E invece, come dice Pievani, dovremmo “difenderci con l’adattamento culturale. Si calcola che nelle grandi città bollenti la temperatura si abbasserebbe di 10 gradi togliendo di mezzo asfalto e cemento e sostituendo i pavimenti col verde. È fondamentale farlo per la salvaguardia dei più deboli, anziani e bambini. Bisogna progettare un futuro dove le case sono dipinte di bianco o parzialmente interrate come a Dubai. Ci salveremo ingegnerizzando l’ambiente. La natura non è abituata a tempi così veloci. Siamo preoccupati. Ci adatteremo ma sarà costoso. È necessario farlo. Il caldo crea disuguaglianze e povertà”.
E noi siamo a bordo. E a bordo si parla d’altro. Di fare la guerra, di cazzate, e di fare la guerra come fossero cazzate”.

A Bologna hanno abbattuto migliaia di alberi di boschi spontanei per insediare i cantieri del “Passante” senza che ci fosse ancora il progetto esecutivo, e adesso pare che il Passante non si farà, perché non ci sono più i soldi. Ecocidio gratuito, per la fretta di far vedere che “facevano”, che aprivano i cantieri. E ancora insistono, pensando alla riqualificazione dell’area dell’ex-Caserma Sani che prevede l’abbattimento di centinaia di alberi di 60-70 anni.
Chi si oppone, viene fisicamente minacciato, come è successo giusto un anno fa.
Ma la questione, viaggiatrice o viaggiatore, non riguarda solo Bologna (qui, sempre su Giap, un bel riassunto sul pregresso). Riguarda Pordenone, con i suoi tigli storici abbattuti un anno fa per “riqualificare” (e dalli) l’ex Fiera. E come risponde il sindaco Ciriani? Come tutti: a starvi a sentire, nonsipuòfareniente.
Andiamo avanti.
Perché i commenti a quel post ci portano in giro per l’Italia. Udine, dove gli alberi ad alto fusto vengono abbattuti come se niente fosse. Lucca. Salerno. Napoli. Prato. Viareggio. Milano. Ogni volta, scrive una commentatrice milanese, gli interventi vengono spacciati per riqualificazioni: “distese di cemento, alberelli in vaso oppure affogati nel cemento. Quelli in vaso diventano cestini per la spazzatura (mozziconi, cartacce e altro) e tutti, molto spesso, non sopravvivono all’estate. Guardarli genera sconforto”.
E poi Roma, Certo. La piazza di San Giovanni in Laterano, di cui ci si gloria come di un bellissimo progetto realizzato. Cemento. Sanpietrini. Le aiuole ridotte a striscioline. Via le panchine. Via i vasi di fiori. Via l’ombra. E piazza dei Cinquecento, ben 10.000 metri quadrati di “cemento architettonico”. E piazza San Silvestro, ancora prima. Senza ombra, senza alberi.
In poche parole, un buon numero di amministratori delle città vuole offrire il solito “decoro” abbattendo il verde. E io, viaggiatrice o viaggiatore, come tutte e tutti, vorrei sapere cosa hanno in testa. Perché viene detto e ripetuto che il verde urbano è l’unica soluzione contro l’innalzamento delle temperature, che non si fermerà: e invece si continua a costruire, e comunque le case non si trovano lo stesso perché i prezzi salgono e salgono, e per ogni pezzo di cemento in più si sottrae possibilità di vita e salute a chi abita le città.
Quelle che, secondo il governo, hanno la sola possibilità di sopravvivere mentre le aree interne sono destinate a morire.
Che follia è questa?
“Il consumo di suolo in Italia, solo nel 2021 ha superato i 2 m2 al secondo, sfiorando i 70 Km2 di nuove coperture artificiali, tra edifici, infrastrutture, insediamenti commerciali, logistici e produttivi.
Il 7,1% del suolo nazionale è oggi consumato da opere di cementificazione, rispetto auna media Ue del 4,2%(dati elaborati dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente).
Siamo il quinto peggior Paese d’Europa in quanto a occupazione di suolo. A livello regionale, la Lombardia raggiunge il 12,1% di occupazione, seguita dall’11,9% del Veneto e dal 10,3% della Campania. L’Emilia Romagna, recentemente vessata dalle forti alluvioni, vede un incremento annuo della cementificazione pari a 658 ettari”.
Ma tranquilli: bevete molta acqua, mangiate frutta, accendete l’aria condizionata e aspettate la fine, che volete che succeda?
Brava Lipperini, ormai siamo solo dei don Chisciotte, nessuno ci ascolta