SESSANTA RINGRAZIAMENTI

“E’ una mia vecchia convinzione – per carità nessuno me l’ha insegnata – che quando c’é da trattare una materia fantastica il linguaggio deve essere piano, semplice, lineare, quasi burocratico, cronistico insomma. Perché? Perché bisogna dare a questa invenzione fantastica la massima possibile consistenza realistica. Una prova di questo che dico è che tutti i grandi pittori del fantastico hanno dipinto sempre in forma molto precisa, quasi meticolosa, quasi leccata, quasi fotografica. Esempi: dal vecchio romantico tedesco Friedrich a Füssli, anche quello del secolo scorso, per arrivare fino ai nostri grandi surrealisti, primo fra i quali Giorgio De Chirico. Il quale Giorgio De Chirico la sua metafisica la esprime attraverso una pittura molto molto precisa, sia che dipinga le piazze d’ltalia sia che dipinga i manichini o i cavalli sulla riva del mare o questi interni metafisici con la soffitta piena di oggetti strani e eterocliti. E così gli altri surrealisti: Magritte, Max Ernst, il più valido, Delvaux o Dalì – il primo Dalì, s’intende. Sono cose molto precise. E poi gli stessi pittori quando si mettono a dipingere in modo più libero, più pittorico, ecco che tutta questa atmosfera magica si va spappolando completamente. Ad esempio l’ultimo Max Ernst, che per mio conto non dice assolutamente più niente: si è messo a fare dei giochi anche elegantissimi, preziosi, di carattere pittorico e quello che una volta riusciva a dire adesso non lo dice più. Lo stesso succede in campo letterario: per dare forza magica alle cose e alle persone, bisogna che esse siano descritte fino all’ultimo pelo, per modo di dire. Una riprova in campo letterario la si ha nei racconti di Poe, che sono scritti in uno stile molto semplice, con descrizioni dettagliate e precise, per cui queste immagini strane e apparentemente incongruenti si presentano al lettore in tutti i minimi particolari”.
“Tutta la letteratura fantastica che sia valida, benché racconti delle cose inverosimili, può essere considerata fantascienza perché si propone di parlare dell’uomo così com’è: non tanto dell’uomo di adesso ma dell’uomo eterno, che io praticamente non credo che cambi granché attraverso i secoli…
Io non sono un lettore di libri di fantascienza, lo confesso. Forse il libro meno valido che ho scritto è proprio quello che si intitola Il grande ritratto. Una macchina (che si comporta mentalmente e anche sensorialmente come l’uomo) ha creato il contenitore adatto perché si determini il fenomeno che comunemente viene chiamato anima. E allora in questa specie di cittadella arroccata in una valle solitaria delle Alpi nasce veramente una creatura umana, con un’anima da donna vera; e trovandosi però imprigionata in un mostro meccanico impazzisce, perché, avendo l’anima e la testa della donna come gliel’hanno fatta, vorrebbe comportarsi come le altre donne e quindi fa di tutto per distruggere se stessa. E ci riesce: lei non può distruggersi, naturalmente, ma riesce a far sì che un’altra persona la distrugga.
Io non ci tengo particolarmente a essere uno scrittore fantascientifico, però Il grande ritratto si può definire un romanzo di fantascienza: fantascienza vecchio stile ma sempre fantascienza”.
(Dino Buzzati, intervista rilasciata nell’ottobre 1971 a Corrado Farina)
Oggi esce Magia nera, e non sono così presuntuosa e arrogante da sfiorare col pensiero un paragone con Dino Buzzati, anche se i suoi Sessanta racconti sono stati, nel tempo, viatico. Questo non è che un ringraziamento da lettrice, e da artigiana. Buona lettura a chi vorrà.

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