SPIARE NELLO SCAFFALE ALTRUI

Vediamo se riesco a prendere due piccioni con una fava, ovvero a consigliare almeno due letture natalizie e a proporre un ulteriore esempio sull’informazione in rete che riguarda il fantastico.
Tullio Avoledo è uno scrittore di genere?
La risposta, suppongo, potrebbe essere no. Avoledo viene pubblicato in collane decisamente mainstream, viene recensito come autore mainstream, gode dello stesso status dello scrittore mainstream.
Eppure, Avoledo scrive quasi sempre romanzi di genere. L’ultimo, L’anno dei dodici inverni – con cui vi auguro di festeggiare gioiosamente il Natale – è un romanzo di fantascienza. Di più: si cimenta con una tematica classica della fantascienza come il viaggio nel tempo (linko la voce di Wikipedia perchè si fanno scoperte interessanti: molto giustamente, anche il Canto di Natale di Dickens viene inserito fra i testi che hanno affrontato questa modalità). Qual è la differenza, dunque? La lingua, certo. L’attenzione ai personaggi, certissimo. L’abilità narrativa (qui, secondo me, al suo culmine). Ma sempre di narrativa fantastica si tratta. Piaccia o meno.
Dovrebbe occuparsene un sito informativo che parla di fantasy e di fantascienza (perdonate, ma unisco le categorie) ? Assolutamente sì. Dovrebbe consigliarlo ai lettori di  Michael Swanwick e di Kage Baker? Sì e ancora sì. Lo fa? No, che io sappia. Ma spero di essere smentita.
Secondo esempio.
I cariolanti di Sasha Naspini è un testo di genere?
No, se si segue il canone classico dell’horror o del gotico. Al limite, potrebbe essere definito un romanzo storico. Ma leggetelo, e sappiatemi dire. Leggetelo perchè è uno dei romanzi più impressionanti che abbia avuto fra le mani ultimamente. Parla del Male, dell’innocenza bestiale del Male medesimo, e di come nessuna speranza sia data a chi è cresciuto dentro un buco, con la guerra che semina morti sopra la sua testa.
Dovrebbe segnalarlo un sito che si occupa di horror, anche se non ci sono vampiri, zombies e licantropi? Assolutamente sì. Perchè pochi sanno descrivere il confine labilissimo che separa umanità e orrore come Naspini. E perchè chi ama l’horror che non è fatto solo di cripte e case infestate (degnissime, peraltro) non potrà non amarlo.
Quello che intendo dire non è che le ezine o i blog che si occupano di genere debbano necessariamente parlare di tutto il cosiddetto mainstream: ma che sarebbe altamente benefico, per tutti,  creare derive e prendere a calci le assi degli steccati, ignorando, magari,  quelli che a tutti gli effetti sono davvero “monnezzoni”. Ovvero, i  libri disonesti, mal scritti o mal tradotti, pubblicati solo per creare un presunto bisogno in un pubblico.  Quelli che, sì, davvero, rischiano di alimentare su tutto il genere diffidenza e sdegno.
Ovviamente, la stessa cosa dovrebbe essere fatta sull’altro fronte: ma sono molto più fiduciosa nel fatto che un blogger, o un recensore del web, rifletta sul proprio lavoro, che in un’apertura nei confronti di maghi-e-draghi da parte della critica cosiddetta ufficiale.

33 pensieri su “SPIARE NELLO SCAFFALE ALTRUI

  1. Uhm. alcune cose: a casaccio da lettora pura.
    1. Io lo capisco che ricevere l’etichetta di genere cor trattino monnezza possa essere altamente fastidioso. Capisco anche che questo fastidio ha anche un complemento oggetto economico, perchè se io sono anticipatamente monnezzatargata, questo limiterà la diffusione del mio lavoro tanto più se l’etichetta viene dalla critica ufficiale.
    2. Ma la critica ufficiale si autoconvoca si autonomina? E’ anche lei l’emanazione di un contesto culturale da cui riceve la sua benedizione – per certi versi anche troppo poco spesso. Liberateme da D’Orrico, vabbeh questa è una mia campagna personale – e insomma rispecchia valori e comportamenti stagni condivisi. Anzi di sti tempi li rafforza.
    3. Io ho sempre un problema con i generi. Sento un’estraneità abissale con un’idea di scrittura o di lettura che si decide per delle questioni contestuali e non sostanziali. Non leggo mai per generi, posso scoprire così per sbaglio che un certo libro appartiene a un certo genere, ma andarci così da subito… forse perciò non sono la persona più adatta a commentare questo post:) Mi taccio:)

