RIPETERE IL NOME DI GIULIO REGENI

Il libro di Paola Deffendi e Claudio Regeni (con Alessandra Ballerini, Giulio fa cose, Feltrinelli) cita, nella prima pagina, Saramago:
Viaggio in Portogallo di José Saramago è uno dei nostri libri preferiti. C’è un piccolo passo, in particolare, che amiamo: “Il viaggio non finisce mai”, scrive Saramago, “Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: “Non c’è altro da vedere”, sapeva che non era vero. La fine di un viaggio è solo l’inizio di un altro”.
Ho sempre provato un misto di ammirazione e dolore per due genitori che non smettono, non smetteranno mai, di cercare verità e giustizia per il proprio figlio. Lo rifarebbero, dicono, educherebbero ancora Giulio ad amare i viaggi, anche se in uno di quei viaggi, tre anni fa, ha trovato una morte ingiusta su cui ancora non c’è né verità né giustizia. Ho pensato, né potrebbe essere altrimenti, a Renata De Palo, alla donna indomita che quarant’anni fa telefonava a ministeri e agenti dei servizi segreti, che viaggiava a sua volta sulle tracce della figlia Graziella e che oggi, ultranovantenne, ripete ostinatamente di non poter morire prima di sapere la verità, prima di avere giustizia. Ho pensato ai genitori di Ilaria Alpi. Ho pensato e ripensato e poi mi sono detta che magari stavolta no, magari stavolta si riuscirà a sapere, si riuscirà ad avere.
Oggi avrò l’onore di intervistarli, Paola Deffendi e Claudio Regeni, e la loro avvocata Alessandra Ballerini, alle 16, a Fahrenheit. Quando si intervista qualcuno, si cerca – o almeno io cerco – di entrare in contatto con l’intervistato, di capirne lo stato d’animo, e se è spaventato o divertito o, come capita anche se raramente, sprezzante perché ti ritiene non degna di lui. Questa volta sarà, fatalmente, diverso. Io lo stato d’animo dei miei ospiti di oggi lo intuisco, da almeno tre anni. E ne condivido, nella mia bolla impotente, il dolore, la rabbia, quella strana forma di speranza e amore che ti fa ripetere il nome di chi hai amato e perduto, per tenerlo con te.

3 pensieri su “RIPETERE IL NOME DI GIULIO REGENI

  1. Con queste poche righe conferma quel che penso di lei già da molti anni: intellettuale, conduttrice radiofonica, giornalista ma soprattutto una bellissima persona che con la sua sensibilità emoziona anche usando solo la comunicazione verbale

  2. Buonasera Loredana
    bellissimo l’appuntamento di venerdì con i genitori di Giulio Regeni. La radio ha dato ulteriore forza alle loro parole ed alla loro battaglia e tu come al solito sei stata una splendida padrona di casa
    Un tuo aficionado
    Marco Fiodo Sorrento

  3. Buona sera Loredana,
    io credo che non ci sia differenza tra noi e gli animali, almeno una parte di loro. Ho abitato con mia nonna per decenni e ho trascorso nella sua grande casa in campagna tutti i migliori anni peggiori della mia vita. I gattini spesso venivano separati dalla mamma e la mamma per giorni non si dava pace. Papà gatto, una volta assolto il suo compito spariva (probabilmente senza grande disperazione della gatta) avendo esaurito velocemente il suo ruolo di propagatore della specie. Ho osservato varie volte questo dolore e non l’ho mai fatto mio. Avrei solo voluto sapere come e se la gatta riusciva a superare l’assenza. Mi veniva detto che gli animali sono animali e che dopo un parto, partoriranno di nuovo. Eppure anche i conigli o le galline si agitavano quando un membro del pollaio spariva. Certi dolori saranno utili un giorno, parafrasando Cameron, e sarà troppo tardi spesso perché quello che si doveva capire non lo si è capito in tempo. Io e mia moglie non pensavamo di conoscere il dolore della perdita di un figlio; la nostra esperienza non è paragonabile a quella di chi perde un figlio nato, cresciuto nell’amore, un figlio con cui si è sognato e condiviso il mondo. Eppure, abbiamo perso tre bimbi, tre ipotesi di vita in gravidanza prima di avere il nostro, contrariamente a quanto sostiene Gibran, Giacomo. Non le nascondo che il pomeriggio dell’intervista ai coniugi Regeni, avevo una vescica reclamante. Mi sono chiesto, opponendo resistenza alla fisiologia, come mi sentirei in una situazione simile. Io sarei la gatta impazzita. Io non mi darei pace. Urlerei. Io ho ascoltato ogni parola, ho visto ad occhi chiusi o attraversando i rami dei limoni del parcheggio, le facce di quei genitori e mi sono sentito male. Nostro figlio è nato per amore e non oso immaginare il baratro dove sprofonderemmo se ci venisse tolto. Quel loro dolore non mi è stato utile se non per odiare chi ha portato via Giulio, e come Giulio tutti gli altri Giulio. Io La ringrazio per avere ospitato questi genitori. Forse, un giorno il loro dolore avrà avuto un’utilità. Quanto è singolare l’esistenza umana?

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