La nuova traduzione de “Il signore degli anelli” di Tolkien, a cura di Ottavio Fatica, è uscita da diverse settimane. La sto leggendo e quando avrò terminato dirò la mia: per ora anticipo solo che è una rilettura molto piacevole. Continua a stupirmi che la discussione, che per oltre un anno è stata feroce, non si concentri, se non in minima parte, sul testo. Per il momento, dunque, vi invito a leggere questo articolo dell’Associazione Studi Tolkieniani:
“Il consiglio per tutti, dunque, è di mettersi comodi. E anche di riflettere su un dato: i lettori di Tolkien sono molti di più di quanti riusciamo a immaginare e di quanti si facciano sentire sui social media, ma diventano ancora più numerosi se ci proiettiamo in avanti, come fa un’operazione editoriale di ampio respiro. Chi leggerà il Signore degli Anelli per la prima volta, quindi con uno sguardo “vergine”, più limpido e più libero, potrà fare le sue valutazioni, probabilmente diverse da quelle che oggi vengono messe in piazza dai veterani. Sono i nuovi lettori di Tolkien che decideranno se premiare oppure no questa nuova traduzione. Ebbene, è facile immaginare che a costoro non importerà così tanto del cambiamento di un nome, e che apprezzeranno invece la prosa ariosa e la scorrevolezza che adesso Tolkien ha anche in italiano. Certo, è pure vero che qua e là questa fluidità della lingua è impreziosita da termini antiquati. Ma questo è ancora il tentativo di rendere lo stile di Tolkien, che ricorreva spesso alla quinta o sesta accezione dell’Oxford English Dictionary, quando non inseriva nel suo inglese medio dei veri e propri arcaismi e versi ben mimetizzati di prosa poetica. Dunque Fatica ha scelto di provare a restituircelo così in italiano. Come ci ha restituito la diversità dei registri linguistici presenti nel romanzo, che in italiano non avevamo ancora conosciuto. È precisamente questo il senso di ogni nuova traduzione: provare a rendere aspetti della lingua letteraria di un autore che le traduzioni precedenti non avevano colto”.