A HORSE! A HORSE!

Quale inverno è caduto?

Ci pensavo, leggiucchiando il citato Labranca (nel
capitoletto in cui occhieggia con malcelato disgusto “l’obeso agente di
commercio con faccia e cruscotto dello stesso color radica deliziarsi con i
nastri acquistati in autogrill di una tribute band che rifà i pezzi di Rondò
Veneziano
”).
Ma anche leggendo le dichiarazioni rilasciate ieri
da Ammaniti (“Un tempo sognavamo l’America, l’on the road, i non-luoghi; oggi
la geografia italiana somiglia paurosamente a quella americana: sobborghi
infiniti attraversati da strade lungo le quali si susseguono centri
commerciali, fabbriche di piastrelle, mobilifici, outlet…”) e la sintesi del
romanzo fatta da Polese (“Nel paesaggio umano ci sono uomini con i capelli
tinti e donne con tacchi a spillo e occhiali griffati. Qualcuno fa le vacanze
nei villaggi Valtur, qualcuno a Coral Bay di Sharm El Sheikh, qualcun altro
invece va in camper a San Giovanni Rotondo…Valentino Rossi piace ai ragazzi che
vanno in moto, piercing e tatuaggi abbondano, Robbie Williams e Britney Spears
sono di rigore”).
Ma ancora leggendo l’editoriale di Norma Rangeri su Il
manifesto
di oggi, pieno di pur condivisibile disgusto per certi exploit da
reality.

Dunque? Dunque, now is
the winter of our discontent
. Il mondo è brutto. Le masse sono
brutte. Hanno scollature color biscotto. Ascoltano compilascion di bassa
lega. Non alzano il proprio sguardo al cielo stellato ma lo abbassano sulla
rana motociclista del proprio telefonino. Non sognano, non lottano. Quando moriranno,
non ricorderanno con nostalgia il profumo dei limoni come il rivoluzionario Di
Biasi (in questo straordinario libro), bensì l’ultimo-dolce-e-gabbana.
Dunque ancora? Dunque, e lo dice ancora Ammaniti, quel che
prima era divertente adesso è terribile (“forse la spazzatura, l’orrore, non
sono più quelli di una volta. Certo, non c’è più niente da ridere, questa è una
realtà proprio brutta”).
Dunque all’ennesima? Dunque, pare, si dice, sembra, che le
masse non abbiano trovato l’illuminazione. So di aver già citato questa
immagine: ma mi viene in mente Eleonora Pimentel, colei che cercò di ridurre il
divario fra “sapienti e massa” e di trasformare la seconda in “popolo”, che
guarda con un moto di orrore i fianchi sformati e i seni demoliti dalle gravidanze
delle lazzare che la riempiono di sputi mentre viene condotta in carcere
(almeno, è quanto avviene nel romanzo di Enzo Striano, Il resto di niente).

Infine ed ebbene, non concordo. E non perché voglia negare
che sia inverno. Ma perché sono convinta che ci siano sguardi che continuano a
posarsi sulle stesse cose, e sguardi che si posano altrove. Perché un altrove
esiste.
Ancora una volta, ripesco un commento di Wu Ming 1
dalla discussione precedente sulla cultura popolare e lo riporto
qui.
Che ci crediate o no, il commento medesimo è stato inserito
mentre, in un’altra finestra del Pc, stavo scrivendo questo post. Che non
poteva trovare miglior conclusione, per come la vede la vostra eccetera  (la quale, non possedendo regni, non necessita di cavalli).

 Ad annichilire le differenze in nome di un’ideologia è chi
dice che oggi "è tutto uno schifo", dove l’accento non è posto – come
potrebbe sembrare – su "schifo", bensì su "tutto". Chi non
è in grado di (o non vuole) rapportarsi con dinamiche culturali che scavalcano
le mediazioni e i giudizi di gusto e valore ratificati dall’autorità ha tutto
l’interesse a descrivere il mondo come una totalità indifferenziata: Faletti e
i videogame, i blog e i reality, Melissa P. e il Giallo Mondadori, i rave e i
giochi di ruolo, i B-movies e i parchi-giochi, è tutta la stessa roba ed è
tutta merda.
E’ vero, c’è chi ha risposto scendendo sullo stesso terreno, vuoi per
provocazione, vuoi per snobismo rovesciato, vuoi per idiozia: "E’ tutta la
stessa roba ed è un’unica grande figata", piallando differenze formali,
qualitative e di contesto. E’ il caso di alcuni ultrà della trashologia, che a
suo tempo svillaneggiai qui.

Ma onestamente, non mi sembra che sia quella la tendenza dominante. Chi si
accosta alla cultura popular senza pregiudizi lo fa, appunto, senza pregiudizi,
né negativi né positivi. E in ogni caso, in questa specifica discussione, a me
importava sottolineare non le differenze formali o la qualità dei risultati
espressivi, ma le dinamiche sociali, di interazione, di cooperazione, di
riutilizzo, di scambio, di costruzione di comunità. Non capire che queste
dinamiche sono importanti anche (absit iniuria) politicamente, significa
condannarsi a non capire nulla del futuro prossimo. C’è tutto un passaggio di
"Convergence Culture" in cui si fanno esempi di come le dinamiche
comunitarie create nel mondo virtuale di "The Sims" stiano educando
una generazione a esercitare i propri diritti di cittadinanza. E anche tutta la
mobilitazione dal basso per Howard Dean alle primarie democratiche 2003 colse
di sorpresa chi non aveva seguito realtà di rete come Friendster. Questo è
quello che mi interessa.

11 pensieri su “A HORSE! A HORSE!

  1. Due osservazioni. 1) E’ verissimo: io quando vado all’Omniasport di Marghera, nella stessa area in cui ci sono Panorama, lo Sme, Decathlon e altri centri commerciali, credo sempre di essere a Los Angeles.
    2) Davvero NON capisco come possa esserti sfuggito il pezzo ***irresistibile*** di p.bianchi sulla poesia “Cimitero” (altro che La Branca! vd. alla voce benaltrismo) riportato nel mio blog di oggi. Appartiene di diritto al Sublime.

  2. >lucio angiolino
    … e basta!!!!
    possibile che non sai
    scrivere altro che
    “io”
    e
    “il mio blog”
    sbandierando sta cippa di blog come un esibizionasta
    “Io e lui”, l’è da un pezzo che l’hanno scritto: aggiornati, pindùla!!

  3. La realtà, capastìna, è che era tutto un espediente per stanarti. Sentivo la tua mancanza e non avevo altro modo per farti uscire dalle brume della rete.
    P.S. Sei quasi meglio dell’altra mia fan, Andreina Campolmi.

  4. Zia a ‘mme? An’ vedi questo!Mio caro cavallo che amava Filippa, ci dev’essere un equivoco. Al massimo potrei essere tuo nonno. E non temere per la mia depressione, sono attrezzatissimo. Pensa a Filippa, piuttosto, che nitrisce da spezzare gli alluci.

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