché conteneva riferimenti alla vicenda di cui ci stiamo occupando. In effetti, sarebbe importante però restare alla vicenda dei libri censurati. Prometto che, appena ho un secondo di tempo, sposto l’editoriale in altra sede in modo da consentire la discussione sulla questione femminile. Ringrazio tutt* per l’attenzione.

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