Non è una questione di empatia, o di empatie, come dicono quelli che ne sanno davvero. Dovrebbe essere una semplice faccenda di provare a capire che gli altri esistono, e non coincidono con quello che che vediamo, o che ci cammina accanto tutti i giorni perché parte della nostra cerchia ristretta.
Dunque, molti di voi romani che leggete, e io stessa, siamo stati svegliati di colpo, alle cinque del mattino, da una scossa violentissima e breve di terremoto. In realtà non così violenta, 3.3, ma tale sembrava. Ho pensato che fosse un sogno, o che nel mio sogno fosse entrata la consuetudine della vicina di fare le pulizie di Pasqua tutte le mattine all’alba, e non solo a Pasqua. Non era così, e ne ho trovato conferma in rete, e mi sono persino riaddormentata.
Ora, non voglio fare prediche, perché la paura è la paura, e il terremoto FA paura, perché ti manca qualsiasi appiglio, sei inerme e sgomento come una foglia staccata dal ramo. I ricordi dei terremoti non svaniscono mai, a differenza di quelli delle epidemie.
«”[…] Ha sentito parlare il terremoto di Lisbona?”
“No… Un terremoto? Qui non leggo giornali…”
“Lei mi fraintende. E giacché ci siamo, è deplorevole… e significativo di questo luogo… che lei trascuri di leggere i giornali. Ma lei mi fraintende. Il cataclisma cui alludo non è attuale, E avvenuto circa 150 anni fa…”
“Ho capito! Sì, sì,… aspetti! Ho letto che quella notte, a Wieman, Goethe nella sua camera disse al domestico…”
“Via, non volevo dir questo…” lo interruppe Settembrini chiudendo gli occhi e agitando la piccola mano bruna. “D’altro canto lei confonde le catastrofi, lei ha in mente il terremoto di Messina. Io alludo alle scosse che sconvolsero Lisbona nel 1755.”»
Ma io non voglio fare come fa Settembrini con Castorp, non sono una pedagoga. Però, il primo pensiero quando ho realizzato che stavolta non era la vicina che spostava armadi all’alba, è stato per le Marche, che la settimana scorsa, in quel di Amandola, hanno tremato. 3.7, 3.4. E’ diventata quasi una consuetudine, così come è diventata una tragica, terribile consuetudine vivere nelle SAE, e immaginatevela un po’ la quarantena in una SAE.
E’ una considerazione inutile. E’ una considerazione solitaria. Però, ecco, bene hanno fatto gli amici marchigiani ad arrabbiarsi quando hanno visto i titoloni dei giornali on line su Roma. Benissimo.
Infatti, brava Loredana: io sono tra quelli più inca**ati! E anche confondere il terremoto di Messina con quello di Lisbona (dal quale bisognerebbe imparare molto, a differenza di quello del 1908), lascia sbigottiti…