  2. Consonante in tutto con zaub. Su istigazione di Fahre già ho comprato Avoledo, scrittore che mi piace molti, e selezionato per i miei prossimi acquisti I cariolanti di Sasha Naspini, autore che invece non conosco per niente.
    Ma pure qui: mi sono piaciute le interviste, mi hanno incuriosito, mi sono detta: ecco questi me li leggo. Ma il genere, mammamia, il genere: che c’entra?

  3. molto amai L’elenco telefonico di atlantide, dal titolo geniale e dal finale da vertigine
    questo titolo dei dodici inverni mi piace moltissimo, chissà se se li inventa lui i titoli

  4. Ciao Loredana. Visto che ci siamo…
    Di Sacha Naspini e “I cariolanti” ne parlammo a ottobre.
    Non linko direttamente il pezzo per non fare la parte dello spammer!
    Il lavoro che fa Elliot è, a mio avviso, encomiabile.
    Concedimi una piccola riflessione in puro spirito natalizio: che bello sarebbe se anche gli organi di stampa “mainstream” (fatte le debite eccezioni, e tu ne sai più che qualcosa!) non si sentissero in dovere di far passare sotto silenzio tutto quello che ha addosso una etichetta più o meno “scomoda” (parlo di horror, di fantasy, ecc ecc)…
    Come dire: perché ogni tanto non giochiamo ad armi pari e vediamo come vanno le cose?
    Altra osservazione: mi capita spesso di leggere interviste anche fatte da riviste di genere (ed è capitato spesso anche a noi) dove l’autore/autrice si affretta a definire la sua distanza dal genere o il suo essere borderline. Quasi temesse di essere etichettato (e dagli torto con l’aria che tira in Italia).
    Quindi: noi ne dovremmo parlare, ma loro si affrettano a prendere le distanze. Ha tanto il sapore di una beffa, non trovi?

  5. Avevo ascoltato la presentazione dei Cariolanti su Fahrenheit, mi era piaciuto moltissimo il modo in cui avevate presentato il libro, mi era piaciuto molto Naspini, e l’intreccio mi aveva incuriosito. Comprato e letto, mi sento di avallare il giudizio di Loredana. Un libro davvero bello.
    Quanto alla questione dei generi, non lo so. Ho letto letteratura di genere sin da bambino, un padre appassionato collezionista di fantascienza. Lessi Dick, Ballard, Sheckley, Vonnegut, Bradbury e Lafferty quando ancora il gotha simulacrale della Cultura italiana non li aveva manco mai sentiti nominare, da adolescente, senza “sapere” che erano dei geni, ma intuendo che, attraverso di loro, il mondo presente e futuro mi frugava la mente con dita sottili e penetranti.
    Mi sembra una battaglia meritevole, quella di Lipperini, che mi pare volta non tanto (non solo) allo “sdoganamento” della “letteratura di genere”, quanto alla sottolineatura di come la letteratura mainstream e la narrativa mainstream, includendo la grande fiction televisiva anglo-americana, sia profondamente influenzata dalle categorie e dagli stilemi narrativi creati dalle letterature di genere. (Lunar Park, un capolavoro assoluto sulla fine chimica e psichicotica dell’Impero, ma inimmaginabile senza l’ampia e feconda aratura precedente di King).

