STORIE

Fabrizio Malgaria, responsabile animazione Italia 1, a Romics: "Gli italiani non sanno fare cartoni animati". La vosta eccetera: "Da quale punto di vista? Il segno, la produzione, le storie?" Malgaria: "Le storie. In Italia resiste una concezione elitaria ed autorale del cartone animato".
Igort, sul suo blog: "Il fumetto ha bisogno di un progetto. Di un’idea che lo fonda. Oggi più
che mai. Nel fumetto popolare viviamo, rispetto ad altri media, un
ritardo. Si vive in un mondo esterofilo che racconta storie costruite
su altre storie. Di genere, più che su un’osservazione diretta del
reale". (continua qui).

16 pensieri su “STORIE

  1. Evviva la concezione elitaria, questo voler formattare il pubblico è una delle tante ragioni che ha contribuito all’appiattimento, all’imbarbarimento televisivo. Vige un’imperante volontà di voler innovare, accrescere di contenuti un prodotto, adeguarlo al proprio tempo, quindi imbarbarirlo, costringerlo alla resa di questo presente, impregnarlo di contenuti adorni di un consumismo sfrenato. I cartoni degli anni 70/80 sfuggivano la realtà di quel presente che li ospitava, gli scenari erano molteplici, dalla famiglia Barbapapà, i robot buoni che combattevano un nemico cattivo, storie bucoliche ambientate in campagna, o nella preistoria. Lentamente si è poi cominciato ad attualizzarle, sono nati cartoni ambientati nel mondo del calcio, della pallavolo, del tennis… fino ai Simpson, sono cambiati i contenuti, i messaggi, i dialoghi si sono fatti più serrati, incalzanti, il presente si è impossessato di tutte queste storie, scalzando tutti quegli algoritmi di fantasia che custodivano le storie animate del passato. I ragazzi si devono immedesimare in ciò che vedono, le storie quindi devono essere assimilabili al loro vivere quotidiano, sono i dettami della pubblicità, niente di più.

  2. A parte che prima di sputare sulle innovazioni portate nei cartoons dai Simpsons, evidentemente Gianluca non conosce bene i cartoni animati di oggi (e di appena ieri). Lo si può perdonare, per questo, non c’è niente di male. Ma dire che sono tutti ambientati nel presente e appiattiti su rappresentazioni realistiche e aliene al fiabesco denota una conoscenza superficiale della materia, e significa non avere idea di cosa siano e di che importanza abbiano nell’immaginario dei ragazzi di oggi serie tv e/o film d’animazione come “La città incantata”, “Conan il ragazzo del futuro”, “Il castello errante di Howl”, i “Pokèmon”, “Dragon Ball”, “Nausicaa della valle del vento”, “Cowboy Bebop”. E questo solo per restare in ambito nipponico, perché anche dall’America arrivano cose davvero stranianti, basta trascorrere qualche ora sintonizzati su “Cartoon Network”.
    Quello che dico io è: smettiamola di cercare di individuare UNA tendenza della cultura contemporanea. Quel modo di ragionare non ha più senso, oggi l’offerta culturale è talmente variegata e multi-direzionale da rendere impossibile individuare un mainstream (da stigmatizzare o di cui fare l’apologia). A sua volta, grazie anche all’accesso a tecnologie che noi quand’eravamo ragazzini ce le sognavamo sulle pagine di “Urania”, la domanda si fa più complessa e “raffinata” (il gusto si demassifica, si individualizza, “scende lungo la coda”, direbbe Chris Anderson). Vale anche e soprattutto per i ragazzini, che si “intrippano” con particolari autori e vanno a cercare in Internet i file pirata delle sue produzioni meno conosciute. Dopodiché, si formano comunità, forum dove le informazioni vengono scambiate, si collabora per fare o trovare i “fan sub” (sottotitoli da aggiungere ai dvd fatti in casa), si scrive fan fiction.
    Questo contrasta con l’idea dominante tra gli intellettuali che tutti i ragazzini di oggi vaghino instupiditi ai margini di un’orgia di TV-spazzatura, completamente succubi di un’offerta qualitativamente scarsa. E’ vero, esistono *anche* quelli così, e la TV generalista propina merda a tutte le ore, ma se Dio vuole (e anche se non vuole) oggi ci sono i canali tematici, c’è la rete, c’è un maggiore accesso alle culture del mondo, e questo cambia tutto, cambia i consumi, cambia i comportamenti, crea nuove sensibilità e – sul lungo periodo, se tutti ci impegneremo a valorizzare ciò che è buono – nuovi modelli di comunità e convivenza. Rendiamocene conto una buona volta, tutti quanti.

