HO PERSO IL NOVECENTO (E NON SAPEVO NULLA DEL TRAFFICO DI DATI NEURALI)

A volte mi rendo conto di quanto io sia lenta, nonostante tutto, nel cogliere alcuni segnali. Faccio un esempio. Per me le cuffie che registrano le onde cerebrali erano faccenda da Grey’s Anatomy: ovviamente sapevo che venivano utilizzate in ambito medico, ma non sapevo il resto. Ignoravo, per esempio, il fiorente commercio delle fasce da meditazione, che monitorano l’attività del cervello durante la pratica e forniscono feedback “per automigliorarsi”. Ignoravo che esistessero (e si vendono on line) le stesse fasce destinate ai bambini, per controllare alcuni giocattoli “intelligenti”. Ignoravo, fino a oggi, che altre fasce, con relativa app, registrassero le emozioni di chi  cerca un partner on line (“ascolta il tuo cuore non è più sufficiente: ascolta il tuo cervello e scegli in base alle tue reazioni”), ma anche di chi posta su un social network (oddio, magari sarebbe utile: pensa a un’app che dice “lascia perdere, prendi un caffé e riprova a scrivere”).
Insomma, ero terribilmente inconsapevole, e chiedo scusa a chi invece di queste cose si occupa per la mia ignoranza. Stamattina, però, ho letto che in Colorado è stata approvata una legge per impedire che le aziende utilizzino i dati sensibili dei nostri cervelli (giustamente, la legge estende il concetto di “dati sensibili” ai “dati neurali” generati dal cervello, dal midollo spinale e dal sistema nervoso) e sono ripiombata in pieno Philip K. Dick.
Il mondo è andato avanti, direbbe un pistolero di mia conoscenza: non mi spaventa tanto il mio fisiologico rimanere indietro ma la forza di volontà, il tempo e la curiosità necessari per capire almeno una parte di quel cambiamento.
Questa è anche una parte delle riflessioni che intendo fare da domani a domenica a Torino in “Ho perso il Novecento”, che è una bellissima idea di Nicola Attadio e che coinvolge la sottoscritta e Paolo Di Paolo in tre incontri (più uno al Salone del Libro), in dialogo con un ospite: a Torino saranno Guido Catalano, Filippo Solibello e Mario Calabresi, rispettivamente domani alle 21 al Circolo dei Lettori, sabato e domenica alle 16.30 al Politecnico di Torino nell’ambito di Biennale Tecnologia.
L’idea è di partire da oggetti squisitamente novecenteschi per discutere di pratiche ed emozioni di oggi: un’idea allargata del Ghosting, dello scomparire on line e non solo, attraverso il gettone, l’Interrail e Tuttocittà, un’idea altrettanto ampia di Sharing, condivisione, attraverso la radio a modulazione di frequenza, le musicassette e il fax, e una sull’Infotainment (rompiamo i palinsesti, facciamo a modo nostro) attraverso Televideo, Orologio Casio e Videoregistratore. Dell’ultimo appuntamento al Salone si dirà.
Non c’è nessun intento retromaniaco, però. Niente nostalgia, niente quanto eravamo belli e bravi: semmai, per quanto mi riguarda l’idea è quella di chiedere e chiedermi come possiamo provare a utilizzare quel che sappiamo per affrontare quello che non riusciamo ancora a capire.
E’ una bella sfida e come al solito le sfide mi piacciono. Ci vediamo a Torino (e comunque le cuffiette con gli elettrodi al momento mi spaventano un po’. Un po’).





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