  6. Andrea. Intanto, linka tranquillamente. Poi: sono perfettamente d’accordo. Come detto, la battaglia è sui due fronti: ma è sul fronte del web che sono maggiormente fiduciosa.
    Sul mainstream: personalmente, ci provo, sul giornale e alla radio. Credo di essere stata fra le prime persone a recensire King su un quotidiano mainstream e sicuramente a Fahrenheit. Sul giallo e sul noir quella battaglia è stata vinta (poi, sulle conseguenze, si può e si deve discutere).
    Per quanto riguarda gli autori: io capisco che a uno scrittore l’etichetta possa stare stretta. Non sempre e non necessariamente per disprezzo del genere medesimo, però. Semplicemente, perchè molti autori cambiano a seconda del libro che scrivono. Lo stesso King definisce se stesso non un autore horror, ma un autore di emozioni. Ed è comprensibile.

  7. Apprezzo molto questi consigli di lettura perché riguardano libri poco conosciuti, non in prima fila nelle librerie. Sono anche grata per le tue parole di apprezzamento nei confronti di Elliot: nonostante la validità del catalogo le piccole, nuove case editrici incontrano sempre molte difficoltà.

  8. interessante il primo titolo, decisamente interessante, ma ancor più interessante il discorso delle etichette.
    Sì perché per quanto lontano siamo andati siamo pur sempre fermi all’etichettatura, dei contenuti poco frega. Come detto altrove nel web, ritengo che il tratto distintivo dell’approccio al genere (specie quello fantastico) sia: è fantastico allora è monnezza, è fantastico italiano allora è monnezza al quadrato.
    Trovo questi approcci poco seri, poco professionali (stipendi o meno), ma sopratutto poco rispettosi del lavoro di chi scrive e questo è il dato sociologico più interessante. Il rispetto questo caro estinto. Frega niente se il povero autore ha sudato le proverbiali camice, se il libro non mi piace (chiunque io sia) mi posso sentire autorizzato/a a sputtanare senza ritegno (e spessos enza educazione).
    mi segno il libro di Avoledo
    ciao

  9. Riguardo a Tullio Avoledo, che fra l’altro è forse il mio scrittore italiano vivente preferito, mi pare che non sia stato raccolto un hint del post iniziale, cioè il fatto che i siti specializzati non considerano Avoledo uno scrittore di fantascienza e, di regola, non se ne occupano per una forma ormai tipica dello snobismo culturale moderno, quello online.
    Non per caso gli interventi qui sono contro la ‘casta’ dei critici ‘ufficiali’ (e magari ‘parrucconi’, come direbbe Mollica) e non si dice nulla della ristrettezza mentale della critica internettiana che è quasi completamente appaltato ai ‘generi’, cioè libri e film e dischi vengono giudicati solo in relazione alle ‘regole’ del genere e ad altri manufatti dello stesso genere: uscire dall’orticello del genere è considerato cattivo gusto se non tradimento…
    Come la vecchia gag del metallaro tollerante: ‘Ah, io non ho pregiudizi, sento tutti i generi di musica, metal, hard rock, trash, speed…’
    In effetti Avoledo è un tipo fortunato: una quarantina d’anni fa avrebbe visto come massimo obbiettivo di vita essere pubblicato su Galassia o Nord ed oggi lo si ritroverebbe solo sulle bancarelle…
    Altra cosa: Avoledo scrive fantascienza, cioè un genere in netto declino, almeno per quanto riguarda i libri. Non scrive gialli, genere più che sdoganato e sul quale impera il luogo comune (la sciocchezza, in effetti) che rispecchino al meglio il nostro tempo (e non ci sono mai stati meno omicidi, in Italia come negli Usa). Questo, in effetti, marginalizza un po’ Avoledo, che sarebbe più apprezzato se scrivesse il genere alla moda e che occupa scaffali su scaffali…

  10. La fantascienza è in declino? Sì, in Italia. Nel resto del mondo fiorisce rigogliosa.
    La fantascienza è un genere? Un genere commerciale, sicuramente, un genere letterario non credo davvero: è una struttura che può essere declinata in tutti i generi. E poi la migliore definizione di fantascienza resta quella data da John Campbell: tutto quello che il direttore di una rivista di fantascienza accetta di pubblicare. 😉
    V.

