REMEMBER THE CANT, O QUEL CHE DOVREMMO FARE OGGI

Remember the Cant è lo slogan che appare con frequenza durante la prima stagione di The Expanse, la serie fantascientifica cui, con ritardo, mi sto appassionando. The Cant è una nave spaziale, la Canterbury, che (SPOILER O QUASI) viene distrutta nel primo episodio, e per un bel po’ di puntate è difficile capire cosa sia accaduto davvero, perché fatti e controfatti si susseguono su uno sfondo di disuguaglianze e sofferenza, perché a ben vedere le storie fantastiche proiettate nel futuro raccontano questo, come in Altered Carbon: esiste un’élite privilegiata ed esiste un’umanità povera e disperata e ignorata. Dunque, quelle storie ci somigliano.
Ma sto usando in una direzione lievemente diversa l’invito Remember the Cant, e provo a spiegarla. Immaginiamo di vivere in un mondo dove non sono più i giornali, con cui quelli più vecchi di noi sono cresciuti, a diffondere le notizie. Immaginiamo che le notizie vengano diffuse dalla rete e che noi le recepiamo come vere. Sì, lo so, arrivo buona ultima a parlare di fake news, però parto da un episodio piccolo che mi ha colpito, giusto ieri sera.
Sul profilo Facebook di una mia compagna di liceo, preparata e colta, dunque in grado di fronteggiare la falsità, leggo la notizia che, risalendo alla fonte, viene diffusa da un’avvocata salviniana (ma potrebbe essere anche della cintura di Cerere per quanto mi riguarda) che posta una foto di Greta Thunberg e di sua madre, nella loro casa. “Quella poltrona nella foto dietro di loro è la Eames Lounge Chair, icona del design moderno. Realizzata con pelle di animale costa più di € 8.000… Quella su cui sono sedute costa più di 9.400 euro”, strepita l’avvocata. La notizia viene analizzata e smentita da un benemerito sito antibufala. Ma poco conta. Si accoglie sempre con un fondo di risentimento, quella smentita, con un sospetto di saccenteria, così come avviene quando si fa notare che Doris Lessing o Lucio Dalla non possono morire più di una volta, sai com’è.
Cose note, cose note. Però, in un momento di massima crisi dei quotidiani, e di distacco non tanto e non solo dei più giovani, ma della nostra generazione, da  qualunque informazione che non coincida con il nostro pensiero, e che rischia di mettere sia pur lievemente in crisi l’autoconsiderazione in cui siamo accomodati, e che viene ingigantita giorno dopo giorno da tutti coloro che ci commentano e ci coccolano e ci mettono like fino a chiuderci non in una bolla, ma in una gabbia, ecco,  dovremmo davvero bucare la bolla, o segare le sbarre, per farci presidio. Per insistere e dire no, guardate, le cose non stanno così, pensateci un attimo. E, certo, per ascoltare le ragioni degli altri, e magari essere disposti a farci dire che abbiamo torto noi.
Un’utopia, certamente. The Expanse usa nomi che vengono da Cervantes: il primo episodio si chiama Dulcinea, e una certa astronave verrà ribattezzata Rocinante. Le grandi storie viaggiano in modi diversi da quelli cui siamo abituati: anche le notizie, oggi più che mai.

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