  3. Aggiungo un particolare: Malgaria ha dichiarato che l’audience pomeridiana -fascia cartoni – di Italia 1 sta scendendo a causa della concorrenza. Gli ho chiesto quale sia la concorrenza medesima (Rai non fa controprogrammazione) e se sia identificabile nel satellite. Mi ha risposto: videogiochi e web…

  4. Per mille raggi fotonici! io che sono cresciuto a pane nutella e Bim bum bam posso ritenermi un nostalgico fortunato (non dimentico Ciao Ciao su rete4), ai tempi italia uno faceva il pieno, a scuola durante la ricreazione non si parlava d’altro, io ero innamorato di Creamy e la mia compagna di banco di Pegasus. Malgaria ha centrato in pieno il bersaglio, i canali mediatici attraverso cui far arrivare il prodotto dall’86 ad oggi, hanno avuto una crescita esponenziale, quello legato alla fonte interattiva, ha preso il posto, sia del canale bidimensionale che di quello statico; aveva già previsto tutto Papert, inventore del linguaggio informatico Logo (quello della tartaruga), uno dei primi a sperimentare gli effetti dell’interattività mediatica sui bambini.
    Non voglio certo dire che il cartone animato attrae meno di prima, solo che ora ha molta più concorrenza.

  5. Ha molte più facce, direi. Più che di concorrenza, si tratta di convergenza. I videogames di oggi sono veri e propri film d’animazione, con il vantaggio dell’interattività e della possibilità di manipolarli per creare qualcos’altro (da qui il fenomeno machinima), spesso artisticamente validissimo. Però il cartone animato non è affatto in calo: è in calo l’audience di Italia 1. Sul web, la anime culture prospera e gozzoviglia.

  6. Qualche esempio dei risultati artistici che si possono raggiungere usando le ambientazioni dei games per produrre video d’animazione.
    AN UNFAIR WAR (Una guerra ingiusta) è un video pacifista realizzato usando l’ambientazione di “The Sims 2”.
    Qui si può scaricare (ottima qualità dell’immagine, 32 mega) e qui si può vedere in streaming. Questo video tocca nervi talmente scoperti nella coscienza americana da suscitare commenti totalmente divergenti. Solo che chi vorrebbe attaccarlo politicamente non è in grado di farlo, perché il video fornisce pochi appigli, e così si ricorre all’argomento che è “noioso” perché “c’è un solo personaggio” e “c’è troppo da leggere”.
    ANNA è realizzato lavorando nell’ambiente di Quake III, e racconta in modo molto lirico e toccante la vita di un fiore. qui si può scaricare (ottima qualità, 55 mega) e qui si può vedere in streaming.
    POTENTIOR è un machinima sull’ultima battaglia tra l’esercito di Cesare e i Galli guidati da Vercingetorige! Realizzato sfruttando l’ambientazione el gioco Rome: Total War.
    Qui si può scaricare (file molto grosso, 365 mega), e qui si può vedere in streaming.
    E ora un esempio di “crossmedia storytelling”: questo machinima riambienta una scena del film “Monty Python e il Sacro Graal” nell’ambiente del gioco “Dark Ages of Camelot”. Qui in streaming.

  7. Caro Wu Ming1,
    ammetto di non essere un frequentatore assiduo di cartoni animati, ma a volte mi capita! Ammetto di non aver mai diretto un film e di non aver mai calcato un campo di calcio in serie A, ma posso avere delle opinioni, magari filtrate da un reflusso di esperienza, implementato da tutta quella sostanza di vita che abbiamo intorno. Ti vedo forte in materia e condivido molte delle tue asserzioni, credo solo che tu abbia letto con una certa superficialità quanto da me postato, io mi sono soffermato sui contenuti, il tuo precipuo intendere ha invece voluto analizzare i diffusori. Non discuto la molteplicità delle offerte, di cui tu sei certamente più preparato, mi attenevo semplicemente al linguaggio, alla grammatica, insomma a tutto quanto ho scritto precedentemente.
    Continueremo a pensarla diversamente, come disse il grande Groucho Marx, “ Non mi iscriverei mai in un club che annovera tra i soci uno come me”!