  11. Rivista di fantascienza? Quale? Dove? Ce ne sono ancora?
    Piuttosto, riguardo al declino…
    Un paio d’anni fa ritorno a Londra dopo alcuni anni d’assenza e, come al solito, giro per librerie, del nuovo e dell’usato.
    Uno dei miei posti preferiti era Murder One, in Charing Cross: si occupava solo di ‘generi’: giallo, romance e fantascienza e fantasy al piano di sotto. Ore e ore e ore…
    Ma due anni fa scopro che la sezione di fantascienza e fantasy non c’è più… e quest’anno scopro che non c’è più il negozio.
    Del resto, rispetto al passato, anche in Inghilterra le sezioni FS delle librerie sono più piccole rispetto a quelle della fantasy, malgrado il fatto che i migliori autori attuali siano tutti o quasi inglesi. L’appassionato di FS oggi, specie in Italia, è uno che non ha mai letto nulla di McLeod e la mena ancora con Fanteria dello Spazio e le ‘idee’ di Heinlein…
    La definizione di Campbell non vale nulla, è una semplice battuta. Vero è che la fantascienza come genere è vasto e multiforme e questo è forse il suo limite ai nostri giorni. L’altro suo limite è che i suoi due caratteri fondanti, cioè il futuro e l’incontro con l’ignoto, non sono in linea con lo zeitgeist.
    Quanto al romanzo di Avoledo, ho finito di leggerlo ed è splendido, forse il suo migliore.

  12. La definizione di Campbell è ovviamente una battuta, ma vale più di qualunque definizione seria, perché indica il solo fatto certo: la vastità e multiformità degli orizzonti della letteratura fantascientifica; l’impossibilità di costringerla entro confini predefiniti. E più che l’impossibilità, la stupidità del tentare di farlo. Questo non è un limite oggi né lo era un tempo, è la sua forza: la possibilità di attraversare ogni altro genere. Le definzioni “serie”, invece, non valgono nulla. O valgono ciascuna quanto ogni altra. Ovvero di nuovo nulla.
    Il fondamento della fantascienza è l’indagine del possibile, l’attività speculativa. Questo DNA ideale è un fondamento flessibile quanto altri mai. Per questo vi appartengono sia Lem che Heinlein; o per aggiornare il discorso, Kelly Link e Alastair Reynolds. O cose di Viktor Pelevin. Per questo Elizabeth Moon può scrivere tonnellate di robetta militarista e poi, in un romanzo dove tocca temi personali quale “La velocità del buio”, cambiare totalmente pelle e raggiungere risultati notevoli.
    In tutto il mondo si continua a scrivere ottima fantascienza (e molta più fantascienza d’accatto), e perfino in Italia lo si fa. I lettori però in Italia sono pochini, roba da prossimità all’estinzione, e una rivista come Robot venderà – forse, se va bene – un migliaio abbondante di copie.
    V.

  13. Non va bene: se l’essenza della FS è di attraversare ogni genere e di non avere confini nulla ci impedisce di considerare fantascienza Simenon o Arbasino o Vargas Llosa o Waugh o Mauriac o Louis L’Amour o… (well, you got the point). Ma a quel punto non possiamo neanche vantare la ‘forza del genere’, dato che si identificherebbe con la letteratura tout court (lasciando nello sgabuzzino dei generi il giallo o la fantasy o la chick lit…): fantascienza sarebbe semplicemente quel che ci piace e non-fantascienza tutto il resto.
    Le coordinate del genere sono il futuro e l’incontro con l’ignoto: se c’è l’uno, l’altro o entrambi allora abbiamo fantascienza; se no, no.
    Se decidiamo che le definizioni, per quanto larghe, non hanno senso (per cui si può scrivere un giallo in cui non viene commesso alcun reato…) allora ci troviamo costretti a mettere a confronto i libri con la vita e non solo con altri libri e le conseguenze potrebbero essere non quelle che volevamo…
    Quanto al declino all’estero, beh, prova a chiedere ai più noti scrittori del genere inglesi e americani e chiedi loro come vanno le cose economicamente…

