RIPARARE IL TRAUMA, O ALMENO PROVARCI: IL GREENPASS, GLI INTELLETTUALI E TUTTO IL RESTO

Sono accadute parecchie cose in questo week end e credo che molti di voi le sappiano già. Parlo della censura televisiva ad Antonio Scurati, nonché di quelle, emerse subito dopo, a Nadia Terranova e Jennifer Guerra. Non è la prima volta che avviene, d’accordo, ma è inquietante la modalità, è inquietante il contesto.
Ma non è di questo che voglio parlare oggi.
Voglio parlare di un’altra cosa, che è molto importante quanto rimossa. In questi giorni, dopo il video collettivo in cui, in cinquantatre fra scrittori e scrittrici, abbiamo letto il monologo di Scurati, non sono stati pochi coloro che hanno detto: bravi, ma dove eravate ai tempi del greenpass? La controreazione, per lo più, è stata di scherno, e la terribile parola no-vax è tornata a circolare.
Ebbene. Su questo blog ho più volte espresso dubbi giganteschi su come è stata raccontata la necessità del greenpass. E ho più volte linkato quanto hanno scritto e ripetuto i Wu Ming, cui l’onestà e il nitore con cui hanno provato a intervenire sono costati parecchio.
Linko nuovamente il lungo articolo su Giap in cui hanno analizzato la questione, invitandovi a leggerlo e a riflettere.
Per esempio:

“Il lasciapassare è lo strumento con cui il governo prosegue la strategia adottata fin dall’inizio della pandemia, quella di metterci tutti sul chi vive gli uni contro gli altri. In questo caso potremmo dire: “sul chi merita di vivere” e chi invece deve stare chiuso in casa «come un sorcio».

Deviare l’attribuzione di responsabilità verso il basso e disperderla in orizzontale è ciò che ha fatto la classe dirigente fin dai primi di marzo del 2020.

Prima il nemico pubblico era chi faceva la «corsetta» o anche solo la passeggiata. Ricordiamo bene la volta in cui il sindaco di Bologna Virginio Merola paragonò le persone che continuavano a fare due passi o fare jogging a «sacche di resistenza» da sgominare, aggiungendo: «Ci sono ancora alcune zone, in particolare nelle periferie, dove il richiamo del verde è molto forte.»

Questo, rammentiamolo, mentre le fabbriche di Confindustria restavano aperte e treni e bus giravano carichi di pendolari.

Poi si è sferrato l’attacco alla «movida», termine spagnolo ma che si usa così solo in Italia. Ancora una volta gente che stava all’aperto, nelle piazze, fuori dalle rotte reali del contagio.

Poi è stato il turno degli stronzi irresponsabili che erano andati in ferie, molti dei quali… usando il «Bonus vacanze» dato loro dal governo.

Nel frattempo c’era la voga del dare a chiunque del «negazionista».

Poi c’è stato l’obbligo di mascherina all’aperto, e chiunque dicesse che era insensato – cioè dicesse la pura verità – era un «no mask», altro esempio di anglicorum di regime.

E mica li abbiamo elencati tutti, i diversivi e i capri espiatori.

Ogni volta si è trovato un modo di scaricare su bersagli implausibilissimi le colpe del governo e dei padroni, in modo da continuare a gestire l’emergenza in modo capitalistico, facendo leva sulla pandemia per un’enorme ristrutturazione.

Ora è il turno dei «no vax», e ormai viene chiamato così chiunque non abbia il lasciapassare, e persino chi ce l’ha ma non lo descrive in modo encomiastico”.

E, nella seconda puntata dell’articolo:

“Rifiutiamo la trappola dicotomica vaccinismo/antivaccinismo, a maggior ragione dobbiamo rifiutare l’altra falsa linea di frattura, quella tra chi ha e chi non ha il lasciapassare. Non possiamo sprecare fatica e senso dell’equilibrio camminando sulla fune sbagliata.

Del lasciapassare dobbiamo denunciare, tutte e tutti insieme, irrazionalità e secondi fini. Dobbiamo lottare perché venga richiesto in sempre meno circostanze e, meglio ancora, venga abolito. Gli argomenti a favore di quest’abolizione sono numerosi e facilmente spiegabili. A questo proposito, ricordiamo un paio di banalità di base.

■ Il lasciapassare è l’ennesimo provvedimento emergenziale descritto come inevitabile… eppure evitato nella maggior parte dei paesi. Quando qualche esperto da social vi dice che «il pass c’è in tutta Europa», sappiate che sta confondendo, forse a bella posta, due documenti diversi: il Certificato Covid Digitale dell’UE – che consente di viaggiare tra paesi membri e ha praticamente solo quello scopo – e il lasciapassare sanitario, che con queste caratteristiche, almeno al momento, esiste in pochissimi paesi [2].

■ In Italia il lasciapassare è stato introdotto e viene usato in modalità – e per finalità – da cui la stessa OMS mette in guardia in questo documento ufficiale. Chi non ha tempo di leggerselo può farsene un’idea grazie al sunto di Fabio Chiusi.”

Il post è lungo, e i due articoli ancora di più.
Se li ripubblico oggi è perché, quattro anni dopo la pandemia, ritengo folle non aver riaperto il discorso, come se non fosse accaduto nulla. E non è per rispondere a chi chiede “dove eravate?”. Molte e molti di noi ci sono sempre stati, hanno sempre provato a problematizzare e a capire. Magari non ci avete letto, e ci sta. Ma non bisogna neanche usare la domanda per minimizzare la situazione di oggi o per screditare chi contro questa situazione si batte. Sarebbe non solo ingiusto, ma pericoloso.

6 pensieri su “RIPARARE IL TRAUMA, O ALMENO PROVARCI: IL GREENPASS, GLI INTELLETTUALI E TUTTO IL RESTO

    1. Intervengo per ringraziarvi a mia volta. In quei primi mesi in cui il potere imperversava e a me (e a molti insieme a me) pareva a volte di essere pazzi noi, i vostri interventi lucidi e logici sono stati preziosi, intellettualmente, politicamente e anche emotivamente. Grazie.

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