  8. Veramente, io proprio di contenuto, parlavo, e non ho semplicemente “espresso la mia opinione”, ho fatto esempi (verificabilissimi) di ciò che il panorama mediale offre in materia di cartoni animati.
    Ho elencato cartoni animati tutti diversi tra loro, tutti molto ricchi di elementi fiabeschi, utopici, ucronici, visionari. Alcuni si svolgono nel futuro, altri in un mondo di fantasia la cui distanza spazio-temporale dal nostro rimane imprecisata, alcuni si svolgono in un’antichità distorta etc.
    In parole povere: ho fatto esempi di come in materia di cartoons esista molto, molto, molto più di quel che tu descrivevi (“il presente si è impossessato [delle] storie, scalzando tutti quegli algoritmi di fantasia che custodivano le storie animate del passato”).
    Soltanto in seconda istanza ho parlato di come vi si accede, ma attenzione: quel “come” condiziona il cosa, cambia la percezione, cambia le abitudini di consumo, quindi modifica la domanda, l’offerta di ieri (il pomeriggio di Italia 1) non basta più perché i “palati” si sono affinati e c’è necessità di narrazioni più complesse. Se la tv generalista via etere non le offre, i fans le cercano altrove e addirittura se le costruiscono.

  9. a parte il fatto che io non andrei a dire ai fratelli Pagot che gli italiani non sanno fare i cartoni animati, per fare mezzo esempio, la risposta da dare a magliare è che c@%%* fate per far produrre gli italiani?
    Bisogna proprio inventarsi da zero un fenomeno (e penso a witch e winx o ratman) per avere accesso a finanziamenti e budget con cui sviluppare un’idea?
    Si rende conto chi osanna I simpson che dietro c’è una macchina produttiva gigantesca, non il genio di uno?
    Sa chi parla genericamente di Giappone quale sia il mercato che permette a nuovi autori (e cosa poi loro imponga) di debuttare?
    Ovvio che i videogame “tirano” di più: è più facile trovare prodotti di estrema qualità quando gli investimenti e l’ambiente lavorativo sono tali da attirare menti interessanti.
    Qui in Italia produciamo molti bravi illustratori di fiabe per ragazzi, invece. MI sembra un ottimo indice, che mostra bene in che spazio e con che investimenti una mente creativa trovi uno sbocco sul mercato.

  10. Il refuso “Malgaria” = “Magliare” era voluto? :-)))
    Comunque, parole sensate e osservazione giustissima. Mi permetto di dire che anche questo problema si potrebbe risolvere incentivando la convergenza tra linguaggi, piattaforme e abitudini di fruizione. “Gino The Chicken” è un esempio italiano di convergenza: un personaggio che nasce in rete, addirittura nei primi anni del web, e grazie al passaparola si gonfia, acquisisce una certa popolarità e intercetta i finanziamenti per diventare serie televisiva (va in onda sulla RAI, adesso).

  11. A proposito di convergenza: ieri sera a Romics c’era il creatore di Broken Saints. Date un occhio al sito
    http://bs.brokensaints.com
    e uno a wikipedia, alla voce apposita.
    E’ una serie animata nata sul web e ora trasformata in Dvd dalla Fox, dopo il successo avuto in rete.
    La cosa più significativa? L’appello di uno degli autori al pubblico italiano: contattateci, mandateci i vostri lavori, vi aiuteremo come possiamo a realizzare “i vostri sogni”.
    Avercene.

  12. il Magliara avrebbe fatto meglio a dire (cosa che comunque non condivido) che gli Italiani non sanno più fare i cartoni animati, altrimenti il buon Bruno Bozzetto avrebbe tutte le ragioni per impalarlo.
    meglio ancora, il Magliara dovrebbe dire che in Italia non siamo stati capaci di creare un’industria dell’immaginario animato all’altezza di altri Paesi. Altro che storie…

  13. Refuso non voluto, ma benvenuto 😉
    Concordo sulla convergenza di linguaggi (mani avanti: non ho letto Jenkins, non ancora), ma ricordo che le cose non funzionano sempre in modo oliato. A cartoni animati Martin Mystère è diventato un patetico moccioso monodimensionale, e a parte la calzamaglia, il glorioso Diabolik ha dato solo il nome a una serie animata trasmessa senza pudore da Italia 1. Chiaramente, la committenza (qualunque faccia avesse) ha preteso una trasformazione dovuta al target presunto ecc ecc. L’esempio di Coliandro è significativo in altro senso: ecco un altro personaggio interessante che riesce (e che fatica!) a fare un salto di media, arriva a essere una delle più innovative della TV di stato… ma la polizia se ne tira fuori, quindi niente uniformi, niente macchine biancoblu eccetera.
    Prima che convergenza, manca ancora cultura :S

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