  14. Non so cosa sia (né mi interessa) l’essenza della sf; ho detto che il suo fondamento è l’indagine del possibile e l’attività speculativa. In particolare, potrei aggiungere, l’attività speculativa sulle reazioni dell’uomo alle modificazioni delle sue conoscenze, del suo ambiente (naturale o sociale), della sua biologia e psicologia. Il futuro e l’incontro con l’ignoto sono articolazioni – privilegiate – di ciò. Ma non meno del presente e del noto. Che questo *non* coincida con la letteratura in generale è evidente. Ciò non basta a fare un genere, anche perché – semplificando al massimo – il campo di indagine della sf è appunto l’essere umano come individuo sociale e come società di individui, e la sua reazione al nuovo. Ricavare delle regole di genere da coordinate simili, come per il giallo o l’horror, è impossibile. Questo non significa che tentare delle approssimazioni non sia possibile o nobile, e te ne fornisco una, di Bruce Sterling, che si può ricavare dall’incipit di “Chernobyl nervosa”:
    “Visti in retrospettiva, la fine del ventesimo secolo e i primi anni del nostro millennio formano un’unica epoca. Questa infatti era l’Epoca dell’Incidente Consueto, periodo durante il quale la gente accettava con allegra leggerezza rischi tecnologici che oggi verrebbero considerati pura follia.”
    Guardare il presente attraverso gli occhi del futuro, così come con gli occhi del presente noi guardiamo il passato. Esercizio di estrapolazione. E’ una possibile interpretazione di cosa sia la fantascienza, forse la migliore che io abbia trovato, a parte la boutade di Campbell. è’ un’interpretazione, ma decisamente non uno schema da cui ricavare l’omogeneità di un genere letterario.
    Come vanno le cose economicamente per la sf? Non lo so. So che Philip K. Dick se la passava male, ai suoi tempi. So che alla fine degli anni ’50 Isaac Asimov pressoché abbandonò la fantascienza per dedicarsi alla divulgazione scientifica che allora rendeva assai di più. In genere, so che a parte in qualche periodo eccezionale, e per qualche scrittore, la fantascienza non è stata fonte di guadagni mirabolanti. Nè oggi, né mai. E per fare i dindi, i dindi grossi abbastanza, George Martin si è messo a scrivere pletoriche serie fantasy.
    V.

  15. Sascha mi duole dover condividere conte la constatazione del declino della SF, non concordo con vincenzo circa l’assenza di limiti del genere o l’inesstenza se preferite del genere stesso, a mio modesto avviso esso ha dei confini abbastanza precisi che coincidono con quanto dice sascha: incontro con l’ignoto e il futuro, ma io ci aggiungerei (altrimenti l’etichetta mi perde di di significato), la scienza.
    In un romanzo di SF la presenza di scienza e tecnologia futuristiche deve esserci e deve essere plausibile. Insomma Asimov non sta lì a caso. Paradossalmente la scienza nei bei romanzi di SF la ritroviamo pure in contesti non tecnologici, pensiamo al romanzo “io sono leggenda”.
    Quanto alla SF non rende concordo ancora con te, purtroppo il fatto che non sia un genere redditizio tende a fare strage di autori.

  16. Assumere come confini il futuro e l’ignoto (che comunque amplierei un po’ a ciò che dicevo: indagine del possibile e attività speculativa) vuol dire a tutti gli effetti non porre limiti né di genere letterario né di estrapolazione concettuale: ogni autore seguirà la propria personalità nel connotare tale futuro ed esplorare tale ignoto (indagare le possibilità e speculare sui fenomeni più disparati), regole per farlo non ce ne sono, canoni da seguire neppure. E del resto non potrebbe essere diversamente. Chiamiamolo futuro o possibile che sia, l’obiettivo della fantascienza è immaginare ciò che oggi non è (ancora). Ma anche ciò che ieri non è stato: le storie alternative sono parte integrante della sf. Come tale, la fantascienza è la letteratura dell’ipotetico. Questo non significa non avere limiti, significa averne uno: la narrazione non può essere in toto realistica, non può sottrarsi all’ipotesi. Non può neppure non essere del tutto realistica, altrimenti si perviene al fantastico puro. La fantascienza è la letteratura di questa intersezione. Ovviamente la scienza è un campo estrapolativo privilegiato, però non esclusivo. In Dick la scienza è ammennicolo secondario, ma insomma non credo che qualcuno escluderebbe Dick dal novero degli scrittori di sf. In Bradbury è ancora meno importante, ma ugualmente moltissime cose di Bradbury credo siano accettate anche dai puristi. Anche da Asimov :-). E gli esempi possono essere molti di più. Detto questo, le etichette sono categorie merceologicamente utili e nulla più: se è vero che la fantascienza non è un genere letterario, è però certamente un genere commerciale. Genere che, rispetto a qualche anno fa, dal punto di vista creativo non se la passa così male, di buoni autori giovani (diciamo under 4o, va’), ce n’è parecchi, così come nel pieno della maturità creativa.
    V.

  17. in parte quel che dici è la sf taglia gli ambiti, perché io posso scrivere sf ambientata nel medioevo. Timeline. Posso scrivere sf senza la S, farenheit 451 (ma occhio potremmo tirare in ballo le scienze sociali, e non a torto). Sempre di SF si tratta. Possiamo fare la qualunque. Perché abbiamo sempre a che fare con alcune categorie fisse, la vogliamo chiamare la categoria della possibilità? Chiamiamola così. Mi sta bene. Ma quella categoria fosse pure solo una ti delimita ciò sei.
    Io mi auguro “viverrimamente” che il genere si riprenda, per puro interesse personale 😉

  18. Ma la sf si è ripresa da tempo, a parte l’Italia ^___-. Parli di categorie fisse e del fatto che dovrebbero stabilire dei canoni. Solo che le categorie sono le più disparate e le più numerose, e allegramente tali categorie possono riguardare campi anche contrapposti: la sf può narrare il futuro come il passato; occuparsi come non occuparsi di scienza; analizzare realtà ipertecnologiche e altre prive di tecnologia; postulare universi senza altre forme di vita intelligente che gli uomini e raccontare storie dove non ci sono esseri umani. E si occupa, nonostante si chiami *science* fiction, principalmente di società umane: a parte pochi “tecnocrati” autentici, anche i maggiori alfieri, oggi come ieri, della hard sf sono principalmente interessati ai riflessi che la scienza e la tecnologia hanno sull’uomo e la società umana: a partire da Asimov e Heinlein per approdare poi a Varley e oggi magari a Egan. Insomma, voler trovare dei limiti canonici a una letteratura che storicamente li ha sempre elusi, moltiplicati, infranti, è un po’ fantascientifico :-).
    V.

  19. vincenzo io non ritengo che sia una questione di trovare dei limiti, ma di capire che sf è un genere con delle caratteristiche precise che di fatto caratterizzano un certo tipo di approccio, se la caratteristica è quella della potenzialità allora abbiamo trovano come dire il gene sf. Punto. Non è che questo costituisca un limita o un muro, esso costituisce inevitabilmente il punto di partenza, fino ad arrivare là dove nessun uomo è mai giunto prima 😉

  20. Sì, sì, siamo d’accordo sulla sostanza della sf… ma su cosa sia un genere letterario? Perché per me il tale oggetto dovrebbe essere caratterizzato da regole “un pelino” meno aperte di quella della sf. No? 😉
    V.

  21. mah non lo so, io non sono nemmeno un vero scrittore, scrivo per diletto, eppure ho notato una cosa, se mi metto a tavolino a cercare una storia non mi viene, invece a volte è capitato che la storia letteralmente mi investisse, come se fosse stata sempre sotto il mio naso e io non la vedessi, a quel punto non ti poni a scrivere chiedendoti cosa stai scrivendo. Scrivi quella storia, la disveli pezzo a pezzo, toglie il marmo in eccesso come diceva michelangelo. Magari quel che ne esce è una cosa piccina, non tutti siamo lui, ma la procedura è la stessa. Alla fine la guardi e ti chiedi dove metterla, ma a mio parere è un problema realmente relativo per chi scrive.

  22. http://www.fantascienza.com/magazine/notizie/13117/un-anno-conta-dodici-inverni-per-tullio-avoledo/
    Fantascienza.com è il progenitore di tutti i siti dedicati al genere che fanno parte della rete Delos. Esisteva già prima della casa editrice. Si è occupato del libro di Avoledo alla sua uscita, così come cerca di seguire ogni novità meritoria relativa al genere (sia venduto come tale o meno dai rispettivi editori). Se poi si sostiene che il libro dovesse essere “pubblicizzato” su Fantasy Magazine, non avendolo letto non sono in grado di dire quanto un libro di fantascienza come questo possa interessare a un lettore di fantasy, ma nutro delle riserve in merito (considerando oltretutto il fatto che i lettori di Fantasy Magazine interessati alla SF tendono a leggere anche Fantascienza.com, per cui si sarebbe trattata di un’inutile ridondanza).

  23. Avevo visto, anche se è una notizia e non una recensione 🙂
    Però contesto la ridondanza: molto spesso Fantasy Magazine si è occupata della saga di Twilight come Horror Magazine. Voglio dire, ci sono argomenti che a mio parere prescindono dalla strettissima appartenenza: e, a mio parere, il romanzo di Avoledo è più un romanzo fantastico in senso ampio che un romanzo di fantascienza…

  24. E’ una segnalazione, su questo siamo d’accordo. Ma l’approfondimento viene dopo la notizia e, inevitabilmente, ha bisogno di tempo. Inoltre le segnalazioni delle novità editoriali sono generalmente a cura di Cottogni, tanto per Fantasy Magazine quanto per Fantascienza.com, quindi riprodurre la stessa notizia su entrambi i siti avrebbe comportato o una duplicazione oppure un lavoro doppio da parte del redattore (e non so quanti professionisti ci siano in giro disposti a fare due volte lo stesso lavoro ;-)).
    La saga di Twilight avrà subito un trattamento diverso proprio per via della sua difficile collocabilità all’interno del fantasy come pure dell’horror (come dicevi tu, è un romance travestito da altro). E per altro non credo che se ne sia occupato indiscriminatamente il medesimo collaboratore, sia su una testata che sull’altra. Per altro, anche Fantascienza.com si è occupata di opere riconducibili al romance per ispirazione, ma erano tutte anche facilmente incasellabili sotto l’etichetta SF, dal momento che la SF ha una sua specificità che rende più immediato l’inquadramento.
    Un’ultima precisazione: tutta la migliore fantascienza “classica” può essere letta anche come fantastico in senso lato. Il discorso si fa leggermente più complesso quando ci addentriamo nelle recenti evoluzioni del genere, in particolare da una certa New Wave anni ’70 in avanti (e più nella fattispecie con il cyberpunk e le sue “emanazioni”). Ma questo semplicemente perché un romanzo cyberpunk conserva (o ha guadagnato) quella patina di attualità che un lettore non appassionato del genere difficilmente sarebbe disposto a riconoscere alla letteratura fantastica.

  25. Avrei dovuto scoprire il suo blog un po’ prima, cosi’ avrei avuto l’occasione di aggiungere l’ultimo Avoledo ai miei acquisti in Italia.
    Ma parlando di scaffali altrui: Il Castello nella Foresta, di Norman Mailer, non e’ forse un romanzo del genere fantastico a tutti gli effetti? la voce narrante e’ un demone, che racconta la storia della Famiglia Hitler (soprattutto del padre). Piu’ fantastico di cosi’…

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